l’Onu e le donne

Serve a qualcosa una Conferenza dell’ONU?
Che valore ha il “Programma d’azione”?
La Conferenza di Copenhagen è stata strumentalizzata?

settembre 1980

La Carta delie NU, sottoscritta il 26 giugno ’45 -da 50 Paesi oltre che dai 5 grandi (Russia, Cina, S.U. Inghilterra, Francia), costituisce una sorta di credo di vita sociale concepito nel vasto piano mondiale: la riaffermazione detta fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’uguaglianza fra uomo e donna e fra nazioni grandi e piccole; il desiderio di istituire condizioni in cui il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e da altre fonti del diritto internazionale possa essere assicurato, promuovendo il progresso economico e sociale; la scelta di praticare la tolleranza reciproca e di unire le singole forze per mantenere la pace e la sicurezza internazionale, soprattutto la volontà di prevenire e rimuovere le minacce alla pace mediante l’impegno per una cooperazione economica, sociale e culturale, fanno di quest’organismo -qualcosa di sostanzialmente nuovo sul piano delle istituzioni internazionali. La Carta dell’ONU a differenza di quanto prevedeva il Patto della Società delle Nazioni, impegna infatti l’organizzazione a intervenire — tramite i propri organi e gli istituti specializzati — per promuovere un più elevato tenore di vita, il progresso sociale e culturale.
Nel corso degli anni le N.U. si sono ampiamente sviluppate nelle strutture e nell’azione.
La vocazione universalistica, che nei primi anni era solo virtuale, si è andata cosi con gli anni materializzando: all’aumento del numero degli Sitati, ha corrisposto l’incremento degli organi sussidiari. Se l’attività delle N.U. in campo politico si è svolta con grande difficoltà a causa del contrasto fra blocchi contrapposti, una attività amplissima l’ONU ha svolto e svolge in campo economico e sociale tramite i propri organi e gli Istituti specializzati. La loro azione è volta da un lato, a consigliare e a influenzare gli Stati membri nella loro politica economica e sociale e nelle relative misure da adottare e nell’altro a fornire agli Stati assistenza concreta per l’attuazione di tali misure. L’azione in campo sociale si fonda proprio sulla Dichiarazione universale dei diritti: da un lato per una migliore definizione, valorizzazione e difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali (di espressione, di religione, dal bisogno, dalla paura ecc.), dall’altro a far conoscere, e quindi alleviare le sofferenze umane.
Tra i vari mezzi attraverso i quali questa attività si svolge, primaria importanza hanno gli studi, le ricerche, le indagini, i rapporti, i programmi elaborati dalle NU e destinati a guidare l’azione degli Stati sia sul piano nazionale che su quello internazionale, l’organizzazione di seminari e Conferenze, la promozione di Convenzioni.
L’azione delle NU nel campo del diritto internazionale concernente i diritti umani non cessa dopo l’entrata in vigore di un determinato strumento (Convenzione, Patto ecc.), ma prosegue mediante una costante opera di incitamento e di pressione morale esercitata sugli Stati.
Alle Convenzioni — che una volta firmate e ratificate, comportano modificazioni della legislazione interna degli Stati — si affiancano le Dichiarazioni, solenni affermazioni di principio, che in quanto prese all’unanimità o a larghissima maggioranza in consessi altamente rappresentativi dei governi degli Stati assumono il valore di idee portanti nella Comunità internazionale o Risoluzioni mediante cui un principio ripetutamente affermato acquista — nonostante il carattere non vincolante che è proprio delle singole risoluzioni — il valore di un convincimento comune all’intera comunità ed esprime quindi il sentimento giuridico degli Stati e dei popoli.
L’opera di raccomandazione e assistenza delle NU per l’applicazione concreta nei singoli Stati dei princìpi posti dalla Dichiarazione universale, è vasta e tenace. Basti pensare alla lotta condotta per l’abolizione di ogni forma di discriminazione fondata sulla razza (1), sul colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche, l’origine nazionale e sociale, il sesso. E all’azione, del tutto nuova per lo “sviluppo della Comunità” e che consiste nel promuovere un processo inteso a creare condizioni di progresso economico e sociale per l’intera comunità mediante la più attiva partecipazione possibile dei popoli e dei gruppi interessati, e dando il massimo affidamento alle loro iniziative.
In questo quadro vanno viste te due
Conferenze Mondiali dell’ONU per le donne; la prima di Città del Messico e la seconda di Copenaghen, il Piano Mondiale d’azione approvato al Messico per il decennio delle NU per le donne e il Programma d’azione adottato a Copenhagen per la seconda metà del decennio.

L’ ONU e le donne
La mappa della società mondiale presenta una grandissima varietà di situazioni, di ordinamenti e di cultura. In ognuna di queste società la donna ha posizione diversa, a seconda delle tradizioni, dei costumi, dei modi di vita, delle religioni, del grado di sviluppo economico e tecnologico, del regime politico. E’ certamente difficile trarre ad unità, questa grande varietà di punti di partenza, senza incorrere in opposizioni inconciliabili o contraddire ad equivoci culturali. Ma proprio per questo è di grandissima giuridica importanza che in strumenti internazionali di portata praticamente universale, sia fissato come incontrovertibile il dato che a tutte le donne e a ogni donna ‘di questo mondo spettano “tutti i diritti” e “tutte le libertà” delle persone umane e che gli Stati sono impegnati a garantirli e ad attuarli eliminando ogni forma di discriminazione giuridica e culturale.
La Comunità internazionale nell’evoluzione dei princìpi che hanno ispirata ha recepito molto presto il problema della “condizione femminile” spesso anticipando e ispirando le Costituzioni e l’azione dei singoli Stati. Già la Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo afferma l’uguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo di poco successiva (’50), e i “i Patti relativi ai diritti civili e politici” e “ai diritti economici e sociali” adottati dall’Assemblea generale dell’ONU il 16 dicembre 1966 ed entrati in vigore nel 1976, ribadiscono e confermano il principio e soprattutto hanno potere vincolante per gli Stati che li hanno ratificati.
Inoltre un gruppo di Convenzioni che si riferiscono all’abolizione della schiavitù, della tratta degli schiavi e di istituti analoghi alla schiavitù, o alla repressione della tratta di esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione, s; preoccupano tra l’altro di vincolare gli Stati ad impedire quelle pratiche in virtù delle quali una “donna viene promessa o data in matrimonio contro la sua volontà ed in contropartita di vantaggi, beni in natura o denaro”, oppure viene “ceduta” a terzi dal marito, viene ceduta in successione ad altre persone ecc. Una particolare protezione, viene da alcune convenzioni accordata alle donne in caso di conflitti armati in particolare per quanto riguarda la protezione dallo stupro 1949). Una “Convenzione sul consenso al matrimonio, l’età minima e la registrazione dei matrimoni” è stata adottata dall’Assemblea Generale delle N.U. con la Risoluzione 1763 del 7 nov. 72. Dal 1958 è in vigore una “Convenzione sulla nazionalità della donna sposata” che stabilisce il principio per il quale la dorma ha diritto a conservare la propria nazionalità anche quando sposa uno straniero (recepito dalla legislazione italiana con la Riforma del diritto di famiglia del 1975). Numerose sono le Convenzioni che proteggono la lavoratrice madre. Celebri la famosa Convenzione n. 100 dell’OIL del 1951 sull’uguaglianza idi remunerazione tra manodopera maschile e femminile e le due Convenzioni europee del ’75 e del ’76 sulla parità di accesso, formazione e retribuzione nel lavoro fra uomo e donna.
La Comunità internazionale ha sancir to i “Diritti politici delle donne” in una Convenzione adottata dall’Assemblea Generale delle N.U. con la Risoluzione 640 del 20 dicembre 52.

Conferenza mondiale dell’ONU sulla donna di Città dei Messico
Con l’Anno Internazionale della donna (divenuto poi “Decennio delle NU per la donna”) si è avviato un processo nuovo che mira innanzitutto a favorire la partecipazione della donna — e cioè della metà dell’umanità — al processo di sviluppo economico e sociale, nel quale le Organizzazioni internazionali sono impegnate. Il “Piano d’azione mondiale” lanciato dalla Conferenza di Città del Messico afferma appunto che lo sviluppo dì un Paese e il benessere del mondo intero, la causa stessa della pace, esigono la partecipazione della donna e $>er converso che la donna deve godere dei frutti del progresso economico e sociale, e a questo scopo il Piano tende a creare gli strumenti che consentono questa partecipazione al progresso e ai frutti del progresso su un piede di uguaglianza tanto a livello di diritti, quanto a livello di responsabilità. Viene così rimessa in discussione la divisione del lavoro in base al sesso e i ruoli maschili e femminili.
Il Piano chiede ai Governi di promuovere l’uguaglianza di fronte alle leggi ma anche nelle opportunità, nell’istruzione, nella formazione professionale e l’inserimento delle donne nelle sedi di elaborazione politica e di presa delle decisioni.
La Conferenza del ‘Messico costituì dunque un momento molto importante nella storia della presa di coscienza e della divulgazione a livello mondiale dei “problemi della donna”. La “Dichiarazione sull’uguaglianza delle donne e sul loro contributo allo sviluppo e alla pace” approvata- a larghissima maggioranza (anche se con il voto contrario dei Paesi occidentali a causa di un forzato riferimento al “sionismo” contenuto negli ultimi articoli) promulga princìpi che ancora oggi nelle società occidentali sviluppate hanno bisogno di essere continuamente ripetuti e ribaditi per diventare finalmente coscienza comune a tutta la collettività quali: la comune responsabilità di uomini e donne nella famiglia e nella società, il diritto idi scelta per quanto riguarda il lavoro extradomestico, la necessità che ì mezzi di informazione e comunicazione e tutti gli strumenti culturali “si consacrino con priorità al compito che ad essi compete di contribuire ad eliminare i fattori culturali e gli atteggiamenti che continuano ad impedire alle donne di godere di una situazione di perfetta uguaglianza” art. 8).
I princìpi della Dichiarazione votata a Città del Messico e eli un’altra precedente sulla eliminazione della discriminazione contro le donne approvata dalla Assemblea Generale con la Risoluzione del 7 nov. 67, sono stati calati ed approfonditi nella “Convenzione sull’eliminazione idi tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne” votata dall’Assemblea Generale dell’ONU il 16 dicembre 1979 (2).
La Conferenza di Copenhagen e il Programma d’azione
Come è precisato nel 1° articolo del Programma d’azione il programma stesso e la Conferenza trovano il loro fondamento in due Risoluzioni una del ’75 e l’altra del ’77. Con la prima venne stabilito di tenere una Conferenza nel 1980 allo scopo di valutare i progressi compiuti e gli ostacoli incontrati nell’applicazione del Piano Mondiale votato a Città del Messico. Con la seconda venne dato incarico al segretariato di preparare un rapporto che doveva poi essere esaminato dalla Commissione per la Condizione delle donne (3), che esprimesse- a grandi linee un programma d’azione concreto. Con la Risoluzione del 29 giugno 1979 dell’Assemblea Generale venne deciso quello che sarebbe stato il sottotitolo della Conferenza: impiego, salute, educazione, per cui il Programma avrebbe dovuto contenere indicazioni adeguate a integrare le donne nel processo di sviluppo come protagoniste offrendo loro le stesse chances degli uomini per quanto riguarda l’attività produttiva, l’impiego e mettendo a loro disposizione i mezzi necessari per l’educazione e la formazione professionale e il mantenimento del pieno stato di benessere e di salute.
Il testo del Programma d’azione preparato dal Segretariato e su cui si sono svolti i lavori della Conferenza (4) consiste in una Introduzione e di 2 Parti (5).
Nell’Introduzione e nei cap. I e II sono indicati gli obiettivi, la natura e la portata del Programma ed è confermato l’intento di ribadire e rinforzare l’azione globale intrapresa dalla Comunità internazionale per la piena partecipazione delle donne allo sviluppo su un piede di uguaglianza.
Inoltre è realisticamente ammesso che gli obiettivi del Piano mondiale approvato a Città del Messico, non potranno essere raggiunti in un breve arco dì tempo, che bisognerà procedere ad esami periodici per mettere a punto le strategie, e quindi si auspica la possibilità di un secondo decennio per la dorma, 85-95 e la convocazione di una Conferenza nel 1985.
Segue: un capitolo che contiene l’analisi dei fattori che hanno storicamente determinato l’oppressione delle donne (6), un esame dei progressi compiuti nel campo legislativo, l’analisi delle ragioni per le quali vi è stato in molti Paesi un peggioramento della situazione delle donne, causato oltre che dalla crisi e dall’introduzione di nuove tecnologie, anche dal fatto che o si è programmato, ma senza tenere conto dei problemi delle donne; o, pianificando lo sviluppo, si sono fatti programmi per le donne, che poi non sono stati applicati o hanno fallito perché ad esempio sì è programmata l’occupazione basandosi sui lavori tipicamente femminili. Infine un “quadro concettuale” in cui il problema della condizione della donna è visto nell’ambito di quello della situazione economica e delle relazioni internazionali.
I Parte
La I parte è divisa in due sezioni e concerne il programma d’azione a livello nazionale. Contiene quindi esortazioni ai governi perché s’impegnino esplicitamente e fermamente a dare priorità alle misure capaci di accelerare la piena partecipazione delle donne allo sviluppo in vista d’instaurare un nuovo ordine economico mondiale, prevedendo eventualmente “discriminazioni positive” da eliminare non appena non saranno più necessarie, allo scopo di sormontare l’attuale situazione di diseguaglianza nel lavoro, nelle scuole, nelle attività economiche e politiche.
Gli Stati sono invitati a definire obiettivi, pianificando per cicli decennali, con verifiche ogni 5 anni, per dare a uomini e donne le stesse possibilità di scelta; a migliorare le infrastrutture e i servizi, mobilitando e organizzando le donne, specie quelle più sfavorite, quelle delle zone rurali; a mettere in piedi attività educative (professionali, di educazione permanente, per evitare la -; mortalità scolastica femminile ecc.).
Un capitolo è dedicato ai “meccanismi nazionali”: il Programma suggerisce che vengano istituiti a livello governativo centrale— ma con decentramento periferico — organismi dotati di bilanci adeguati, che abbiano il potere di studiare, indicare, organizzare, controllare, far applicare tutte le misure stabilite a favore delle donne.
Un altro capitolo è dedicato alle misure legislative. L’indicazione ai governi non è solo quella di migliorare le leggi o abrogare quelle discriminatorie, ma anche quella di creare le premesse perché le nuove norme siano applicate e senza restrizioni: in particolare oltre le strutture necessarie gli Stati dovrebbero mettere in piedi servizi di consulenza e assistenza e organizzare corsi rivolti agli operatori del diritto per cancellare i vecchi schemi a causa dei quali le nuove norme vengono disapplicate o applicate restrittivamente.
I Governi sono poi invitati a ratificare applicare e divulgare gli strumenti giuridici internazionali adottati dall’ONU e dalle istituzioni specializzate.
II 4° capitolo contiene indicazioni e suggerimenti ben precisi per raggiungere l’obiettivo di integrare la donna nella vita politica vedendo sistemi capaci di aumentare, fino a raggiungere la proporzione adeguata, il numero delle donne nelle varie istanze politiche e governative, ai livelli decisionali, nelle delegazioni governative negli organismi internazionali, nelle conferenze e nei comitati che trattano questioni economiche, giuridiche, politiche, sul disarmo ecc.
Riprendendo il tema della partecipazione delle donne alla costruzione di un nuovo ordine economico mondiale e alla cooperazione internazionale e a tutte le misure, disarmo compreso capaci di rafforzare la pace e la sicurezza, si invitano i governi a offrire alle donne tutte le opportunità di informazione ed accrescimento culturale, anche mediante dibattiti, conferenze, seminari su le questioni internazionali.
In questo capitolo — su cui i Paesi occidentali hanno posto “riserva” — si fa un espresso riferimento alla necessità di battersi, uomini e donne insieme, contro V «apartheid» e a tale scopo di studiare l’influenza nefasta delle multinazionali sulla situazione di oppressione (che nei Paesi dominati pesa particolarmente sulle donne), considerato che sono le società multinazionali che sostengono il sistema dell’“apartheid” mediante i loro investimenti.
Il 5″ capitolo è dedicato alle misure che i Governi devono prendere affinché i mezzi di comunicazione contribuiscano a cancellare i pregiudizi che tuttora ostacolano una reale uguaglianza delle donne nella società. I mass-media dovrebbero informare le donne sui loro diritti, far comprendere a tutti che è giusto esercitarli, spiegando i mezzi e le procedure.
Il 6° contiene utili suggerimenti per migliorare la raccolta dei fati sulla situazione delle donne, specie quelle dì categorie più trascurate.
Nel 7° capitolo vi sono indicazioni per una fruttuosa collaborazione fra i governi e le organizzazioni non governa-mentali, le organizzazioni femminili, i sindacati, i partiti. A questo proposito si chiede ai governi di incoraggiare e sostenere anche economicamente le associazioni femminili di base.
La II Sezione della 1 Parte è dedicata al sotto tema impiego sanità educazione e contiene negli articoli 90-152 tutta una serie di indicazioni ben precise rivolte ai Governi per indirizzarne nell’azione concreta da svolgere allo scopo di assicurare alle donne la formazione culturale e professionale, l’educazione, l’impiego e la cura per il mantenimento della salute.
II Parte
Strategia e obiettivi intenazionali
Questa parte del Programma, dopo aver riaffermato che la pace, la sicurezza e l’indipendenza nazionale sono condizioni pregiudiziali indispensabili al progresso della condizione femminile, e che la persistenza di un sistema economico mondiale ingiusto, rallenta lo sviluppo dei Paesi e ostacola obiettivamente la piena integrazione delle donne (che sia nei Paesi meno sviluppati, che in quelli sviluppati sono soggette a un doppio sfruttamento), ricorda che la Comunità internazionale si è preoccupata di ristrutturare e riorientare le politiche dei settori economici e sociali dell’organizzazione delle NU perché possano contribuire all’instaurazione di un nuovo ordine economico internazionale.
Gli Stati membri, e lo prova il numero crescente di risoluzioni, di piani e di dichiarazioni, contano su l’ONU e su le organizzazioni del sistema, per portare avanti sul piano internazionale un’azione più dinamica che miri a far partecipare pienamente le donne allo sviluppo, al quale esse devono contribuire così come ne devono trarre frutti su un piano di eguaglianza e parità.
Il Programma si propone dunque di delineare le principali strategie e i campi dell’azione internazionale. Precisando che all’azione a livello mondiale deve essere affiancata i un’azione decentrata mediante il rinforzamento dei programmi regionali.
Sotto il titolo “Politiche e programmi internazionali” inizia qui una serie di proposte, suggerimenti e indirizzi relativi all’attività di tutte le organizzazioni del sistema delle NU e degli Istituti specializzati. Una menzione particolare è fatta a proposito del “Fondo di contribuzione volontaria del Decennio delle NU per la donna” e si dice che dovrebbe intensificare i suoi sforzi e che le contribuzioni degli Stati al fondo dovrebbero essere aumentate sensibilmente. Le organizzazioni internazionali e «regionali devono fornire, su richiesta, un’assistenza ai “meccanismi nazionali” (vedi programma a livello nazionale ndr.). Allo scopo di integrare la politica dell’ONU per la donna a tutte le altre, la sezione straordinaria dell’ Assemblea Generale delle NU che sarà consacrata allo sviluppo economico dovrà tenere conto del ruolo delle donne nello sviluppo, come pure, nell’ambito della “Conferenza delle NU sulle risorse energetiche nuove e rinnovabili”, e delle altre conferenze internazionali, quali quelle “sull’acqua potabile e la siccità”, dovranno essere discusse le questioni che riguardano particolarmente le donne (7).
Seguono 5 rubriche che illustrano quelle che devono essere le politiche e i programmi internazionali dell’organizzazione delle N.U. intitolate: 1) Cooperazione tecnica, formazione e servizi consultivi; 2) Elaborazione di norme internazionali e esame delle norme in vigore; 3) Ricerca, raccolta e analisi dei dati; 4) Diffusione delle informazioni e dei dati delle esperienze; 5) Esame e valutazione.
Nella prima rubrica si afferma innanzitutto che i programmi di cooperazione tecnica nei confronti delle donne devono essere inclusi nei programmi di sviluppo globale e non come dei programmi di protezione sociale e che devono mirare ad aiutare e completare gli sforzi dei Governi, a) passando in rivista ì piani nazionali, al fine di integrare le questioni che interessano le donne in tutti i programmi e progetti, b) organizzando seminari e convegni sulle questioni che interessano le donne, e vegliare affinché tutti gli incontri e i dibattiti sullo sviluppo tengano conto dei problemi delle donne, e) aiutando i governi a organizzare corsi di formazione culturale e professionale .per le donne, in particolare corsi per preparare le donne nel campo della pianificazione nella tecnica e nella gestione dei piani di sviluppo, d) contribuendo ai programmi nazionali e regionali rivolti alle donne delle zone rurali, tenendo sempre presente che i programmi a favore delle donne devono sempre mirare a far attivamente partecipare le donne alla concezione e alla applicazione del piano di sviluppo senza cioè limitarle al ruolo di beneficiarie.
La rubrica è divisa in due titoli: 1) assistenza alle donne dell’Africa Australe, 2) assistenza alle donne rifugiate. Nel primo si precisa che le raccomandazioni in esso contenute sono rivolte agli organismi delle NU, agli istituti specializzati, ai Governi degli Stati, alle organizzazioni intergovernative, alle organizzazioni non governative e a tutte le associazioni che si battono contro l’apartheid. L’art. 180. precisa che l’assistenza (giuridica materiale morale politica economica ecc.) sarà fornita con l’intermediazione dei movimenti di liberazione dell’Africa Australe, -riconosciuti dalla Organizzazione de L’Unità Africana. (Su questo articolo hanno fatto riserva alcuni Paesi occidentali, ma l’Italia invece l’ha votato ndr.). L’assistenza consisterà anche nella diffusione delle informazioni sull’apartheid e il razzismo e le conseguenze specifiche sulle donne.
Segue un invito a tutti gli Stati Membri dell’ONU che non l’abbiano ancora fatto, a ratificare le convenzioni internazionali sulla repressione del crimine dell’apartheid. (Questo paragrafo è passato con la riserva dei Paesi occidentali compresa l’Italia ndr).
Le raccomandazioni per l’assistenza alle donne rifugiate del mondo intero, sono rivolte all’alto Commissariato delle NU per i rifugiati i(H.C.R.) e a tutti gli organismi e associazioni cui si rivolgono le raccomandazioni del titolo precedente. (8).
Nella seconda rubrica (elaborazione di norme internazionali ed esame delle norme in vigore) una raccomandazione è indirizzata a tutti gli Stati perché ratifichino la “Convenzione contro tutte le discriminazioni contro le donne”, adottata dall’assemblea generale con la Risoluzione 34/180 del 18 dicembre 1979, affinché la Convenzione stessa entri in vigore durante il periodo di esecuzione del programma (9). Così pure si raccomanda agli Stati di sottoscrivere tutte le Convenzioni dell’ONU relative alle donne. Le organizzazioni delle NU e apparentate, dovranno inoltre tener conto dei bisogni delle donne nell’elaborazione di nuove norme internazionali in ogni campo. Le istituzioni specializzate, il ‘Comitato per l’eliminazione delle discriminazioni nei confronti delle donne”, la “Commissione per la condizione della donna”, dovranno vigilare controllare valutare l’applicazione delle Convenzioni, del Piano e del Programma d’azione.
La terza rubrica (ricerca, raccolta e analisi dei dati) rinnova un pressante invito a svolgere ricerche orientate verso Fazione, -nei -campi -ancora inesplorati per formulare strategie allo scopo di integrare la donna nello sviluppo. In particolare deve essere valutato l’apporto economico delle donne in tutte le attività che esse svolgono anche nel campo domestico (10).
SÌ sollecitano inoltre le NU a mettere a disposizione degli interessati un repertorio di statistiche, di dati, di informazioni utili a conoscere e a valutare la situazione delle donne in tutti i Paesi (11).
La quarta rubrica (diffusione delle informazioni e dei dati di esperienza) impegna l’ONU e l’UNESCO ad assicurarsi che le donne possano partecipare all’ informazione nella loro doppia qualità di destinatarie e di fonte delle informazioni.
Il CCINU (Comitato dell’informazione delle NU) che è incaricato dei programmi d’informazione economici e sociali delle NU, dovrà assicurarsi che nel suo programma annuale si dia ampio spazio ai problemi che interessano le donne nonché alla partecipazione delle donne alle attività informative (giornalismo, pubblicazioni, programmi radiotelevisivi, cinema, documentari, seminari ecc.). Si raccomanda inoltre che dei progetti a favore delle donne che beneficiano dell’assistenza del “Fondo di contribuzioni volontario delle NU per il decennio della donna”, sia data ampia informazione.
Infine l’ultima rubrica (esame e valutazione) invita le NU a continuare a svolgere ogni due anni un esame e una valutazione dettagliata e approfondita dei progressi compiuti nell’applicazione del Piano e del Programma. Poiché la Commissione per la condizione della donna deve giuocare un ruolo molto importante a questo proiposito, se ne raccomanda il rafforzamento.
Si invitano inoltre’ tutti gli Istituti specializzati e gli Organismi delle NU a esaminare il programma d’azione e a contribuire alla sua applicazione.

Le Risoluzioni

Oltre il Programma a Copenhagen, sono state adottate un buon numero di Risoluzioni.
Alcune, ripetono e riaffermano, risoluzioni, dichiarazioni, convenzioni, già più volte adottate dalle NU allo scopo di ribadire princìpi e programmi affinché diventino cultura dominante, rappresentino cioè la nuova coscienza dei popoli e dei Paesi.
Così quella sulla pianificazione familiare che nel preambolo richiama la “Conferenza sui diritti dell’uomo di Teheran” del 1968 che ha riconosciuto all’uomo e alla donna la libertà di decidere responsabilmente il numero dei figli, la “Conferenza di Bucarest” del 1974 che ha stabilito che è un diritto quello della donna all’informazione contraccezionale, il Piano mondiale adottato a Città del Messico, dove è affermato che solo mediante il controllo della fecondità le donne possono trarre profitto dalle norme che ne sanciscono l’uguaglianza, e la Conferenza tenuta a Colombo nel 1979 nella quale è stato raccomandato che l’aiuto internazionale per l’applicazione di questi princìpi, raggiunga un bilancio di un miliardo l’anno. Questa Risoluzione esorta i Governi a prendere tutte le misure affinché le donne siano messe in condizione di evitare gravidanze indesiderate e raccomanda ai Governi di impegnare a questo scopo una sufficiente voce del bilancio.
Così -pure, numerose risoluzioni sull’ educazione e la formazione professionale, risoluzioni sui problemi delle donne handicappate, delle anziane, di quelle che vivono in condizioni di estrema povertà o per programmare interventi a favore delle giovani. Una importante risoluzione è stata quella sulla prostituzione, argomento di cui l’ONU si occupa da anni. E quella sulla “Concezione integrata della salute e del benessere delle donne”, che invita i Governi a programmare e a rivedere e migliorare i programmi e a coordinare le azioni che devono mirare ad assicurare il pieno benessere fisico e -psichico alle donne, nonché quella per una “Legislazione internazionale relativa all’ abbandono delle famiglie” (fenomeno sempre più frequente e causato dalla facilità di spostamento dalle correnti migratorie), che tenendo conto del fatto che le donne restano sole e senza mezzi e con i figli da mantenere, invita i Governi a fornire alle donne i mezzi necessari per adire i tribunali stranieri allo scopo di ottenere giustizia e inoltre a prendere le misure necessarie, eventualmente mediante accordi bilaterali o multilaterali, affinché l’assegno di mantenimento venga effettivamente e tempestivamente versato al coniuge abbandonato.
Risoluzione sulla violenza fisica e sessuale in famiglia
E’ stata quella la Risoluzione più innovativa e in un certo senso una “conquista”. La Risoluzione su la “violenza fisica e sessuale nella famiglia e nelle istituzioni” è stata presentata dall’Australia, dagli Stati Uniti, dal Portogallo, dal Belgio, dall’Austria, dalla Svizzera e l’hanno poi sponsorizzata il Canada, l’Olanda, la Norvegia e la Svezia. L’Italia ha rinunciato a sponsorizzarla, perché non abbiamo potuto ottenere che si togliesse il riferimento al Tribunale per la famiglia su cui nel nostro paese c’è stato un vasto dibattito negli anni passati e sul quale appunto non siamo d’accordo. Ma l’ha sostenuta durante la discussione in Commissione. Quando è iniziato il dibattito, dopo la presentazione fatta dalla delegata australiana, ha preso la parola la delegata dell’Ucraina e ha detto che nel loro Paese il problema non esiste e che quindi non erano assolutamente d’accordo e che pregavano la presentatrice di ritirare la Risoluzione. Ha risposto immediatamente la delegata dì Israele dicendo che «se non hanno il problema non si capisce perché vogliano impedire agli altri Paesi che ce l’hanno di far passare una risoluzione così importante”. La delegata cecoslovacca si è associata a quella dell’Ucraina sostenendo che “è un’aberrazione parlare di violenza sessuale in famiglia”. Alla fine la Risoluzione è stata adottata per consensus con la riserva dell’Unione Sovietica, della Repubblica Ucraina e della Cecoslovacchia (12).
E* la prima volta che la Comunità internazionale condanna la violenza fisica e sessuale in famiglia e nelle istituzioni e la decisione è stata presa quasi all’unanimità! Sono state approvate inoltre risoluzioni a favore delle donne che vivono nei Paesi in cui c’è il regime dell’apartheid, delle rifugiate, delle donne palestinesi, delle cilene, delle argentine, delle boliviane, delle libanesi. A causa di queste Risoluzioni si è parlato ancora una volta di Conferenza politicizzata o anche strumentalizzata.
Conferenza strumentalizzata? – Politicizzata sì, innegabilmente, se si tiene conto che al momento del voto si creano gli schieramenti e sì contano. I blocchi contrapposti infatti non trascurano nessuna occasione, nessun incontro internazionale per riaffermare i princìpi per i quali si battono, per far adottare dichiarazioni o pronunciare condanne. Sempre per la ragione che in campo internazionale acquista forza e valore una affermazione quando è più volte ripetuta in assemblee molto rappresentative.
Ma quello che si temeva non è successo. La Conferenza strumentalizzata
non è stata, nel senso cioè, di impedire che il Programma, fosse discusso ed approvato né di impedire che ci fosse il tempo per discutere ed approvare numerose risoluzioni anche innovative…
Il Terzo Mondo, i Paesi dell’area sovietica, i non allineati hanno riportato una vittoria politica (hanno del resto all’ONU una maggioranza schiacciante): hanno cioè ottenuto di mantenere nel paragrafo 5 quella parola “sionismo” per la quale gli occidentali si sono dovuti astenere dal voto sul Programma d’azione. Ma il Programma d’azione votato da 95 paesi (4 no e 22 astensioni) è passato a così larga maggioranza da avere piena validità ed efficacia.
L’impegno deve essere ora quello di ottenere che i Governi di tutti i Paesi lo applichino.
Il Ministro del Lussemburgo nella dichiarazione di voto pronunciata a no-, me di tutti i Paesi della CEE, e quindi anche dell’Italia, ha detto che con grande rammarico i 9 non hanno potuto dare il loro voto a un programma d’azione i cui contenuti sono però di grande importanza per le donne, e sì è augurato che i nostri governi ne seguano le indicazioni e i suggerimenti.

NOTE

(1) Anche a Copenhagen oltre che nel Programma, numerose affermazioni a questo proposito sono contenute in Risoluzioni in cui si condanna l’ apurtheid in particolare e il razzismo in generale.

L’Italia ha firmato la Convenzione nella Cerimonia Ufficiale che si è tenuta a Copenhagen il 17 luglio. E’ necessario però che sia presto presentata ed approvata la legge di ratifica, perché acquisti efficacia vincolante all’interno del nostro Stato.

Di questa Commissione l’Italia entrerà a far parte quest’anno.

Il Segretariato ha anche preparato e fornito alle delegate una serie di Rapporti sulla base dei quali si sono svolti i lavori relativi alla valutazione dei progressi compiuti e degli ostacoli incontrati. I test; di questi rapporti sono disponibili nella Biblioteca di Effe.

Vedi nelle note successive alcune fra le più importanti modifiche apportate al programma nel corso dei lavori della Conferenza fra il 15 e il 31 luglio.

Vedi nell’articolo II Sessismo e il Programma d’azione le modificazioni apportate a Copenhagen.

In più punti del programma sì trovano imperiosi inviti agli Stati perché prendano misure allo scapo di allargare la presenza delle donne ai livelli decisionali nell’ambito delle N.U., proponendo e nominando donne per posti di responsabilità nel Segretariato, nei gruppi di esperti ecc. Gli Stati membri sono poi sollecitati ad aumentare il numero delle donne nelle delegazioni governative, e in tutte le riunioni delle N.U. comprese le riunioni preparatorie delle conferenze, non solo quelle che riguardano direttamente le donne.

Questo titolo è stato arricchito e rinforzato a Copenhagen, in particolare viene precisato che occorre elaborare programmi particolari per fornire assistenza alle donne rifugiate per i loro specifici problemi. Occorre infatti impedire che si approfitti della posizione di debolezza e di ignoranza in cui possono trovarsi le donne e che quindi siano fornite informazioni sulla contrattazione e i mezzi per effettuarla se la richiedono, ma anche un’alimentazione adeguata e supplementare se sono in stato dì gravidanza o allattano e che questi servizi siano assicurati tenendo conto della loro cultura e possibilmente per mezzo di personale medico femminile. L’H.C.R. è inoltre invitato a vegliare affinché i governi portino davanti ai tribunali gli autori di trattamenti, criminali dì sfruttamento delle rifugiate mentre i Governi sono invitati ad accettare che nei campi dei rifugiati vi sia personale internazionale per evitare trattamenti ingiusti e il rischio dello sfruttamento. L’invito è anche ad accrescere il ruolo delle rifugiate stesse nel funzionamento e nell’amministrazione dei campi dei rifugiati.

E’ stato inoltre aggiunto un nuovo titolo: “Assistenza alle donne palestinesi all’interno e all’esterno dei territori occupati, da effettuarsi in consultazione ed in cooperazione con TOLP”. Si invitano a tale proposito TONU, gli Istituti specializzati, gli Organi e i fondi delle NU, i Governi e le Organizzazioni intergovernative a intraprendere studi e ricerche sulla situazione delle donne palestinesi per determinare i loro bisogni e formulare e applicare dei programmi, salvaguardando e promuovendo i valori e il patrimonio culturale della nazione palestinese. Studi e ricerche devono essere fatti anche per conoscere le conseguenze dell’occupazione israeliana sulle donne palestinesi e perché esse possano esercitare il diritto al ritorno, all’indipendenza e alla sovranità nazionale (approvato con riserva dagli occidentali).

(9) Questa Convenzione per entrare in vigore deve essere ratificata da almeno 20 Paesi. A Copenhagen l’hanno firmata 57 Paesi tra cui l’Italia. Le ratifiche sono finora 4: di Cuba, Portogallo, RDT, Svezia, Guiana.

A Copenhagen è stato aggiunto un importante paragrafo sulle donne emigranti (oltre la risoluzione a questo proposito presentata dall’Italia) che riguarda il lavoro, la salute e l’educazione delle donne emigranti.

A Copenhagen è stato aggiunto un paragrafo che raccomanda l’utilizzazione di metodi statistici appropriati che tengano conto delle discriminazioni di fatto causate dagli stereotipi sessuali.

L’Unione Sovietica ha tre voti all’ONU: URSS, Ucraina, Bielorussia. Sulla Risoluzione per la pianificazione riserve sono state presentate dalla delegata dell’URSS che si è associata alle perplessità e alle resistenze della delegata argentina!