giornali tremate…

per i giornalisti tedeschi le femministe soffrono di “fissazione coatta all’essere oggetto” perchè queste streghe non sono solo smorfiose ma anche lesbiche» Allora Emma ha detto no!

settembre 1978

per la prima volta in Germania e probabilmente in Europa si è svolto dal 14 al 26 luglio, davanti al tribunale regionale di Amburgo, un processo sessista. 10 donne avevano dichiarato guerra al colosso della stampa Gruner & Jahr e citato in giudizio il più diffuso settimanale tedesco Stern per offesa alle donne e violazione del loro onore. Come si era arrivati a ciò? Stern, che in Italia si può paragonare con l’Europeo, è un settimanale con una tiratura di un milione e mezzo di copie che si vanta molto del suo impegno liberale e della sua difesa delle libertà politiche ed individuali. Ma delle donne si parla in questa testata, malgrado tutte le pretese emancipatorie, con la comune arroganza dei maschi. E così non c’è da meravigliarsi, se il settimanale diffonde in questo ultimo periodo i suoi articoli tra gli uomini usando in maniera crescente copertine sulle quali posano donne presentate come oggetti sessuali eccitanti, sfruttando la loro bellezza. Purtroppo questa non è una novità e neppure un’esclusiva dello Stern — uno sguardo ad una qualsiasi edicola sia in Germania che in Italia insegna che seni e sederi nudi di donne non «adornano» da tempo soltanto la stampa «specializzata», ma anche la cosiddetta stampa «seria». Poiché si è imparato dalla pubblicità che sostiene le vendite. Per gli uomini ciò deve essere sexy ed eccitante (e per molti pare che lo sia) e non interessa ciò che a questo riguardo provano le donne. Usare una donna come una bambola di carne diffama la metà della popolazione, ma ciò non conta finché invoglia l’altra metà, la più ricca, a comprare. Così stanno attualmente i rapporti di forza! Ma stanno vacillando ed è un bene che sia così: sempre meno donne sono disposte ad accettare passivamente questo senso di degradazione e cominciano a ribellarsi. Ed è per questo che il processo sessista di Amburgo estende il suo significato ben oltre la RFT, è importante come segnale di una resistenza che si sta formando. Questa era stata anche l’intenzione delle querelanti e il clamore che hanno suscitato ha dato loro ragione anche se il processo è stato da loro perduto — ci si poteva spettare qualcosa di diverso?
L’azione era stata promossa dalla rivista femminista Emma che nel numero di luglio aveva pubblicato un articolo dal titolo: «Stern denigra le donne, noi lo denunciamo”.
Sulla base di quattro copertine pubblicate nel corso di un anno Emma ha messo alla gogna le concezioni di crescente diffamazione della donna di questa rivista (che naturalmente non si limita alla prima pagina): una’ donna con il sedere semisvestito piazzato sopra la sella di una bicicletta; una donna nuda sulla spiaggia che mostra all’osservatore un sedere ricoperto solamente con un po’ di sabbia; un nudo della cantante nera Grace Jones con un microfono fallico in mano e con catene pesanti ai piedi — particolarmente perfida questa raffigurazione dato che, è anche razzista per l’associazione con la schiava negra che può essere comprata e stuprata da chiunque. Il culmine raggiunto per il momento dal cattivo gusto di Stern fu a giugno, quando presentò un articolo sul quartiere del sesso di Amburgo, St. Pauli, con un manifesto originale di uno spettacolo «live sex show» (spettacolo di sesso vivente). Dice Emma: «Lievemente mascherato da arte e disegnato realisticamente con colori chiassosi è riprodotto un amplesso durante il quale mentre l’uomo vestito sta seduto in poltrona la donna con biancheria eccitante, tipo «Pigalle» gli si offre». Questa copertina era apparsa alla fine penosa persino allo stesso Stern, che la cambiò mentre era già in stampa: Parecchie centinaia di migliaia di esemplari erano però ormai in circolazione ed erano esposte senza vergogna nelle edicole, anche a Roma.
Emma non si era lamentata solamente essa aveva anche agito. Si era appellata al consiglio tedesco della stampa, affinchè Stern venisse richiamato «per violazione del comune senso del pudore di tutte le donne». (Le femministe di Emma si erano rivolte già un anno prima e con successo al consiglio della stampa, che: aveva accolto la loro richiesta, di richiamare lo Spiegel per una copertina, sulla quale una bambina dodicenne mezza nuda era agghindata da vamp). E citò in tribunale civile Stern e il suo direttore Henri Nannen. Alla direttrice di Emma Alice Schwarzer, si unirono dieci donne che insieme si presentarono come querelanti, fra l’altro vi erano la famosa analista Margerete Mitscherlich e la regista Margerete Von Trotta, così come sconosciute (una studentessa e una segretaria). Con la querela allo Stern doveva essere richiesta una sentenza del tribunale, di «evitare di offendere le querelanti con, copertine (…) nelle quali venivano rap-, presentate donne come semplici oggetti i sessuali, creando così presso gli osserva-, tori maschili l’impressione che l’uomo possa disporre comunque della donna e dominarla”.
Le donne avevano sporto querela sia a nome proprio che in «rappresentanza di tutte le donne ancora discriminate nella RFT» che definirono come «la maggioranza offendibile», un termine con il quale nella attuale società tedesca si dà protezione giuridica contro offese agli ebrei perseguitati dal nazionalsocialismo. Fin dall’inizio non si fecero troppe illusioni ni di sfondare con la loro querela, dato; che sapevano, che uomini sarebbero stati loro giudici, per i quali esiste il termine «onore maschile», che nei tribunali di: frequente viene tirato in ballo, mentre il termine «onore di donna» ancora è una parola straniera. Le querelanti volevano, imbastire un processo politico, per arrivare così a mettere in moto una discussione già da tempo necessaria. La stampa maschile si gettò sul tema e, fece una gran brutta figura. I patriarchi tedeschi non furono capaci né disposti a Comprendere la lotta delle donne e fecero a gara a chi era diffamatorio. Alcuni videro minacciare la libertà di stampa e misero in guardia contro la distruzione dell’ «ordine politico giuridico” come per esempio il direttore dello Spiegel Rudolf Augstein. (Una argomentazione rivelatrice: se le donne si ribellano contro la discriminazione la democrazia comincia a vacillare). Altri ebbero l’impudenza di considerare quei «sederini appetibili” una prova della libertà sessuale (e di chi?), come il direttore dello Sterri Henry Nannen e tutti furono d’accordo sulla strategia di fondo: visto che non avevano delle vere argomentazioni da contrapporre, pensarono di potersela cavare alla meglio ridicolizzando la controparte. Si parlò allora di «gonne grigie senza gioia” che soffrono di «fissazione coatta all’essere oggetto» (Sterri), si parlò inoltre di «piagnone» che mancavano «di coscienza del proprio valore» e di «autocompassione noiosa» (Spiegel). Ed è chiaro che simili «streghe» non sono solamente smorfiose ma anche lesbiche, Nannen scrisse su Sterri: «E perchè Emma non ci vuole concedere la vista delle «parti determinanti»? Questo giornaletto femminista continuamente si batte per la liberazione sessuale («la mia pancia è mia») e pubblica in gran numero piccoli annunci nei quali donne lesbiche vengono incitate a formare gruppi (…), e poi perchè dunque questi toni? Che le «streghe» facciano ciò che le diverte e se lo pensano, lo dicano pure: «questo sederino è nostro». Noi potremmo chiedere alla ragazza della copertina con chi preferirebbe essere oggetto di piacere».
Ma a parte i commenti maschili quasi sempre cinici o stupidi apparsi sulla stampa, alla radio e alla televisione, questo processo ha mosso anche molte cose positive. Subito dopo che l’azione era stata resa nota nella redazione di Emma il telefono squillò ininterrottamente e arrivarono cesti pieni di lettere di donne (e anche dì uomini), che esprimevano la loro solidarietà, che mandavano soldi e raccolte di firme. Queste migliaia di donne di tutti i ceti sociali, lettrici di Emma e non, avevano capito ciò che evidentemente era troppo difficile per i giornalisti più quotati del paese e cioè: che nella querela noni si trattava di un divieto puritano del nudo ma di attaccare il diritto patriarcale di diffamare le donne. Perchè in realtà le «ragazze copertina eccitanti» servono soprattutto a consolidare l’ideologia maschile della inferiorità delle donne: guardate qui, noi, le «vere donne” siamo carine, desiderabili, sottomesse, pronte sempre a tutto ciò che voi volete fare con noi.
Molte donne sostennero la protesta presso il consiglio della stampa, altre volevano anch’esse figurare come querelanti Presso il tribunale di Amburgo, tutte furono della stessa opinione: «Finalmente. Era ora che ci ribellassimo”. Persino il Deutscher Frauènrat (il Consiglio tedesco delle donne), la federazione cioè di tutte le organizzazioni femminili tradizionali tedesche, aderì a nome delle loro 10 milioni di iscritte, alla protesta presso il consiglio della stampa, un fatto importante questo, dato che è la prima volta che femministe e organizzazioni femminili tradizionali si muovevano pubblicamente insieme. Così tante adesioni spontanee alla fine impensierirono perfino i giornalisti che cominciarono a comprendere che questa volta si trattava di ben altro che del divertimento estivo da loro desiderato e finalmente si decisero per una informazione più articolata. Quando poi il processo ebbe luogo il 14 luglio il tribunale regionale di Amburgo si trovò davanti ad una folla eccezionale. Parecchie centinaia di spettatori si contesero i posti e non tutti poterono entrare neppure dopo che il processo era stato trasferito in una sala più grande. Un giudice e due membri del collegio (naturalmente uomini) si fecero consegnare i verbali della querela e le prove e aggiornarono il processo a due settimane dopo. Il 26 luglio mentre l’attenzione giornalistica non diminuiva, fu letta la sentenza: la querela era stata respinta, dato che il tribunale non aveva potuto decidere diversamente «in base alla situazione legislativa attualmente vigente». Con una motivazione simile le querelanti avrebbero dovuto rivolgersi al potere legislativo fra 20 o 30 anni e forse un simile processo potrebbe anche essere vinto. Parole sorprendentemente coraggiose di un giudice, che evidentemente aveva preso la cosa più seriamente dei suoi compagni di sesso della stampa, i quali come AufStein avevano sperato che le «scempiaggini” dette in aula avrebbero provocato «almeno un grosso scandalo». Il giudice Engelschal invece disse: «Noi ammiriamo il vostro impegno”. Riferendosi alla situazione legislativa il tribunale ha respinto l’argomentazione delle donne di guidare questo processo in rappresentanza di tutte le donne discriminate, però ha ammesso, che molte delle copertine di Sterri e non solamente di Sterri non erano adeguate alla posizione della donna nella società. I costi del procedimento, circa 10 — 15.000 marchi,.— la rivista Emma aveva previdentemente assunto la responsabilità finanziaria prelevando la somma dalle sue riserve finanziarie e da contributi volontari. Malgrado le querelanti abbiano perduto sul piano giuridico formale il processo si sentono vincitrici della battaglia. La loro iniziativa ha messo in movimento alcune cose, non solamente nella stampa (perfino straniera), ma, cosa ancora più importante, nelle teste di molte donne e anche di alcuni uomini.