i principi neri del senato

la lotta per l’aborto non è finita col voto in Senato. Questi sono tre contributi al dibattito, tre posizioni diverse, che riguardano le scadenze e gli obiettivi di lotta che il movimento si sta dando.

luglio 1977

AED femminismo bergamo-roma
Il disegno di legge sull’aborto sostenuto dai partiti della «borghesia» laica e contrastato dai partiti della borghesia cattolico-conservatrice, è decaduto dopo mesi d’attesa. Quali che siano le responsabilità concrete, a noi donne poco importa, dato che lo scontro tra i due blocchi del senato non è stato tra due principi opposti, ma solo tra due diverse concezioni di legalizzazione dell’aborto: due modi più o meno meschini di intendere l’aborto su autorizzazione, l’aborto di Stato.
Sappiamo che il senato, il parlamento, questo Stato non ci rappresentano. I maschi delegati al parlamento hanno usato, ancora una volta, noi donne e i nostri diritti, come moneta di scambio per ottenere o mantenere fette di potere.
I fascisti al senato (leggi DC) gongoleranno, ma noi donne non ci sentiamo defraudate. Anzi, liberate. Liberate da una legge che sarebbe stata un capestro sulle nostre teste per altri trent’anni: capestro o legge truffa che avrebbe illuso i cittadini più sprovveduti e mantenuto l’oppressione sulle donne e le classi subalterne. Noi vogliamo l’aborto libero, depenalizzato, e subito:
per poterci organizzare senza il rischio della galera;
per poter vivere serenamente il principio dell’autonomia decisionale;
per non essere strumentalizzate da interessi demografici ed economici;
per non essere in balia degli specialisti del comportamento;
per difenderci dalle conseguenze fisiche della violenza del maschio;
per difendere la nostra salute;
per poter veramente scegliere l’anticoncezionale più adatto;
per difenderci dai fallimenti degli anticoncezionali;
per proteggerci dalle speculazioni delle case farmaceutiche;
L’aborto legale, ossia su autorizzazione, ossia di Stato, lo lasciamo agli schiavi.
Chiarito il concetto di libertà, non inquiniamo questa rivendicazione con motivazioni terapeutiche, eugenetiche, economiche e paternalistiche: in sintesi demagogiche e assistenziali. Ci devono riconoscere l’aborto come diritto all’autodeterminazione. Dobbiamo pretendere l’aborto come diritto e basta.
Vogliamo il referendum abrogativo popolare

Roma, 11 giugno: manifestazione di protesta contro le «palle nere» del Senato.
La turpe manovra del senato italiano è l’ennesima prova che soluzioni pacifiche e civili non trovano spazio in questo regime, che delega allo Stato un potere illimitato. Occorre quindi una presa di coscienza delle donne sulla necessità che la battaglia per la liberazione della donna si configuri non più in termini di delega e attesa, ma in termini di completa autonomia di analisi e azione femminista.
Costruiamo i nostri centri di contro-potere: organizziamo in ogni città consultori alternativi, autogestiti, autofinanziati, illegali, per le nostre esigenze. Contro ogni schiavitù.
donne in lotta a Venezia
La DC ha potuto impedire che si discutesse in Parlamento la legge sull’aborto. Dopo mesi di «trattative»,
dopo che si era giunti a ben 59 emendamenti, la DC ha voluto la prova di forza, ha voluto far capire, e lo ha detto chiaramente, che le questioni della concezione della donna e della vita, sono suo appannaggio, che su queste non tratta, non vuole neppure permettere che si discuta. Grazie allo slittamento di 8 voti, malgrado le mobilitazioni di migliaia di donne, malgrado le settecentomila firme per il referendum; la DC ha deciso che non se ne parla.
Era da mesi che la DC aveva scatenato la sua battaglia contro l’aborto, in nome della vita: per mesi ha fatto marce e veglie iper riconfermare e propagandare la sua visione reazionaria e clericale della donna, puro contenitore di bambini, negata come persona, carne da macello per le mammane, o miniera d’oro per medici «compiacenti». La DC ha voluto dire «n NO secco perché ha capito bene che la questione dell’aborto e della libera gestione della propria sessualità è per la donna un fatto decisivo. Sull’altra questione decisa, il lavoro, si dà da fare il padronato licenziando spietatamente e la
Tina Anselmi al ministero del lavoro. Con la crisi che ogni giorno si fa più pesante per tutti, si vuole che noi torniamo a forza nelle cucine, cariche di figli e mutilate per gli aborti clandestini, a fornire lavoro gratuito, – se non lavoro nero e lavoro a domicilio, ed alleviare così la vita che sarebbe altrimenti insostenibile, a genitori, figli, mariti. Si vuole che torniamo ad essere tutte inebetite dalla fatica e dalle maternità, più che mai disposte ai sacrifici, più che mai oggetti per lo sfogo sessuale, macchine per la riproduzione, servizio sociale per tutti. A questa visione, che ha una sua organicità perché è antica e trova eco negli animi perché sempre così la donna è stata vista da tutti, il fronte laico, sostenitore dell’aborto, non ha saputo opporre una concezione diversa della donna, non ha saputo affermare che il problema della vita è il problema della vita della donna, non ha voluto fare le marce e le veglie per la vita della donna, ma ha anzi lasciato via libera alla DC senza fiatare. Il fronte laico, concependo spesso l’aborto come strumento di controllo delle nascite e come problema di semplice libertà personale non è riuscito a comprendere quella che era la radice della lotta di migliaia di donne, cioè che era un altra visione della donna che si trattava di avere: ecco perché ha potuto ammettere, nella legg passata in parlamento, l’obiezione di coscienza dei medici. Ha svenduto la nostra vita nel momento stesso in cui ha riconosciuto che si può avere una «coscienza» che non tenga conto di essa. Da ciò la campagna democristiana ha potuto prendere tanta forza al punto di giungere alla provocazione parlamentare. La DC sa bene che nella legge approvata al parlamento nessuna donna, si è riconosciuta, che quella legge non ha un movimento dietro, che non rispecchia le nostre istanze di essere riconosciute come esseri coscienti e autonomi, che rappresenta solo un gioco di equilibri parlamentari e di cedimenti da parte di chi era disposto ad ogni compromesso sulla nostra pelle.
Ora che si dimostra quanto è stato perdente per tutti procedere in questo modo, è giunta l’ora che il fronte laico si misuri con le donne, con il nostro movimento, se non vuole essere irriso in parlamento e vedere le emorragie di voti è giunta l’ora che si comprenda che non è confrontandosi con la DC e cedendo ad essa sulla questione dell’obiezione di coscienza, su questo e quell’altro, che si ottiene qualcosa, ma solo facendo propri gli interessi del movimento delle donne, facendo propria una visione diversa della donna si batte la DC costringendola a confrontarsi con migliaia di donne e non con un fronte laico appesantito dai compromessi. Solo noi, come movimento, rifacendoci protagoniste di questa battaglia possiamo renderla vincente. Riapriamo perciò il dibattito fra tutte le donne sull’aborto, sul perché lo vogliamo, su come lo vogliamo, sulla difesa della nostra vita; andiamo in piazza a gridare che non si vince sulla pelle delle donne; diciamo no all’obiezione di. coscienza, alla casistica, al medico giudice; diciamo no alle tutele e rilanciamo l’obbiettivo dell’aborto libero gratuito assistito ma dalla parte delle donne; diciamo chiaramente che ci fanno paura i cedimenti e i compromessi per cui preferiamo arrivare, protagoniste di nuove lotte e forti della nostra pratica di aborto autogestito, ad un referendum che solo ci può sottrarre all’attacco democristiano che si fa ogni giorno più feroce.
collettivo D – biblioteche statali – commissione femminile statali cgil firenze
La DC, il MSI ed i franchi tiratori laici hanno bocciato la legge sull’aborto. La DC mostra così il suo volto tracotante e provocatorio, seguendo una linea di opposizione pregiudiziale, senza nemmeno la volontà di confrontarsi con le forze democratiche e progressiste del Paese. Con il voto al Senato del 7-6-1977, se da una parte la DC vuole costringere il PCI e il PSI ad un ulteriore arretramento dal terreno di un accordo programmatico, per una politica ancora più antipopolare, dall’altra dimostra, nella volontà di far fallire la legge, un totale disprezzo per il dramma che migliaia di donne vivono. Da questo ennesimo tradimento delle forze conservatrici non ostacolate dalle sinistre con un’adeguata lotta di massa risulta anche chiaro come sia stata strumentale l’attenzione che tutti i partiti hanno dedicato alle donne nelle recenti campagne elettorali e non il segno di un diverso indirizzo e volontà politica. Ancora una volta le donne sono state un oggetto passivo di scambio nella lotta per gli equilibri di potere: dopo questo voto al Senato, continueranno ad abortire nell’illegalità e nel pericolo. Il movimento aveva imposto ai partiti (laici e di sinistra) un fatto politico di grossa portata, trasformando il dramma dell’aborto da un problema personale a sociale: con l’approvazione della pregiudiziale democristiana si è voluto ricacciare il movimento stesso nel ghetto del privato, della violenza, della ipocrisia. È necessario a questo punto, superata la rabbia e lo smarrimento, far pesare con una forte mobilitazione la volontà delle donne sui partiti laici che non devono scendere ad ulteriori patteggiamenti; ampliare il movimento per conquistarci giorno per giorno una legge che ci serva a sconfiggere l’aborto clandestino; organizzarci per smascherare qualunque compromesso o cedimento dei partiti, per una legge sull’aborto che ci garantisca libertà di decisione, gratuità, autodeterminazione.