la posizione del c.r.a.c.

marzo 1977

il movimento delle donne ormai da molti anni si muove per lottare contro la vergognosa situazione che esisteva e che esiste ancora in Italia riguardo al problema dell’aborto clandestino. I modi della lotta sono stati i più svariati, dai nuclei clandestini alla mobilitazione nelle piazze, dall’organizzazione di migliaia di viaggi a Londra, al lavoro e all’approfondimento sugli anticoncezionali e, più ampiamente, sulla medicina della donna. Ogni nostro sforzo è nato dall’esigenza di partire dalla coscienza del nostro personale vissuto per confrontarlo con quello di tutte le donne, partendo sempre da noi stesse, cercando di capire sempre meglio, per poterli combattere, i modelli sociali, economici, educativi e culturali che ci portano alle tragiche esperienze dell’aborto, della maternità negata, della sessualità mancata, ed a vivere queste esperienze nel particolare modo solitario e violento che ci è abituale.
La lotta è andata avanti, il movimento è cresciuto e ha saputo creare coscienza e volontà di lotta in un numero sempre più grande .di donne. La nostra forza è aumentata, così come è andata aumentando la contraddizione con le istituzioni che avevamo ed abbiamo come controparte e la nostra consapevolezza di questa contraddizione.
La storia è di oggi, alla crescita del movimento delle donne su un obiettivo in fondo «istituzionale» come la lotta per l’aborto e per i consultori, ha corrisposto una sempre maggiore vicinanza da parte di compagne e di collettivi che di questa lotta comprendevano e condividevano il fine ultimo, ma spesso non la pratica femminista corrispondente, che per noi rappresentava il «mezzo» essenziale. Da qui sono nate e ancora esistono nel movimento per quel che riguarda l’aborto spaccature e dissensi (ad esempio sulla legge Pinto-Corvisieri, che è nata in parte come esigenza di movimento, ma in parte dietro la spinta di organizzazioni politiche che, della forza del movimento, si volevano servire, è stata portata avanti in modo scorretto nella pratica come nei contenuti. E nella quale la maggior parte delle compagne femministe e delle donne non si è riconosciuta), che per noi sono il segno di un evidente tentativo di manipolazione da, parte di forze e gruppi di compagne con le quali non esiste accordo né di giudizio né di prassi.
Si sta ora discutendo in Senato una legge che non nasce e non corrisponde alle esigenze del movimento (come non corrispondeva ad esse la Pinto-Corvisieri, sulla quale, e non è un caso, il movimento non si è mai -mobilitato). La legge che si sta discutendo in Senato e che è già passata alla Camera noi la giudichiamo una brutta legge, frutto di una serie di compromessi fra i partiti che ancora una volta hanno dimostrato di non sapersi fare carico in modo responsabile delle esigenze espresse dalle donne.
La legge sancisce che le donne debbano sottoporsi ad un giudizio da parte di un medico, ad una casistica pericolosa e frustrante, le minorenni soprattutto vedranno i genitori diventare partecipi del loro problema la forza, e conosciamo bene la forza delle «argomentazioni» genitoriali che le ricaccerà nell’aborto clandestino; oltre i novanta giorni sarà praticamente impossibile abortire, se non talmente malate da non poterne fare a meno. Durante la discussione in Commissione giustizia e Sanità sono stati respinti tutti gli emendamenti presentati dalle compagne presenti come deputate in Parlamento (persino l’emendamento della Castellina che riguardava un’eventuale persona di fiducia che potesse accompagnare la donna nel penoso iter per ottenere l’autorizzazione ad abortire è stato bocciato, grazie anche a Giovanni Berlinguer, con la motivazione che in questo modo si dimostrava una «inspiegabile sfiducia» nella classe medica) senza parlare poi dell’obiezione di coscienza contemplata dalla legge, che riguarda non solo singoli individui, e questo è accettabile, ma anche intere strutture sanitarie, ad esempio il Policlinico Gemelli, che è sì cattolico, ma a quel che so, convenzionato dalla Regione e quindi pubblico. Brutta e pericolosa quindi questa legge che rischia però di subire variazioni peggiorative in Senato (emendamenti dei cattolici indipendenti di sinistra), variazioni che andranno combattute. Allo stato in cui siamo essa richiede però un giudizio molto più articolato di quello che spesso si sente esprimere. Da qui nasce il nostro dissenso anche con le compagne radicali che la ritengono peggiore di quella esistente —• e non è vero. Così come da qui nasce la nostra esigenza di «cambiare» i livelli della lotta, i livelli di intervento, renderli più specifici, più corrispondenti ad una situazione che è cambiata. Il movimento non scende più in piazza sulla parola d’ordine «aborto libero» questo è un dato che si è visto negli ultimi tre-quattro mesi, dove abbiamo assistito ad un totale calo di mobilitazione sui temi dell’aborto e dei consultori. Ma questa esigenza delle compagne di cambiare i modi della lotta va capita; non va attaccata in modo jmmotivato e velleitario, non va neanche interpretata come un disinteresse verso il problema, anzi è proprio questa volontà di tutte, di fare cose «diverse» su questo tema, che dimostra ancora una volta la nostra forza e la nostra capacità di ridiscuterci e di ricrearci ogni volta.
Da questa constatazione nasce il bisogno di trovare maniere sempre più incisive, sempre più nostre di lottare. Ad esempio a Roma stiamo cominciando a fare assemblee in tutti gli ospedali pubblici (dove i primari si sono dichiarati obiettori di coscienza) con il personale medico e paramedico e queste assemblee non rappresentano che l’inizio del nostro controllo, della nostra volontà di gestione. Lottare quindi contro la classe medica nella sua parte più retriva che illudendosi di antichi privilegi anche questa volta spera potere e deresponsabilizzazione. Lottare per ottenere l’aborto e la consulenza per l’aborto nei consultori. Denunciare i oasi di aborto terapeutico che vengono ingiustamente respinti, denunciare qualsiasi ritardo o rinvio nella discussione prima, e nell’applicazione poi, della legge. Essere presenti ovunque.
Da questo Parlamento, da questo Senato «maschili», non da un parlamento e da un senato utopici o desiderati, le donne hanno ottenuto solo questa legge che non è, compagne, la peggiore possibile, che la destra si prepara ad attaccare in tutti i modi. Con questa legge nei prossimi anni ci dovremo scontrare e confrontare. Alle donne ora il peso e la voglia di gestirla, alle donne il potere contrattuale e la forza di cambiarla nella pratica quotidiana, per potere anche attraverso di essa, usandola come strumento di lotta, cambiare le strutture patriarcali e capitaliste che l’hanno imposta.