prostituzione

una donna contro le case chiuse

settembre 1979

nelle società e nelle legislazioni moderne sono presenti tre situazioni riguardo alla prostituzione: di proibizione assoluta, di liberalizzazione, di tolleranza. L’atteggiamento assunto dal legislatore italiano era quest’ultimo, vale a dire quello della disciplina da parte dello Stato dell’esercizio della prostituzione nelle case di tolleranza dove per evitare pericoli per la “sanità della stirpe”, la sicurezza e l’ordine pubblico le professioniste venivano legalmente sfruttate. La lotta di Angelina Marlin durata dieci anni, ha portato all’approvazione della legge 20 febbraio ’58 n. 75 che ha radicalmente mutato la situazione. Motivo ispiratore della legge è la salvaguardia della persona e della libertà della prostituta contro ogni forma di sfruttamento e di organizzazione.

In relazione allo scopo della legge venne vietato l’esercizio delle case di prostituzione e ordinata la chiusura di quelle esistenti, e venne stabilito che è punito con la reclusione da 2 mesi a 6 anni e con la multa da L. 100.000 a 4.000.000: 1) chiunque abbia la proprietà o l’esercizio sotto qualsiasi denominazione di una casa di prostituzione; 2) chiunque conceda in locazione una propria casa o vano a scopo di esercizio di una casa di prostituzione; 3) chiunque essendo proprietario gerente o preposto in un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, luogo di spettacolo o loro annessi, vi tollera la presenza di chi esercita la prostituzione; 4) chiunque recluti una persona allo scopo di farle esercitare la prostituzione; 5) chiunque induca una persona maggiorenne alla prostituzione o compia atti di lenocinlo; 6) chiunque sotto qualsiasi forma favorisca o sfrutti la prostituzione altrui… La pena sopraindicata è raddoppiata: 1) se il fatto è commesso con violenza minaccia o inganno; 2) se il fatto è commesso su persona minore o su persona in stato di infermità o minorazione psichica naturale o provocata (alcool, droga); 3) se il colpevole è un ascendente o il marito, il fratello, la sorella, il padre, la madre adottivi, il tutore; 4) se al colpevole la persona è stata affidata per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza, custodia; 5) se il fatto è commesso ai danni di persone aventi rapporti di servizio domestico o di impiego; 6) se il fatto è commesso da pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni; 7) se il fatto è commesso ai danni di più persone.

le “schiave” di stato

La legge non vieta di prostituirsi. Solo non consente che si adeschi pubblicamente il “aliente” e perciò sono punite con l’arresto fino ia 8 giorni le persone dell’imo e dell’altro sesso che in pubblico o in un luogo aperto ali pubblico invitano al libertinaggio in modo scandaloso e molesto oppure seguono per via le persone invitandole con atti o parale al libertinaggio. Ma, sempre per salvaguardare la dignità della persona umana, chi è trovato ad adescare non può essere accompagnato all’ufficio di Pubblica Sicurezza se è in possesso di regolari documenti d’identità. Inoltre le persone accompagnate in un ufficio di P.S. per infrazione alle disposizioni della legge, non possono essere sottoposte a visita medica. Così pure le Autorità di P.S., le Autorità Sanitarie, e qualsiasi altra Autorità amministrativa non possono procedere ad alcuna forma diretta o indiretta di registrazione neanche mediante il rilascio di tessere sanitarie. Questo è ciò che ha ottenuto Lina Merlin sfidando le più volgari ironie, l’isolamento, la calunnia, la derisione, l’impopolarità. Ha ottenuto che l’esercizio della prostituzione sia considerato lecito e che ne sia invece punito lo sfruttamento.

L’impegno che ha animato Lina Merlin è quello delle femministe Josephine Buttler, Harriet Martineau, Mary Carpenter che nel 1886 ottennero l’eliminazione di ogni forma di registrazione e di sfruttamento in Inghilterra, è quello che ha animato ogni libertario da quando i Romani per i primi istituirono un registro speciale su cui le prostitute dovevano farsi iscrivere se volevano esercitare, è quello che spinse i rivoluzionari russi anche premarxisti a battersi contro la famigerata “tessera” delle prostitute dell’epoca zarista, che ha condotto alla chiusura delle “case” nei paesi europei (compresa la Spagna fascista) negli anni ’30 e ’40. In Italia il sistema era sopravvissuto >a se stesso per una vischiosità della mentalità legata a una morale bigotta ed ipocrita, ma anche perché vincolato a interessi economici enormi: molte rispettabili signore della grossa borghesia, alti prelati, funzionari dello Stato, lo Stato stesso traevano dal lavoro di quelle “schiave” redditi a cui non si rinuncia volentieri. Ancora oggi la società maschilista che non ha mai digerito di aver perso con i postriboli un rassicurante spazio “di piacere e di potere” continua a mistificare la coraggiosa e rivoluzionaria vittoria della Merlin e le attribuisce, mentendo, l’aumento del fenomeno della prostituzione e l’aumento delle malattie veneree. Viceversa queste ultime sono in regresso ((grazie agli antibiotici ma anche alla chiusura delle “case” dove in un incessante carosello gli uomini che non erano sottoposti a nessun controllo sanitario portavano e prendevano l’infezione). Quanto all’ espandersi e non solo in Italia della prostituzione, questo è legato al consumismo come ha confermato una recente inchiesta in Svezia dove ha destato grande allarme in fatto che, malgrado l’assoluta libertà dei rapporti sessuali, anche giovanissimi/e si prostituiscono per avere maggiore disponibilità di denaro. Lina Merlin non aveva mai né pensato né promesso di eliminare il fenomeno della prostituzione — che peraltro fiorisce clandestino anche nei paesi dove vige il regime della proibizione assoluta. “Questo progetto — scriveva nella prefazione al libro Lettere dalle case chiuse edito dalle Edizioni del Gallo deli’Avanti! nel 1955 — non mira ad abolire quello ohe in una società costituita come ila nostra è insopprimibile, cioè il mercato dell’amore, ma intende togliere di mezzo lo sfruttamento che si fa della prostituzione all’ombra delle leggi dello Stato, a ridare possibilità di scelta a persone che nelle case di tolleranza hanno solo la libertà di alienarsi… Una diversa interpretazione delle finalità di questa legge è ammissibile soltanto da parte di coloro che vogliono mantenere nei nostro paese l’ignominia della regolamentazione dello sfruttamento legalizzato” (Lina Merlin op. cit.). Che da parte maschile, si finga di non capire ancora oggi dopo venti anni, rientra nell’ordine naturale delle cose, ma quando viene da parte delle donne ogni parola riduttiva della portata e del risultato della lotta di Lina Merlin, è una dimostrazione esemplare di subalternità alla cultura fallocratica e di scarsa informazione. Perché è necessario porsela questa domanda: c’è o non c’è differenza per una donna tra d’esercitare Al meretrioio “chiusa in apposita casa” e sottoposta allo sfruttamento legalizzato, o invece poter liberamente disporre del proprio corpo e quindi scegliere di prendere un compenso per il rapporto sessuale occasionalmente o professionalmente prestato senza essere schedata come una delinquente, e senza essere sottoposta ad accertamenti sanitari tanto umilianti quanto inutili? (basti pensare che dalle “case” ile donne venivano cacciate se trovate malate in occasione della visita periodica, mentre agli uomini né la legge né la tenutaria imponevano alcun controllo). Fa lo stesso che chi esercitava il mestiere di prostituta fosse privata della possibilità di vivere in una propria casa, di risiedere stabilmente in una città costretta com’era a fare la “quindicina” spostandosi da una casa all’altra o che invece — come è oggi dopo la legge Merlin — la stessa attività possa essere svolta liberamente come qualsiasi attività lecita? (Tanto che con una recente sentenza il giudice Piero Dini ha riconosciuto a una professionista il risarcimento per il pregiudizio economico subito a seguito di un incidente sulla macchina del cliente).

Come il divorzio e l’aborto sono pur sempre una sconfitta e un trauma anche quando la legge dello Stato li rende leciti, ma lo sono assai di più quando la legge li vieta e li punisce, così anche la prostituzione — femminile come maschile — quando è lecita, non cessa di essere una mercificazione del corpo umano, mia per chi la pratica la situazione è certo migliore quando quell’attività sia comunque una manifestazione di libertà di scelta e di piena disponibilità di sé.

Questo aveva capito trenta anni fa Lina Merlin e solo questo voleva! “La regolamentazione, la schiavitù legalizzata della donna, è uno dei casi più patenti e clamorosi delia situazione in cui è confinata la donna… la lotta per la abolizione della schiavitù legalizzata diventa un passo importante per la liberazione delle donne” ‘(Lina Merlin, op. cit.). Ma era lucidamente consapevole che la vendita delle prestazioni sessuali sarebbe continuata. Solo che a differenza di un Cesare Lombroso che riteneva la prostituzione ineliminabile perché “la causa è biologica, le prostitute, cioè come i delinquenti, presentano caratteri distintivi fisici, mentali e morali congeniti >*(!), a differenza di un Leone Tolstoi (che del resto esprimeva il punto di vista anche attuale di benpensanti e bigotti) che riteneva che la prostituzione è “ineliminabile perché serve a preservare la famiglia e la castità delle spose” (!), Lina Merlin sapeva bene che in questa società la prostituzione è ineliminabile ma voleva cambiare questa società “e per ottenere ciò è necessario convincere le persone, portarle a battersi… in questa azione le donne hanno grande parte e responsabilità appunto per la condizione arretrata in cui sono state costrette a vivere.,.” {Lina Merlin, op. cit.).

Oggi noi sappiamo anche che come per tutte le altre questioni che attengono alla liberazione delle donne e al rapporto uomo-donna, non basta il cambiamento della “struttura” (in Russia la prostituzione clandestina sopravvive alla rivoluzione), perché è invece necessario sconfiggere la “cultura” che fa delle donne un oggetto che l’uomo può “fare suo per sempre” con il matrimonio, che può “rubare” con lo stupro, che può “comprare” con il denaro; che sappiamo è necessario battersi tutte insieme per cancellare da società patriarcale nella quale gli uomini si sono arrogati il diritto di stabilire i diversi ruoli della donna nella famiglia e nella società.

A Lina Merlin l’essersi vittoriosamente battuta contro i privilegi maschili costò amarezze ed emarginazione, il suo nome divenne quasi sinonimo di malcostume, si fece e si continua a fare di tutto per screditarla. Nel ’74 — aveva 85 anni e viveva da tempo in una “Opera ^cattolica”-, l’Immacolata Concezione — fu data grande pubblicità a una sua presa di posizione contro il divorzio: l’assoluta contraddizione di questa posizione con il significato di tutta una vita di socialista e di combattente per la libertà ci consente di mettere in serio dubbio la verità di quella scelta. Abbiamo già assistito a conversioni o molto più semplicemente a testamenti inaspettati da parte di persone anziane e sole ricoverate in opere, asili o conventi. Ed è doloroso che ancora in occasione della sua morte, in frettolosi necrologi, anche giornaliste di sinistra ci si siano richiamate senza soffermarsi a pensare quanto odio per i molti interessi anche economici che aveva colpito, Lina Merlin aveva suscitato e quanto desiderio di distruggerne l’immagine animasse i suoi avversari. Una dimostrazione in più, se fosse necessario, che mentre gli uomini, che detengono il potere, difendono i loro privilegi come diceva Anna Ruliscioff con meravigliosa ostinazione noi donne, ancora troppo spesso cadiamo nell’errore di non identificare i nostri reali interessi e di dividerci, facendo così mancare quella solidarietà che è la premessa delle nostre lotte.