continua la lotta

intervento del coordinamento delie donne delle leghe dei disoccupati di Roma e Provincia. Incontro del 31-10-77 con il Comune di Roma.

gennaio 1978

questo intervento è a nome del coordinamento delle donne delle leghe di Roma e provincia, nato, all’interno del movimento delle leghe dei disoccupati, dalla nostra esigenza di confrontarci con le altre donne per avviare una battaglia sul lavoro nell’ambito della occupazione femminile. È indubbio che la legge sull’occupazione giovanile, aprendo una nuova fase di lotta per il lavoro, abbia dato impulso ulteriore al movimento dei disoccupati, che hanno trovato un grosso momento di aggregazione intorno alle liste speciali.
La percentuale del 47% di donne iscritte alle liste speciali di collocamento conferma ancora una volta l’ampiezza del problema dell’occupazione femminile. Crediamo però che si debba trasformare la presa di coscienza individuale che ci ha spinto ad iscriverci al collocamento in una coscienza collettiva, che. si trasformi in una forza che sia presente nel movimento con i suoi contenuti specifici e che pesi all’interno del mercato del lavoro. La richiesta di lavoro è motivata oltre che dalla necessità dovuta alla attuale crisi economica, anche come risultato delle battaglie portate avanti dal movimento delle donne, come domanda di autonomia rispetto alla famiglia e rispetto all’uomo e come spinta alla partecipazione e alla realizzazione di se stesse.
Crediamo che questo problema del lavoro non vada più affrontato in termini puramente economistici in un’ottica puramente emancipatoria, ma vogliamo superare i limiti che tradizionalmente ha avuto questo tipo di battaglia per l’occupazione femminile, introducendovi le tematiche di liberazione e considerando il lavoro non scisso dalla lotta complessiva sul terreno della sessualità, della salute, del rapporto con la famiglia, con l’uomo, che le donne portano avanti per abbattere il ruolo che è stato loro storicamente imposto. Per questo rifiutiamo il puro e semplice terreno di parità con l’uomo perché crediamo che il nostro porci in modo diverso e con le nostre tematiche, imponga già una discussione dell’assetto generale della società, andando ad investire il modo di vivere, di pensare, e di produrre. Quale lavoro vogliamo? Intanto non vogliamo né un lavoro alienato, né un lavoro che riproponga la divisione dei ruoli. Lottiamo per un lavoro diverso che ponga le basi per una trasformazione della struttura produttiva della società, questo significa rispondere ai bisogni reali della gente, quali la gestione della salute, la socializzazione dei servizi sociali legati alla famiglia, l’uso diverso del territorio, diverso modo di consumare basato su un rilancio e una trasformazione del settore agricolo, diverso modo di studiare, nuovi servizi culturali ecc. All’interno di questa trasformazione vogliamo modificare i rapporti sociali e in particolare il rapporto uomo-donna.
Vogliamo entrare nelle strutture tradizionalmente intese produttive, condividendo le tematiche portate avanti dalla classe operaia, quali la modificazione dell’organizzazione del lavoro all’interno delle fabbriche, l’allargamento della base produttiva, la riconversione industriale che proponga una produzione rispondente ai reali bisogni del Paese e non ai bisogni indotti dal sistema e dalla società dei consumi, finalizzata ad una diversa qualità del lavoro per una nuova qualità della vita. Crediamo che vada rivalutato in termini di utilità e produttività sociale il settore dei servizi, che finora è stato considerato terziario e in cui sono sempre state ghettizzate le donne; e perché ciò avvenga si rende necessario un diverso uso e una diversa gestione dei servizi con un ampliamento quantitativo e una modificazione qualitativa.
Per tutto questo il settore dei servizi non deve essere considerato come un terreno esclusivo per l’occupazione femminile.
I primi terreni di impegno pratico e immediato sono:
di far applicare correttamente la legge n. 285, impedendo qualsiasi discriminazione nelle assunzioni, con un controllo rigido sulle graduatorie;
di essere presenti con i nostri contenuti, all’interno dei corsi di formazione professionale, chiedendo inoltre che i fondi della formazione professionale ordinaria siano utilizzati per quella della 285;
di favorire la formazione di cooperative dove le donne non siano relegate ad un ruolo marginale o puramente assistenziale. In particolare per le cooperative di servizi sociali noi riteniamo che sia necessaria la creazione di strutture che permettano la socializzazione del lavoro casalingo. Respingiamo con fermezza la posizione di ricatto e di boicottaggio della Confindustria che con la richiesta delle chiamate nominative colpirebbe la conquista del principio numerico affermato con la 285. La chiamata nominativa, oltre che a reintrodurre il clientelismo nel collocamento colpirebbe principalmente le donne che otterrebbero solo
alcuni tipi di lavoro cosiddetti femminili perpetuando la divisione dei ruoli. Riteniamo di dover far rilevare il ritardo di questa riunione, che, convocata dopo la formulazione e l’approvazione del piano comunale, non ha più neanche potere consultivo, né ci pone nel ruolo di interlocutore, che avrebbe potuto portare attraverso un confronto avviato prima all’inserimento nel piano stesso di analisi e proposte più specifiche anche riguardo alla questione femminile.
Pensiamo però che, nonostante questi limiti, quest’incontro sia un’occasione importante di confronto, chiediamo che questi incontri non siano episodici ma abbiano una continuità nel tempo. Pensiamo che, anche se, secondo noi, il piano non segue una logica di programmazione, non prende in considerazione una riconversione dei servizi sociali e non sottolinea l’intervento nella struttura pubblica, sia necessario essere presenti nella sua gestione perché venga usato secondo le reali esigenze evitando qualsiasi tipo di lottizzazione e di clientelismo. Proponiamo un incontro con la Regione prima della presentazione del piano. Le donne delle leghe sono rintracciabili presso la Camera del Lavoro di Roma.