sulla stupidità e sull’intelligenza

luglio 1980

Se andassimo a rivedere in un certo modo il femminismo di questi ultimi dieci anni, non potremmo alla fine negare di trovarci dinanzi ad una buona e quasi completa antologia della stupidità e della “intelligenza” femminile.
Le virgolette sono un complimento, per favore statevene tranquille e ingoiatevi il rospo. Sarebbe del resto tipicamente rispondente all’istinto dell’ “intelletto” femminile gettarsi subito con le unghie e con i denti sulle virgolette. Sbagliando il bersaglio. Mai sbagliare il bersaglio. Guai!
Dicevo dunque di lasciare in pace le virgolette — che, se saremo abbastanza abili, saranno Funico trucco così vicino alla realtà delle cose da avere qualche speranza di riuscita.
Per ora, per prudenza, per ignoranza o per saggezza aurorale, per una modesta forma di scetticismo e perché no per riservatezza, non voglio considerarle niente dì più di un trucco molto vicino alla verità delle cose, che messe così sono messe nel modo migliore.
Torniamo alla stupidità. Di questi tempi le donne sono costrette a condividere questo punto con un mucchio di gente appena arrivata. E’ un guaio perché è una gran confusione. Ma per fortuna le donne hanno il loro inizio nella stupidità più di ogni altro. Direi che sono le sole.
Scusatemi un’altra digressione, ma ci vuole chiarezza quando ci vuole. Le cose che ho appena detto non hanno niente a che fare con il discorso della irriducibile diversità del femminino femminista. Anche perché il protagonismo collettivo non è una cosa che per sua stessa natura duri molto- E non ne sarebbero davvero opportune delle riedizioni ancora più sfortunate già sul nascere.
Teniamoci quel che è rimasto: quelle realtà di fatto, cioè tutte quelle cose di cui non ci libereremo più perché sono state abbastanza forti e ragionevoli da entrare a far parte appunto della realtà di fatto. Come per esempio che maschilista è diventato un insulto — almeno fra le persone beneducate e i ritardatari —, che le donne stanno per diventare eguali agli uomini, che non si fanno più stuprare perché negli ultimi tempi nessuno se le voleva fare, etc…
Tutte cose che come è evidente possono servire a qualcuna.
Ma ritorniamo per favore alla stupidità e a come sono messe le donne con la stupidità.
Gertrude Stein con senso della brevità chiuderebbe il discorso con un entusiasmante: Bene grazie.
Ma noi — forse inutilmente — vogliamo fare degli esempi e poi siamo più democratiche di lei.
Ecco il primo e unico esempio. Noi sosteniamo,’ anzi io sostengo, che bisognerebbe dire di una donna che è stupida con lo stesso rispetto con il quale si dice di un uomo che è intelligente. Perché — checché si creda dì dire — si sta dicendo una cosa molto semplice e vera, come dire che la donna è donna o che l’uomo è diverso dalla donna.
Allora?
Da quando ho capito quanto ho appena detto sono diventata pienamente consapevole dell’abisso fra queste due proposizioni apparentemente simili: QUESTA DONNA ET STUPIDA e QUEST’UOMO E’ STUPIDO. La prima è tautologica, cioè normale e addirittura superflua; la seconda è semplicemente molto preoccupante per l’uomo di cui si sta parlando.
“Quest’uomo è irreparabilmente stupido] >k E che ne resta di lui? Tutte noi sappiamo come non ne resti proprio nulla. Perfino gli uomini più intelligenti quando sono anche solo momentaneamente abbandonati dalla propria intelligenza sono un nulla.
Per le donne la trappola dicotomica — o/o — veramente non funziona. Quando apparentemente funziona è dovuto certamente alla loro mancanza di “intelligenza”. Perciò si può tranquillamente concludere che ora e sempre il nostro problema, non mortale, è: come vogliamo metterla con la nostra stupidità, in che cosa consiste fin nei minimi particolari, e come finalmente farle conquistare il mondo, che l’intelligenza di questo mondo non aspetta altro che le si dia il cambio, che non ce la fa più e si è scocciata.
Sketch: Le idee vanno difese in qualche modo
Falla finita. E mettiti in testa che se hai prodotto delle idee devi saperle difendere.
Io? Ma se alle mie idee non ci tengo affatto. Fa’ pure, figurati… E poi con la più piena convinzione del momento dico che hai ragione tu…
O sei scema o comunque non sei spiritosa.
Perfetto. Hai ragione: è mancanza totale di spirito e…
Ho ragione. Come no. Ma come ti viene in mente che sia giusto che altri perdano il tempo a leggersi cose tue che tu nemmeno prendi sul serio. Eh? Come fai?
E chi ha detto che non le prendo sul serio! Guarda che prima cercavo solo di essere cortese con un mio simile… ti ascoltavo e cercavo di imparare, lo le ho prese sul serio, eccome! Le ho scritte finanche. E di più che dovevo fare? Ma non mi vorrai mica costringere a prenderle sul serio ora e sempre! O decidere tu per me per quanto tempo vadano prese sul serio! O a prenderle sul serio io e tu no! O a renderle serie per forza e una volta per tutte! A farne il mio nome: a prestargli il mio onore: a rischiare la vita, la vita per qualche idea!
Recensione scientifica…
La letteratura scientifica dal punto di vista delle donne si è arricchita ancora di più in questi ultimi tempi di un altro testo.
La Signora E. Badinter ha studiato, pensato e scritto presumibilmente per almeno metà di un anno solare, o molto di più, per arrivare a dimostrare che l’istinto materno nelle donne non è naturale ma culturale.
Qui sì parla di “L’amour en plus” recentemente apparso fra molti clamori in Francia.
Noi non vogliamo nemmeno darle torto, o dar ragione ai suoi detrattori (che l’accusano di mancanza di rigore), anche perché il libro non lo abbiamo mai letto. Ma tutti insieme ci dovrebbero spiegare: se l’istinto materno non fosse naturale, in fondo che succederebbe?
Per la verità io la tesi di Madame Badinter l’ho trovata affascinante almeno in un punto: se l’istinto materno è culturale, allora per via culturale gli si può sviluppare anche agli uomini. Che per ovvi limiti — almeno per il momento — dovrebbero arrestarsi al di qua del parto e darsi da fare dall’allattamento in poi.
E’ da farcì un pensierino: gli uomini con le tette…
Ma, se poi vanno via a Me?