le tre marie: il socialismo che vogliamo noi

dicembre 1973

effe: Esiste una differenza per voi fra emancipazione e liberazione della donna? È necessaria una «rivoluzione culturale» per liberarci?

teresa: Non amo la parola «emancipazione» perché non penso che la donna debba emanciparsi dall’uomo. La donna deve cercare un’altra via, un mondo differente da quello creato dall’uomo. Dobbiamo spezzare le strutture fatte dall’uomo, e poi creare un mondo differente. La donna si libera, e lo crea differente: senza competizione, se possibile. La donna è più ricca dell’uomo, meno infantile; l’uomo ama giocare, la donna cresce invece. Ma l’uomo non vuol lasciarla crescere, perché il padrone non ama perdere il suo schiavo. Io che vivo in un paese di dittatura, so che il dittatore non cede spontaneamente. Allora dobbiamo fare la guerriglia. Uso un termine maschile, ma non ne abbiamo altri a disposizione.

È difficile prevedere da ora quali sono i valori nuovi da creare, perché sino ad oggi sono esistiti solo i valori maschili. Ecco perché è necessaria una rivoluzione totale: culturale, sessuale, politica. Dobbiamo reinventare tutto, compresa la lingua, la forma di esprimersi.

effe: Qual è il rapporto tra femminismo e cultura; si può creare una cultura nostra come tentativo analogo a quello del recupero delle culture delle minoranze emarginate? 

isabel: La cultura dominante è maschile e borghese. L’immagine della donna è stata creata dall’uomo della classe dominante. L’uomo borghese come modello. I suoi «valori»: competitività e razionalità. Dobbiamo liberarci intellettualmente ed emozionalmente, per esprimere un’altra cultura. Ci sono naturalmente limiti e pericoli, se si va al di là della necessaria contestazione. E necessario il momento di rottura e di separazione, ma poi dobbiamo cercare assieme all’uomo una nuova sintesi. In Portogallo, vogliamo provare a «coscientizzare» le donne con un lavoro in piccoli gruppi, di riflessione. Poi si dovrà passare alla fase dell’azione. La maggiore difficoltà è che qui la donna è schiacciata, e quindi rassegnata. La donna lavoratrice sta però già prendendo coscienza: ad esempio della ineguaglianza dei salari, che sono talvolta meno della metà. Non è sufficiente che prenda coscienza dei problemi: deve anche imparare a cambiare la sua ottica, il suo punto di vista (oggi strumentalizzato dall’uomo). Quindi si dovrà passare alla fase dell’azione. E questo sarà il momento più difficile, dato il regime che ha il Portogallo.

effe: Che significa essere donna in un paese governato da un regime fascista come quello del Portogallo?

isabel: Le donne sono legate agli «interessi della famiglia». Quindi discriminate.

Alcuni esempi: solo la donna è tenuta a fare i lavori di casa (per legge). Motivo valido di divorzio, per il marito, è il fatto che la moglie usi anticoncezionali senza interpellarlo. La donna non ha il diritto di impostare l’educazione dei figli, ma solo di «concorrervi» sotto la direzione del marito. In più, oltre le leggi discriminatorie, c’è una mentalità che risale al «machismo».

effe: Quale il rapporto tra cattolicesimo e condizione i?

isabel: Penso che sia lo stesso che in Italia. Il cattolicesimo è la principale fonte per condizionare la donna ad accettare passivamente il suo ruolo di madre di famiglia. Favorisce la rassegnazione della donna. E le dà delle false compensazioni: come nel culto tutto portoghese della Vergine (Fatima). Dà l’impressione, alle donne, che in fondo sono rispettate.

effe: In che misura le femministe portoghesi partecipano alla lotta politica contro il regime, nel loro paese? Qual è la vostra analisi dei movimenti rivoluzionari nei confronti della donna?

teresa: Io ho rifiutato il mio appoggio alla Cde, quest’anno, a differenza dal 1969. Non trovo che mi rappresenti, per due motivi. Non tutta la sinistra è nella Cde, ma solo quella che ha accettato di fare la campagna elettorale, prestandosi così alla strumentalizzazione da parte del regime. Seconda ragione: quando nel 1969 ho fatto l’attivista per la Cde, mi sono accorta che il ruolo delle donne era soprattutto ricevere i visitatori, distribuire i volantini, fare il caffè, mentre gli uomini si riunivano a decidere. Gli uomini dentro a discutere, e le donne fuori a preparare caffè e panini.

isabel: Nel movimento di sinistra le donne sono emarginate. La Cde arriva, al massimo, alla «emancipazione» in termini tradizionali. Non alla «liberazione» della donna. Un esempio: i problemi sessuali sono quasi tabù. Quindi io non posso essere una militante della Cde. Tuttavia ritengo che la Cde abbia una sua funzione, in questo momento. Noi femministe dobbiamo cercare il dialogo, l’alleanza con la Cde, per stabilire una piattaforma di obiettivi comuni. È però chiaro che la loro lotta non esaurisce la nostra lotta.

Fatima: Io invece ho firmato i manifesti e gli appelli della Cde. La lotta delle donne è fondamentale per l’opposizione: i problemi essenziali toccano soprattutto le donne.

L’emigrazione, la guerra, hanno creato un milione di «vedove bianche». A questo punto, noi donne non abbiamo solo da dire la nostra parola, ma un ruolo fondamentale per spingere verso la luce. Anche nei confronti della opposizione: alcuni dei nostri contenuti — il rifiuto di una cultura basata sulla competitività, la violenza — sono profondamente rivoluzionari. Dobbiamo riformare il ruolo quotidiano e dell’uomo e della donna. Ecco perché è una lotta da condurre assieme.

teresa: A chi dice che non proponiamo obiettivi fondamentali, io rispondo che il nostro libro ha fatto da detonatore per mostrare che in questo Paese non c’è libertà di espressione. Quindi noi abbiamo posto un problema politico. A chi dice che la nostra è una esigenza «sofisticata», io ribatto: perché non fate la stessa obiezione a un negro?

effe: Qual è dunque la specificità della lotta femminista In Torto gallo?

FATIMA: Il socialismo che io voglio in Portogallo porta con sé la liberazione della donna assieme alla liberazione dell’uomo.

teresa: Il nostro movimento, anche se è agli inizi, contiene la più alta potenzialità rivoluzionaria. Il regime non ama, e impedisce, che la gente si riunisca, crei dei gruppi. Immaginiamo i gruppi di donne…

Numerosi intellettuali (uomini e donne) italiani hanno rivolto al presidente del consiglio portoghese Marcello Caetano il seguente appello:

Tutto il mondo sta seguendo commosso la vicenda delle tre scrittrici del Vostro paese che vengono processate per il libro che hanno scritto.

NUOVE LETTERE PORTOGHESI di Maria Isabel Bareno, Maria Teresa Horta, Maria Velho de Costa rappresenta oltre che il grido di dolore delle donne del Vostro paese anche quello delle donne di tutto il mondo. Di fronte a tre donne che parlano di loro e della loro storia non possiamo essere insensibili. È reato essere donne?

Noi tutte, donne italiane, operaie, casalinghe, professioniste, insegnanti, scrittrici, attrici, tutte, ci sentiamo coinvolte. Signor presidente, liberi Maria Isabel Barreno, Maria Teresa Horta, Maria Velho de Costa oppure il loro esempio sarà ancora una volta la prova che il mondo maschile non permette che la donna sia se stessa, che la donna possa parlare. Qui in Italia siamo migliaia di donne pronte a dimostrare per le tre sorelle che si trovano in questa triste vicenda e saremo milioni di fronte a tre prigioniere. Anche molti uomini che hanno capito che cosa significa essere donne che per ora è schiavitù ma che in futuro, con altri uomini, sarà una cosa bellissima, questi uomini scendono con noi in piazza e gridano e si chiedono: È reato essere donne?

C.D.E. (Commissione democratica elettorale) L’unico gruppo di opposizione «consentito» una volta ogni quattro anni, per un mese prima delle elezioni. È formato da due principali correnti: comunisti e socialisti, con indipendenti cattolici.

Esiste un «Movimento democratico delle donne» autonomo, che però ha una «commissione delle donne» all’interno della CD .E., rappresentato nella commissione esecutiva a livello distrettuale (alla C.D.E. è impedito avere organi centrali),

Rivendicazioni sulla condizione della donna presentati dalla C.D.E. di Lisbona prima delle elezioni del 28 ottobre 1973:

Fine dello sfruttamento del lavoro femminile;

Effettiva realizzazione della legge che proibisce il lavoro della donna prima dei 14 anni;

Salario eguale per lavoro eguale;

Asili nido e dispensari gratuiti nei luoghi di lavoro e nei quartieri;

Insegnamento pre-elementare ufficiale e gratuito;

Assistenza medica durante la gravidanza e il parto;

Eguaglianza della donna sposata nei confronti del marito;

Diminuzione dei prezzi e controllo sui monopoli. Azione del movimento femminile C.D.E.: raccolta di firme ad un appello per la fine della guerra coloniale; sensibilizzazione delle donne lavoratrici alle rivendicazioni economiche, alla fine della guerra coloniale e alle libertà democratiche.

Giudizio di Helena Neves, candidata C.D.E., sulle «tre Marie» : «Abbiamo rispetto per la loro lotta, ma i nostri obiettivi sono diversi. Insistono troppo sul problema sessuale, che può essere strumentalizzato dal potere per far dimenticare i problemi più importanti». Le donne C.D.E. ammettono l’esistenza di «una ideologia di sottomissione al marito» che talvolta colpisce anche la sinistra: la candidata C.D.E. di Setubal è stata picchiata dal marito perché durante la campagna elettorale trascurava la casa.