INCHIESTA

lotta per il potere e conquista della parità

luglio 1979

una ricerca su occupazione della donna e potere decisionale nella coppia. Nell’estate-autunno 1978 è stata svolta un’indagine per verificare se e in quale misura si stia effettivamente modificando l’insieme degli schemi e dei modelli introiettati che caratterizza l’assetto della famiglia tradizionale; la eventuale modificazione di questa struttura è infatti il primo ed indispensabile stadio per una ridefinizione del rapporto uomo-donna nel senso di una maggiore parità.

Nella ricerca sono state intervistate 30 coppie, discriminate dall’occupazione della donna in due gruppi: in 15 coppie la moglie era casalinga, nelle altre occupata all’esterno. Tutte le famiglie appartenevano al ceto medio livornese ed erano caratterizzate da un’età media di 30 anni, da una scolarità elevata (diploma o laurea), dalla presenza di almeno un figlio. Si voleva verificare, in sintesi, se l’ingresso della donna nel mondo del lavoro, con ciò che comporta, modifica effettivamente il suo ruolo nella famiglia, la sua funzione tradizionale di moglie-madre inserita in un’istituzione segnata profondamente dal potere materiale e psicologico del maschio. Le differenze fra i due gruppi di coniugi appaiono assai rilevanti a partire dallo stesso atteggiamento assunto nei riguardi dell’intervista. Le coppie del gruppo B, quelle in cui la donna è occupata, sono più aperte e disponibili, dotate di maggiore consapevolezza, capacità di autocritica e soprattutto molto meno prevenute e difese. E’ soprattutto il rapporto uomo-donna ed il modo di concepire la famiglia che si sta modificando in esse. Esiste infatti una rigida divisione dei compiti e una gerarchia di potere nelle coppie del gruppo A, in cui la donna è casalinga, e un’ atteggiamento più paritario delle coppie dell’altro gruppo. La possibilità di mettere in discussione ed eventualmente modificare il proprio assetto familiare crea, spesso, in queste ultime, una conflittualità relativa ai ruoli ed al potere, ma anche una comunicazione intensa su tali temi, Anche l’atteggiamento nei riguardi della sessualità è testimone della diversa mentalità dei due gruppi. Quando la moglie lavora la pianificazione è più attenta e consapevole e i metodi anticoncezionali chimici o biologici più diffusi. L’iniziativa sessuale è invece, in quasi tutte le coppie, prerogativa maschile: se tale situazione è vista, però, come naturale dalle famiglie in cui la moglie è casalinga, nelle altre costituisce spesso un problema e un motivo di conflitto. Dal punto di vista sociale, il lavoro domestico, oltre ad essere ripetitivo e poco stimolante in sé, è quasi inevitabilmente causa di chiusura, di emarginazione e ripiegamento sui propri problemi. Dopo la nascita di un figlio, le casalinghe mantengono rapporti quasi esclusivamente con la famiglia di provenienza, mentre le occupate hanno maggiori possibilità di allargare la cerchia delle proprie relazioni interpersonali. Profondissimo è poi il dislivello culturale fra i due gruppi. In primo luogo, nel nostro campione, il lavoro della donna si accompagna spesso alla laurea, laddove, in genere, la casalinga interrompe gli studi una volta conseguito il diploma; inoltre la ricchezza e la varietà degli interessi culturali — dai periodici ai libri, dal cinema all’arte — appare quasi sempre evidente nell’impiego del tempo libero da parte dei coniugi del gruppo B.

Nell’analisi del potere decisionale, infine, è ben visibile come la autonomia economica e lavorativa della donna le conferisce un prestigio ed un’autorità maggiori. Nell’attività domestiche, nell’ allevamento ed educazione dei figli, nei consumi e negli investimenti, i compiti esecutivi, ripetitivi ed automatici attribuiti alla moglie casalinga, fonte della sua oppressione ed emarginazione, vengono tendenzialmente condivisi dal marito delle occupate; la responsabilità primaria rimane comunque alla donna, che perciò risente di un doppio sfruttamento, ma il marito, costretto a collaborare, acquisisce progressivamente una diversa mentalità rispetto alla conduzione del “ménage” familiare. La progressiva trasformazione dell’assetto familiare non è però la sola tendenza manifestatasi nella ricerca. Nella famiglia a “doppia carriera” si assiste, infatti, in questo momento di transizione, anche a modificazioni psicologiche dei due “partners”, nei quali la dialettica determinata dal mutamento dei ruoli genera dubbi, insicurezza ed una certa angoscia del nuovo. Innanzitutto per la perdita del primato economico, l’uomo sente la sua autorità svuotata di contenuto; ne discende che viene messa in discussione seriamente la supremazia alla quale spesso egli si era appellato. Non può non riconosce
re, infatti, i cambiamenti della «partner», e si trova insicuro di fronte a colei che non è più accondiscendente e rassegnata; prende coscienza della probabile (o già avvenuta) perdita dell’oggetto sul quale aveva esercitato il potere e del quale aveva goduto il possesso. Insorgono in lui sentimenti di gelosia, dubbi circa il suo ruolo sessuale; sente che la virilità non può essere più vissuta come atto puramente egoistico e dimostrativo,
ma deve organizzarsi come atto di scambio che tenga conto delle reciproche sensibilità, dei bisogni e delle esigenze dell’altro. Tramontato il suo ruolo chiaro e definito di guida della coppia e della famiglia, l’uomo si trova di fronte ad una “partner” che richiede di condividere le responsabilità della casa e dell’educazione dei figli e vuole un rapporto
realmente paritario ad ogni livello. E’ finita la vecchia gestione; la nuova è difficile.