donne a convegno

febbraio 1978

questo numero è quasi interamente dedicato ai convegni delle donne. Nell’arco di un mese ci sono quasi piovuti addosso ben 5 convegni delle donne o sulle donne: dal 13 al 15 a Roma quello sul separatismo indetto dal Movimento Femminista Romano; il 14 e 15 sempre a Roma: La donna nello spettacolo indetto dalla SAI (Società Attori Italiana) e dai sindacati dello spettacolo; dal 19 al 22 il congresso dell’UDI; il 28-29 a Roma il convegno sui consultori; dal 14 al 15 a Milano il convegno Donna, Arte e Società.
Un avvenimento estremamente interessante e — non lo neghiamo — faticoso. Benché il nostro stile di lavoro neghi la pratica dell’inviata speciale del femminismo, in alcuni casi ci siamo trovate a fare proprio questo. Ed è un fatto che ci ha costretto a riflettere.
Abbiamo assistito a convegni tutti interni alle tematiche del movimento (quello sul separatismo e quello sui consultori, per esempio); a congressi — come quello dell’UDI — di un movimento storico che si è visto costretto a rivedere i suoi nodi teorici e di prassi; a convegni indetti da sindacati e da associazioni di categorie del tutto nuove ad una pratica di riflessione sullo specifico delle donne lavoratrici, come quello della Donna nello spettacolo (di cui per mancanza di spazio non possiamo dare un resoconto) o quello di Milano sulle donne impegnate in attività artistiche. È in preparazione a Venezia un Convegno internazionale indetto dall’Assessorato alla Condizione Femminile.
Un filo rosso — anzi, rosa — lega tutti questi convegni: la discussione sulla specificità-donna. Ma ci sono importanti diversità, la cui analisi richiede un maggiore approfondimento. Qual è la differenza fra un convegno indetto dai sindacati e uno «del movimento»? a quale esigenza risponde questo confrontarsi in situazioni allargate? che valore ha e che risultati può dare un momento assembleare e spesso rigidamente articolato? perché hanno partecipato anche donne che poco o nulla avevano a che fare col tema specifico dell’incontro, come già era successo per il convegno «Donne e follia» a Firenze? È probabile un bisogno di ritrovarsi insieme, aggregate intorno ad un tema di lavoro specifico, che vuol dire il bisogno di ‘ritagliare e approfondire sezioni di realtà su cui intervenire più specificamente. Ma rimane da capire come questa esigenza — se è realmente questa — si collega con la tanto favoleggiata «crisi» del movimento e dei collettivi. È da chiarire che peso e che importanza hanno, a quali difese o aperture ci richiama l’ansia delle istituzioni (sindacati e Assessorati vari) di parlare di noi e di farci parlare nelle loro sedi.
Tutti problemi aperti sui quali, per i tempi incalzanti, non abbiamo avuto il tempo di riflettere a sufficienza. E comunque non ci sentiamo, non possiamo e non vogliamo dare risposte definitive, ma solo suggerimenti. Rimandiamo al prossimo numero un approfondimento maggiore di alcuni di questi temi, fidando che nel frattempo anche voi ci inviate i vostri contributi, personali o di gruppo, per poter lavorare insieme, anche se separate dalla distanza.