cavalieri senza macchia e… con tanta paura

febbraio 1976

la guerra al piacere sessuale ha avuto nei secoli, come condottieri, i teologi. Nella stragrande maggioranza, essi erano votati al celibato: sono stati quindi uomini dediti (almeno in teoria) alla castità e quindi esclusi da una conoscenza diretta della sessualità a costruire la morale sessuale che la Chiesa ha imposto ai laici. Morale che ha subito scarsissimi mutamenti nell’arco di un millennio: rigidamente codificata, ha avuto a inflessibili guardiani schiere di monaci-teologi, che vanno da Tommaso d’Aquino (padre della scolastica medioevale) ai due autori del Malleus Malleficarum (scritto nel 1484); da Alfonso de Liguori (1697-1787) il cui sistema morale ha ancora oggi una certa influenza, a Jone, autore di un manuale per i padri confessori tutt’ora in uso; per terminare con Bernard Hearing, contemporaneo (si fa per dire, dato che la sua opera è percorsa, nei riguardi della sessualità, dagli stessi oscuri tremori e contorti compiacimenti che popolano le visioni dei suoi medioevali ‘colleghi’).

Le citazioni che riportiamo (potrebbero essere molte di più, perché l’opus della Chiesa abbonda di queste crociate contro il sesso, ma queste ci sembrano sufi fidenti a illustrare quanto cristallizzata sia la posizione della Chiesa in materia) ci danno l’idea del tipo di background da cui è scaturito l’ultimo documento della Chiesa sulla sessualità. C’è poco da stupirsi, vista la tradizione di cui è figlio, che esso ostinatamente riproponga la sessualità come peccato. E’ una ennesima variazione dello stesso, logoro tema.

Ecco infatti quel che i «padri della Chiesa» più noti avevano, e hanno da dire sull’argomento: S. Agostino : «Non c’è nulla che io debba fuggire — così ho deciso — più del letto coniugale. Niente getta più scompigli nello spirito dell’uomo delle carezze .della donna e di quel contatto dei corpi senza il quale la sposa non si lascia possedere».

S. Tommaso: «La donna non è mai la compagna dell’uomo, ma sempre e soltanto una tentazione e un’occasione di peccare». La donna dovrà perciò evitare di truccarsi e vestirsi in maniera ricercata per non risvegliare i desideri sessuali dell’uomo: «la bellezza femminile» sentenzia Tommaso «conduce gli uomini alla dissolutezza». Alfonso de Liguori: con secentesca minuzia, ha stabilito quali posizioni, nel coito, siano da considerarsi «peccati gravi». La sola posizione permessa, tirando le somme, è quella in cui l’uomo sta sopra alla donna», perché tale posizione è la più adatta alla procreazione, Jone, nella sua teologia morale, suddivide il corpo umano in parti nobili, meno nobili e ignobili, «a seconda del loro apporto alla eccitazione sessuale». Nobili sono il viso, le mani, i piedi; meno nobili il petto, la schiena, le braccia, le gambe, ignobili gli organi sessuali e le loro immediate vicinanze. Le manifestazioni amorose che hanno a che fare con le parti ignobili e meno nobili costituiscono, ca va sans dire, peccato mortale.

Padre Hearing, in pieno XX secolo, scrive: «Secondo l’opinione comune non solo il pieno appagamento, ma qualsiasi tipo di stimolazione diretta e volontaria del piacere sessuale al di fuori dell’amore regolare nel matrimonio è peccato grave». Nel campo del piacere sessuale, ammonisce il teologo, bisogna che «ciascuno abbia coscienza che, se vi si addentra con leggerezza e spregiudicatezza intenzionali, potrebbe esserne inghiottito». Dicotomia tra spirito (nobile) e corpo (ignobile), disprezzo e ostilità verso il piacere sessuale che nascondono il desiderio represso e la paura di abbandonarsi all’inconscio (vedi l’immagine ‘ inghiottire ‘ usata da Hearing), la paura della donna, che è paura del proprio desiderio sessuale, da Cui la necessità di stare costantemente in guardia per non essere travolti, l’esigenza di disprezzare la donna a livello razionale per esorcizzare l’attrazione inconscia che essa esercita sull’uomo: sono tutti elementi che ritornano ossessivi nella morale sessuale del cattolicesimo e che puntualmente ritroviamo anche nel documento appena sfornato dai teologi odierni.

Le citazioni sono tratte da «Sesso e religione» di Fritz Leist. Mondadori ed. Milano.