houston: novembre 77

ombre rosa sul texas

«a livello politico tutto questo si è tradotto in una prassi ed in una ideologia marcatamente repressiva nei confronti delle donne. Riappaiono così movimenti contro l’aborto e le paladine della famiglia tradizionale».

febbraio 1978

circa quattordicimila donne in un’atmosfera di grande entusiasmo ed euforia hanno partecipato alla conferenza di Houston. Delegate di tutti gli Stati si sono incontrate per la prima volta per -elaborare una piattaforma politica, una agenda di rivendicazioni capace di coinvolgere tutte le donne americane. In un momento in cui l’aborto assistito è seriamente minacciato e sono in pericolo molte vecchie conquiste, le donne hanno deciso di ritrovarsi tutte insieme per dar battaglia. Organizzata in base al principio della delega e su obiettivi già stabiliti da un’apposita commissione la conferenza è stata poi trasformata dalle rivendicazioni dei movimenti di base. Gli obiettivi stabiliti in partenza erano l’ERA (Equal Rights Amendament) e l’aborto assistito. L’approvazione dell’BRA dovrebbe dichiarare incostituzionale ogni discriminazione sessuale in particolare nel lavoro e nell’educazione. Contro questo emendamento, è stata condotta una campagna di destra che è riuscita a penetrare anche fra le donne agitando lo spettro della distruzione della famiglia, l’obbligatorietà del lavoro e del servizio militare. Parte di queste donne erano presenti ad Houston, ma sono state sconfitte dalla maggioranza. L’armo scorso è stato presentato al Congresso un progetto di legge che prevede l’abolizione dell’aborto gratuito e che quindi colpirebbe le donne più povere. Contro questo progetto le donne si sono mobilitate.
Ma il documento finale già redatto dalle organizzatrici della conferenza è stato messo in discussione e dalle donne della destra organizzata che si sono pronunziate contro l’ERA e contro lo aborto, e dalle donne nere e portoricane che hanno fatto includere alcuni punti riguardanti le minoranze etniche, Inoltre le omosessuali hanno richiesto che fra gli altri punti si inserisse il diritto ad una libera scelta sessuale e la fine della discriminazione contro le donne omosessuali sul lavoro ed in caso di affidamento dei figli. Su queste ultime rivendicazioni c’è stata una grossa battaglia. Molte delle donne convenute ad Houston si sono infatti dichiarate contrarie temendo di spaventare l’opinione pubblica e quindi di bloccare l’approvazione dell’BRA. Solo alla fine è prevalsa la volontà della base ben espressa dalla delegata del Kentucky: «La difesa del diritto delle omosessuali è un obiettivo che riguarda noi tutte, perché finché un solo gruppo di donne può essere represso saremo represse tutte».
Il documento o meglio il piano d’azione approvato alla fine ha quindi incluso venticinque punti fra cui: una mobilitazione per l’approvazione del-l’ERA, per l’aborto assistito, per l’assistenza sanitaria alle donne, salario alle casalinghe, per il rispetto dei diritti delle donne delle minoranze etniche e delle omosessuali. Quale il bilancio e le impressioni delle femministe? Ne ho discusso a lungo con alcune delegate ed in particolare con Catherine Stimpson una delle femministe «storiche» americane attualmente direttrice di Signs una delle più importanti riviste femministe. «Bisogna considerare innanzitutto l’aspetto politico della conferenza — dice Catherine, questa è stata democratica perché le delegate sono state elette in assemblee aperte in tutti gli Stati, ma i suoi contenuti sono stati riformisti più che radicali. In fondo si è teso ad un accomodamento delle donne all’interno della società americana. Ma nonostante questo la conferenza ha fatto incontrare tante donne, ha coinvolto le casalinghe, le donne più povere, ha messo fine ad un isolamento psicologico in cui ancora molte vivono. Inoltre è stato molto importante che ci si sia rifiutate di limitare la discussione all’ERA e si sia parlato dell’omosessualità. E poi bisogna ricordare quanto radicale appaia anche la più moderata delle proposte femministe. Il grosso limite della conferenza sta piuttosto nel suo carattere semplicemente positivo».
Ma perché si è deciso di andare ad Houston, ad una conferenza che per certi aspetti è stata anche un grosso baraccone con la partecipazione di Rosalynd Carter, Betty Ford e della signora Johnson presenti in quanto mogli?
Il movimento femminista americano al suo nascere aveva individuato come la contraddizione uomo-donna non fosse risolvibile attraverso prassi riformistiche o d’integrazione, proprio perché poneva l’accento sulla esclusione delle donne non tanto come cittadine, ma come soggetti.
Si erano cosi rifiutate pratiche emancipatone ed ogni mediazione politica e si era lasciata l’emancipazione al sistema. Infatti era stato abbastanza facile superare il piano dell’emancipazione per quello della liberazione in una società «avanzata» quale quella americana che fino a qualche anno fa poteva concedere una maggiore partecipazione anche alle donne. Anzi emancipare, integrando, le donne, significava tranquillizzare la propria coscienza di Paese democratico. Inoltre un rivendicare meramente emancipatorio non trovava spazio nelle analisi radicali delle prime femministe americane che si muovevano all’interno di un movimento tutto teso alla critica radicale, come quello degli anni sessanta. Con questo non voglio dire che non si siano fatte lotte per l’aborto, l’occupazione, ma solo sottolineare come queste sono state vinte anche perché attuate in una società allora disponibile a queste richieste, e come presto si sia andate oltre questi obiettivi. Con il passare degli anni sono però sopravvenuti due fenomeni decisivi per la sorte del movimento femminista americano: la crisi economica e la reazione-difesa della società americana al movimento delle donne. La crisi economica sta rendendo in questi ultimi anni sempre più difficile l’emancipazione, da parte del sistema, delle donne. Infatti il mercato del lavoro sta espellendo forza lavoro femminile ed è alle donne che ha chiuso prima di tutti in faccia le sue saracinesche. Oggi l’assunzione massiccia di donne soprattutto in posizioni prestigiose e socialmente riconosciute per tacitare la protesta femminile non è più attuabile. E da qui che nascono le nuove lotte contro la discriminazione nell’occupazione.
L’aborto prima liberalizzato ed assistito viene oggi minacciato, si tagliano i fondi per asili, insomma per tutti quei servizi sociali necessari all’emancipazione della donna. A livello politico tutto questo si è tradotto in una prassi ed in una ideologia marcatamente repressiva nei confronti delle donne. Riappaiono così movimenti contro lo aborto, i paladini e le paladine della famiglia tradizionale. Per cui la stessa difesa dell’organizzazione sociale giocata sino ad ora sul piano della concessione e dell’integrazione, e che era servita fra l’altro ad isolare l’ala più radicale del movimento, sta diventando oggi reazione attraverso misure legislative che tendono di fatto a sottomettere di nuovo la donna. Prima integrate e poi represse: questa sembrerebbe la storia delle donne americane. Il movimento che così aveva operato una critica della «politica» e che aveva praticato una propria estraneità cosciente da questa si trova oggi sul punto di essere sconfitto due volte. Una prima da una emancipazione non controllata dal soggetto emancipato, in questo caso le donne, ed una seconda dalla negazione di questa stessa emancipazione. Ci si è trovati così assolutamente sprovviste ed impreparate sul piano della difesa di quei diritti civili essenziali ad ogni liberazione. I vari gruppi confinati ed autoconfinatisi in un proprio ghetto un bel giorno hanno scoperto che non sarebbe più stato possibile abortire, che l’ERA non sarebbe stato approvato e che quindi non solo la liberazione, ma l’emancipazione era una battaglia ancora tutta da farsi… Andare ad Houston ha significato allora cercare di nuovo una mobilitazione, un coinvolgimento di tutte le donne indiscriminatamente per quegli obiettivi che sembravano già raggiunti. Si è tornati così sul piano delle lotte per l’emancipazione, ma su un piano di difesa essendo stato deciso da altri il livello dello scontro. Indicativo è il fatto che ora si cerchi di agire su quel sistema politico sino ad oggi non riconosciuto come controparte. Si è arrivato allo scontro con le istituzioni ed il problema è diventato quello di trovare una propria identificazione politica, di farsi riconoscere come una forza politica fra le altre. > Le stesse tematiche più radicali come quella del diritto alla omosessualità, ad esempio, hanno dovuto assumere una valenza semplicemente progressista. Infatti il diritto all’omosessualità di cui si è parlato ad Houston ha perso ogni connotazione specificamente femminile per divenire un diritto civile. Parlare dinanzi all’America di diritti all’omosessualità delle donne è sì stato un atto di forza e di coraggio, ma reso più accettabile perché posto nei termini della libertà d’espressione tanto cara alla società americana. Insomma sembra che presto o tardi con la «politica» bisogna aver a che fare, ma non sta a noi scegliere quando e come?