creatività femminile ovvero «femmage»

una parola nuova per includere tutte le attività assegnate nella storia alle donne. “Le donne non solo hanno costruito oggetti funzionali e belli, ma hanno espresso le loro convinzioni in un’ampia varietà di soggetti usando un linguaggio per lo più comprensibile solo alle altre donne…”

settembre 1978

«Heresies» (Eresie) è una pubblicazione femminista su arte e politica di un gruppo di donne americane, stampata a New York con periodicità trimestrale. Le componenti il collettivo sono 21 e nel loro progetto di revisione e discussione di canoni estetici e artistici nel campo della pittura, scultura, scrittura, antropologia, letteratura, teatro, storia dell’arte, architettura e cinema, rientra anche la volontà di costruire e sperimentare insieme una professionalità nel campo editoriale. Infatti sfogliando la rivista, che ha il formato di “Effe” ma è di ben 128 pagine, si ha veramente l’impressione di un prodotto confezionato da mani esperte in fatto di grafica, in quanto molto accurata e stimolanti risultano sia l’impaginazione che la scelta delle fotografie e dei caratteri. Inoltre, leggendo i nomi delle autrici degli articoli, in cui viene specificata anche la professione, ci si trova di fronte a giornaliste, docenti univeristarie, sociologhe, antropologhe critiche letterarie, si può quindi definire «Heresies» una rivista di ricerca storica e culturale più che organo del movimento. Il numero 4, che ho avuto occasione di leggere, è dedicato alle oscure arti tradizionali femminili, come il ricamo, la tessitura, la cucina, il lavoro a maglia, la ceramica (soprattutto in Africa e in Messico), presso i popoli di cui poco o nulla si conosce, ad esempio quello peruviano, quello neozelandese, i Navajo e i Chilkat, una tribù dell’Alaska, e tribù africane. Tra i vari articoli, anche di critica estetica e letteraria, tutti molto lunghi e dettagliati, frutto di ben 9 mesi di lavoro e discussione, come si legge nella premessa, mi è sembrato particolarmente nuovo, come argomento, questo che tratta di quello che viene definito «Femmage». Le autrici, entrambe newyorkesi, sono Melissa Meyer, una pittrice, e Miriam Schapiro, una “femmagiste”. «Il risparmio è il miglior guadagno — Un’inchiesta su ciò che le donne hanno conservato e raccolto”. Virginia Woolf parla della materia libera, alla deriva della vita, descrivendo quanto le piacerebbe vederla classificata e riunita in una forma abbastanza trasparente da riflettere la luce della nostra vita e tuttavia distaccata come un’opera d’arte. Ci fa pensare ai pizzi di carta, ai fusi e perle, ritagli di stoffa, fotografie, cartoline augurali, bigliettini per S. Valentino e ritagli di giornale che ispirarono l’immaginazione visiva delle donne di cui scriviamo. Nel XVIII0 secolo una monaca in un convento tedesco taglia un pizzo delicato da una pergamena sottile e lo incolla intorno ad un minuzioso e dettagliato dipinto sacro. Compiendo un atto di devozione al servizio del suo Dio ella costruisce quelli che poi, nel mondo secolare, verranno chiamati i primi biglietti di S. Valentino. Una donna Iroquois (tribù di indiani d’America) nel 1775 cuce cinque disegni ellittici lavorati col fuso alla base di una borsa nera di pelle di daino con gli orli lavorati nella parte superiore
e una frangia di peli d’alce sui lati e sul fondo. Hannah Stokton, una donna del New Jersey, nel 1830, infila nella sua borsa dei ritagli, nella tradizione de «il risparmio è il miglior guadagno» e trova proprio i pezzi giusti da applicare alla sua coperta imbottita. Negli anni intorno al 1860 Lady Filmer fotografa il principe di Galles e il suo party di caccia. Più tardi ella ritaglia queste fotografie e ne fa una composizione nel suo album, creando il primo fotocollage. Rita Reynolds, abitante a Sothen, Inghilterra, tiene un quaderno di ritagli durante l’ultima guerra mondiale. Vi incolla cartoline augurali, valentini e ritagli di giornale che registrano l’avanzare della guerra. Ma mano che la situazione mondiale peggiora, l’album di foto ritagliate ne riflette la gravità.
Collage: una parola inventata nel XX0 secolo per descrivere un’attività con un’antica storia. Qui abbiamo alcune definizioni del termine: collage-immagini raccolte da materiali vari; una parola francese dal verbo coller che significa incollare, appiccicare, come per l’applicazione di carta da parati. Assemblage: una collezione di oggetti spesso combinati in serie; una specifica procedura tecnica e forma usata nella letteratura e in musica, cosi come nelle arti plastiche, ma anche un complesso di abitudini mentali e idee… collage e relativi modi di costruzione manifestano una predisposizione che è caratteristica dell’epoca moderna.
Decoupage: (letteralmente tagliare) un modo di decorare mobili dipinti con ritagli di fiori, frutti eccetera. Così l’arte di decorare superfici con ritagli di carta applicata.
Photomontage: il metodo di costruire un’immagine composita mettendo insieme fotografie in un’unica composizione e disponendole, spesso sovrapponendo una parte all’altra in modo da formare un tutto unico mescolato. Femmage: una parola inventata da noi per includere tutte le attività sopracitate quando furono praticate da donne che usavano tecniche tradizionali per ottenere la loro arte-cucire, giuntare, agganciare, tagliare, applicare, cucinare e simili-attività compiute anche da uomini, ma assegnate nella storia alle donne. Le informazioni pubblicate riguardo alla origine del collage inducono in errore. Picasso e Braque ne sono reputati gli inventori. Molti artisti fecero collage prima di loro, per esempio il padre di Picasso e Sonia Delaunais. Quando gli storici d’arte ne fanno risalire l’origine al 1912, essi escludono gli artisti non ufficiali. Gli storici d’arte non si curano delle scoperte degli artisti non occidentali, delle donne o di anonimi artisti folk. Tutte queste persone formano il gruppo che noi chiamiamo, «gli altri». È esasperante rendersi conto che la rigidità del moderno linguaggio critico e del pensiero impediscono una risposta diretta all’eloquenza dell’arte quando è opera di «altri». Le nostre informazioni sulle donne del passato sono state ispirate dai testi definitivi (traduzione letterale-N.d.r.) scritti dai critici e storici d’arte Herte Wescher, William Seitz, Harriet Janis e Rudi Blesh Non abbiamo trovato il nostro materiale nella parte principale dei loro lavori ma piuttosto nelle introduzioni e note, con l’indicazione che non era possibile estendere le loro teorie moderniste abbastanza da apprezzare diversità, bellezza e significato degli originali compositori di collages. Molti di questi «antenati» erano donne ignorate dalla politica dell’arte. Janie e Blesh annotano rapidamente. «Il collage era un tempo la semplice nascosta piacevole arte o passatempo di ritagliare e incollare pezzi di carta in composizioni o disegni ornamentali. Non si trattava di veri artisti. La sua origine risale a molti secoli fa. È solo con questo secolo e l’avvento dell’arte moderna che questo passatempo di studentesse e casalinghe attirò l’attenzione di artisti veri e propri alle prese con idee rivoluzionarie». È comunque alle studentesse e alle casalinghe che dobbiamo guardare più attentamente per capire l’estetica dei nostri antenati e le loro evoluzioni. William Seitz include queste informazioni nel suo lavoro sull’assemblage: «Biglietti di S. Valentino, cartoline e arte folk di vari tipi, che comprende sia elementi incollati, sia disegni e oggetti costruiti con ali di farfalla, penne, conchiglie, ecc., erano comuni molto prima. Certamente varie lettere timbararte, passaporti e documenti ufficiali possono essere guardati come forme di collage “involontario”“. Ora che noi donne stiamo cominciando a documentare la nostra cultura, rivestendo il nostro essere rese insignificanti e aggiungendo le nostre informazioni ai fatti maschili registrati e ai loro punti di vista, è necessario mettere in luce i lavori artistici straordinari di donne, i quali nonostante la loro bellezza sono visti come gli avanzi della storia. Estetica e contributi tecnici sono stati semplicemente trascurati.
Quando diventa possibile apprezzare un oggetto trapunto come una coperta imbottita (anche se è stata fatta con scopi utilitaristici) perchè troviamo trenta punti diversi dall’inizio al fondo della coperta stessa e colori che secondo tutte le valutazioni sono ricchi ed evocativi, perchè contiene sagome di figure che sono tracciate con perizia e unisce pezzi di tessuto geometrici perfettamente misurati, allora sarà chiaro che l’arte femminile richiede una sua propria metodologia. ‘<e donne hanno sempre collezionato, conservato e riciclato cose, perchè gli avanzi fornivano nutrimento in nuove forme. Gli oggetti decorativi e funzionali che le donne hanno costruito spesso parlavano un linguaggio segreto, portando un’immaginazione nascosta. Quando noi leggiamo queste immagini in lavori di cucito, in dipinti in coperte imbottite, tappeti e album di ritagli, talvolta vi troviamo un grido di aiuto, talvolta un’ allusione ad una linea politica nascosta, talvolta un simbolo riguardo al rapporto uomo-donna. Basiamo le nostre interpretazioni dei significati stratificati in questi lavori su quello che conosciamo delle nostre vite — una specie di ricostruzione archeologica e decifrazione —. Ci chiediamo, abbiamo mai usato un linguaggio nei nostri lavori? Patricia Mainardi, nel suo saggio, dice: «Le donne non solo hanno costruito oggetti funzionali e belli, ma hanno espresso le loro convinzioni in un’ampia varietà di soggetti usando un linguaggio per lo più comprensibile solo da altre donne. C’era più di un uomo di fede Tory che dormiva senza saperlo sotto la «coperta della Rosa Whig» di sua moglie…. Le donne davano il nome alle loro coperte secondo le loro idee politiche in un momento in cui non era loro permesso il voto”.
un linguaggio segni co complesso, articolato, misconosciuto che racconta la nostra storia

Materiali collezionati, conservati e combinati, rappresentavano per questo tipo di donne un atto di orgoglio, disperazione e necessità. La sopravvivenza spirituale dipendeva dalla conservazione dei ricordi. Ogni ritaglio di percalle, mussola o chintz, tenuto amorosamente da conto, ogni perla, ogni lettera, ogni fotografia, era un ricordo del suo posto nella vita di una donna, così come un’annotazione in un giornale o in un diario. Cynthia Ozik dice: «… un diario è un puntello dell’effimero, evidenza che lo scrittore (noi sostituiamo l’artista) occupa uno spazio reale nel mondo». L’educazione delle donne è l’intelaiatura per il femmage e ci fa capire «il mettere assieme” come lettura simultanea di peli d’alce e perle, carta tagliata e dipinta o lavoro a traforo e punti. La nostra educazione femminile rende anche possibile vedere questi elementi estetici tradizionali per quello che sono — i materiali naturali necessari per una spirituale e spesso fisica sopravvivenza. Nel passato un’importante caratteristica del femmage era il fatto che le donne lavoravano per un pubblico di pochi intimi. Una donna artista aveva sempre la certezza che il suo lavoro era destinato ad essere apprezzato e ammirato. Ella lavorava per i suoi parenti e amici e a meno che partecipasse a mostre parrocchiali o fiere paesane i suoi spettatori erano quasi sempre persone che conosceva. Nel loro libro Joel e Kate Copp parlano della signora Eleanor Blackstone di Lacon, Illinois, che negli anni tra il 1880 e 1890, agganciò sei larghi tappeti tutti relativi a fatti della storia della sua famiglia. Questi tappeti mostrano i suoi sei figli, i loro divertimenti e i loro animali preferiti, con anche alcuni capelli dei figli lavorati nei ritratti individuali. Noi sentiamo che svariati criteri determinano se un lavorò può essere chiamato femmage. Non tutti appaiono in un solo oggetto. Tuttavia, la presenza di almeno la metà di questi dovrebbe permettere di apprezzare il lavoro come femmage.
1-È un’opera compiuta da una donna. 2-Le attività del collezionare, conservare, ne sono elementi importanti. 3-Gli avanzi sono essenziali al processo e sono riciclati nel lavoro. 4- Il tema trattato ha come contesto la vita di una donna. 5- Il lavoro ha elementi di immaginazione nascosta. 6- Il tema del lavoro si rivolge ad un pubblico di intimi. 7-Celebra un evento privato o pubblico. 8-Una visione da scrittore di diario è riflessa nel lavoro. 9-C’è un disegno e/o calligrafia cucito nel lavoro. 10-Contiene immagini del tipo silouette fissate su altro materiale. 11- Immagini riconoscibili appaiono nella sequenza narrativa. 12-Forme astratte creano un disegno. 13- Il lavoro contiene fotografie o altro materiale stampato. 14-11 lavoro ha una vita sia funzionale che estetica. Questi criteri sono basati sull’osservazione visiva di molti lavori compiuti da donne nel passato. Abbiamo già detto che quest’arte è stata esclusa dall’ufficilità, ma perchè è così? Che cos’è l’ufficialità? Come può tale omissione essere corretta?
I lavori stessi mancavano di status perchè gli artisti autori erano considerati inferiori dagli storici che hanno scritto in merito ad arte e cultura. Dal momento che i lavori erano intimi e non erano corredati con date né critiche e spesso erano anonimi, come avrebbero potuto questi scrittori identificarli come storia valida, ufficiale? L’ufficialità è codificazione di idee per l’illuminazione della storia e l’insegnamento ai giovani. Che vergogna che i giovani rimangano ignoranti della vitalità dell’arte delle donne. Tuttavia la cultura delle donne rimarrà non riconosciuta finché le donne stesse non guarderanno al loro passato con un’ottica originale. Per modificare questa situazione dobbiamo tentare di inserire la tradizionale arte femminile nell’ufficialità? Come saranno convinte le autorità che ciò che considerano arte minore è degno di avere il suo posto nella storia? La risposta non sta assolutamente nell’ufficialità, ma nella circolazione di informazióni tra donne. A questo scopò abbiamo valutato una selezione di informazioni tra donne, A questo scopo abbiamo valutato una selezione di arte femminile e cercato elementi simili che apparivano più frequentemente. Ma mano che li registravamo scoprivamo con piacere che presentavano una forma in molti modi manifestata — una forma che chiamiamo femmage.