DIALOGO

fuori dal dominio maschile

nella mia famiglia tutte le donne hanno imparato a cantare, a ballare, hanno frequentato delle vere e proprie scuole; lo facevano per passione, non per lavoro

luglio 1979

per incontrarla devo raggiungere la sua casa di campagna a pochi chilometri da Roma. Mi viene incontro lei stessa nel giardino, è una non più giovane semplice donna in pantaloni e giacca di lana. E’ molto gentile, il suo sguardo è profondo e dolce, i capelli biondissimi e morbidi le incorniciano il viso pieno senza trucco. Nella fisionomia niente che possa ricordare l’enigmatica e sensuale attrice di cinema. La nostra lunga chiacchierata si svolge in un soggiorno luminosissimo pieno di un “disordine mio”, come lei stessa dice, recuperato dopo la partenza dei genitori che, venuti a trovarla le hanno, come succede un po’ a tutti, ordinato la casa. Mi chiede di “Effe”, vuol sapere la storia del giornale, poi ancora di me, la mia famiglia, le mie origini. Quasi con fermezza dice di credere di non essere una donna da intervistare, non ha una storia che possa interessare le altre donne.

Mi sento un po’ a disagio e: non so come cominciare a spiegarle perché la sua storia di donna ci interessa e c’incuriosisce tutte, senza incorrere in un discorso banale ed ovvio. Ci provo. Ma in realtà le cose non migliorano, quando addirittura prende un registratore e dice con una punta di divertimento che registrerà anche lei ciò che diremo. Quando mi chiede se ho delle domande “speciali” da farle, dal suo modo dolce ed ironico insieme dì sorridere capisco che la sottile provocazione è finita e possiamo cominciare. “Sono poco ambiziosa, proprio ieri me lo ha detto un’ attrice italiana. E’ vero, non ho mai lottato per ottenere un Oscar, per un ruolo, non ho mai fatto niente per impormi a tutti i costi, sono stata anche molto fiera, Ilo lottato, sì, ma per imparare non per avere!

 

nella mia famiglia tutte le donne hanno imparato a cantare, a ballare, hanno frequentato delle vere e proprie scuole; lo facevano per passione, non per lavoro

 

Mi piaceva molto conoscere il mio mestiere, ma non per mostrarmi, per il successo. Forse per questo ancora mi dicono che sono poco ambiziosa, forse è solo pigrizia. A me piace vivere tranquilla, pensare a me stessa, a ciò che mi interessa, conoscere, viaggiare, scrivere. Sono sempre stata fuori da un certo tipo di vita propria dell’ambiente del cinema”. Continua raccontando episodi delia sua vita di attrice di teatro, di cinema, di un lavoro che mi sembra le abbia lasciato poco tempo per una vita privata. Le chiedo discretamente se sente come donna di aver rinunciato a qualcosa…

“Sono andata molto presto a scuola di teatro, ho avuto perciò una vita particolare. Ogni sera alle sette vai lì, reciti dalle sette a mezzanotte. Le prove a quel tempo comincia
vano alle due del mattino per finire alle quattro del pomeriggio, e dopo un intervallo di due ore dovevo già ritornare. In così poco tempo non si può fare niente. Non potevo vivere come una donna normale, avere un ménage regolare non era possibile! Ero molto felice, anche se era un lavoro molto duro, che costava sacrifici. Chi fa teatro deve essere molto ostinato, molto forte. Non basta il talento. Allora poi in Svezia non esisteva il “sostituto”, e qualsiasi cosa ti succedeva dovevi lavorare lo stesso. Un attore era obbligato a interpretare più personaggi. In una stessa sera mi è capitato di esserne tre. Era divertente. Ero pagata poco! Ho vissuto una vita che era sogno, fantasia; il teatro è una vita di suggestioni, sono stata benissimo. Quando facevo cinema contemporaneamente al teatro mi svegliavo alle cinque del mattino, alle otto si girava, finivo alle cinque del pomeriggio e andavo al teatro. Non avevo il tempo per leggere, fare una telefonata…”. Non vorrei contrariarla, ma le dico che mi piacerebbe, se lei è d’accordo, tornare alla sua storia, al di là del suo essere sociale. Forse la mia domanda è “viziata” dal fatto
che mi è difficile parlare con un’altra donna come se fossi un’intervistatrice consumata. Lo posso fare solo cercando di ritrovare i frammenti di una storia, la sua, che ci avvicineranno. “Nella mia famiglia tutte le donne hanno imparato a cantare, a ballare, hanno frequentato delle vere e proprie stuoie, questo lo facevano per passione, non per lavoro. Per il resto la loro vita era quella di future,- tranquille madri di famiglia. A. me invece fin da piccola, devo dire, mi ha disgustato l’idea di dover crescere, essere educata per sposarmi. Avevo un gran bisogno di libertà, e sinceramente non ne vedevo nessuna nel matrimonio». Mi rendevo conto che era una schiavitù, forse bella, ma non’ mi attirava. Credo nell’amore, nella famiglia, ma come era una volta, forse. Certo ora è una cosa assurda: è la coppia chiusa in una monocamera, con uno o due figli al massimo, che vive in un quartiere satellite, dove la donna rimane per tutto il giorno chiusa”.

Fa ancora delle considerazioni sii come le donne sono costrette a vivere oggi tra una falsa emancipazione, ed un modo di vita che necessariamente le riporta indietro, le esclude. Penso che è bravissima a schivare argomenti dì cui non vuol parlare, ritorna su temi generali, mescola un po’ tutto, politica, problemi, sociali, vita privata e inquinamento… “Nuotavo nel fiume del mio paese quando ero piccola. Oggi tutto è rovinato, è stata costruita una centrale elettrica. Era uh paradiso, ma ora quel paesaggio non esiste più. Mio padre mi ha mandato una vecchia cartolina con scritto: “paradiso perduto”, ha ragione”. Si alza, va in un’altra stanza e ritorna con cartoline e fotografie del suo paese, perché io possa rendermi meglio conto della trasformazione di quel paesaggio. Quello ecologico è il problema che più la preoccupa, ne parla molto e con molta passione. Mi chiede improvvisamente se sonoa favore delle centrali nucleari, le rispondo di no, “Tutte le donne che conosco mi rispondono così, degli uomini pochissimi. Che interesse possono” avere le donne a mandare avanti un mondo industrializzato? A questo mondo non partecipiamo né con il lavoro né con il capitale. Noi abbiamo contatti, legami diversi, più umani. L’uomo pensa ad andare via, sulla luna, dovunque. Noi pensiamo a quello che abbiamo, a chi ci sta vicino”. Continuando mi accorgo che diventa sempre più facile parlare con lei. E’ presente ora quella complicità che si istaura fra due donne quando si confrontano con la realtà che le circonda. Nonostante le nostre storie siano così diverse, ed Ingrid si dichiari “pessimista” su quello che noi donne riusciremo a modificare… Non abbiamo fatto fino in fondo i conti con il potere, le istituzioni… “Le donne hanno poca fiducia in se stesse: io mi sono analizzata molto da sola ed ho trovato che tante ansie mi derivavano dall’esterno. Per molto tempo ho cercato di avere dei figli e non ci sono riuscita, mi sarebbe piaciuto molto. Ora mi fa riflettere il fatto di farli vivere in questo mondo. Non averne avuti è una cosa che ormai ho superato, non ci soffro più, ma allora mi ricordo che tutti mi spingevano a pensarci, mi chiedevano tante cose. Ecco, per una donna essere madre è importante, ma è anche un bisogno imposto, è un ruolo che vuole la società. Non si è libere di decidere, di scegliere, c’è sempre qualcuno che lo fa per te. Questo riguarda anche la società più in generale”.

Faccio un timido accenno all’autocoscienza, al tentativo di risolvere insieme i problemi, alla solidarietà. “Ho cercato la solidarietà delle donne, ma non l’ho avuta. Anni fa c’era molta competizione fra le donne, adesso qualcosa è cambiato. Mi ricordo negli anni ’50 a Parigi, dove oltre a fare cinema seguivo la scuola di mimo di Marcel Marceau, vedevo le altre impegnarsi solo per riuscire ad avere un uomo importante, ad andare a quel cocktail, a quella festa, e tra loro erano gatte arrabbiate! Non le capivo, capivo solo che umiliavano se stesse, era terribile. Anche a me è capitato di fare vita mondana: ai festivals, alle prime ero obbligata ad andarci, ma non mi è mai piaciuto. Mio marito poi era a capo dell’istituto del cinema in Svezia… Anche un po’ per questo ho lasciato la Svezia. Non volevo si dicesse: “lei fa questo perché suo marito…”“. d’obbligo chiederle come mai ha cambiato Paese per vivere.

“E’ stato anche perché non potevo, come non potrei tuttora accettare la rigidità degli svedesi, il mito del benessere le sicurezze che poi non soddisfano veramente. Da noi per esempio una donna può diventare pazza se non lavora e sta in casa. E’ tutto così semplice, per cucinare trova tutto già preparato, i cibi sono surgelati, è tutto pronto, servizi sociali per i figli, ma tutto il tempo che una donna ha a disposizione come potrà impiegarlo? Non ha niente da scegliere, non è preparata a far niente altro, è sola, è privata della cultura, non legge, e poi non ci sono neanche biblioteche. Se non ha interessi propri è finita. Ma quando invecchia è molto più drammatico, i figli vanno via, il marito è stanco di lei…”. Cos’è la vecchiaia per un’attrice?

“Certo per alcune attrici perdere la bellezza, invecchiare è grave, dipende, da come sei, da quello che hai fatto, se sei brava però troverai il modo di cavartela, potrai lavorare ancora”.

Le chiedo se si serate una privilegiata perché, al dì là della sua bravura, non ha sprecato delle occasioni, ha lavorato avendo la possibilità di dimostrare le sue capacità professionali, ha fatto delle scelte giuste. Questo è molto per una donna-attrice e per una donna in genere. Nel senso che essere “brava” per una donna è privilegio, può voler dire anche essere fortunata.

“Il solo privilegio che mi riconosco, se si può chiamarlo tale, è che molto presto ho capito me stessa, la società, in cui vivevo, ho capito le cose brutte. Ma non vedo solo quelle, ci sono anche cose belle! Ho scelto quando era più difficile scegliere, fare delle scelte, ho lottato per cambiare le cose, mi sono impegnata politicamente ora mi sembra più difficile fare qualcosa”.

E’ una sensazione comune a molte di noi oggi, le confermo. E’ molto difficile per il movimento continuare a lottare ma abbiamo tante cose da dire, da fare, anche se all’esterno sembriamo ferme, in realtà non è così. “Le donne non hanno molto tempo a disposizione per preparare un mondo diverso. Si deve fare presto perché non sia troppo tardi. Devono lottare di più per costruire il loro mondo che certamente sarà più bello di quello esistente. Non è facile. Quando una donna fa delle cose ed è brava, o fa il gioco dell’uomo e si mascolinizza o è fuori. Se viaggi per il mondo come ho fatto io, ma non come attrice, ho vissuto per lunghi periodi in tanti Paesi diversi, ti rendi conto che l’uomo è dappertutto. Tutto quello che ti circonda e maschile, fatto dagli uomini per gli uomini, ogni cosa 1} rappresenta. Dovunque hanno una moglie dentro casa che lavora per loro, soprattutto nei Paesi sottosviluppati. Hanno costruito una rete nella quale volendo puoi penetrare, in un punto, in un altro, ma è una cosa senza importanza. Se puoi dimostrare “siamo pari”, non ti lasciare ingannare, è comunque una parità sulla carta. Te lo dico io che sono una donna autonoma, ho soldi, successo, posso fare, girare il mondo. Gli uomini non li ho
mai contrastati, era inutile, non esiste nella loro testa l’idea della donna. Sai, esiste solo nel momento in cui deve votare! Ho perso molte amiche perché si sono sposate ed
hanno preso il cognome del marito. Noi donne ci perdiamo tra noi. Siamo anonime, siamo state divise, è un pericolo per gli uomini il fatto che noi donne possiamo ricordare, ricostruire la nostra storia. In questo modo ho sempre tenuto molto alla mia identità, alle mie radici e quando tutto questo era minacciato sono fuggita”.

E gli uomini?

“A me piacciono gli uomini, li amo, li ho amati molto, ma non ho mai “mischiato” i miei interessi, le mie cose, nei rapporti con loro. Avrei dovuto diventare un’altra me stessa per ogni uomo che ho incontrato. E’ difficile trovare un uomo che sia tanto forte da rispettare la tua individualità, la tua libertà”.

A proposito di uomini, di uno, Bergman, con il quale ha lavorato molto, vorrei parlare con lei. Le propongo di parlar “male” del regista che secondo me, e non solo secondo me, non fa altro che usare, non c’è altro termine, le donne. Terra di nessuno dove ogni saccheggio è possibile queste diventano le messaggere del suo immaginario. “Ho fatto molti film con Bergman, era l’unico regista interessante che c’era in Svezia. Ma ì suoi personaggi così tormentati non mi piacevano perché io non sono così, mi piace l’ironia! E’ molto bravo ad analizzare la donna, parte da quelle che gli stanno vicino. Quello che dice è vero, secondo me, molto vero! Se vuoi corrisponde ancora alla realtà delle donne. Io sono stata furba, girando con lui ho modificato in senso positivo, nella recitazione naturalmente, alcuni personaggi femminili. Lui se ne è accorto ma ha approvato, dopo”.

E’ molto tardi, parliamo ancora di lei che ama scrivere cose allegre, ironiche, piene di colori, di neve, di bambini. “Ho’ scritto anche una storia di vecchi che in una casa di riposo fanno una specie di rivoluzione”. Dei suoi lavori manuali: la ceramica, il tombolo, “ero molto brava già da piccola”, la maglia.Il traffico del rientro mi aspetta, mentre sto per andar via
Ingrid ancora aggiunge:

“Quello che stanno facendo le donne è troppo evidente, bisogna fare ma nascondendosi di più. Ed avere più idee. Vorrei che tutto andasse bene ma l’esperienza mi dice che sarà un processo lungo e difficile”.