chiesa alla sbarra

la femmina esorcizzata

marzo 1975

Per secoli, la donna è stata vista dalla Chiesa come la ‘«tentatrice», «il vaso di perdizione», emissaria di Satana e dei suol maligni poteri. Oppure come «donna-angelo», o «donna-madonna». Ma soprattutto, è ovvio, come «madre» (madre-cristiana, beninteso). Ora II papa vuol fare credere ‘Che sia in corso nella Chiesa e a tutti i livelli gerarchici una «rivalutazione» della donna; ma In realtà nulla cambia.

Quando da bambini inciampiamo in una pietra e cadiamo, chi ci è vicino corre a tirarci su, e per calmare le nostre lacrime di bambini prende la pietra e dice «cattiva, cattiva», e la picchia. Il bambino si rasserena; a sua volta picchia la pietra e ripete «attiva», e, picchiandola, non solo si libera del lieve shock, ma finisce con il ridere, consolato, deliziato: lui è bravo e buono, è la pietra che ha avuto colpa. Quando cresciamo e usciamo dall’infantilità, come individui e come società, sappiamo che le pietre non sono oggetti né perversi né fatali; e che, se inciampiamo e finiamo a terra, la responsabilità è solo nostra. Nessuno si sogna mai, da adulto maturo, di chiamare le pietre oggetti peccaminosi che adescano a cadere.

Per la Chiesa, invece, no: è la pietra che perversamente si mette sul retto cammino, subdolamente si solleva sotto il passo, e diabolicamente fa cadere. È la pietra che perde l’uomo: l’uomo, per sua natura, non cade; è la pietra che lo precipita a terra. In questo modo, trattando gli uomini come bambini ritardati, e interpretando le donne come «pietre» scaltre e perverse, la Chiesa ha costruito la società e la morale cristiana. Oggi la Chiesa va, secondo lei, «rivalutando» la donna; ne parla (secondo lei) bene.

Il papa, in un discorso riportato anche nel numero scorso di Effe, ha tracciato un ritratto della «donna secondo la Chiesa» in cui è difficile capire se sta parlando di donne o della Madonna: «bellezza che trascende», «virginale purezza», «immacolata e dolente». Siamo d’accordo sul dolore, ma siamo stupite di tutto il resto. Non siamo abituate a sentirci descrivere dalla Chiesa in questo modo: la donna, per la Chiesa, è sempre stata tutt’altro. Se la Chiesa oggi finge di essersene dimenticata, non ce ne dimentichiamo noi. Storicamente, e fondamentalmente, il primo concetto che la Chiesa ha della donna è «carne»: è «vaso di perdizione», «tentatrice», «corruttrice». Per secoli e secoli le donne sono state le figlie di Eva, di colei che perfidamente portò l’umanità al peccato e alla perdizione soggiacendo alla tentazione del serpente, facendosene complice, tentando Adamo, facendogli mangiare il pomo, e piombando così l’uomo e tutti i suoi discendenti, oltre che se stessa (ma a lei, le stava bene), nella miseria e nella sofferenza del mondo terreno. Per secoli e secoli la donna, per la Chiesa, ha continuato ad essere l’emissaria di Satana, colei che allontana l’uomo da Dio, colei che tenta e corrompe l’uomo che, per sua natura, come non inciampa nelle pietre, non desidera di «peccare» con il corpo della donna. Oggi il papa ci viene a decantare la donna come colei che «restaura i sentimenti affettivi e morali più alti del cuore umano»; ignora, o ha dimenticato, quando per secoli la Chiesa ha predicato. E, non conoscendo l’opinione «anno 1975» della dottrina cristiana, dozzine di Santi Antoni eremiti nei deserti hanno passato notti intere a vedere, cercando di non vederle, femmine nude che danzavano loro lascivamente intorno, che spuntavano dalla terra di sotto i loro piedi, che lussuriosamente si offrivano, che oscenamente tentavano. Oggi, improvvisamente, siamo trascendentali, veicolo dell’immagine di Dio, eccetera. I casi sono due: o la Chiesa sta prendendo in giro noi ora, oppure ha sempre turlupinato i suoi santi.

Il fatto è che in una mentalità immatura, infantile, e alogica, coesistono, e spesso devono necessariamente coesistere, interpretazioni opposte dello stesso oggetto; e accanto alla donna-oggetto immondo, coesiste la donna-angelo, la donna-madonna. Capita alla Chiesa, e capita al maschio Italiano, il più diretto prodotto del Cattolicesimo: per il maschio Italiano, la madre, la sorella e la moglie sono sante; e tutte le altre donne (pur essendo madri sorelle e mogli di altri uomini) sono puttane. Così noi siamo per la Chiesa: sante e puttane. L’unica differenza è che ora, improvvisamente, il papa ha definito angelica la donna come categoria, invece di limitarsi a definire angeliche, come la Chiesa ha sempre fatto, con l’ovvio sottinteso che l’eccezione conferma la regola, solo alcune donne. Ma non è per cortesia, che la Chiesa ci toglie di dosso l’accusa di puttaneria; né perché ha improvvisamente capito o rivalutato la donna. Le parole del papa non ‘sono una descrizione: sono un ammonimento, ammantato di ghirigori celestiali, a continuare a portare sulle nostre spalle la vecchia croce della santità che stiamo cercando di scrollarci. Perché noi siamo sante da sempre, e non solo da ora: siamo sante, ce lo hanno sempre detto tutti i nostri padri, le nostre madri, i nostri mariti, i nostri fratelli, i nostri figli: siamo sante: cioè, sorridiamo sempre, e dobbiamo sempre sorridere; abbiamo sempre, e dobbiamo sempre avere una pazienza infinita; non ci ribelliamo mai, e non dobbiamo ribellarci mai; perché siamo dolci, generose, comprensive, d’emissive, piene di dedizione, sempre fedeli, sempre adoranti, mai stanche, mai egoiste, mai esigenti… La famiglia e la società ci hanno sempre fottuto, con questa storia della nostra santità angelica. Oggi che cominciano a non riuscirci più, interviene (e chi altro poteva prestarsi) la Chiesa, per riportarci in carreggiata. E così, fiat, tutti gli ex vasi di perdizione non solo risalgono sugli altari domestici da cui non devono mai, per definizione di angelo della casa, scendere, ma salgono perfino come categorie sugli-altari della Chiesa, ci sono spuntate le ali, le ha viste (dopo tanti padri mariti fratelli e figli), con una improvvisa illuminazione divina, anche il papa.

Ma, accanto a queste due personificazioni, di sante e di puttane, noi, per la Chiesa, ne abbiamo anche una terza: siamo MADRI.

Qui le contraddizioni esplodono. Se il sesso è perdizione, e se la donna-santa è la donna asessuata e asessuale («purissima e immacolata»), la madre, essendo in quanto tale evidentemente non solo sessuata ma anche, per di più, implicata in prima persona nell’atto cristianamente osceno del rapporto sessuale per mezzo del quale è appunto divenuta madre, — la madre non può essere santa. La Chiesa però ha trovato una soluzione a questa contraddizione, inventando il concetto di Madre Cristiana.

La Madre Cristiana è la femmina esorcizzata. È un essere svuotato di desiderio e di sessualità, che ha solo la funzione di prolificare e di allevare la prole; il Matrimonio Cristiano non ha altro scopo che quello di generare figli: solo due categorie di esseri, a questo mondo, si -accoppiano al puro scopo di procreare: le bestie, e i cristiani secondo la Chiesa. E nonostante le belle parole di arricchimento e di perfezionamento dei due partecipanti al rapporto matrimoniale che di recente sono state dette (e su cui comunque non si insiste poi tanto), la donna non è altro, per la Chiesa, che una specie di fattrice cristiana, automaticamente, in quanto tale, degna di essere onorata. È alla categoria Madre, e non alla categoria donna, sia pure santa, che il papa ha esortato a inchinarsi; e si deve dare atto alla Chiesa che almeno è coerente, pur all’interno delle contraddizioni: la donna si identifica sempre con l’organo sessuale femminile, utero e fica.

A volta a volta questo organo è immondo, oppure è mezzo di santificazione, o con il rifiutarlo, o con l’esaltarlo nella sua funzione riproduttiva — materna. Non c’è altra possibile interpretazione dell’organo sessuale della donna; la semplice sessualità, e l’affermazione del diritto alla propria sessualità che la donna oggi reclama, sono, per la Chiesa, inaudite: il sesso della donna serve soltanto come ricettacolo per lo sperma maschile. Serve soltanto a riprodurre la specie. Facciamo quindici figli, e saremo sante; però, incoerentemente, la Chiesa non dichiara automaticamente santo il maschio che ha così possentemente contribuito a generare quindici figli. Non avremo mai il piacere di udire un papa proclamare di inchinarsi ai Padri. Noi donne, invece, ci basta fare e allevare figli, per avere diritto all’inchino della Chiesa. Purché, naturalmente, li facciamo cristianamente, e non per desiderio dell’uomo; purché ci accoppiamo al fine di procreare, e non per fare l’amore, e non come persone che dal rapporto con l’uomo richiedono e offrono tenerezza, piacere, eros; purché non pretendiamo di essere felici nel corso del rapporto sessuale, e per via del rapporto sessuale. E_ mentre noi amiamo, e speriamo di amare, e ci insegniamo ad amare, in modo sempre più vero, la Chiesa continua a bruciare incenso e a cantare litanie alle statue della Madre Vergine, e a proporre alle donne di sforzarsi di raggiungere l’ideale della Madre-vergine, della Madre pura, della Madre senza desiderio sessuale, della Madre asessuata… in effetti, la Chiesa continua semplicemente ad esorcizzare il peccato che, secondo lei, portiamo dentro di noi: il peccato dei nostri organi sessuali: se per un istante la Madre perde la M maiuscola, se per un istante cessa di esistere come oggetto di fecondazione e come mezzo di procreazione, se per un istante la donna è riconosciuta come essere, il peccato del sesso scompare, gli uomini riescono ad amare e a rispettare le donne, le donne riescono ad avere un rapporto vero con l’uomo, il vero amore trionfa — e la Chiesa crolla.

E la cosa più triste, in tutto questo, è che, ancora una volta, nella sua visione della donna, la Chiesa non ha niente a che fare con l’insegnamento di Cristo. Andiamo infatti, per curiosità, a rileggerci nel Vangelo l’episodio di Marta e Maria. Narra dunque Luca che un giorno, durante la sua predicazione, Cristo si fermò in un non precisato villaggio, e fu ospitato da una donna di nome Marta. Marta si mise subito a sfaccendare per servire gli ospiti, e possiamo ben credere che sfacchinasse abbastanza, se gli ospiti erano, come si può presumere, oltre che Cristo, almeno tutti gli apostoli. Ora, mentre Marta sfacchinava e serviva,- una sua sorella, di nome Maria, se ne stava invece seduta ai piedi di Gesù, ad ascoltarne le parole. Venne dalla cucina Marta, e protestò contro la sorella, rivolgendosi direttamente a Gesù: «Dille che mi aiuti»: e noi possiamo sentire in tutto il nostro essere la sua irritazione, la sua fatica, e la sua protesta. Gesù, riporta Luca (Luca, 10, 41-42), le risponde: «Tu t’affanni e t’inquieti di molte cose, ma solo di una cosa fa bisogno: e Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». Maria aveva scelto la conoscenza: ad essere donna-domestica aveva preferito essere soggetto senziente e sensibile; Cristo le dà ragione; il papa no. Secondo il criterio del papa, la scelta di Maria potrebbe essere definita un preferire «lavori extra-domestici, pregiudizievoli per i rapporti coniugali e per l’educazione dei figli». Con il papa di questo anno 1975 e di ogni altro tempo- la Chiesa, contro le parole di Cristo, relega la donna al lavoro della casa e della cucina, alla servitù e alla riproduzione, all’obbedienza e all’ignoranza; Cristo disse «e la parte migliore non le sarà tolta», e la Chiesa gliel’ha tolta.

Sono molte le parole di Cristo che la Chiesa ha ignorato, eliminato, o stravolto, per abbrancarsi soltanto a quella petram di Pietro che le permetteva, stravolgendola, di erigere non il regno di Dio e dell’amore, ma la fortezza del proprio potere.