dal diario di una madre

l’amore, le fantasie, i pensieri di una madre che cerca di educare una figlia “nuova”.

settembre 1979

ho risposto al questionario, poi… quanto c’è di vero in quello che ho scritto e quanto corrisponde invece a quello che vorrei che fosse? Ho ritirato fuori uno dei tanti quadernetti dove ho fermato i miei pensieri in momenti in cui avevo bisogno di capire la mia realtà, forse solo una o due compagne hanno letto prima queste cose, ora ve le affido: ne verrà fuori un quadro più completo di Giovanna, o di me in rapporto a lei?

“Giovanna, Simona, Edi, Tiziana… nomi dolci, volti sorridenti, ricci neri o lisci capelli biondi, quante bambine ho accanto! Ed io, io stessa bambina che rivivo in ognuna di loro la storia della mia contraddizione, della mia fatica di essere femmina, di divenire donna. Una foto di bimba imbronciata, capelli spettinati e mio padre che dietro ci aveva scritto “Nicaccia”. Mio padre… il contrasto fra la ragione e l’emozione, il fuoco dell’Etna e una mente aperta alle nuove istanze. Mio padre che a cinque anni mi batte perché ero rimasta nel lettone anche quando c’era entrato mio fratello (e ricordo ancora che tra noi bambini c’ era l’abisso di quel grande letto!). Mio padre che mi parla della Curie, delle donne scienziato, delle grandi esploratrici, di S. Caterina. Mio padre che mi rimprovera perché mi lascio aiutare da mio fratello nei lavori da donna.

Mio padre che dice “una ragazza che studia è come un ragazzo”, non le si può chiedere un impegno costante nei lavori femminili.

Mio padre che pensava a sua figlia come una rosa… e si ritrova un carciofo. Mio padre che riteneva indispensabile il contributo della moglie al bilancio, ma l’ambiente di lavoro, corruttore. Mio padre che si opponeva furiosamente alle mie scelte per poi accettarle per non restare in rotta. Mio padre… il segno della mia contraddizione.

E mia madre, mia madre che mi guarda crescere diversa da lei e mi lascia fare, celando le sue ansie, comprendendo, accettando.

Mia madre, con quattro figli e tre vecchi in casa, che trova, ancora tempo per gli altri.

Mia madre, che si sottomette al marito nella buona e nella cattiva sorte. Mia madre, quante possibilità rinchiuse in quella casa ben curata? Quante ricchezze trattenute solo per noi? Mia madre, che da bambina era un maschiaccio e che diviene la consolatrice, il sostegno del suo uomo. Mia madre, che oppone ai figli che le rimproverano la sua non libertà d’ azione un “a me va bene così” !… Mia madre che è il sostegno delle vicine, che assiste ammalati, ospita bambini, trasforma le chiacchiere di cortile in momenti di consapevolezza. Mia madre, che accetta il genero e le nuore come sono.

Mia madre, che cresce i figli dei figli. Mia madre, che, vedova, scopre a 55 anni una nuova autonomia… E io?

Io che cresco con mille asprezze. Io che sono un maschiaccio. Io che a 5 anni lavoro all’uncinetto. Io che ho solo compagni maschi. Io che sono disordinata. Io che ho paura…

Io che mi lascio guardare ma tremo pensando al peccato. Io che non mi lascio più guardare perché sono “grande”. Io che ho le mestruazioni. Io che ho-paura dei ragazzi. Io che ho sempre mal di testa Io che mi invento il primo amore. Io che sono grassa. Io che ascolto le confidenze degli altri senza vivere nulla in prima persona. Io che studio, ma senza ammazzarmi. Io che scopro l’impegno politico. Io che non ho il ragazzo. Io che ho un direttore spirituale. Io che resto bocciata. Io che per comunicare scrivo. Io che recupero l’anno e faccio la maturità da privatista. Io che sogno di andare in Brasile. Io che penso che per poter fare quello che desidero non .potrò mai sposarmi. Io che mi innamoro del ragazzo sbagliato. Io che ho paura e lascio Giorgio. Io che non voglio amare Silvio perché ho paura e penso ancora al Brasile, all’Africa… Io che mi scontro con mio padre, ma cambio scuola.

Io che voglio andare in India con Padre Pino.

Io che scrivo una lettera ad un giornale.

Io che faccio la scuola di servizio sociale.

Io che faccio la “capo” delle guide. Io che rispondo a “quel matto” che mi ha1 scritto.

Io che dico a Franco (“quel matto”) che non gli conviene sposarmi perché non voglio farmi mettere sotto i piedi da un uomo.

Io che mantengo i miei impegni nonostante Franco.

Io che penso che Franco mi aiuta a parlare.

Io che ho paura dell’aspetto sessuale della faccenda. Io che penso ancora all’India. Io che faccio la tesi sull’asilo-nido. Io che mi scontro con la realtà del lavoro dell’assistente sociale. Io che “somatizzo” Io che sposo Franco. Io che non so come va questa faccenda.

 

Tu sei Giovanna, e per questo mi piaci, e ti voglio felice. Prima che nasceste sia tu che Enrico le mie amiche dicevano: “speriamo che sia un maschio, così dovrà soffrire di meno!” . Che triste immagine della donna che esse ed anch’io sperimentavamo ogni giorno!

 

Io che torno a scrivere perché non so parlare.

Io che aspetto un bambino. Io che lavoro anche di sera perché è una cosa importante. Io che ho un bambino. Io che sono divisa tra mio marito e la mia famiglia.

Io che lavoro all’ufficio di servizio sociale minorenni. Io che credo all’impegno nella DC. Io che scopro la crisi del ruolo. Io che scopro l’amicizia della Marcella. Io che studio la riforma dell’assistenza. Io che aspetto un altro bambino. Io che… mio padre muore. Io che ho una bambina. Io che lotto perché la mia bambina non sia schiacciata dal suo ruolo. Io che divento “estremista”. Io che divento “femminista”. Io che risomatizzo.

Io che mi chiedo se è possibile mandare avanti il mio matrimonio. Io che mi sento incastrata. Io che litigo. Io che non reagisco. Io che mi lascio andare. Io che aspetto il momento buono. Io che credo che si possa cambiare. E Giovanna cresce. Io non sono fatta per la lotta “armata”. Io credo alla persuasione, alla pazienza e in lei ripongo le mie speranze per la donna di domani.

Una donna diversa da me, senza paure, capace di realizzarsi, e mi rivedo nei suoi pianti, nelle sue rabbie. Figlia mia, come ti vorrei diversa da me!

Penso al tuo bisogno di comunicare di parlare, di esprimerti, quanto è spontaneo e quanto frutto dell’esibizionismo indotto dalle coccole dei parenti? Vorrei… seduta al bar della stazione rileggo quanto da stamane ho scritto di getto. Per chi? -Pensavo a Edi, Tiziana, alle adolescenti che conosco e che vorrei aiutare ad essere libere

E Giovanna? anche per lei rivedo una foto, anzi due: una scugnizzetta seduta nella sabbia con due occhietti furbi, ed una bimba nuda, che traversa da trionfatrice la spiaggia. Ecco, in quella foto mi sembri l’immagine di quello che vorrei darti, la gioia di essere te stessa, felice di conoscerti, di crescere, di scoprire il mondo, ma sono triste, perché so che non sei una bambina felice: troppe contraddizioni tormentano la tua piccola vita, troppe cose da comprendere, troppi perché imposti dal nostro egoismo di adulti. Vorrei proteggerti, ma devo lasciarti vivere la tua battaglia restando a guardare, cercando di affilare le tue armi perché tu ti difenda dalla prepotenza dei maschietti più grandi senza restarne turbata, dall’inferno che minacciano le suore, dalle esigenze di rendimento di Nadia, in cui spesso cadiamo anche noi, e poi, da quante cose ancora? Come detesto il tuo desiderio infantile di farti accettare perché sei bella, perché Sei brava; e lo detesto perché mi sento in colpa: io non so darti la certezza che ti accetto perché sei tu, non mi importa se sei bella, se sei brava. Tu sei Giovanna, e per questo mi piaci, e ti voglio felice. Prima che nasceste sia tu che Enrico le mie amiche dicevano: “speriamo che sia un maschio, così dovrà soffrire di meno!” . Che triste immagine della donna che esse ed anch’io sperimentavamo ogni giorno! Ma io non riuscivo ad avere preferenze ‘di sesso: i bambini che si desiderano si amano ed “i nove mesi che siete cresciuti dentro di me il mio amore si è preparato ad accogliervi così come eravate, e sono stata immensamente felice che foste due bimbi sani e belli, prima ancora di chiedere se era un maschietto od una bambina; ma quando sei nata tu sono stata doppiamente felice: ero contenta che tu fossi una bimba perché ero e sono convinta che è bello essere donna, e avevo scoperto la solidarietà fra le donne, la capacità di aiutarci tra noi, di scoprire le nostre ricchezze e pensavo di poterti far crescere nella gioia e nella sicurezza del tuo essere donna, altrettanto ricco e valido dell’essere maschio

di Enrico. Due fratellini siete, che potete crescere insieme e fare le stesse cose anche se a volte lui può far di più perché è più grande. E’ meraviglioso vederti crescere, cercare, e mi rendo conto che per te è più difficile, perché sono troppe le pressioni che subisci ad esprimerti entro schemi di femminilità ben lontani dal tuo vero essere. Anche se ti dicono che sei monella, a me piaci monella! Mi va bene se ti arrabbi perché non ti ascolto.

Mi va bene se cerchi di affermare te stessa, anche se qualche volta è difficile e finisce che mi arrabbio, ma se ci penso, mi va bene così…” . Giovanna aveva pochi anni, quando ho scritto queste cose, forse quattro o cinque, ed ora vengono fuori le difficoltà di questo atteggiamento: a volte temo che non capisca il valore dell’impegno per raggiungere un risultato, o forse è solo quando la spingo oltre il suo essere, verso altre cose che non la interessano? a volte rivedo asprezze ed angolosità che conosco bene in me, e vorrei invece che per lei fosse tutto semplice. Mi ha rassicurato anche il suo inserimento felice a scuola, dove una maestra intelligente le ha concesso di tirar fuori il meglio di sé ed incanalarlo positivamente senza distruggerlo. Sarà una bambina, una donna nuova? Lo spero, ma vedo bene quanto è lunga e dura la strada ed a volte lei mi sembra tenera ed indifesa in un mondo di lupi, poi a volte mi sembra che le mie paure siano esagerate: se io in segreto e con paura mi mostravo a mio fratello, sentendo il peccato che vivevo, lei gira nuda per casa, o sì sfila le mutandine per divertire i compagni sventolandole in giro, ed allora io la blocco spiegandole che non tutti gli adulti la pensano allo stesso modo e che forse ci vuole un po’ più di prudenza… E’ bella, vivace, decisa, ma anche facilmente suggestionabile, imita i gesti provocatori delle ballerine della televisione, poi fa la strega con me o con sua cugina. Sbuffa, si oppone a suo padre con ira, poi butta tutto in scherzo, oppure fa il broncio furiosa, Piange disperata quando combina dei guai, ma sembra che vada a cercarseli… Sfrutta l’evidente preferenza di suo padre per aver ragione di Enrico, ma poi lo difende. Nel rapporto con lei, è lei la più saggia, quella che orienta le cose, e questo mi fa sperare che si fidi di me, se può accusarmi di non capirla quando io, presa dal peso della mia vita, non riesco più a tenere le fila del rapporto con lei ed urlo per un nonnulla, sono esigente, prepotente e dirmi che così non la faccio respirare… E’ più vicina di me alla verità, è esigente, ma positiva…