lettera di tatiana mamonova al procuratore di Leningrado

gennaio 1980

Io sottoscritta, Tatiana Arsenieva Mamonova, mi permetto di informarvi che le reiterate convocazioni telefoniche del KGB hanno creato un increscioso clima all’interno dell’appartamento comunitario in cui vivo con mio marito e mio figlio di quattro anni e che certe pressioni mi impediscono di vivere normalmente, come la legge mi dà il diritto.
Durante la prima “discussione” nell’ufficio del KGB di Kouibischev (senza che per telefono mi sia stata data alcuna spiegazione dei motivi di tale convocazione), sono stata minacciata di rappresaglie da Efimov. Non avevo tuttavia ricevuto alcuna convocazione ufficiale, né alcun verbale di interrogatorio. Se ci si è fondati su registrazioni, io non ne so niente (articolo 129 e 141 del codice di procedura criminale).
In risposta al giudice istruttore Khazanov, che mi ha detto: “non avrò peli sulla lingua: siete una provocatrice”, ho espresso le mie convinzioni, che credo sinceramente patriottiche. Nel settembre di quest’anno, con alcune amiche, ho pubblicato l’almanacco “Donne e Russia”, in conformità agli articoli 50 e 52 della nuova Costituzione; l’abbiamo diffuso in patria e all’estero, come l’articolo 19 degli accordi di Helsinki del 1975 ci consente. Uno stralcio incompleto delle bozze dell’Almanacco (ingiustamente chiamato “rivista”) è arrivato al KGB, che, dopo avermi indicato come responsabile, ha avviato un procedimento penale, in disprezzo agli articoli 56 e 57 della costituzione e all’articolo 144 del codice di procedura criminale. La sera del 7 dicembre di quest’anno, un vicino mi ha consegnato una convocazione in cui mi si informava che dovevo recarmi una seconda volta, a mezzogiorno, al KGB di Kouibischev. Per tutta la giornata ero stata in giro per la città con mio figlio… Due giorni dopo, il 10 dicembre (giorno dei diritti dell’uomo, che è anche il mio compleanno), stavolta per telefono, mi si è richiesto di presentarmi al KGB e sono stata costretta a firmare una dichiarazione nella quale mi “accuso” di aver pubblicato, con un gruppo di personalità, una rivista dall’ideologia tendenziosa (anche questa volta non c’è stato verbale né spiegazione dei motivi dell’inchiesta). Compagno procuratore, vi informo per iscritto di quello che ho già detto ai funzionari del KGB Efimov e Khazanov (ed ho inviato copia di questa lettera al KGB di Kouibischev): “intendo proseguire le mie attività femministe perché penso che il femminismo sia progressista e che il movimento delle donne sia una parte essenziale del movimento democratico mondiale. Il nostro Almanacco non è più tendenzioso o Ideologico di qualunque altra pubblicazione femminista: i funzionari del KGB ne deformano deliberatamente il senso e lo scopo e la loro interpretazione è del tutto parziale. Le mie amiche ed io non oi vergognamo di dire apertamente quello che pensiamo, a chi ci pare: russo o straniero, funzionario del KGB o no. Mi rammarico profondamente di essere costretta, a causa della pressione ohe il KGB fa pesare su di me, a rinviare sine die la pubblicazione del secondo numero del nostro almanacco. Nonostante tutto molte donne hanno preso coscienza, molte, spontaneamente, hanno espresso il desiderio di scrivere.
Vi prego di voler benignamente risparmiare a me e alle mie amiche le azioni illegali dei funzionari del KGB.
Tatiana Mamonova
14 dicembre 1979
pubblicato su “Il pensiero russo” il 10-1-1980
La donna e la Russia. L’affermazione attiva dei diritti della ragione ci spinge oggi ad affrontare questo problema. Nel nostro secolo di femminilizzazione dell’uomo e di mascolinizzazione delle donne, di spostamento dell’abituale centro di gravità, di revisione di vecchie posizioni e valori, si verificano in Russia processi specifici che ci proponiamo di mettere in evidenza qui.

 

 

SE LA DONNA INCROCIA LE BRACCIA LA CASA CROLLA

La condizione della donna nella società è la questione-chiave dell’epoca attuale. In Europa questo problema è parzialmente in via di risoluzione: quattro donne sono al governo e molte altre vengono elette in parlamento; qui invece il problema rimane di un’estrema gravità. La maggioranza delle donne è molto pessimista, gli uomini sono indifferenti o, addirittura, cinici, sostengono che è un problema insignificante. Insignificante, in effetti, come il seme che darà vita a un albero…
Riguardo ai problemi essenziali della vita si è arrivati qui a una tale impasse che lo scetticismo diventa il comportamento abituale, la norma. La donna, che è l’elemento più sensibile della società ne è il principale rivelatore. L’ideale del buon vecchio patriarcato — la donna sottomessa, la madre rassegnata, l’angelo del focolare — non esiste più, ma il peso della tradizione e di una mentalità sclerotizzata continua a fare della donna il sostegno della casa — o meglio dell’appartamento comunitario: la donna non può sfuggire a queste costrizioni inumane, se lei incrocia le braccia, la casa crolla. E tuttavia il mito della sua “debolezza” resta molto vivo, m modo tale che se esce dalla casa, lo deve scontare. Dal momento che è sulla donna che ricade l’obbligo e la responsabilità della riproduzione, partecipare sia al lavoro sociale che a quello domestico (che, senza pudore, si continua a definire “femminile”) è per lei un sovraccarico enorme. E’ normale che ciò provochi nella donna una frustrazione, come pure è normale che questo la releghi in secondo piano. L’idea che questo sia il suo posto è coltivata dalla società patriarcale e incollata alla sua pelle. Formalmente da molto tempo si proclama l’uguaglianza dei diritti, ma nella realtà le rivendicazioni legittime delle donne sono considerate pretese assurde. E’ la paura della concorrenza (soprattutto per i posti importanti, che alle donne sono concessi col contagocce), la paura di perdere il prestigio, che governa gli uomini, essi che poi esaltano solo il ruolo di madre e sposa. Questi farisei fanno finta di non vedere che è la donna a tirare il carro sul quale l’uomo è accomodato e dal quale lui la tormenta. Nell’attività febbrile, il rullo compressore della vita quotidiana schiaccia la personalità della donna, insidiosamente. La sua mentalità di schiava è sempre là, e prende una forma più velata e mostruosa. Le condizioni umilianti che deve subire nella maternità, nelle cliniche per aborti, negli appartamenti comunitari… sono un attentato alla sua dignità umana.
I valori dominanti rimangono maschili; nella società la donna è valutata e deve valutare se stessa in funzione della sua rassomiglianza con l’uomo. Questo rapporto distorto esige dalla donna continuamente nuovi sacrifici; e invece è dalla società che essa dovrebbe attendersi la soluzione dei problemi, perché il preteso “problema femminile” è un momento essenziale della lotta per un generale rinnovamento del mondo. Non bisogna dimenticare che il livello culturale delle donne si è innalzato, ma le loro condizioni di esistenza rimangono antidiluviane. L’emancipazione autentica, e non soltanto superficiale, appare come la più importante esigenza sociale dei nostri tempi.
E’ indispensabile determinare i dati specifici della condizione della donna nella famiglia e nella produzione, perché essa non cumuli più il lavoro domestico e il lavoro sociale al prezzo di innumerevoli sacrifici, ma si senta finalmente un essere umano che gode di tutti i suoi diritti.
II patriarcato da molto tempo si è trasformato in fallocrazia. Si comprende bene perché le donne istruite cerchino una soluzione individuale e la trovino nel rifiuto di fare figli. La maternità libera
non si può sviluppare in un ambiente sterilizzante. La protesta della donna contro l’arbitrio maschile si esprime non solo nel rifiuto della maternità, ma, sempre più spesso, paradossalmente, nel rifiuto di se stesse.
Questa fuga nell’assurdo rimane conforme alla norma, perché la svalorizzazione del femminile mette in luce un sessismo nascosto. Anche le non-conformiste, ahimé, non superano questo conformismo. Negli strati inferiori della società, dove la pazienza secolare delle donne è diventata patologica, dove l’ubriachezza inveterata degli uomini li rende bestiali, le donne sono annientate da questo rapporto perverso ed esclusivamente sessuale. Ma anche nelle famiglie istruite, dove la parità è meno rara, si osservano le stesse relazioni feudali e le stesse manchevolezze degli uomini: chi contro chi? La lotta degli egoismi. Dunque: le donne come gli uomini: fumano come loro, bevono come loro, dicono come loro parolacce e volgarità.
Le donne istruite si rifiutano di sentirsi vittime, ma la struttura maschile le accetta introducendo l’odio fra loro (l’idea dell’odio per d’uomo evidentemente non esiste). La pressione brutale della cultura fallocratica distrugge in esse il femminile e le spinge all’odio verso le donne, Questa assurdità fiorisce rigogliosamente fra noi. La donna, privata di una sana informazione, riempita di falsa scienza, non vede il suo vero nemico, e, fuggendo da sé urta negli angoli bui di una “cultura” che ile è estranea. Questo disprezzo del femminile implica la disgregazione della cellula familiare, la distanza sempre più grande fra i due sessi e l’isolamento delle donne fra loro. Una così scarsa coscienza riflette le contraddizioni interne della nostra società. Non si tiene conto dell’esperienza passata dalla metà femminile del genere umano e perciò non si elabora niente di nuovo. Del resto, lo sviluppo delle capacità intellettuali condanna le donne alla solitudine, come prima: l’uomo è abituato al fatto che una donna gli sacrifichi il suo sviluppo personale.