femminismo in Francia

tre gruppi, un solo movimento

febbraio 1974

Da dove viene l’MLF, il movimento di liberazione francese? Come ha iniziato? Quando? Proviene dal Women’s Lib americano? Le ragazze dicono di no. Ma quelle di loro che hanno Ietto tutti i testi scritti dall’altra parte dell’Atlantico e che sono affascinate dal «riformismo rivoluzionario» delle consorelle anglosassoni insistono su un punto: c’erano gruppi di femministe in Francia fin la ’67, prima ancora che si sentisse parlare delle donne americane. Alcune vennero a sapere ciò che accadeva negli Stati Uniti leggendo il Nouvel Observateur. Questi gruppi non solo erano tagliati fuori dalle informazioni estere ma neppure si conoscevano fra loro. Nel 1967 un piccolo gruppo si riunisce di nascosto a Vincennes. Helène, Monelle, Edith (attualmente in carcere in Israele). Nascono altri gruppi.

Nel 1968 questi gruppi si incontrano ma non si uniscono. Tutte le femministe sono attratte dal «gauchisme». La battaglia per le strade è di quelle che si rifiutano difficilmente. Poi il riflusso, il vuoto lasciato dall’onda gauchiste nel 1969 e nel 1970 che permetterà, darà alle donne la possibilità di ritrovare una piattaforma di azione propria, una parola d’ordine, un embrione di ideologia. Antoinette. «Nel maggio ’68 ero alle Sorbonne. La festa rivoluzionaria mi sembrava molto minacciata dagli «ismi» compreso quello del femminismo che coronava ogni ideologia. In tre, poi in dieci abbiamo costituito un gruppo di donne e ci è subito apparso urgente di articolare la nostra ricerca su due temi: psicanalisi e materialismo storico. Nel febbraio 1970 eravamo sette o otto a parlare dei nostri problemi con gli uomini. Dopo tante storie d’amore fallite avevamo un solo terrore: ritrovarci gli stessi problemi con uomini differenti.

La nostra rivolta era prima di tutto anti-maschio. Sognavamo azioni radicali, come organizzare dei commandos anti-uomo che vendicassero le donne aggredite ogni giorno nelle strade. Giorno e notte parlavamo: Mao, Trotski, la vita quotidiana. Era importante ritrovarci tra noi». Sono sempre poco numerose, gruppetti qua e là, senza legami fra di loro. Le ragazze di Vincennes cominciano a far parlare di sé. È l’aprile 1970. Una sera cacciano dall’anfiteatro gli studenti «gauchistes» che urlano «il potere è sulla canna del fallo». Queste ragazze indossano strane tee-shirts americane con un simbolo: un pugno chiuso in un ovulo simbolico.

«In quel periodo abbiamo sentito parlare dello sciopero delle americane. Sciopero del lavoro casalingo, del baby sitting dei figli, del consumismo, dell’amore. Era l’agosto 70. In una Parigi deserta siamo andate a deporre dei fiori sotto l’Arco di trionfo alla gloria della moglie del milite ignoto «sempre più ignota di lui». Puerile? Certo. Ma avevamo bisogno dì uscire allo scoperto». Il loro slogan: ‘un uomo su due è una donna’, rende perplessi i poliziotti i quali, nel dubbio, portano le dodici donne in carcere, Erano dodici a l’EtoIle. Il loro messaggio viene ascoltato Non saranno mai più sole.

AI ritorno dalle vacanze ’70 un’altra corrente si manifesta: alcune militanti maoiste di Viva la Rivoluzione (VLR) vogliono organizzare un movimento femminile all’interno dell’organizzazione gauchiste. Poco più tardi Geismar (n.d.r. esponente del PCF in seguito dissidente) viene arrestato. Ragazze si incatenano davanti alla prigione della Roquette. Un ennesimo gruppo gauchiste con tendenze femministe è forse nato? Questa ambigua manifestazione aiuta le donne a prendere coscienza della specificità della loro lotta. Ormai le donne non appoggeranno più, in quanto tali, le lotte degli uomini qualunque esse siano! Il 25 novembre 1972, i ruoli erano ribaltati, i giovani trotzkisti che gridano davanti al Palazzo della Giustizia di Bobigny: «Hanno abortito. Giudicatele» e «Non pensée remo più per loro» saranno accolti con ironie da alcune, con rabbia da altre. Tutto è ormai chiaro. La lotta delle donne non sarà più confusa con le lotte politiche degli uomini.

Nello spazio di due o tre anni le donne del movimento avevano già fatto l’inventario della maggior parte delle trappole del loro problema primordiale: il rapporto con l’uomo.

All’inizio del movimento, ad ogni riunione, le ragazze arrivavano con il loro compagno. Sera dopo sera le «anziane» hanno spiegato con calma che allo stato attuale del movimento era Impossibile alle donne esprimersi liberamente davanti agli uomini. La maggior parte di loro hanno capito, altre chiedevano: «Perché non facciamo un gruppo misto a parte». Risposta: «Fallo, se vuoi». Sono passati tre anni e continuano e non esistere. Occorreva fare tabula rasa. Tutte le donne arrivano al movimento deformate, distorte. «Siamo l’immagine che l’uomo vuole che abbiamo di noi stesse». Madeleine: «le relazioni con «loro» sono molto difficili. Voglio continuare a vivere con il mio uomo, ma attraversiamo periodi di forte ostilità. Una donna in lotta è una nemica per l’uomo. Questa battaglia storica è l’uomo che la perderà, non c’è dubbio. Prima sopportavo male il confronto, la lotta, la separazione. Ora non cedo più: vivo il mio disaccordo fino in fondo. Meglio se ci ritroveremo insieme all’uscita del tunnel».

Per quanto importante possa essere la questione del rapporto con gli uomini ciò non divide le femministe. Ognuna cercherà di risolverla a modo suo.

Oggi l’MLF si trova diviso. Che cosa comprende questa sigla di cui nessuna femminista è capace oggi di trovare l’origine? Invenzione dei giornalisti? Forse, e non delle più malvagie visto che ha avuto fortuna. Le assemblee generali, le manifestazioni unitarie: era l’infanzia del movimento. Le ragazze ne parlano ancor oggi connostalgia, ma ormai è acqua passata. «Sei all’ MLF?» „ sì». «Dove?» «Dalle Femministe?» «A psicologia e politica. (Psyc. e Pol)?» «Dalle Femministe Rivoluzionarie?»

Tre tendenze dunque, o, piuttosto, due e mezza. Poiché nulla di fondamentale divide le Femministe dalle Femministe Rivoluzionarie. Su queste tendenze si innestano una moltitudine di gruppi di lavoro: per alcune, quelle di Psyc. e poil è la creazione di «Maisons des femmes» (circoli), una casa editrice, week-ends di vita collettiva e incontri internazionali. Per le altre, le Femministe, sono i gruppi di presa di coscienza, «les Gouines Rouges», le «Etero in rivolta», i gruppi di quartieri disseminati in tutte le grandi città.

Cosa divide queste donne? Due nomi: Karl Marx e Sigmund Freud.

Anne: (una Femminista) «Fin dall’inizio Antoinette ha parlato di psicanalisi e di lotta di classe. Noi, le Femministe, abbiamo organizzato la battaglia per l’aborto, le giornate di denuncia dei crimini contro la donna alla Mutualité, Il sostegno alle ragazze-madri, ai processi per aborto. Nel giugno scorso abbiamo organizzato la Fiera delle Donne. Antoinette e il suo gruppo arrivano all’ultimo momento». Che ci sia da una parte le attive, le pratiche e dall’altra le teoriche? Sarebbe troppo semplice. Non c’è

dubbio che il gruppo Psicanalisi e Politica raccoglie – le intellettuali del movimento e spinge più che altrove una ricerca teorica originale. Ma non è questo l’essenziale. Ciò che oppone i gruppi oggi è il concetto stesso di lotta politica: Marx o non Marx?

Accusata di non partecipare volentieri alle azioni delle Femministe, Antoinette risponde: «Le azioni proposte dalle Femministe sono spettacolari, provocatorie. In realtà la provocazione riproduce la legge. Il femminismo mette in luce un certo numero di contraddizioni sociali, ma non fa esplodere le contraddizioni di fondo della società. Pretende di non volere l’uguaglianza con gli uomini, ma dimostra con la pratica il contrario. È un’avanguardia borghese che conserva, ribaltando la forma, i valori dominanti. Invertire i termini non facilita il passaggio ad un altro tipo di struttura. Il riformismo accontenta tutti. L’ordine borghese, il capitalismo e il fallocratismo sono pronti a integrare tante femministe quanto sarà necessario. Dato che queste donne diventano uomini saranno in definitiva alcuni uomini in più. La differenza dei sessi non è avere o meno un pene, è integrarsi o meno in un’economia maschile fallica».

Riformisti? Borghesi? Le Femministe rispondono: «Sì, non ci sono operaie nel movimento. Dovremmo forse andarle a cercare? Ma basta uno sciopero di donne, a Thionville per dimostrare l’incisività dell’MLF. Là le femministe sono accolte meglio dei gauchistes. I Mao vengono a chiederci che atteggiamento prendere. Le operaie raccontano volentieri a delle donne ciò che non osano dire agli uomini, sindacalisti».

Il movimento delle donne è rivoluzionario — dicono le Femministe — «non c’è frattura tra personale e politico, vita privata da una parte e vita militante dall’altra». Le Femministe Rivoluzionarie, molte vicine alle Femministe «classiche» hanno tuttavia una forma di organizzazione propria. Esse Si dividono in «gruppi di presa di
coscienza», da sei a sette ragazze. Il loro scopo? cambiare i rapporti tra le donne. Permettere ad ognuna di
esprimersi, escludere ogni velleità di leaderismo. «Le donne hanno capito che bisogna rivedere la nozione di «contraddizione principale». Quando si osserva la realtà sociale del 1974 si possono osservare diversi tipi di sfruttamento: quello dell’uomo sulla donna, quello del borghese sul proletario, quello dell’adulto sul giovane e sull’anziano… Tocca ad ogni gruppo oppresso di analizzare
la sua oppressione specifica e nessuna di queste deve essere considerata principale».

Per le ragazze di «Psychanalise et Politique»: «Il fatto di porci tutte allo stesso modo vittime del sistema ci impedisce di comprendere la natura della mia oppressione specifica». «Quando ci mettiamo tutte sullo stesso piano manteniamo l’illusione rassicurante che non esistono reali divisioni fra di noi. La nostra lotta perde in tal modo ricchezza e dimentichiamo allegramente che anche noi opprimiamo».

«La questione è tutta qui: non si tratta di lottare contro gli uomini ma contro la «mascolinità»; non contro un essere con un pene ma anche e soprattutto contro la mascolinità che sta in ognuna di noi. Per arrivarci le armi fornite dal materialismo storico non bastano più. Ricorriamo alla psicanalisi». In opposizione alle Femministe le quali rifiutano sia Freud che Marx — «ideologie scioviniste create da un uomo per perpetrare il patriarcato — tutta la ricerca del gruppo «Psicanalisi e Politica» è basato su una «articolazione» di Marx e Freud.

«Se il capitalismo si basa sulla divisione sessuale del lavoro, la lotta delle donne si basa sulla differenza dei sessi. Ora l’unico discorso sulla sessualità è quello psicanalitico. La lotta delle donne passa quindi da una dialetizzazione del materialismo storico e della psicanalisi». «Il colpo di forza di Freud è stato quello di alzare la censura che il cosciente fa pesare sull’inconscio. Il colpo di forza delle donne potrebbe essere quello di togliere la censura che l’inconscio fa pesare sul corpo. C’è sempre qualcosa del corpo che sfugge al linguaggio e che sta nel campo del godimento. Nella ricerca psicanalitica, il corpo vien posto in disparte. Il primato vien dato alla parola».

Il lavoro teorico delle analiste del gruppo è strettamente legato alla pratica. La fisionomia del gruppo è del tutto particolare. «Psych et Poi» attrae oggi un gran numero di donne intellettuali, ragazze in analisi o che hanno avuto contatti con l’analisi. Un gruppo chiuso? Al contrario: le riunioni concentrano fino a duecento ragazze, calme, attente. Ogni intervento è ascoltato con attenzione. Antoinette si era dichiarata omosessuale durante una assemblea generale di Nanterre dato che le sembrava «un punto di vista fondamentale», ma nessuna militante parlava allora di sessualità. Poi le lesbiche del movimento si sono risentite delle riflessioni «sessiste» di alcune ragazze. Una di loro scrisse una lettera: «sono omosessuale. Mi chieda se il mio posto è qui, fra voi che non lo siete. Temo di gettare discredito sul movimento delle donne…» «Ci facciamo già trattare da lesbiche dai nostri avversari. Se venissero a sapere che ce ne sono realmente avrebbero partita vinta…» pensavano molte. Esiste certamente un pericolo per chi compie la scelta omosessuale. Il pericolo è sempre lo stesso, di restaurare tra donne omosessuali gli stessi rapporti, dominante-dominato, uomo-donna, ecc.

Che cosa diventerà il movimento delle donne? Oggi, sull’onda dei loro successi, tutti i problemi si pongono allo stesso tempo. Primo rischio: la moda. Accentuato dal fatto che poche operaie arrivano al movimento. Secondo rischio: il «recupero». Non c’è una intervista, un problema sociale attuale trattato da radio e giornali senza riferimenti espliciti all’MLF.

L’impatto dell’MLF è certo, ma più a livello simbolico che a livello reale. La sua forza sta lì e non nel numero di donne mobilitate per questa o quest’altra azione. Oggi si pone anche un altro problema: l’organizzazione. Una, diverse, nessuna? Una articolazione di gruppi? È un miracolo se, al contrario degli Stati Uniti, dell’Inghilterra, dell’Italia, della Germania, tutte le tendenze femministe francesi coesistono insieme all’interno di uno stesso movimento, sotto ‘una stessa sigla.