CUBA

parlando con léonor

«è successo,nel caso di mariti che opponevano una resistenza particolarmente testarda…».

gennaio 1978

appena arrivate al campo di lavoro, ci siamo preoccupate di chiedere un colloquio con la Federazione delle donne cubane (FMC); dopo un po ‘di problemi organizzativi, ci è stato annunciato finalmente l’incontro tra 20 persone del campo e una delegazione della federazione delle donne. L’incontro, siamo 4 delle italiane, si rivela all’inizio, nelle intenzioni degli organizzatori, una visita ad una scuola per la formazione di quadri dirigenti femminili dell’FMC e del partito. Dopo le consuete visite alle stanze, ai bagni, dopo le canzoni ed i preliminari, dopo una introduzione eterna della direttrice della scuola, che riguarda interamente la struttura della scuola, che in fondo poco ci interessa interviene una compagna dell’FMC, Léonor Rodriguez, funzionarla, settore internazionale, e riusciamo così ad abbozzare un discorso un po ‘più approfondito sui temi che ci interessano. Alla fine del colloquio la compagna chiede un incontro con le italiane, è in-interessata ad Effe, vuole parlare con noi, così ci facciamo un’altra lunghissima chiacchierata al campo, questa volta in poche, molto interessante, produttiva. Abbiamo condensato i due momenti in una intervista sola, anche perché nella sostanza i temi toccati sono stati analoghi.
Raccontaci come è strutturato l’FMC, ed un po di storia.
La Feieración Mujeres Cubanas nasce come tentativo di ricomposizione di moltissime piccole organizzazioni, spesso corporative, che esistevano nel Paese prima della rivoluzione; nel ’60, una delegazione di donne cubane va in Messico alla conferenza delle donne dell’America Latina e noi oggi consideriamo quello il primo nucleo dell’FMC; la data ufficiale di fondazione è il 23 agosto 1960. Fidel ha partecipato all’atto costitutivo e la presidente è dalla fondazione ad oggi Wilma Espin. Già durante la rivoluzione le donne hanno avuto un ruolo subordinato (in cucina, a lavare i panni dei guerriglieri) ma hanno anche partecipato in prima persona a tutte le azioni di guerriglia, moltissime sono morte e spesso il loro eroismo viene dimenticato. Per quel che riguarda la struttura dell’FMC, è gerarchica: gli organismi di base sono le delegazioni di una data zona (15-20 donne) poi vengono i blocchi (3-10 delegazioni), il municipio (14 organismi provinciali in tutto il Paese) ed infine la direzione nazionale (eletta nel 1975).
Noi vorremmo sapere un po che scopi si propone la federazione, che tipo di battaglie fa?
All’inizio il lavoro più importante era di preparare le donne ai loro compiti rivoluzionari. Non dimenticate che prima della rivoluzione solo il 9% delle donne lavorava, incluse le prostitute, il 60% degli analfabeti erano donne, di queste il 50% era semianalfabeta, solo l’1% delle donne arrivava a frequentare le scuole superiori. Allora la cosa più importante era la difesa della patria; nel ’61 le donne hanno fatto, insieme agli uomini, la campagna per l’alfabetizzazione in tutto il Paese; anche io sono stata 2 volte ad insegnale nella Sierra Maestra, questa lotta ha molto rafforzato la federazione delle donne, sono uscite di casa, hanno girato il Paese, vissuto l’indipendenza. Durante l’attacco alla Baia dei Porci le donne hanno sostituito i maschi nei posti da dove, erano assenti per combattere. Intanto si andava formando il partito della rivoluzione socialista e si andavano individuando i ruoli dell’organizzazione delle donne. Il compito diventa allora l’inserimento delle donne nella produzione in modo qualificato, secondo noi questo è l’unico modo per l’inserimento della donna nella società.
Si, ma spiegaci meglio il molo del FMC, i rapporti che ha con il partito, con lo Stato.
Noi ci proponiamo il superamento politico-ideologico della subordinazione della donna, che le permetta di inserirsi nella società, la prepari a partecipare, coscientemente ed attivamente a tutti i compiti della rivoluzione, nazionalmente ed internazionalmente; una partecipazione politica, culturale, ideologica e tecnica. Per quel che riguarda l’organizzazione, essa è autonoma ed elabora i propri piani di lavoro basati sui fini che si prefigge, che sono parte del nostro partito e Stato rivoluzionario.
Quindi un’autonomia formale…
No, diciamo sostanziale, con una battaglia in corso su questo,
Una risposta diplomatica. Andiamo -avanti, un po ‘disordinatamente, a farti domande: la presenza dell’FMC nelle fabbriche?
All’inizio si crearono alcune delegazioni nelle fabbriche, ora non esistono più, ora nei centri di lavoro non esistono più, perché le donne nella fabbrica si sono organizzate e si organizzano nel sindacato. La FMC è orientata ad occuparsi, non tanto delle lavoratrici ma delle donne casalinghe, quelle che non hanno ancora lavoro (solo il 28% delle donne lavora); la lavoratrice è diretta in quanto lavoratrice, dal sindacato. Il lavoro con le casalinghe è essenziale, perché isolate in casa, non -hanno possibilità di partecipare alla società economica del Paese, l’obiettivo è vincere il loro isolamento.
Quante sono le donne iscritte alla Federazione?
Sono due milioni, dai 14 ai 65 anni.
Che tipo di inserimento nel lavoro per le donne?
Insomma, oggi il problema è, tenendo conto anche delle difficoltà, dei tempo del Paese, che attraversa ancora una fase non facile, un inserimento non marginale, qualificato come ho detto, nel lavoro produttivo.
Raccontaci le ultime lotte fatto la federazione.
Nel 1975 c’è stato il nuovo codice di famiglia, esso è nato con il doppio obiettivo di sancire un’uguaglianza, anche formalmente, tra uomo e donna, ha però avuto ed ha ancora una funzione educativa. Infatti il dibattito che c’è stato in tutto il Paese è stato un momento reale di crescita, si sono affrontati insieme problemi mai discussi, si sta facendo un lavoro per facilitare alle donne il lavoro di casa, con il progetto di lavanderie centralizzate, scuole a tempo pieno, cibi in scatola, ecc., ma questo è molto legato allo sviluppo economico del Paese, noi non consideriamo l’emancipazione della donna separata da quella di tutta la società, essa è compito di tutta la società.
Senti, ci sono stati problemi nelle zone rurali per l’accettazione del codice?
No, era stato discusso ed accettato, quindi nessun problema, anzi, se volete, nelle zone rurali stanno nascendo comunità  di contadini, si cerca di discutere la formazione di queste co-munita con metodi nuovi (es. animazione teatrale), le donne sono le più interessate al proprio inserimento nella comunità, discutono con i mariti; nelle comunità la percentuale di donne che lavora è più alta (fino al 45%), ci sono asili nido, tintorie centralizzate.
Ci chiediamo come andare avanti nella deruolizzazione femminile senza mettere in discussione la famiglia nucleare, come residuo storico di una cultura che è di oppressione.
Per noi la famiglia è importante; per noi è la cellula di base nel senso che è là che i figli apprendono le prime abitudini della vita sociale, l’inizio dell’apprendimento della tradizione rivoluzionaria del popolo, dove le vecchie e le nuove generazioni s’incontrano.
Quindi la famiglia come nucleo rivoluzionario?
Sì.
Per noi è difficile capire questo modo di affrontare il problema, in Europa la famiglia è costantemente messa in discussione dal movimento delle donne,, proprio in quanto nucleo della tradizione che tramite essa ripropone continuamente la necessità dell’oppressione femminile. Si cercano, non si sono trovate, soluzioni, modi nuovi di costruirsi affetti, certezza, educazioni; ma andiamo avanti, che succede quando le donne, nelle famiglie incontrano resistenze da parte di padri e mariti alla loro partecipazione alla vita politica, come l’FMC, i comitati per la difesa della rivoluzione, le riunioni del partito o del sindacato?
Prima succedeva di frequente che si avessero difficoltà in questo senso, succede ancora qualche volta. Le donne quando cominciano a lavorare, ad interessarsi alla vita del Paese, esigono di più dai mariti, se hanno delle riunioni il marito deve stare in casa con i figli, altrimenti la donna non è in grado di svolgere i suoi compiti. È successo, nel caso di mariti che opponevano una resistenza particolarmente testarda, che l’FMC, alcune compagne siano andate nelle case a parlare con i mariti, a responsabilizzarli nei confronti della ragione sociale, no, no di solito in federazione non si parla di casi personali, non si riporta il privato, solo in casi eccezionali come quelli che ho raccontato.
Alla conferenza che c’è stata al campo sul problema del lavoro, abbiamo sentito che oltre ad una percentuale ancora relativamente bassa delle donne che lavorano (il 28%, in Italia sono il 20% circa) quando, nel 1973 si è fatto il primo esperimento di Poder Popular nella regione di Matanzas (possiamo definire il poder popular come il sistema di base, unitario; attraverso il quale i cittadini di Cuba partecipano al governo del Paese) a Matanzas che, era una delle regioni più avanzate del Paese, con una grossa tradizione rivoluzionaria, si è avuto il disastroso risultato di un 7% di donne proposte, di un 3% di donne elette, sicuramente preoccupante. Che ne dici?
È vero, la FMC per prima si stupì di questo risultato, e ci arrabbiammo molto, pensavamo che la donna nel Paese ed a Matanzas avesse un’importanza molto maggiore di quanto non rivelassero le elezioni. Si aprì allora in tutta Cuba un grosso dibattito, vennero fuori molte cose interessanti, ad esempio, nei manifesti di propaganda del Poder Popular c’erano ritratti esclusivamente dei maschi, e molti altri «piccoli» particolari come questo. Dall’inchiesta uscirono fuori due cose importanti:
1) per essere proposte e soprattutto elette, si chiedeva alle donne molto, molto di più che ai maschi.
Questo non ci stupisce affatto.
2) accadeva spesso che ci fossero compagne con tutti i punti per essere elette, che da sole si autoescludevano, perché incerte, insicure, dubbiose.
Allora nel ’74 si è fatto un congresso e si è discusso tutto, c’erano 2.000 donne da tutto il Paese, c’era Fidel che non ha parlato fino alla fine, le donne ponevano problemi: dall’asilo nido alla possibilità di uscire liberamente, alla sfiducia in se stesse (ricordo di una donna che disse che suo marito la capiva e la aiutava in casa e per le riunioni, ed in molte si alzarono dicendo: «non ti aiuta, fa solo il suo dovere!»). Da molti interventi usciva fuori che questi mariti dovevano cambiare. Da allora ci siamo un po ‘mosse in questo senso, la situazione è un po ‘cambiata, oggi la presenza delle donne nel Poder Popular arriva spesso al 20-25%; nelle città è più alta: bisogna capire il doppio sfruttamento che le donne hanno subito, fino al ’59, le idee non si cambiano in pochi anni, i pregiudizi sono ancora molto radicati.
Ma nel FMC ci sono assemblee di sole donne?
Certo, nel FMC si, ma nei CDR (comitati di difesa della Rivoluzione) no, noi non vogliamo che al di fuori del FMC le donne abbiano momenti specifici, le donne devono imparare a discutere di fronte agli uomini, il problema della donna è di tutta la società, non vogliamo che le donne siano nemiche, separate dai maschi, bisogna cambiare la mentalità di uomini e donne insieme.
Anche qui, troviamo una grossa differenza con lo stato di elaborazione dei movimenti femministi e anche di certe organizzazioni femminili europee, ma vogliamo chiarirti che quando noi si parla di uno specifico femminile, di separatismo, consideriamo questo non un «fine», ma un mezzo, dimostratosi fino ad oggi efficace per le donne, per riappropriarsi, finalmente non nemiche tra loro, ma insieme, di tutti quegli strumenti politici, culturali che da sempre non hanno potuto possedere, il fine non è l’inimicizia, né la separatezza, ma una società, complessivamente più giusta.
Sapete, il fine è lo stesso, ma oltre alla differenza fondamentale di partire da strutture della società ormai diverse, voi vivete in Paesi ancora capitalisti, vedo anche un’altra differenza, mi sembra che in Europa, siete realmente avanti, raffinate esaustive nell’elaborazione, ma non vi confrontate abbastanza con i cambiamenti concreti che ad esempio, noi qui stiamo lottando, piano, piano.
Anche qui, molte cose da risponderti, ma vorremmo farti altre domande: parlaci dell’aborto, degli anticoncezionali.
L’aborto a Cuba è gratuito, entro le 12 settimane, più in là in casi particolarmente gravi, negli ospedali, per ragioni psicologiche e mediche; la donna va dal medico che la ascolta, la decisione è sua, non esistono problemi di obiezione di coscienza: è considerato un problema di salute pubblica, praticato con il metodo del raschiamento con anestesia totale. Per quel che riguarda gli anticoncezionali, lo IUD ed il diaframma sono gratuiti, nei policlinici, la pillola, senza ricetta medica, ma a pagamento (circa 2.000 al mese) niente sugli anticoncezionali maschili, esiste un progetto, ma è ancora un progetto, di educazione sessuale nelle scuole, che finora non si è mai fatta a Cuba.
E sulla salute della donna?
L’FMC ed il Ministero della salute pubblica hanno fatto e continuano a fare un grosso lavoro d’informazione, ad esempio, il Pap test, le donne dovrebbero averlo una volta l’anno, dopo i 30 anni, ma è stato molto difficile, spesso, convincerle a farsi visitare, a prendersi cura di se stesse, a cercare una prevenzione, una assistenza medica precoce, si stanno però facendo trasmissioni in televisione, la nostra rivista cerca di inserire ogni mese articoli che riguardino la salute della donna, insieme alla prevenzione delle nascite.
Un’altra domanda, ci è sembrato che a Cuba, nei confronti dell’omosessualità ci fosse un classico atteggiamento, diremmo sprezzante, ghettizzante. Vorremmo una spiegazione da te…
L’omosessualità è un problema personale…
Non lo è l’emarginazione dell’omosessualità.
C’è un problema di mentalità, se si fa «scandalo» vi è nei fatti una emarginazione, e questo non tanto dalla avanguardia rivoluzionaria, quanto dalla popolazione stessa. Se l’omosessuale non fa «scandalo», se vive la sua omosessualità solo nel privato non ha problemi, altrimenti sì.
Come l’esclusione dal partito o dal sindacato, non ti sembra che ci sia un certo puritanesimo rivoluzionario?
Per noi la morale socialista è fare tutto per fare andare avanti nel Paese il processo rivoluzionario, il resto non ci interessa, ma in questo, devi integrarti.
Quindi non c’è una battaglia specifica contro la ghettizzazione degli omosessuali, che è molto forte, un nostro compagno è stato preso in giro da tutta la popolazione dell’Avana perché andava in giro in pantaloncini corti, quelli che si portano al campo.
Devi accettare le regole anche formali che esistono per farti accettare.
Ultimissima domanda, poi ti lasciamo perdere, e la violenza per le strade, nelle case, la violenza carnale?
Tre anni fa si è rivista tutta la legislazione in proposito, oggi per una violenza carnale si rischia nei casi gravi, anche la pena di morte. I casi sono oggi quasi spariti e questo è stato favorito anche dai turni di guardia a cui tutti i cubani si sottopongono, per le strade, una volta ogni mese, ogni due mesi circa. Due persone girano nelle strade principali della città, dei paesi; è stata istituita nel ’60 contro i sabotaggi e ancora oggi rimane, molte donne hanno imparato a girare per le strade, a difendersi, ad uscire dalle case, anche questo è stato un momento fondamentale nella strada dell’uguaglianza.

L’indirizzo dell’Associazione di Amicizia Italia-Cuba, di Roma è: Viale Carso 51, telefono 386880. È possibile in questa sede ottenere e consultare materiale. Si possono avere inoltre informazioni e gli indirizzi di tutte le associazioni esistenti in Italia.