II° tribunale russel

la repressione fascista in America latina colpisce anche migliaia di donne

febbraio 1976

a gennaio si è svolta a Roma la terza e ultima sessione del II Tribunale Russel, costituito nel 1973 per giudicare i crimini della repressione fascista nei paesi dell’America Latina, Donne e uomini dall’Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Guatemala, Haiti, Nicaragua, Paraguay, Portorico, Repubblica Dominicana, Uruguay hanno portato la testimonianza delle torture subite.

Con la sentenza conclusiva del processo è stata annunciata la costituzione di una Fondazione e Associazione per il diritto e la liberazione dei popoli. Effe ha seguito le varie sessioni del processo ed ha avuto dei colloqui con le poche donne presenti. Figura di rilievo: Annamaria Guevara ha sottolineato ‘la pesante discriminazione esistente fra l’uomo e la donna nell’America Latina in genere, con la sua esperienza personale ha però potuto verificare, durante da lotta e la latitanza, che, all’interno dei vari movimenti rivoluzionari, i compiti e le responsabilità erano gli stessi per le donne e per gli uomini. A Yiune Nash, antropologa americana interessata al problema dell’imperialismo culturale americano nell’America Latina, si deve la ricerca in tal senso condotta in Bolivia. Si deve, tra l’altro, alla sua iniziativa, insieme a quella di altre colleghe, la realizzazione del controcongresso sull’Anno della Donna a Città del Messico.

Ha insegnato a Cuernavaca in un corso dedicato alle donne che chiarisse gli scopi, gli interessi e la posizione della donna nella società capitalistica, analizzando in particolare alcune delle tendenze del movimento ‘femminista americano.

La crisi economica, secondo la Nash, è la causa principale delle difficoltà del movimento femminista americano in questi ultimi tempi. La carenza di strutture sociali che già incideva pesantemente sulla partecipazione attiva della donna americana alle rivendicazioni femministe così come ad una sua partecipazione effettiva alla vita sociale ad ogni livello si è acuita ultimamente con la riduzione dei fondi per asili-nido a favore dei finanziamenti pro armamenti, non ultimo dal 1973 ad oggi si è anche registrato un progressivo aumento della disoccupazione femminile.

A proposito della violenza verso la donna in America Latina, June Nash ha citato la sterilizzazione in massa delle donne boliviane attuata dai Peace Corps americani. In tutta l’America Latina la condizione femminile è segnata dall’oppressione e dalla inferiorità, solo in Cile, durante Allende, si è introdotto l’annullamento giuridico del matrimonio, ma la donna e i figli non sono ancora tutelati in alcun modo dal punto di vista economico.

A Cuba, che pure rappresenta la punta più avanzata della legislazione familiare sudamericana, predomina tuttora il «machismo» e la donna vale per la sua capacità di «sfornare» figli più che per il suo contributo sociale. Yudith Camus, cilena, testimone al processo, ci ha raccontato la storia di una civiltà cilena indigena e matriarcale estranea alla nostra cultura. I figli ereditavano il cognome della madre e, nell’ambito della famiglia, l’uomo e la donna partecipavano in egual misura al lavoro domestico. Le donne lavoravano in collettività ed in collettività educavano i propri figli. L’invasione spagnola del paese segnò l’introduzione di un sistema economico capitalista. Gli uomini vennero inviati a lavorare nelle miniere e le donne rimasero in casa, isolate, come forza lavoro di riserva. Gli uomini trattavano le donne come loro proprietà mentre nella società indigena l’uomo e la donna si univano a part-ners diversi fino a quando non incontravano la persona adatta con la quale decidevano di formare una famiglia ed alla donna era richiesta come dote fondamentale l’esperienza: nessun canone

di bellezza e nemmeno l’età influivano sulle scelte reciproche. In Bolivia esistono ancora oggi alcune tribù che seguono l’organizzazione sociale del Cile indigeno e che testimoniano queste tradizioni. Con il governo di Allende la donna cilena era tornata a partecipare alla vita sociale e interveniva nell’ambito delle varie comunità, a riunioni in cui poteva parlare dei propri problemi. Con il golpe si è tornati alla repressione più terroristica che trova la propria testimonianza nei documenti portati al Tribunale e che ci limitiamo a riportare.

In nome di tutte le donne che hanno lottato e che stanno lottando per la libertà del proprio paese, braccate, imprigionate, torturate, in patria od in esilio, lontane dal proprio popolo e dalla famiglia, senza lavoro e senza notizie dei propri cari Effe lancia l’appello al sostegno ed alla difesa della loro lotta.

Torture fisiche riservate alle donne:

scariche elettriche ai seni, alla vagina, all’ano, all’ombelico;

piccoli topi nella vagina;

le donne sono violentate «solamente» da ufficiali; prima da quattro o cinque separatamente, poi da quattro o cinque contemporaneamente (vagina, bocca, ano ,ecc…);

si introduce un prigioniero nudo nella cella e gli si ordina di possedere la donna; poiché questo non può o non vuole, lo si picchia a sangue mentre la donna viene violentata dall’ufficiale;

si fanno ascoltare alla donna voci di bimbi incise e si afferma che si tratta dei suoi bambini prigionieri nella stanza accanto.

Torture fisiche riservate agli uomini:

frattura del setto nasale per mezzo di colpi di karaté;

introduzione di oggetti in profondità nelle orecchie;

«piguele», il prigioniero è sospeso al soffitto per i piedi e bilanciato violentemente da una parete all’altra;

«sottomarino», si preme la testa del prigioniero nel vaso del gabinetto riempito di urina e di escrementi per un paio di minuti: l’operazione è ripetuta più volte al giorno;

«loro», si fissa un lungo asse dietro le ginocchia del prigioniero, lo si attacca a parecchi ‘metri di altezza e lo si fa girare vorticosamente su se stesso come un pappagallo (loro) nellagabbia.