architettura

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continua il dibattito sulla «questione architettura-antropologia». È una ricerca programmaticamente diversa da quelle tradizionali, perché concepita in funzione di un soggetto mai pensato come tale: la donna.

gennaio 1978

nel numero di settembre di Effe è comparso un articolo «Precisazioni di antropologia» di Adriana Giacomoni, in risposta al nostro di maggio «Ottica femminile in architettura». Adriana nel suo articolo esprimeva dei giudizi piuttosto pesanti sulla nostra ricerca. Avremmo preferito ricevere da lei una lettera o telefonata per chiarimenti e contributi reciproci, tanto più interessanti e necessari nel ‘momento in cui si tentano nuove vie di interpretazione dell’universo che ci condiziona.
Ci siamo incontrate con lei e da questo incontro è nato il chiarimento circa il linguaggio dell’articolo di Adriana che, in effetti non era stato concepito come tale, ma voleva essere una lettera alla redazione come richiesta di contatti con donne interessate all’argomento, suo principale campo di studio: l’antropologia. A seguito di questo equivoco alcune conclusioni e giudizi di Adriana, che, espressi direttamente, avrebbero avuto solo un significato di sollecitazione al dialogo, sotto forma di articolo sono erroneamente apparsi come polemica. L’incontro è stato proficuo oltre che per i chiarimenti del caso, soprattutto per creare un contatto tra donne che, probabilmente, nei limiti di tempo dovuti ai reciproci impegni personali, produrrà ulteriori interventi coadiuvati dallo scambio delle esperienze di lavoro.
Tornando alla nostra ricerca precisiamo che si configura come «ricerca storica», avente lo scopo di rivelare le motivazioni ed i meccanismi formativi del ruolo anche spazialmente subordinato della donna e non quello di essere semplice «premessa» alla trattazione della problematica attuale. La metodologia di lavoro adottata in questa complessa operazione è stata quella di confrontare continuamente le soluzioni abitative ed urbane delle differenti aree culturali con la corrispettiva situazione sociale, giuridica e maritale della donna. Essendo queste ultime componenti sintetizzate nel tipo di organizzazione familiare e parentelare che una società si è data, è su di essa che si è concentrata la nostra attenzione. Lo studio così condotto (che nei prossimi mesi sarà oggetto di una pubblicazione completa) ci ha permesso di, individuare tre nodi fondamentali della «storia spaziale della donna»:
a) separazione territoriale su base sessuale (corrispondente a totalità spaziale per l’uomo-cacciatore e limitazione spaziale attorno al riparo abitativo per la donna-raccoglitrice insieme ai bambini ed agli anziani);
b) segregazione all’interno dell’abitazione (dalla fine del nomadismo e dall’espansione dell’agricoltura, con la comparsa di soluzioni architettoniche specifiche quali l’harem ed il gineceo);
c) l’isolamento (nella dimensione urbana post-industriale).
È chiaro che se questa nostra ricerca «d’architettura» vuole essere programmaticamente del tutto diversa da quelle tradizionali, in quanto concepita in funzione del disvelamento della condizione spaziale di un soggetto.che non è mai stato visto come tale, si imbatte nel problema degli strumenti scientifici attualmente a nostra disposizione, quasi tutti mediati dalle categorie interpretative maschili. Perciò su argomenti particolarmente problematici quali la cosiddetta «questione del matriarcato» è stata nostra cura non solo conoscere le interpretazioni classiche o comunque maschili (Bachofen, Morgan, Engels, Lévi-Strauss, Moscovici) ma soprattutto quelle femminili (De Beauvoir, Magli, Cighi, E. Morgan, Motta). Su questa problematica specifica, dunque, le interpretazioni sono molte ed ancora tutte possibili per parti, La tesi engelsiana, condivisa da parte della letteratura femminista, è stata utile inizialmente per vari motivi. Ci è servita infatti strumentalmente sia per innescare il meccanismo di correlazione tra le funzioni, le invenzioni, gli strumenti e le possibili ‘soluzioni abitative, sia per rompere con l’idea radicata di un sistema di parentela da sempre basato sulla famiglia. Tale interpretazione non è però stata accettata da noi «in toto» ed è poi stata ancor più superata nell’avanzamento del nostro lavoro ed anche grazie ad ulteriori approfondimenti che il tuo intervento ci ha suggerito. Per quel che riguarda la sintesi grafica delle fasi evolutive del sistema familiare, era stata concepita in funzione di una scheda-critica sugli antropologi che nel secolo scorso si sono cimentati sulla cosiddetta «questione del matriarcato», tra cui lo stesso Engels, che hanno trasferito nelle loro esposizioni gran parte delle categorie culturali della loro epoca e soprattutto maschili, Questa scheda per mancanza di spazio redazionale non ha potuto essere pubblicata nel numero di Effe in cui è comparso il nostro articolo. Cogliamo l’occasione di riaprire l’argomento, allegando le seguenti schede critiche, sia come campionatura del nostro metodo di studio, sia perché pensiamo possano interessare le lettrici di Effe.