continua il dibattito sulla stampa femminista

febbraio 1976

care compagne di effe, ma quale progetto c’è dietro questo nome, e quale lavoro politico? Quanto del professionismo delle origini si è mantenuto di fatto nonostante il ricambio di persone nella equipe redazionale e P«autogestione ” della rivista?

Siamo venute a Roma per una discussione con voi ed altre donne sui problemi della «stampa femminista» (questo era il titolo del dibattito che avete proposto) ma ora che ce ne torniamo a casa (stiamo scrivendo questa lettera in treno) queste domande ci si ripropongono più urgenti di prima nei vostri confronti (ed anche nei confronti delle compagne di Mezzo cielo, di Se ben che siamo donne, di Quarto mondo, ma qui la risposta ci sembra più facile perché ciascuna di quelle riviste è — o è stata — espressione più o meno diretta non del movimento delle donne ma di un gruppo con precisa ideologia, obiettivi, strategie e metodi che solo talvolta e parzialmente hanno delle affinità con i temi del movimento delle donne).

Noi siamo venute a Roma non in quanto rappresentanti di Sottosopra, ma perché siamo interessate ai problemi della comunicazione della nostra pratica, della scrittura, dei metodi di lavoro che ci diamo e quindi dei rapporti tra di noi che creiamo, e perché queste sono le cose di cui discutiamo e su cui ci mettiamo in discussione lavorando per Sottosopra.

Avevamo seguito — anche se da lontano, come ci permette la scarsa comunicazione che ne date su Effe — l’evoluzione del vostro lavoro, ed eravamo personalmente interessate a confrontarci su questi temi con voi e con tutte le donne che avrebbero letto su Effe questo dibattito, in un momento in cui voi dichiaravate la vostra intenzione e disponibilità ad instaurare un rapporto più stretto col movimento (autogestione, collettivo di lavoro per Effe, ecc.).

Invece abbiamo proprio trovato una tavola rotonda: delle nostre obiezioni fatte prima di venire, al telefono, non avete tenuto alcun conto e non c’erano le altre compagne che avevate detto ci sarebbero state, magari silenziose per «esigenze tecniche» di registrazione; avete riunito una decina di donne per una specie di «dibattito democratico», dove — come è normale nei «dibattiti democratici» — alle varie «rappresentanti» delle diverse «testate» non interessavano gran che i problemi delle altre (tanto è vero che alcune se ne erano già andate prima che noi arrivassimo da Milano, altre dicevano «Siamo qui già da due ore»!…) ma sembrava interessasse solo sciorinare le proprie scelte — e se queste son diverse ci si consola invocando il pluralismo invece che porsi degli interrogativi. Un dibattito che in realtà non ha coinvolto neppure — e non voleva coinvolgere — tutte quelle che a Roma hanno lavorato e noi pensavamo che lavorassero ancora per Effe.

Allora ci sembra di capire che questa riunione nasceva da una crisi profonda in cui la vostra rivista si trova; ma di questa crisi erano specificati solo alcuni aspetti (il finanziamento, la diffusione) e non quelli secondo noi più significativi e sostanziali, che sono ad esempio l’allargamento del gruppo redazionale in un collettivo di lavoro, i modi di questo lavoro, le tensioni che a Roma su questo problema hanno coinvolto molte compagne.

Se questi sono i problemi, non vengono affrontati davvero — ci è sembrato chiaro — con un «buon pezzo» da pubblicare su Effe sui problemi della «stampa femminista», abbellito magari dalla presenza di qualche firma più o meno prestigiosa: anzi ne vien fuori la fondata impressione di venire tutte strumentalizzate per la confezione di questo «pezzo», visto che non era data la possibilità reale di confrontarsi con i problemi da cui nasceva l’esigenza del dibattito (la riunione non era allargata, la storia recente di Effe non è stata esplicitata ecc.). Accanto a questa spiacevole sensazione, è andato crescendo il disagio di vedere voi fare da moderatrici, forse inconsapevoli, in un confronto tra «testate» diverse, dove la diversità politica veniva continuamente recuperata in nome del pluralismo e delle «diverse esigenze» delle donne. Lasciamo da parte gli altri giornali, e pasliamo solo di effe: non pensiamo che nel movimento non ci sia spazio per altre riviste o giornali diversi da Sottosopra, anzi ci piacerebbe che dal movimento uscissero tanti giornali e riviste diversi, perché ci sono diverse storie, esperienze, interessi; ma ci è parso che la diversità di pratica che sta dietro Sottosopra ed Effe, e dunque anche la diversità di tempi, di modi, di costi — materiali e non — di organizzazione ecc. in cui si concretizza una pratica, non rivestisse quasi nessun interesse per voi che parlate di crisi o morte del movimento, non sollevasse nessun dubbio sulle vostre scelte e sui vostri problemi, ma venisse solo archiviata come difìetenza, che comunque risponderà bene ad una qualche differente esigenza delle donne.

Voi a giustificazione delle vostre scelte di tempi, di modi di lavoro, e delle difficoltà che sono nate al vostro interno, portate l’esigenza delle donne di venir informate a livello di massa sul movimento e sui temi che il movimento sviluppa: a noi ricorda molto il populismo l’insistere sulle donne isolate a cui non arriva che Effe come voce del movimento, e il dire che se anche una sola donna troverà qualche luce leggendo Effe ciò «paga» l’esistenza della rivista, di questa così fatta rivista; inoltre non ci è parsa ben chiara questa faccenda del «livello di massa», che esigerebbe questa diffusione, questo linguaggio, questi contenuti… Ma soprattutto ci pare che la domanda fondamentale sia: come pensate di informare le donne sul movimento se dai gruppi e collettivi esistenti a Roma siete uscite, se a lavorare con voi non ci sono altre donne, molte, che il movimento lo vivano e lo facciano, se «fate solo Effe», se della vostra esperienza politica di donne che fanno assieme questo lavoro non parlate, quasi pensaste che sarebbe un lavarsi i panni sporchi in piazza, se insomma, ad andar bene, Effe diventa un giornale che trasmette alle donne contenuti elaborati da altre — né loro, né voi — altrove? Per la discussione che volevate fare, se non era solo per buttar giù in fretta o in un modo che si presume più vivace un pezzo per riempire qualche pagina del prossimo numero, crediamo che siano più importanti queste riflessioni che abbiamo fatto durante e dopo, vedendo la situazione dal vivo, che quanto abbiamo detto su Sottosopra ieri sera.

 

in viaggio tra Roma e Milano, 20 dicembre 1975