due regioni a confronto

Una scheda informativa su due Regioni sarà presentata (per alcuni settori che riguardano più da vicino la donna) in ogni numero di EFFE.

dicembre 1973

Le Regioni hanno compiuto due anni: i consigli regionali furono eletti nel 1970, ma soltanto alla primavera del ’71, (quando furono varate le leggi-quadro governative che stabilivano le loro competenze specifiche) risale la loro effettiva «messa in opera». Che cosa hanno fatto in questi due anni le Regioni? Poco e molto: poco in rapporto alle necessità, molto rispetto ai poteri che lo Stato ha loro delegato, in alcuni casi riducendo al minimo, o frantumando, le competenze loro attribuite dalla Costituzione. (Per esempio: la Costituzione prevede che tutto ciò che riguarda il diritto allo studio sia di competenza regionale; lo Stato ha invece mantenuto in vita una pluralità di enti che vanno dai patronati scolastici alle opere universitarie, e si è tenuto la competenza su due punti fondamentali, doposcuola e formazione degli insegnanti.)

Le Regioni si trovano impedite nella loro attività da una serie di ostacoli: il primo è la riluttanza delle strutture dello Stato, delle baronie burocratiche, a vedersi sottratti poteri che dovrebbero passare all’amministrazione regionale. Questa riluttanza trova poi oggettivamente alleate resistenze conservatrici, le quali temono che le Regioni diventino il punto dì partenza di un processo di democratizzazione del potere e di partecipazione popolare.

Il secondo è che in effetti finora lo Stato ha passato alle Regioni le competenze, ma non i finanziamenti. Valga per tutti l’esempio delle scuole materne non statali, di competenza regionale. Per queste, su uno stanziamento totale ai 15 miliardi e 525 milioni lo Stato si è tenuto 15 miliardi e ha devoluto a tutte le Regioni 525 milioni (circa 30 milioni a testa).

TOSCANA

La Regione toscana riflette le caratteristiche dpi suoi abitanti: vivacità intellettuale, vasto arco di interessi e disponibilità alla sperimentazione. La Toscana ha affrontato tra i primi problemi quello dell’assistenza scolastica, chiamata qui «diritto allo studio» con termine che intenzionalmente elimina tutto quanto sa di elemosina e di concessione. L’apertura alla sperimentazione, con occhio bene attento tuttavia alla realtà delle cose, ha portato questa Regione a scavalcare posizioni che sembrano avanzate e ad approdare a soluzioni che recepiscono quanto di nuovo ed essenziale è stato raggiunto nei vari settori.

Libri di testo

Un esempio ci viene dalla questione dei libri di testo scolastici. Mentre la Regione Piemonte affronta una grossa questione di principio — che il governo ha respinto — sulla gratuità dei libri di testo a tutti gli alunni della scuola dell’obbligo, l’obiettivo della Regione toscana è quello di creare invece in ogni scuola biblioteche scolastiche di lavoro, che costituiscano la struttura di base per il «tempo pieno» nella scuola. La Regione toscana ha cioè avvertito — mentre la polemica fra Regione Piemonte e governo verteva su princìpi umanitari e pseudo-progressisti — che il problema vero non è tanto quello di alleggerire le pur gravosissime spese che i genitori devono affrontare ad ogni inizio di anno scolastico, ma quello di dotare le strutture scolastiche di strumenti per un modo nuovo di far scuola, considerato oggi il più valido dagli educatori, e superando al tempo stesso il concetto di possesso individuale.

Mense gratuite
Lo stesso criterio ha ispirato la Regione toscana per quanto riguarda le borse di studio. Quelle distribuite dallo Stato coprivano in Toscana meno del 4% degli studenti «bisognosi». Una legge regionale varata l’anno scorso — pur confermando le borse di studio a chi ne aveva già diritto — ha abolito i concorsi .per nuove assegnazioni e ha istituito al posto delle borse di studio un servizio esteso alla maggioranza della collettività: le mense gratuite per gli alunni delle scuole medie superiori. Il servizio-mensa è una reale e importante conquista al diritto allo studio e un incentivo al «tempo pieno» non più riferito né ad un concetto caritativo né di premiazione del merito, cui sono contrari non solo gli educatori ma gli studenti stessi.

Per l’uso di questo servizio — cui hanno diritto non solo i ragazzi che frequentano scuole lontane dalle loro case, ma anche quelli che devono per qualsiasi ragione restare a scuola nel pomeriggio — non è stato disposto nessun controllo di tipo fiscale. È lasciato alla responsabilità dello studente chiedere di usufruirne se ritiene di averne bisogno, nella presunzione che in rapporto di fiducia non si verifichino abusi.

120 mense servono attualmente 220 scuole (su un totale di 300) che ne hanno fatto richiesta, e la Regione ha dovuto rapidamente reperire una struttura organizzativa considerevole. Il principio generale è stato quello di delegare il servizio agli enti locali sollecitando, come è avvenuto a Pistoia, la creazione di una mensa provinciale che serva diverse scuole. A Pistoia la mensa provinciale, inaugurata il mese scorso, serve tutte le scuole medie superiori della città e appositi pullman trasportano ogni giorno i ragazzi dalle scuole alla mensa. Dove la creazione di mense di questo tipo non è stata ancora possibile si sono mobilitate per il momento le mense aziendali: a Firenze Lucca e Livorno quelle dei ferrovieri. Questo servizio è diventato così anche un momento di educazione sociale, e di rapporto diretto tra studenti e nuclei operai.

Anche per le mense dalla scuola materna a quella dell’obbligo, gestite finora dai patronati scolastici secondo il concetto della «integrazione alimentare per gli alunni bisognosi» (cioè poco più del bicchiere di latte all’ora di pranzo), la Regione ha disposto che la gestione fosse trasferita dai patronati ai comuni, e ha stanziato fondi regionali (nel 1972) pari a 60 milioni per la scuola ma terna e 123 milioni per la scuola dell’obbligo.^ L’inefficienza e il paternalismo dei patronati scolastici, che spesso considerano l’assistenza più uno strumento clientelare che un servizio, sono noti. La gestione affi data agli enti locali ha l’indubbio vantaggio che questi sono organi rappresentativi e quindi rispondono ai loro amministrati che li eleggono, mentre strutture di tipo caritativo come patronati rispondono gerarchicamente soltanto ai loro superiori.

Trasporti per gli studenti
Anche la gestione dei trasporti scolastici, gratuiti per tutti gli studenti, è stata affidata ai comuni. Ovviamente misure del genere sono tutt’altro che facili perché si scontrano con centri di potere costituito divenuti «tradizionali» in molte città e paesi.

Lo stesso criterio, diretto a stimolare il più possibile la partecipazione popolare, ha guidato la Regione nella gestione di 27 scuole di formazione professionale (con 6000 alunni) passate direttamente sotto le sue competenze. In queste scuole si è tentato un rinnovamento radicale: sono stati aboliti i direttori (che precedentemente venivano nominati non in base ad una preparazione specifica ma in base alla loro autorità, per esempio molti direttori erano i parroci). Le scuole sono ora dirette da consigli scolastici a cui partecipano con diritti paritari Insegnanti e studenti, insieme a rappresentanti di quartiere e a rappresentanti dei sindacati (purtroppo i sindacati sono spesso incapaci di afferrare l’importanza — qualitativa — di simili iniziative, e il loro interesse si è rivelato finora piuttosto scarso).

Iniziative interessanti sono state prese anche nel campo dell’assistenza sanitaria, in quello della medicina preventiva e dell’assistenza agli anziani. Il primo articolo di una legge recentemente varata dalla Regione stabilisce che «tutte le minori che abbiano superato il decimo anno di età e che siano ancora in fase prepubere sono sottoposte, previo assenso delle persone che esercitano la patria potestà, al trattamento di profilassi contro la rosolia». La vaccinazione è gratuita (la spesa annua relativa che grava sul bilancio regionale, è di 100 milioni di lire). Si sa che la rosolia, quando colpisce una donna in stato di gravidanza, o questa abortisce spontaneamente oppure la malattia attacca il feto provocando la nascita di bambini ciechi, sordi o in altri modi minorati. In altri paesi la donna in questi casi decide di abortire. In Italia, dove nemmeno l’aborto terapeutico è permesso e dove manca totalmente la medicina preventiva, la Regione ha tentato di colmare una parte di questo enorme vuoto legislativo e sanitario offrendo alle future donne la possibilità di sfuggire ai pericoli della rosolia con una vaccinazione.

Popolazione: 3.436.002 – Superficie: 22.991 Reddito pro-capite: 769.600 lire Auto per 1.000 abitanti: 206,7 – Abbonamenti TV ogni 100 famiglie: 65 -Province: 9 – Comuni: 287 – Consiglio Regionale: 50 seggi – Giunta: tripartito (PCLPSI-PdiUP) – Presidente: Lelio Lagorio (PSI) – 8 assessori.

LAZIO
La Regione Lazio si trova in acque molto peggiori di quelle toscane, da molti punti di vista. La Regione è bloccata, anche nei casi in cui esista una volontà reale di cambiare le cose, da difficoltà che hanno, oltre a cause attuali, anche una origine lontana. La vocazione all’autogestione, alla partecipazione popolare, ha in Toscana radici antiche che risalgono ai Comuni del 1200/1300 e che fanno parte della sua storia, così come fa parte della storia del Lazio una maggiore attesa di provvidenze che vengano dall’alto. Il Lazio non solo è stato per secoli il centro dello Stato pontificio ma è anche vissuto poi, dopo la formazione del regno d’Italia, nel raggio di influenza della capitale, fagocitante e parassitaria. La provincia è nel Lazio o zona di speculazione edilizia (specialmente sul litorale e nei dintorni di Roma), o riserva di manodopera bracciantile, a basso costo e spesso a carattere pendolare. Lo squilibrio tra capitale-polipo e retroterra, «rapinato» dalla speculazione oppure abbandonato (come le zone silenziose del viterbese e del reatino, emarginate socialmente ed economicamente) ha creato una situazione particolarmente precaria. Il potere clientelare su cui si regge la capitale soffoca qualsiasi tentativo di rinnovamento e anche le forze più sinceramente democratiche devono fare i conti con questa realtà stagnante e ambigua. La Regione Lazio fa quindi quello che può quando può.

Comunque nei settori che stiamo esaminando la Regione ha preso alcune importanti iniziative che vengono parzialmente a colmare lacune croniche.

È stata recentemente approvata una legge regionale sugli asili-nido molto più avanzata di quella nazionale. In base a questa legge la gestione degli asili-nido (il cui numera viene stabilito da ciascun comune secondo le esigenze locali) è affidata direttamente ai comuni attraverso un comitato composto da rappresentanti delle famiglie eletti dall’assemblea degli utenti, del comune, dei sindacati, delle varie organizzazioni sociali e del personale addetto agli asili. Dei 15 membri di cui sarà composto il comitato la metà più uno è rappresentata dalle famiglie. Strettamente collegato al problema degli asili-nido è quello della qualificazione professionale del personale, problema a cui la Regione dedica molta attenzione. La legge dispone che la Regione organizzi «d’accordo con gli enti locali, corsi di aggiornamento professionale per il personale operante negli asili-nido». Questi corsi sono già funzionanti e dureranno alcuni mesi, mentre sono previsti allo stesso tempo corsi normali di due anni per la formazione degli addetti agli asili. È stata approvata anche una legge sui «centri ricreativi estivi». Quest’anno i bambini interessati all’iniziativa sono stati circa 10.000: per il momento sono state utilizzate le strutture esistenti, per esempio quelle private, ma il principio è ancora quello di dare la preferenza agli enti locali. Grossi sforzi sono stati compiuti nei comuni del viterbese dove sono stati aperti quest’anno centri climatici che hanno accolto un gran numero di bambini Nonostante le difficoltà esistenti, le Regioni sembrano poter diventare un reale strumento di partecipazione popolare, e cioè dare ai cittadini la possibilità di decidere in prima persona come vogliono vivere la loro vita quotidiana sotto molti aspetti (dove mandare i figli a scuola dove curarsi, ecc.). Per questo sarà interessante seguire il cammino delle Regioni nel concreto: per vedere se i governi regionali (varati in mezzo a tanti contrasti) siano capaci di valori culturali alternativi a quelli ormai ritenuti sorpassati da gran parte dei cittadini e se riescano a rappresentare concretamente una sfida democratica; oppure se si limitino ad essere soltanto una struttura più razionale a disposizione dei cittadini, più che uno strumento di trasformazione della società.

Popolazione: 4.635.528 – Superficie; 17.203 kmq -Reddito pro-capite: 763.700 lire – Auto per 1.000 abitanti: 213,0 – Abbonamenti TV per 100 famiglie: 59,6 – Province: 5 – Comuni: 372 – Consiglio Regionale: 50 seggi – Giunta: centro-sinistra (DC-PSI-PSDI-PRI) – Presidente: Luigi Cipriani (DC) – 12 assessori.

Come in questo, anche nei prossimi numeri di EFFE cercheremo di seguire il cammino delle Regioni per quei settori che pia da vicino riguardano la donna (anche se non sono certo i soli che la interessano) : asili-nido, scuola, assistenza sanitaria, prevenzione delle malattie ecc. Invitiamo tutti i gruppi che svolgono indagini dì questo tipo relative a iniziative della propria Regione ad inviarcele. Una indagine svolta da un gruppo dì ragazze fiorentine sulla situazione degli asili-nido nei loro quartieri sarà pubblicata in uno dei prossimi numeri.