inghilterra

sempre più diffìcile abortire

una serie di provvedimenti legislativi restringono la possibilità di aborto.

settembre 1979

il pericolo di un massiccio ritorno all’aborto clandestino sta mobilitando in Gran Bretagna tutte le organizzazioni femministe locali, i sindacati e il Partito Laburista per una vasta campagna contro il progetto di legge presentato in Parlamento dal conservatore John Corrie, atto a restringere drasticamente l “Abortion Act” (legge sull’aborto) del ’67, Per il 27 ottobre è prevista a Londra una grandiosa manifestazione nazionale in difesa della legge attuale. Il progetto di legge Corrie (Corrie’s Bill), che ad una prima votazione in Parlamento aveva ottenuto 244 voti a favore su 298, è ora passato allo studio di una commissione per la sua definitiva stesura. La proposta sarà di nuovo discussa in Parlamento l’8 febbraio del 1980, dopo di che si passerà ad una seconda votazione. Le organizzazioni femministe sono del parere che la legge tuttora in vigore non dà alle donne la possibilità di decidere liberamente, né provvede ad agevolazioni all’interno del Servizio Sanitario Nazionale. Più del 50% delle interruzioni di gravidanza sono effettuate in cliniche private. Nonostante questo dal ’67 in Gran Bretagna hanno abortito legalmente più di un milione di donne, mentre si è registrata la quasi totale scomparsa dell’aborto clandestino. La trasformazione in legge del progetto Corrie ridurrebbe gli aborti legali dei 2/3.

Quattro sono i punti principali del Corrie’s Bill contro cui le donne inglesi intendono battersi: la limitazione delle ragioni per cui una donna può abortire, l’estensione della clausola sull’obiezione di coscienza, la riduzione del tempo massimo per effettuare una interruzione di gravidanza da 28 a 20 settimane ed infine l’annientamento di quelle che gli inglesi chiamano le ‘‘Charitable (benefiche) clinics”.

Grazie a cliniche come la British Pre-gnancy Advisory Service e la Pregnan-cy Advisory Service possono abortire donne inglesi e straniere che non riescono a farlo nelle strutture pubbliche. Nel 1976 delle 56.000 donne che si rivolsero al settore privato per abortire, 30.000 poterono abortire a costi molto bassi grazie a questi organismi. Il NAC (National Campaign for Abortion Rights), organizzazione sorta nel ’75, sta preparando in questi giorni una fitta e capillare mobilitazione in difesa dell’ “Abortion Act”, appoggiata dalle innumerevoli organizzazioni femministe presenti in Gran Bretagna. Telegrammi di protesta vengono spediti al Primo Ministro Margaret Thatcher e ai membri del Parlamento, lettere sono mandate a tutti i gruppi femminili e femministi del mondo chiedendo aiuto con interventi sulla stampa, manifestazioni <di solidarietà, telegrammi di protesta. L’ ICAR (International Campain for Abortion Rights) ha organizzato per il 12 e il 13 ottobre una conferenza internazionale sui problemi della sterilizzazione, della contraccezione e dell’aborto. Due sono i punti focali della Corrie’s Bill su cui occorre riflettere: la limitazione delle ragioni per cui una donna può abortire e l’annientamento delle strutture private che effettuano interventi a basso costo. La cosa più sorprendente è che da una situazione di quasi totale legalità si voglia regredire ad una situazione e di illegalità e di clandestinità, rendendo da una parte le strutture pubbliche meno ricettive possibili rispetto alla domanda che si verifica e si è verificata per ottenere l’aborto, e, dall’altra soffocando le cosiddette “Charitable clinics”. E allora c’è da porsi una domanda: che fine faranno gli aborti, quelli che venivano effettuati nelle cliniche autorizzate che con l’entrata in vigore del Corrie’s Bill non otterranno più la licenza? Le donne che se lo potranno permettere andranno ad abortire nelle cliniche commerciali pagando somme altissime, le altre si rifugeranno nella clandestinità. Ancora una volta sotto l’ala del conservatorismo più bieco si ripresenterà l’annoso problema dell’aborto come privilegio di classe, della discriminazione tra donne ricche e donne povere, che torneranno a morire sui tavoli delle mammane.