INCHIESTA

quale bambina?

Pubblichiamo i risultati della prima inchiesta condotta utilizzando un canale non tradizionale come il nostro giornale

marzo 1980

IL CORPO, LA SESSUALITÀ

Nel giugno scorso, abbiamo pubblicato su “Effe” un questionario intitolato “Quale bambina?”. Consisteva in un insieme di domande sullo sviluppo psico-sessuale della bambina tra i due e gli otto anni indirizzate a madri ed educatrici. Queste domande erano classificate in sei parti: informazioni generali, sviluppo della sessualità, la corporeità, il rapporto con il corpo della madre, l’educazione sessuale, il ruolo sessuale, la “bambina nuova”. Per una maggiore chiarezza, abbiamo sintetizzato le vostre risposte all’interno con i sottotitoli: Il corpo, la sessualità, l’educazione sessuale. Sul prossimo numero di “Effe” pubblicheremo la seconda parte con il titolo: “Identità e ruolo: verso una bambina alternativa?”. Lo scopo di tale inchiesta era di verificare la fondatezza o meno di un cliché psico-sessuale di bambina propinatoci dai mass media, dalla tradizione, dalle istituzioni e dalla scienza ufficiale (psicologia e psicoanalisi). Eravamo in grado, noi madri femministe consapevoli, di proporre, di delineare, di abbozzare un’immagine alternativa di bambina?

Siete state una cinquantina (esattamente 47 oltre ad alcune lettere) a rispondere al questionario, il che, visto la specificità dell’argomento, può essere considerato positivo. E’ ovvio che da un punto di vista statistico, il numero di risposte è troppo esiguo; di conseguenza, il campionario non ha validità statistica, o piuttosto avrebbe un valore solo orientativo. Dai questionari, in effetti, emergono alcune linee di tendenza per le quali sarebbe necessaria una verifica su scala più vasta e con domande più precise, articolate e sistematiche ma quello che ci interessa nell’occorrenza non è tanto il freddo dato statistico quanto le vostre risposte e le vostre lettere entusiaste, passionali, spontanee, fresche, originali, inattese, qualche volta anche disorientanti. Le riporteremo di seguito man mano che verrà sviscerata la grossa e calda matassa del vostro rapporto nuovo con delle bambine “diverse”. Chi siete? Il campionario è abbastanza omogeneo: i tre quarti delle interessate sono: donne tra i 25 e i 35 anni; residenti al nord; cittadine; occupate stabilmente o quasi, nel settore terziario (insegnamento, professioni sociosanitarie, commercio, pubblico impiego).
La metà di voi giudica vivere in un ambiente mediamente o totalmente repressivo; la metà milita in un movimento di donne ma solo 1/4 è impegnata politicamente. I 3/4 delle vostre figlie hanno un età compresa tra i 5 e i 10 anni. Il quarto restante è formato di bambine più piccole (sotto i 5 anni).

Avete in genere delle idee precise in quanto all’educazione delle vostre figlie con alcuni dubbi o incertezze:
«In teoria sì ma mi ritrovo piena di contraddizioni».
Idee precise che non significano idee rigide o dogmatiche:
«Ho idee abbastanza precise ma non costituiscono un “a priori” da imporre alla realtà; cerco di adeguarmi via via con risposte il più possibile congrue alle situazioni emergenti».
Avete quasi tutte alle spalle un’educazione tradizionale che vi trascinate dietro in modo più o meno risolto. I qualificativi più ricorrenti per descrivere l’educazione ricevuta sono: repressiva, borghese, autoritaria, religiosa, moralista, rigida, conservatrice, castrante, sessuofobica, oppressiva, severa, ecc.
La grande maggioranza di voi è stata contenta di mettere al mondo una femmina per diversi motivi che si potrebbero classificare grossolanamente: motivi “tradizionali”, motivi “femministi”, motivi “redentori”, motivi “sovversivi”.
I motivi “tradizionali” sono pochi e rispecchiano i pregiudizi di sempre: una figlia femmina è più vicina alla madre, si può capirla meglio, si può educarla più facilmente, dopo il maschio ci vuole la femmina ecc. Consistenti invece i motivi strettamente “femministi”. Vi traspaiono molta coscienza nuova (la fierezza, la gioia, il privilegio di essere donna) e interesse scientifico verso l’emergente femmineo (in quanto sovvertimento di un ordine e alternativa educativa), ma anche apriorismi e assolutismi. Il pregiudizio (la sopravvalutazione, l’inflazione del maschio) si ribalta e otteniamo esattamente l’opposto: «Penso che le donne siano migliori degli uomini sotto molti aspetti caratteriologici e psicologici rilevanti…».
«Siamo la parte migliore della società anche se ne siamo consapevoli in poche».
«Non avevo neppure pensato ad un nome maschile, era una specie di rivendicazione, un regalo che le facevo prima che nascesse».
Da questi motivi strettamente “femministi” scaturiscono i motivi, che ho denominati “redentori”. Rifacendosi al loro passato, alla loro educazione, in maggioranza, come abbiamo visto, di tipo tradizionale repressivo, alcune di voi,. identificandosi (in modo anche egoistico) nelle proprie bambine, puntano ad un rapporto madre-figlia, rivincita e risarcimento dei danni subiti:
«Voglio provare ad educarla in maniera diversa da come lo sono stata io, cioè vorrei che fosse una piccola donna libera di essere ‘se stessa come forse ancora non lo sono io».
Collegati pure ai motivi “femministi”, troviamo i motivi “sovversivi”: non adattarsi alla società, cambiarla per e attraverso questi agenti mutanti che saranno un giorno, le nostre figlie:
«Sono contenta di poterle dare un’ educazione diversa dalla mia, in quanto femmina, che la farà sentire più combattiva dì quanto non lo sia stata lo».
«MI sembra un momento importante di possibili profondi cambiamenti per le donne e mi piace di seguirne una».
Quali sono le vostre osservazioni per quello che riguarda lo sviluppo della sessualità nelle vostre bambine? Siete state molto precise. Ci avete fornito un gran numero d’informazioni preziose a partire dalle quali si potrebbe iniziare a ridimensionare, a relativizzare e a ripensare la psicanalisi e la’ psicologia tradizionali. E’ quella un’esigenza formulata da una di voi, medico. Scrive infatti Luisa di Brescia:
«Io sono laureata in medicina, mi sto specializzando in neuropsichiatria infantile e sono davvero stufa dei libri dove debbo studiare, di come sempre anche nei testi che dovrebbero essere progressisti, viene visto lo sviluppo psico-sessuale della bambina (e anche del bambino!) (…) l’argomento mi interessa. Approfonditelo. Vorrei poter confrontare le mie idee e esperienze “professionali”».
Prima di riportare ed analizzare le vostre risposte, cogliamo alcuni brani (che si auto-commentano) nelle opere degli psicanalisti e psicologi {ortodossi o meno, attuali o meno) sulla problematica dello sviluppo psico-sessuale della bambina:

manifestazioni sessuali: il rapporto con il proprio corpo

«Stuzzicamento digitale della clitoride» (E. Jones) ma «Carattere alquanto insoddisfacente di questa soluzione». (S. Freud).
«Dal momento che la realtà (l’assenza del pene n.d.r.) contraddice i fantasmi masturbatoli clitoridei, l’eccitamento della clitoride non porta più che a delusioni; il ricordo di un’inferiorità senza speranza; e la masturbazione clitoridea viene abbandonata». (F. Dolio).
«Questo processo di identificazione con la madre o con un’a donna normale è indispensabile perché si giunga all’erogenizzazione vaginale..,». (F. Dolto).
«Se la clitoride è rimasta investita dalla libido, la sua inferiorità morfologica reale sarà un’occasione costante di sofferenza inconscia, di vergogna cosciente per la ragazza che non vorrebbe essere ciò che è, che si sente “brutta”. Essa reagisce con la negazione dell’angoscia e la “fuga in avanti” in una lotta ambiziosa che la porta a rivaleggiare con i ragazzi nei loro stessi sport, nelle stesse attività, negli stessi studi». (F. Dolto).

l’invidia del pene (1)
«Durante Jo stadio fallico, la bambina scopre che vi sono dei bambini forniti di un “affare” che lei non ha». (F. Dolto).
«Una ragazzina serena, le cui fantasie vertono sul futuro appagamento dei suoi desideri, spererà che in avvenire si realizzi anche il suo desiderio di un pene (…). Le manifestazioni tipiche che accompagnano l’invidia del pene sono sempre le stesse:
a) La bambina accusa la madre (più raramente il padre) di averla danneggiata.
b) Accusa se stessa di avere distrutto il suo pene con la masturbazione.
e) Teme che il membro sia nascosto nell’interno del suo corpo e attende con ansia (oppure con gioia) che in seguito venga fuori». (H. Deutsch).
«La più grande aspirazione della bambina non è di possedere un proprio pene quale attributo virile, bensì di incorporare il pene paterno quale oggetto di gratificazione orale». (M. Klein).
«La delusione, i dubbi, il senso d’inferiorità che si impadroniranno della bambina non appena ella si renderà conto di non avere il pene…». (M. Klein).
«Il desiderio di avere un bambino gradatamente sostituisce quello del pene». (S. Freud).

il complesso di castrazione (2)
(…) «Vi è la classe che possiede il pene e la classe castrata. Un bambino comincia col credere che tutti appartengano alla prima classe, e soltanto man mano che vengono destate le sue paure comincia a sospettare l’esistenza della seconda classe. Una bambina ha lo stesso punto di vista, salvo che qui si dovrebbe impiegare la frase corrispondente “classe che possiede la clitoride”; e solo dopo aver confrontato il proprio organo con il genitale maschile essa forma una concezione di una classe mutilata, alla quale appartiene». (E. Jones).
«Sebbene possiamo in esse (nelle bambine ndr) sempre trovare un complesso di castrazione, non sembra possibile parlare di angoscia di castrazione laddove la castrazione è già un fatto compiuto». (S. Freud).
«Non può esservi nella bambina una paura di venire privata di ciò che essa già constata di non possedere». (C. Musatti).

il complesso edipico (3)
«La bambina rimane all’interno della situazione edipica durante un periodo indefinito, essa lo abbandona solo tardi nella sua vita, ed anche in modo incompleto. La formazione del super-io ne deve soffrire in tali circostanze». (S. Freud).
«Essa (la bambina ndr) giunge spesso a rinunciare alla rivalità edipica ancora prima del periodo di latenza, senza che si possa realmente dire, nonostante ciò, che essa abbia effettivamente liquidato il proprio complesso di Edipo…». (F. Dolto).

rapporto della bambina con la madre
«Tutto ciò che è connesso a questo primo attaccamento alla madre mi è parso nell’analisi così elusivo, perso in un.passato così vago e ombroso, così difficile da resuscitare, che sembrava avere subito una rimozione particolarmente inesorabile». (S. Freud).
«Lei (la bambina ndr) si sente sfavorita e attribuisce la colpa della sua mutilazione sessuale alla madre» ma «la madre-maga non avrà pietà e non porterà il regalo richiesto». (F. Dolto).
Il risentimento verso la madre dipende da «una rivalità nei confronti del pene, del padre». (M. Klein).
«Da quando la figlia sa che essa è castrata come lei, la madre ha perso gran parte del proprio prestigio». (F. Dolto).

rapporto della bambina con il padre
«Il dono che il padre, come rappresentante dell’ambiente, offre alla ragazzina consiste in amore e tenerezza, ed essa per questo dono rinuncia a ogni ulteriore aumento della sua attività, e specialmente della sua aggressività». (H. Deutsch).

l’altro sesso
«L’umiliazione narcisistica e l’invidia del pene che sorgono quando si verifica la concreta esperienza della vista dell’ organo maschile lasciano una forte impressione…». (H. Deutsch).
«E’ l’invidia del pene che spinge la bambina verso gli uomini, oltre al desiderio di attirare l’attenzione di coloro che essa stima superiori e attraenti per sua madre». (F. Dolto). (4)
* * *
Qual è, a prima vista, il denominatore comune di questo “mazzo” di teorie?: contraddizioni, incoerenza, arbitrarietà, fallocentrismo, pensiero “convergente” (introduzione forzosa di una realtà complessa e multiforme dentro delle teorie già bell’e fatte). Ci ritorneremo. Le bambine dei questionari sono comunque ben diverse da quelle ad uso e consumo della psicologia e della psicanalisi. In primo luogo, hanno un rapporto molto felice e genuino con il proprio corpo. Non sono complessate ma disinibite, non vivono nell’immaginario e nelle loro fantasie ma nel concreto di un corpo tangibile, non sono deluse e tristi ma piene di gioia di vivere e di fiducia in se «tesse, non hanno scrupoli né sensi di colpa e non seguono i binari di una sessualità normalizzata. Risulta anzi dall’inchiesta un ventaglio molto ampio di atteggiamenti sessuali che non -si escludono a vicenda (ricchezza, diversità e non impoverimento attraverso norme imposte, regole, e passaggi obbligati):
– Manifestazioni sessuali chiare – manifestazioni sessuali poco vistose.
– Sessualità attiva – sessualità passiva.
– Etero-erotismo – auto-erotismo.
– Etero-sessualità, bi-sessualità, omosessualità.
– Espressione della sessualità verso i familiari, verso estranei, verso adulti, verso bambini.
– Erotismo diffuso – erotismo localizzato a certe parti del corpo.
– Forme sessuali istintive – forme sessuali sublimate o socializzate.

1

manifestazioni sessuali chiare

Autoerotismo e eteroerotismo indirizzato verso tutte le persone, grandi e piccole, che dimostrino disponibilità; scarta le altre immediatamente, con un sesto senso, (6 anni).

manifestazioni sessuali poco vistose
A dire il vero non ha mai manifestato molto interesse, (6 anni).

2

sessualità passiva
Grande piacere per massaggi e carezze su tutto il corpo, (6 anni e mezzo),
sessualità attiva
Esplorazione del proprio ed altri corpi (fratello, forse anche amichette e amichetti), auto-erotismo e etero-erotismo con più grandi e più piccoli. (7 anni).

3
etero-erotismo
Erotismo con le compagne e con i compagni. (7 anni).
auto-erotismo
Erotismo indirizzato verso le bambole e i genitori (la bambina si mette nuda a cavallo di una bambola o delle nostre gambe quando siamo seduti o sdraiati e si masturba). (4 anni).
4
etero-sessualità
Grande interesse per l’apparato genitale paterno. (6 anni).
bi-sessualità
Curiosità e giochi per un periodo col pene del padre; grande affetto carnale per il mio seno, lunghe “visite” reciproche, di più con le femmine. (6 anni e mezzo).
omosessualità
Etero-erotismo tra bambine dai 4 ai 10 anni. (5 anni).
5
espressione della sessualità
Verso adulti (familiari o estranei)
Fino ai tre anni circa tutt’e due sono state attratte dal pene paterno: curiosità pienamente soddisfatta (visto, toccato, ecc.); ora sono attratte dai miei seni e dal mio pube: lascio guardare e toccare. (7 e 5 anni),
Tocca il mio corpo e quello di suo padre (con curiosità). (2 anni),
Con me è molto espansiva. Mi tocca spesso, a volte lo fa prendendomi in giro rispetto ai miei punti deboli che lei conosce. Altra persona con cui la sua sessualità è manifesta è un comune amico (René): con lui gioca molto, con il suo corpo intendo. Non so, lo spoglia e gioca con il suo pene (per esempio una volta si è divertita un mondo a metterci dei tappetti). (4 anni).
Verso bambini (familiari o estranei)
Con i compagni: gioca ai dottori facendo, a turno, iniezioni e “cure” varie. (5 anni).
Da due anni in poi quando stava spesso con un figlio di amici di 4 mesi più grande li ho visti spesso, mentre giocavano, masturbarsi insieme, e, molto più raramente scambiarsi qualche manifestazione d’affetto come abbracci, baci, carezze, consolare quando piange l’altro. Tutto ciò continua ancora oggi anche se tende a diminuire. (4 anni e mezzo).
6
erotismo diffuso
Attualmente è interessata ai propri genitali, Quando è nuda si tocca e sorride. Comunque è ancora nella fase in cui tutto il proprio corpo la interessa (ad esempio la stupisce l’ombelico). Infatti le piace guardarsi allo specchio. Ama molto essere baciata e accarezzata in tutto il corpo e ogni giorno c’è un momento che dedichiamo a questo tipo di effusioni. (17 mesi).
erotismo localizzato a certe parti del corpo
Quando lei è in vena si fa “coccolare” o fare il solletico sulla testa e sulla schiena (è una cosa che le piace tantissimo, quasi come fare il bagno tutti insieme). (4 anni).
7
forme sessuali istintive
E’ molto “pomiciona” con alcuni adulti, specie maschi, e con una o due sue amiche. (4 anni).
forme sessuali sublimate e socializzate
Non ho mai notato alcuna manifestazione sessuale, dice solo di essere innamorata di John Travolta e di un ragazzino che è nella sua squadra di pattinaggio. (5 anni).
Sessualità non stereotipata che è anche (ad un livello più ampio) rapporto con il proprio corpo, pure esso vario, originale, personalizzato. Ci sono le bambine che utilizzano il proprio corpo e quelle che lo esibiscono, quelle che lo toccano e quelle che lo fanno toccare, quelle che lo esplorano e quelle che lo guardano, quelle che non ci badano e quelle che ci fanno caso, quelle che lo vivono secondo i propri criteri e quelle che sono alla ricerca di modelli esteriori. Alla domanda: «Come vive il suo corpo tua figlia», rispondete;
Bene, sia dal punto di vista sessuale che da quello puramente fisico. (4 anni e mezzo).
Con proprietà, senza complessi, con una certa sicurezza, tanto che lo esibisce volentieri. (7 anni).
Le piace molto. Rimane nuda il più a lungo possibile e sì tocca con soddisfazione tutta la pelle. Essendo magrolina a volte ci chiede rassicurazioni dicendo: «Vero che sono bella grassoccia?». (5 anni).
La maggior parte di voi concorda comunque su un punto: le vostre bambine vivono il proprio corpo “serenamente”, “con gioia”, “con piacere”, “con amore”, “in armonia”, “senza problemi”.
Questo rapporto equilibrato con il proprio corpo porta naturalmente la bambina a provare e manifestare meno pudore della bambina educata tradizionalmente. Il corpo innocente, trionfante, non si occulta più.
Non si occulta abbastanza secondo alcune di voi che hanno bambine troppo “disinibite”! Alla domanda: «Tua figlia manifesta pudore?», due di voi hanno risposto:
Non me ne sono mai accorta. Sono io che (purtroppo) la reprimo raramente ma lo faccio per le persone che abbiamo intorno che non sempre capiscono. (5 anni).
Lei no, ma io sì! Sto cercando di superare il disagio di certe sue manifestazioni. (7 anni).
Si nasconde troppo secondo altre che si rammaricano dell’influenza deleteria dell’ambiente (scuola, vicinato, parenti):
«Al ritorno da queste vacanze ha detto un paio di volte che voleva andare in bagno da sola perché si vergognava. La cosa mi ha stupito molto perché non può certo averla assimilata a casa ma devo tener conto della scuola e del mondo esterno. Mi sono limitata a dirle che mi sembrava una sciocchezza e perché e poi l’ho lasciata fare quasi sempre come preferiva. (5 anni).
Comunque siete quasi la metà a non avere mai constatato pudore nelle proprie figlie. Si tratta spesso di bambine piccole (sotto i 6 anni) ma anche di più grandi. Nell’altra metà dei casi, la pudici tà non è mai dichiarata, franca ma mista, episodica, circoscritta, compromissoria; l’atteggiamento verso la nudità complesso, contraddittorio, sfumato: dall’atteggiamento in famiglia a quello a scuola, dall’atteggiamento dentro casa a quello fuori casa, dall’atteggiamento verso certe parti del corpo a quello verso altre, dall’atteggiamento con le femmine a quello con i maschi, dall’atteggiamento in ambienti aperti a quello in ambienti conformisti o moralisti, dall’atteggiamento sessuale a quello sentimentale, dall’atteggiamento ludico a quello serio:
Le è stato imposto dagli adulti che rimproveravano il suo nudismo e dai compagni che cercano di vederle le mutandine, ma nell’insieme, dove sì sente libera, non ha problemi. (7 anni).
Recentemente le reazioni di altri bambini (se si fa vedere a fare la pipì o se va sul balcone nuda) l’hanno resa cosciente di “fare qualcosa di non pienamente accettato». (2 anni e mezzo).
Unico problema per gioco o per davvero è non fare vedere nudo il sedere. (7 e 5 anni).
Mi chiede di non guardarla quando si masturba (forse perché non ha mai visto me farlo nonostante ne parli apertamente). (4 anni).
Non ho mai notato questa manifestazione se non per i sentimenti. (5 anni). Un pudore, come si vede, a volte anche legittimo, giustificato: l’indispensabile “giardino segreto”.
In seno a questo quadro relativamente disinibito e felice, come si vengono ad innestare “Invidia del pene”, “complesso di castrazione” e “complesso edipico” (5)? Che cosa accade quando la bambina, disinvestendo il proprio corpo, concentra la sua attenzione sul corpo dell’altro, del diverso, del maschio? Insomma esiste o non esiste l’invidia del pene e la conseguente convinzione della propria mutilazione?
La stragrande maggioranza di voi ha risposto di non avere mai notato né l’uno né l’altro; semmai il contrario:
Sa perfettamente come sono i genitali maschili dei suoi amici ma non sopporta quelli paterni. Ne abbiamo parlato con lei stessa, io e Mauro, e ci ha risposto che è troppo grande il pene di papà per lei, anche da vedere: «Preferisco, il pisellino di Marco». (4 anni e mezzo).
Una di voi ha rilevato “qualche episodio”, due di voi fanno presente che l’invidia del pene, se è reale, dipende dai privilegi-appannaggio della classe maschile (pene desiderato in quanto rappresentante, simbolo, segno, e non in quanto tale). Solo tre risposte sono abbastanza significative e potrebbero essere prese in considerazione:
Qualche volta dice che anche a lei da grande «crescerà il pipetto come al papà». (5 anni).
Non so se sia giusto parlare di invidia e complesso. Lei sa di avere una vagina però ogni tanto dice tutta contenta di avere un pisellino e lo fa vedere a tutti. Forse il tentativo di convincersi di avere un pisellino può essere un modo di negare la castrazione… (4 anni).
Mi pare che una volta abbia detto che avere il pene come papà sarebbe stato più bello, ma non sì è manifestato il complesso di castrazione. Piuttosto, ma non so se c’entri, ha detto al fratellino «quel pisellino, te lo toglierei!». (4 anni).
Ma non dimentichiamo che se la bambina «qualche volta aspetta ardentemente che cresca» (come dice la Dolto), rileviamo, là dove la donna viene valorizzata e l’educazione sessuale impartita ai bambini, un fenomeno parallelo e di pari natura, cioè l’invidia e la gelosia del maschietto verso la madre e le sorelle, detentrici esclusive dei seni, dell’utero e della potenza procreatrice. Può accadere pure che sia la bambina ad invidiare gli attributi sessuali della madre in quanto donna adulta. Dice in effetti Giulia che ha una bambina di 5 anni:
A volte restiamo nude tutt’e due e lei mi dice che sono molto bella. Mi sembra che mi invidi il seno (dice che le sue tettine sono così piccole!)
L’essenziale non è dunque di negare, di “scotomizzare” questa realtà ma di constatare che esiste, quando esiste, in modo uguale e non drammatico sia nei maschi che nelle femmine, sia verso la madre che verso il padre, sia verso le sorelle che verso i fratelli (invidia dell’utero, Invidia del seno). La drammatizzazione dell’invidia del pene: il “complesso ‘di castrazione” è un prodotto socio-culturale (ipertrofia dell’immagine maschile e conseguentemente dei suoi attributi, ignoranza sessuale, misconoscenza del proprio corpo ecc.).
Non ha niente a che vedere con un fatto puramente organico.
Se l’invidia del pene viene contestata (6), il “complesso edipico” invece mantiene saldamente le sue posizioni. Se si tiene conto che 4 di voi ignorano il significato dell’espressione e che altre sei hanno bambine di età inferiore ai 4 anni (cioè troppo piccole per avere attraversato questo stadio), si costata che i 3/4 delle madri rimanenti fanno menzione di un periodo edipico o di una crisi edipica. Questo complesso edipico può essere vissuto con tutti i crismi ufficiali: amore verso il padre, odio e rigetto della madre:
Più che altro Alice mi ha dimostrato ostilità. Un comportamento che possa essere definito meramente aggressivo non l’ho riscontrato. In genere piangeva alla più piccola osservazione che le veniva fatta da me per rifugiarsi, per 10 più piangente, tra le braccia del padre… pur avendo io verso di lei un comportamento che negli anni prima non aveva creato nessun problema, quando stava vivendo il complesso edipico si è incrinato il dialogo che c’era tra noi, non sentiva il bisogno della mia vicinanza fisica mentre voleva stare spesso vicino al padre. Non voleva neppure che io la lavassi. Prima provava molta gioia nel fare il bagno con me, durante quel periodo, lo rifiutava… (4 anni e mezzo).
Dimostrava disinteresse e aggressività verso di me. Mi sono sentita emarginata dalla famiglia… (8 anni).
Il complesso può essere parziale: solo amore verso il genitore di sesso diverso: Più che ostilità per me dimostrava grande attaccamento al padre e molta tristezza quando lui era temporaneamente assente. Tendeva a trovare autosoddisfazione (succhiava il dito, teneva un lenzuolo in mano). (5 anni).
Può essere rovesciato: amore verso il genitore dello stesso sesso e odio verso l’altro:
«Gelosia nei confronti del padre». (6 anni).
Può essere fluttuante:
Il papà vive separato. Il complesso tende ad essere meno marcato ma con carattere di permanenza. (5 anni).
Può indirizzarsi a dei sostituti paterni:
E’ stato piuttosto strano. Sara si svegliava spesso la notte spaventata, manifestando una chiara aggressività nei miei confronti; il tutto veniva liquidato come un incubo da indigestione o Simili. Nello stesso periodo era estremamente gelosa dei miei rapporti con René (l’amico della madre ndr), notava e ci faceva notare la differenza del suo rapporto con me e con lei, si frapponeva sempre fra me e lui accaparrandosi la sua attenzione e così via. (4 anni).
Può sconvolgere, rivoluzionare tutta là dinamica familiare:
Il complesso di Edipo di Alice ha messo fortemente in crisi il rapporto di coppia fra me e Mauro. Nonostante Mauro cercasse di aiutarmi e di starmi vicino io avevo un rifiuto verso le sue manifestazioni di affetto e non sentivo più nessun desiderio sessuale verso di lui. Infatti, ho avuto un rapporto chiaramente lesbico con Laura (una mia carissima amica). Man mano che mia figlia si riavvicinava a me e tutto sembrava ristabilirsi, io tendevo ad allontanarmi da Laura e a riavvicinarmi a Mauro. Ora non sento più il bisogno, nemmeno nei pensieri, di avere un rapporto con Laura. (4 anni e mezzo).
Risulta insomma dalle vostre risposte che se complesso edipico c’è, esso è multiforme, non si lascia ingabbiare dentro degli schemi, è anarchico, individualistico. E in questo settore come negli altri settori della sessualità, non c’è norma: non è più “normale” vivere la crisi edipica che non viverla (è, o pare che sia solo più frequente), non è più “normale” vivere un Edipo corredato di tutti i suoi “accessori” che Vivere un Edipo atipico o rovesciato (è, o pare che sia, solo più abituale). E se queste forme sono più ricorrenti dipende probabilmente dalla struttura della famiglia: maggior presenza del padre, famiglia mononucleare, genitori attenti e sensibili agli stati d’animo delle loro bambine, contatti più stretti e maggiore disponibilità tra’genitori e figlie (7).
Parliamo appunto di questi contatti: con la madre, e contrariamente a quello che succede nel caso della bambina tradizionale, si stabilisce una relazione molto affettuosa e molto intima. Alla domanda: «Tua figlia ha un rapporto fisico disinibito con te (baci, carezze)?», siete tutte concordi nel rispondere “sì”.
Spesso illustrate quest’asserzione con compiacimento:
Sì, soprattutto tocca il mio seno e vuole carezze leggere e coccole. (6 anni e mezzo).
Sì, è anzi piuttosto violenta nelle sue manifestazioni (strizzate, abbracci eccetera); mi accarezza il seno nudo e dice «Che bello, è morbido!». (8 anni).Sì, tante volte mi chiede di succhiare dal mio seno e lo fa. (6 anni).
Molto tenero e molto difficile. Dalla unione dei nostri corpi nasce un eccitamento dolcissimo difficile da capire (per me). Per lei è naturale. (4 anni).
Guardare, toccare, baciare, sfiorare, succhiare: un rapporto madre-figlia sano e bello, sprovvisto di quei meccanismi di difesa che utilizzavano le nostre madri per tenerci a distanza, per esorcizzare le loro paure inconscie, i loro tabù sessuali (l’incesto, l’omosessualità); un rapporto a volte quasi erotico: sensuale, istintivo, eccitante, “violento”; un rapporto “carnale”, non idealizzato, un rapporto gratificante, ugualitario, senza spazi riservati, senza falsi pudori, senza ritenute.
Certo non è sempre rosea questa relazione madre-figlia. C’è, come abbiamo visto, l’odio, l’aggressività, l’ostilità, la rivalità del periodo edipico (e anche di altri periodi!). Come vengono “liquidati” questi sentimenti? Come avete reagito?
Ho reagito con indifferenza, con risate sotto i baffi. (6 anni e mezzo).
Ho cercato di non colpevolizzarla. Lei mi ha ritrovata come donna e come persona onesta e sincera nei suoi confronti. (8 anni).
-E’ migliorato il dialogo e la confidenza.
Le ho spiegato cosa ha vissuto con il complesso di Edipo, cos’era, ecc. (4 anni e mezzo).
In genere, cercate; di sdrammatizzare la situazione, di non inculcare sensi di colpa alle vostre figlie. Fate finta di niente o aspettate con pazienza che passi la crisi. A volte però la prova è dura. Dice Rachele che ha una bambina di 4 anni e mezzo:
Ho avuto un comportamento molto strano: nei suoi confronti (della bambina ndr) sentivo spesso la tentazione di sfogarmi anche violentemente quando vedevo che mi trascurava…
L’Edipo non è a senso unico: è reciproco. Le vostre bambine comunque vi ritrovano, riallacciano il filo interrotto del dialogo e della tenerezza in un clima di stima mutua e, coscienti della loro appartenenza alla stessa “classe”, parteggiano per voi e vi difendono dagli attacchi paterni.
In quanto ai rapporti con i padri, essi sono molto vari: vanno dall’insofferenza all’autorità, al rapporto difficile, all’ambivalenza dei sentimenti, al rapporto buono, ugualitario, complice o giocoso, fino alla dipendenza affettiva. Siamo comunque lontani dalla rinuncia a se stessa e dalla passivizzazione della bambina deutsciiiana! Come siamo lontani in genere dalle conclusioni dei psicologi e dei psicanalisti.
Si potrebbe obiettare che sto opponendo una realtà ad un’altra, tutt’e due sui generis. Le teorie degli psicanalisti e degli psicologi non sono state “campate per aria” ma verificate attraverso una costante pratica clinica; ma quello che rimprovero alle teorie psicanalitiche e psicologiche che trattano della sessualità infantile è il loro dogmatismo, la loro astoricità, la loro “aculturalità” (teorie universali: valide nel tempo e nello spazio), e la loro “estrapolazione” dalla patologia allo stato “normale”, dalla nevrosi alla salute mentale (i Freudiani hanno teorizzato lo sviluppo psico-sessuale della bambina a partire da casi clinici — bambine squilibrate a causa di madri frustrate, frigide, rigide, isteriche, ossessive — e non da casi “ordinari”, comuni). La confusione nasce lì; e anche l’inversione diagnostica: l’adattamento ad una società fallocratica e fallocentrica viene considerato come “normale” (normale la passivizzazione, normale la convinzione della propria mutilazione, normale la coscienza della propria inferiorità, normali la rinuncia, la negazione di se stessa, la remissività ecc.) quando invece è sintomatico di un fallimento, di una “castrazione” definitiva; all’opposto, la crisi, il disadattamento, il rifiuto, l’insoddisfazione, la rivendicazione sono bollati come patologici quando dovrebbero essere indizi di salute mentale, di sana (anche se confusa) ribellione a situazioni insopportabili, coercitivi, limitanti, asfissianti.
E’ evidente che questa logica non era, e non è tuttora, casuale ma tendenziosa: questa inversione normativa, questo pensiero convergente, questa canalizzazione di una sessualità che minacciava, e che minaccia, di traboccare con diverse sbavature, servivano, e servono, grossi interessi: lo statu quo del potere, dell’imperare maschile; e aveva ragione lo psicanalista dissidente Reich quando diceva che l’affermazione dell’io passa attraverso l’espressione di una sessualità vissuta secondo i propri criteri, i propri desideri. Io aggiungo: a cominciare dall’infanzia e senza discriminazione di sesso.

(1) (2) (3) .Ved. spiegazione dei termini in nota (5).
(4) Brani tratti da: 1) S. Freud “Dictio-nary of Psychoanalysis” e “International Journal of psychoanalysis”. 2) E. Jones “Scritti sulla sessualità femminile”. 3) M. Klein “Psiccanalisi dei bambini” e “Early Stages of the Oedipus Conflict”. 4) C. Musatti “Trattato di Psicoanalisi”. 5) H. Deutsch “Psicologia della Donna”. 6) P. Dolto “Psicoanalisi e Pediatria”.
(5) Complesso di Edipo: amore, in parte cosciente in parte inconscio, per il genitore dell’altro sesso e la conseguente gelosia e rivalità per l’altro genitore.
(6) Invidia del pene: desiderio della bambina di possedere il pene, sollecitata dall’osservazione di questo organo nel bambino.
Complesso di castrazione: nella donna, indica le reazioni di fronte alla vista del genitale maschile e al riconoscimento delle differenze anatomiche dei due sessi: l’invidia del pene e il desiderio di possedere un organo consimile.
Forse in modo qualche volta polemico e “femminista militante”: rispecchia sempre la realtà?
(7) E’ da rilevare che i 3/5 delle bambine del questionario sono figlie uniche.

L’EDUCAZIONE SESSUALE

Se la bambina che si profila attraverso il nostro questionario ha un rapporto gioioso, sano e disinibito con il proprio corpo, se non invidia i maschi, se non si sente usurpata, castrata, se non è angosciata e complessata, ciò è dovuto in parte alla permissività familiare e, più raramente, ambientale, ma anche ad un’informazione sessuale precoce ed esplicita (senza zone d’ombra o false vergogne). E’ ovvio che l’invidia del pene sarà molto più accentuata nelle bambine che non conoscono la propria anatomia, che non sanno di avere una clitoride e/o alle quali si proibisce la masturbazione; i complessi d’inferiorità verso i maschi spetteranno alle bambine all’oscuro dei meccanismi della procreazione, della gestazione e del parto; infine l’angoscia e i fantasmi sessuali toccheranno alle bambine davanti alle quali si mantiene saldamente il segreto della copulazione, delle mestruazioni, della verginità ecc. Le domande che vi abbiamo posto nel nostro questionario riguardano i tempi e le modalità dell’educazione sessuale, le domande delle bambine e le vostre risposte, le reazioni dell’ambiente, le contraddizioni che ne scaturiscono e la correlazione esistente tra curiosità sessuale, curiosità scientifica e sensibilizzazione a problemi generici. La quasi totalità di voi ha affermato di avere cominciato molto presto l’educazione sessuale delle proprie bambine: in genere tra i tre e i cinque anni ma anche sotto i tre anni (8 madri). Come spiegate e giustificate quest’inizio così precoce? (Hai iniziato precocemente a parlare di sessualità con tua figlia?).

Sara aveva due anni e mezzo e suW autobus il fattorino le disse di andare al mercato dei bambini a comprare un fratellino: si arrabbiò con il fattorino dandogli dello scemo poi a casa mi chiese spiegazioni: “Al mercato i bambini non ci sono, quello era bugiardo, ma allora come si fanno ì bambini?” (4 anni).

Sì, in occasione della gravidanza del secondo figlio (a circa due anni e mezzo), ho cercato di spiegarle la riproduzione (seme di papà più uovo della mamma ecc.). (4 anni). Non ho mai forzato la sua educazione sessuale: ho sempre aspettato che fosse lei a manifestare degli interessi. A un anno e mezzo circa ha notato che suo padre era fatto in modo diverso da noi e ha commentato: “Papa ha il sedere brutto”. (10 anni). Ha iniziato a tre anni, Voleva che “le facessi” una sorellina, (8 anni). Verso i due, due anni e mezzo. Mi interrogava lei. Non ha capito la sua masturbazione e perciò io e Mauro le abbiamo spiegato in termini semplici cosa fosse quella cosa che le fa provare così piacere. (4 anni e mezzo). Ricordo che la prima occasione di affrontare il discorso completo me l’ha data verso i tre anni chiedendomi a cosa servisse un preservativo. (8 anni). A un anno e mezzo si masturbava già. Mi chiedeva “anche a te piace fare ‘la lotta’?” La rassicuravo dicendo di sì. (4 anni).

Come si vede, nei casi qui illustrati, è la bambina ad intavolare il discorso e non la madre a stimolare la curiosità sessuale della figlia e a programmare i suoi interventi, ma la cosa non è costante (anche se più frequente: Ho sempre aspettato che formulasse lei domande, salvo occasioni specifiche come donne incinte, cani che si accoppiavano per strada ecc. che offrivano l’opportunità del discorso iniziato da me. (7 anni). L’ho indotta io sull’argomento della nascita e lei mi ha sempre ascoltato serenamente, senza ulteriore curiosità. (5 anni).

Ho iniziato quando ancora era piccola, piccola, senza aspettare domande, parlando di tutto a mano a mano che mi si presentava l’occasione. (4 anni e mezzo).

Abbiamo poi il caso delle bambine che non fanno domande e ne fanno poche (un quinto delle risposte al questionario). Anche nell’analizzare questo atteggiamento, non ci si deve arrendere a degli schematismi, alla psicologia del terrore (se non è così, non è normale). Può darsi che la bambina si informi con altre persone “significative” del suo entourage può darsi che non sia maturato ancora il suo spirito investigativo in questo campo; può darsi che preferisca il mistero, il segreto come la bambina di Costanza (5 anni) che “preferisce vivere la malizia del ‘rapporto clandestino’ nei cessi dell’asilo”; può darsi che le sue energie affettive, emotive ed intellettuali siano investite altrove: nel settore della socialità e del sentimento e della fantasia. Dice, a questo proposito, Silvana che ha una bambina di 6 anni: “Più che un far domande e un dar risposte è un giocare insieme, inventa storie sull’argomento, canta, mi chiede di fare altrettanto, componiamo insieme anche storie assurde: le piace molto la storia (inventata da lei) di una bambina che non aveva mai voluto stare nella pancia della mamma perché era stretta, ma che era nata lo stesso perché voleva proprio vivere”. Qualche volta, la curiosità sessuale non ha la sua ragione di essere in quanto l’espressione, la spiegazione e l’informazione vengono sostituite da parte dei genitori da dimostrazioni in atto: Essendo un clan di tre donne non ho mai avuto problemi né a parlare né a farmi vedere. Domande poche, perché era sempre tutto chiaro, (9 e 10 anni). Più che domande hanno “visto” un rapporto di sessualità e affettività fra genitori o coppie di amici. (7 e 5 anni). Mestruazioni, vede me. (8 anni). La maggior parte delle bambine è comunque molto espressiva e molto esigente: vogliono risposte complete, limpide, ripetitive. Riporto qui di seguito i tipi di domande e i loro termini esatti:

copulazione, fecondazione, gravidanza, parto

Le domande rivoltemi erano soprattutto di verifica (il “pissotto” entra nel buchino? Come fa? Tu e il babbo fate l’amore? ecc.) (5 anni). Mi interrogava lei: dove sono nata io? Mi muovevo? Ero piccina? Succhiavo lì? Come facevi a sapere se avevo fame? (4 anni e mezzo). Ho sempre parlato con lei di tutto: come nascono i bambini, come si fa, tu sei stata contenta quando hai capito che aspettavi me? (5 anni). E’ interessata a conoscere in modo preciso come avviene la fecondazione, e alla vita del bambino “mentre sta nella pancia”, vuole sapere cosa faceva lei allora, è molto divertita all’idea che tirava gran calci! (7 anni). L’ha entusiasmata soprattutto V idea che un uomo e una donna facciano l’amore e ciò l’ha indotta a chiedere perché lei non lo può fare. Mi chiede spesso perché non può dormire con noi nel lettone. (5 anni). A 4 anni circa, vedendo una mia amica incinta, mi ha chiesto come nascono i bambini. Ho cercato dì spiegarle come avveniva ed è rimasta un po’ pensierosa e poi mi ha detto: “Ma quando nascono si sporcano tutti dì cacca!” Allora le ho spiegato da dove uscivano e si è rassicurata. Adesso ha il problema di come si fa l’amore. Afferma di aver fatto l’amore con un suo compagno di classe, ma aggiunge “non ci siamo inculati”, perché nonostante le mie spiegazioni (e non solo le mie) è convinta che far l’amore sia sinonimo di “incularsi”. (10 anni).

anatomia

Le sue domande per ora vertono solamente sugli organi genitali. (5 anni) Perché hai tanti peli e io no? Da dove esce la pipì? Perché i maschi hanno il pisellino e io no? Perché noi abbiamo il seno e i maschi no? Come fa a venire il latte nel seno? (4 anni e mezzo).

Perché hai i peli e io no? (7 anni). L’interessa molto l’anatomia del suo corpo e del mio: “Quando cresco mi escono i peli come te, perché?” “Sei sicura che mi crescono le sise come te?”. (4 anni).

Anche io ho un pisello? No tu hai la vagina. Anche tu hai la vagina? (4 anni).

 

mestruazione

L’uso di assorbenti da parte mia ha aperto il discorso sulle mestruazioni e la fecondità e lo sviluppo. Attende con ansia. (6 anni).

Come mai ti metti il pannolino? (6 anni).

Anch’io voglio il tampax! Perché a me non esce il rosso? (6 anni) rispondo ad ogni sua domanda da sempre. La prima è legata alle mestruazioni: “Perché ti esce il sangue?”. (4 anni).

limitazione delle nascite e aborto

Mi ha chiesto poco tempo fa: “Come si fa a non volere dei figli?”. (7 anni). Sa che ho la spirale e a che cosa serve e pensa di metterla anche lei da grande. Circa un anno fa mi aveva chiesto ‘ cos’è l’aborto e prima che finissi la mia spiegazione mi ha detto che era troppo piccola per capirlo e che me lo avrebbe richiesto quando fosse stata più grande (7 anni).

L’aborto è un problema che ha affrontato di recente, ma non ha un grosso interesse, si è accontentata di “abortire fare uscire l’uovo prima che diventi un bambino”. (10 anni).

verginità

Ho sempre parlato con lei di tutto, conosce la funzione del padre e della madre, delle mie mestruazioni e degli spermatozoi di suo padre, per lei non esiste la verginità. (4 anni).

masturbazione

Non ha capito la sua masturbazione e perciò io e Mauro le abbiamo spiegato in termini semplici cosa fosse quella cosa che le fa provare così piacere. (4 anni e mezzo).

Come si può constatare, c’è una maggiore frequenza di domande riguardante la sfera della riproduzione in senso stretto (copulazione, fecondazione, gravidanza, parto, mestruazioni) e dell’anatomia {la quasi totalità delle risposte). La curiosità verso la limitazione delle nascite, l’aborto, la verginità e la masturbazione è marginale e incide poco sul quadro generale. A questo, si potrebbero dare due tipi di spiegazioni: le vostre bambine sono ancora troppo piccole.

Alcune di voi non sono abbastanza liberate e disinibite per abbordare ogni tipo di problematica sessuale con le proprie figlie. Su di esse grava ancora il peso del tabù. Difatti un terzo di voi accusa reticenza e disagio nell’accostarsi ad ogni tipo di domande delle figlie:

Cerco di parlare di tutto in rapporto alla sua età anche se non sempre mi riesce facile. (4 anni e mezzo). Difficoltà legata al linguaggio: i termini scientifici spesso non sono facili da assimilare. (7 anni). Spiegarle come si fa l’amore è una cosa che non mi viene così naturale. (10 anni).

Sulla verginità non so che dirgli, è tabù per me, (8 anni).

Di fronte a copulazione non so se è il caso di approfondire alla sua età e preferisco evitare. (6 anni e mezzo). Non si è mai parlato di masturbazione e l’argomento omosessualità è piuttosto poco sviluppato e confuso, (5 anni). Faccio fatica a parlare di aborto. (7 anni).

Si parla di tutto eccetto che dell’aborto. Non so cosa dirle quando mi domanda “Ma quel bambino dentro è vivo e poi si ammazza vero?”. (8 anni e mezzo). Difficoltà e reticenze che traspaiono pure attraverso il vocabolario per niente scientifico usato da molte di voi: diminutivi, vezzeggiativi, nomi “buffi” ecc. Ad esempio il seno viene chiamato “sise”, “tettine”; il pene: “pisellino”, “pissotto”, “pipetto” gli spermatozoi: “semine”, la clitoride “cosino”, la masturbazione “lotta”, la vulva “patatina” ecc. In un quinto delle risposte invece, si scopre l’esigenza molto forte della precisione, della scientificità, di un vocabolario adeguato e non infantile: “Educazione ed informazione corretta e scientifica senza mezzi termini”. “Ha incominciato a chiedere dove nascono i bambini e io gli ho detto la verità, poi come si introduce il seme, chi ce l’ha, e come si forma lo spermatozoo, e poi perché vengono le mestruazioni, e gli ho detto tutto quello che so io”. “Ho sempre cercato di essere chiara e completa ma di non isolare la sessualità dal resto. Le è piaciuto molto sapere che lei ha sei labbra (quelle della bocca e quelle della vagina)”. “Chiede quando le cresceranno le mammelle e i peli sul pube, come si formano gli ovuli”.

Come reagisce l’ambiente (scuola, vicinato, parenti, amici) a questo fenomeno nuovo di una bambina informata precocemente ed in modo a volte “crudo”? La maggioranza di voi è d’ accordo nel considerare che la curiosità sessuale della propria figlia cozza contro un ambiente spesso repressivo: in modo uguale vengono accusati parenti e scuola.

parenti

I parenti più anziani si vergognano a parlare con lei anche se, in fondo, sono fieri che lei, così piccola, sappia tante cose che loro hanno scoperto in età adulta. (4 anni e mezzo).

I nonni che la curano non approvano che si masturbi. Le dicono che “Gesù bambino non è contento”. (4 anni). Per esempio mia madre la fa uscire (la bambina ndr) dalla stanza quando si veste o non fa il bagno quando c’è lei. (2 anni).

Amici, vicini, scuota non interferiscono negativamente sulla sua curiosità sessuale; i parenti, invece, lo fanno abbastanza, con risultati condizionanti e negativi (perché soprattutto le creano confusione).

scuola

Parenti e scuola sono senz’altro ambienti repressivi. (5 anni). Scuola non tanto repressiva quanto sessuofobica. (8 anni). A scuola dove per volontà di altri genitori non si riesce ad avere sufficiente chiarezza nonostante la volontà dell’insegnante. (4 anni e mezzo). Il vicinato, gli amichetti incidono in minor modo {anche perché interviene una selezione a questo livello secondo le affinità). Queste contraddizioni non creano però problemi troppo acuti alle bambine (la metà delle risposte) in parte perché sono ancora piccole. Assenza di problemi pure quando la bambina si sente appoggiata dai genitori o domina la situazione o è anticonformista o disinvolta;

Cerco di essere il suo punto di riferimento maggiore per questi discorsi. (6 anni).

La sua curiosità sessuale cozza contro l’ambiente che la circonda ma ricupera molto in famiglia. (4 anni). Dei suoi problemi parla con noi che siamo disponibili. Gli filtri cerca di non metterli in imbarazzo inutilmente. (7 anni).

Problemi: lì per lì sì, ma nell’insieme penso che abbia imparato a difendersi bene, è piena di risorse e autonoma. (6 anni).

Il mio ambiente familiare originario è molto repressivo ma lei non si lascia mai scoraggiare. (5 anni). Coi vicini la bambina sembra immediatamente intuire quanto può dire e quanto è meglio tacere, cioè a seconda delle persone si regola diversamente. (5 anni).

Di fronte alle esagerazioni (bimbi nati sotto il cavolo) ridacchia con fare “maturo”. (6 anni e Mezzo).

Alcune di voi denunciano però confusione, disorientamento, sofferenza: E’ una bambina che soffre, soffre per l’ambiente che la circonda, soffre perché la madre è in continua contraddizione. (6 anni).

Queste contraddizioni creano più che altro confusione che devo cercare sempre di chiarire. (7 anni). Sente una cosa da me e trova che questo non è condiviso dalle altre persone, viene a richiedere conferma. (4 anni).

Altre constatano, un po’ dispiaciute, un conformismo delle bambine all’ambiente per ridurre le dissonanze: Credo che dove comprende di non essere accettata si reprima pure di piacere… (7 anni).

Mi rendo conto che cerca di conformarsi al comportamento degli altri bambini. (2 anni e mezzo). La ricerca di consenso negli altri specialmente adulti la spinge a comportarsi diversamente. (6 anni). E’ evidente che le bambine (almeno quelle più grandi) cercano di adattarsi ad una’ situazione conflittuale sia contestando la madre o i genitori (comportamento “armonico” [1]), sia rifiutando di sottomettersi al conformismo culturale circostante (comportamento “disarmonico”). In genere, penso che la bambina passi attraverso fasi simultanee di comportamento “armonico” e “disarmonico” fino alle. scelte definitive. In linea di massima, comunque, queste situazioni conflittuali, anche se sconcertanti, sono estremamente benefiche: stimolano lo sviluppo di un solido spirito critico, così come l’intelligenza e il carattere, Difatti, è questo spirito critico, nato dagli urti, dagli antagonismi tra diversi tipi di mentalità, che permetterà alla bambina di accostarsi al reale in modo più acuto ed incisivo. La domanda riguardante questo punto era probabilmente mal posta e incompleta poiché ha messo in imbarazzo più della metà di voi che non è stata in grado di dare una risposta. Non si doveva scrivere: “Ti pare che la soddisfazione della curiosità sessuale di tua figlia la incoraggi ad essere più aperta e a cercare di capire meglio la realtà in senso generico?” ma abbinare a “soddisfazione” anche “opposizione a tale soddisfazione” ed intendere per “curiosità sessuale” un’investigazione, una ricerca che oltrepassino i confini stretti delle domande sul corpo e sulle funzioni sessuali (interesse verso la propria identità, l’essere-sessuata-al-mondo, il ruolo sessuale, la discriminazione e il privilegio ecc.). La metà di voi, comunque, rileva una correlazione tra “coscienza

sessuale” e “coscienza sociale”, aggancio con la realtà. Ecco le risposte più significative:

E’ una bimba che ha molto curiosità ed è già abbastanza autonoma. Sì, la libertà, anche sessuale (ma anche intellettuale) che le è stata concessa ha influito positivamente su di lei. (5 anni).

L’interesse per le cose del sesso va a periodi, anche se le richieste del suo corpo sono spesso vivaci, e mi sembra che lei si costruisca pian piano una sua comprensione del mondo, in cui entra il sesso, l’erotismo e la sensualità, ma anche la riflessione, l’autonomia, l’attività, l’impegno pratico, (7 anni).

Direi di sì, ultimamente, per esempio, ha sentito molto il problema “droga”. (8 anni e mezzo).

Maggior maturità, sensibilità ai problemi sociali. (8 anni). Ritorneremo su questi risultati nella prossima puntata. Intanto il dato più sorprendente che emerge da questo secondo servizio è l’estrema precocità dell’educazione sessuale, insieme alla grande spontaneità e naturalezza del modo in cui la impartite alle vostre bambine. Praticamente, non c’è un inizio (o non vi ricordate) perché c’è continuità, passaggio graduale, fusione da un “rapporto sessuale”, cioè un rapporto dal quale non vengono bandite, proscritte le manifestazioni corporali (baci, carezze, toccamenti della madre verso la neonata, compiacimento verso il suo auto-erotismo) ad una “educazione sessuale”, cioè ad una verbalizzazione del piacere (auto ed etero-erotismo) e delle funzioni del corpo (mestruazioni, gravidanza ecc.), Siamo ben lontane dall’educazione sessuale artificiale, calata dall’alto che certi genitori che si credono “progressisti” inculcano ai propri figli nelle vicinanze della pubertà, A tale proposito e in conclusione, riporterò la lettere di una ragazza di 18 anni che rammenta con grande acredine la propria infanzia ed il rapporto sbagliato, ostile e “distaccato” con la madre (rapporto significativo nella sua “tipicità”); Non credo di aver mai dimostrato a mia madre curiosità sessuale; penso che questo sia dovuto al fatto che, senza bisogno di parole e di chiarezza, la sua paura del sesso, le sue inibizioni, si sono “miracolosamente” trasferite in me. Credo di aver sempre avuto sentore del rapporto tra mia madre e il sesso e da brava furba non le ho mai chiesto niente. Lei ha parlato di “certe” cose quando già io sapevo tutto, e quando lei ha sentito il dovere.