l’occhio sul nudo

Una riflessione sui rapporto tra la pornografia, l’erotismo e le donne

luglio 1980

Come si pone la donna rispetto alla pornografia? Erotismo e pornografia: due modi di esprimere gli stessi contenuti, di mediare attraverso vari livelli di classe sociale gli stessi bisogni, o due opposte concezioni della sessualità e del corpo? La posizione della donna nella pornografia ha le proprie radici in una precisa concezione dell’immagine femminile e della sua sessualità.
Da millenni ci vengono riproposti due differenti cliché femminili: da un lato quello della donna pura, madre, moglie, figlia, sorella; dall’altro quello peccaminoso della donna libera, “puttana”, di facili costumi. Queste due immagini rinviano culturalmente a due modi diversi, e volutamente opposti tra loro, della sessualità.
Nel primo caso si vuole che la donna viva un ruolo sessualmente passivo, in cui il proprio piacere è, quando c’è, subordinato a quello del compagno: un ruolo nel quale l’Amore redime redime dal “peccato” del piacere di un atto che dovrebbe essere finalizzato solo alla procreazione. Un codice etico-sociale preciso stabilisce, di massima, in questo caso, ciò che è bene e ciò che è male, quello che è lecito e ciò che non lo è più, relegando spesso le pulsioni sessuali più segrete e irrazionali nel mondo dei sogni e dell’immaginario, costringendo le proprie fantasie, se pure riescono ad affiorare a livelli minimi di coscienza, nella sfera dell’impossibile. Di fatto il potenziale tentativo di vivere una propria sessualità, svincolata dai tabù sociali neh” ambito di un “regolare” rapporto, cozza grossolanamente con l’immagine che la donna ha di se stessa, un’immagine sociale nella quale necessariamente si identifica suo malgrado, e nella quale viene collocata dal proprio partner.
Nel secondo caso, la donna che in qualche modo è riuscita a conquistare un certo potere sul proprio corpo e a vivere la propria sessualità più liberamente, disfacendosi dal senso di “peccato” e di “illecito”, ritrova proiettata la propria immagine tra le cose “sporche” da nascondere e di cui vergognarsi sempre un po’. In questo senso il provare piacere in certe pratiche sessuali, il sentire certi desideri, il ricercare la propria soddisfazione attraverso un determinato tipo di rapporto fisico, pongono l’immagine della donna nel mondo del “proibito” del “peccato” — del “poco serio” —. Cade, in questo caso, la possibilità per la donna di identificarsi con l’immagine tradizionalmente proposta, ed il suo modello diviene inevitabilmente quello “volgare” dei filmetti pornografici o delle riviste “per soli adulti”.
L’idea “pornografica” di donna esiste dunque ed esisterà sempre, fintanto che la dicotomia tra bene e male, tra peccato e redenzione, lecito o non lecito nei comportamenti sessuali, non verrà superata: fino a che la donna accetterà il ruolo assegnatole dall’uomo, spaccandosi tra ciò che è e ciò che vorrebbe poter essere.
La “pornografia” esiste dentro di noi, nella fantasia dei bambini che si masturbano, nei sogni segreti delle notti scandite dalla insoddisfazione, nel mancato appagamento della propria sessualità, nei desideri non rivelati mai neppure a se stessi. La pornografia è la doppia e contraddittoria immagine che la donna ha di se stessa: una immagine determinata da una cultura maschilista che la vuole tale poiché funzionale al proprio stesso modo di riproduzione e al sistema etico su cui solo può sopravvivere.
Attraverso i materiali pornografici il corpo della donna viene sfruttato, mercificato, violentato, e ciò è reso possibile dal sistema culturale che lo recepisce, da una morale malata e distorta non tanto per la specificità dei propri desideri sessuali, quanto per la negazione ostinata di essi.
Per contro le pulsioni sessuali nell’ erotismo vengono mediate dal sistema di conoscenze pratico-teoriche proprie di una differente elaborazione culturale. Il fine è il medesimo, cambia il linguaggio simbolico funzionale alla “sensibilità culturale” del referente.
In questo senso l’erotismo assume il significato di rielaborazione dei medesimi contenuti espressi, in modo diverso, dalla pornografia. Il discorso è indubbiamente assai complesso e non può certo esaurirsi in queste poche riflessioni. L’ immenso mercato cui la pornografia dà vita per decine e decine di miliardi 1′ anno oltre che rivolgersi ad un pubblico prevalentemente maschile è gestito interamente da uomini. E’ possibile, ci chiediamo allora, una pornografia al femminile? La donna come si pone di fronte a questo fenomeno? Fino a che punto le donne restano coinvolte od indifferenti di fronte ad un certo tipo di immagini erotiche?
Queste, e molte altre, le domande che Marie-Francoise Hans e Gilles Lapouge hanno rivolto ad alcune donne di diversa età e condizione sociale e le cui-risposte sono state raccolte nel volume “Les femmes, la pornographie, l’erotisme”, edito dalla Seuil nel 1978.
Da questo libro pubblichiamo due interviste sperando che possano essere lo spunto per ulteriori e più ampie riflessioni.