la pasionaria non rinuncia

aprile 1974

Dolores Ibarruri la Pasionaria, il «fiore della passione», prima di divenire la dirigente del partito comunista spagnolo e il capo carismatico di un popolo in lotta contro il fascismo da ragazza fu cuoca, rammendatrice, sardìnera, cioè venditrice di sardine nei villaggi della Biscaglia dove era nata alla fine del secolo. Era ancora una fervente cattolica quando si sposò con un minatore delle Asturie, un dimenticato fondatore del partito comunista nella Spagna del nord, con cui ebbe sei figli di cui solo due sopravvissero alla vita di miseria e di stenti della famiglia, non diversa da quella di tutti gli altri minatori della Biscaglia.
Nel ’17, l’anno della rivoluzione socialista in Russia, Dolores si era già ribellata al suo drammatico destino: la giovane sardinera leggeva il Capitale in un logoro riassunto fatto da un francese e mandava a memoria il Manifesto del partito comunista la sera, cullando la figlia Ester. Già nel ’20 fu eletta membro del primo comitato provinciale del partito comunista di Biscaglia che aderì all’Internazionale comunista, nato dalla scissione del partito socialista e poco più tardi fu delegata al primo congresso comunista. Anni eroici che seguivano la grande rivoluzione, sulla cui onda nasceva il movimento comunista internazionale: nell’estate del ’21 il piccolo nucleo decise l’insurrezione armata che fortunatamente non fu mai attuata, e la Ibarruri partecipò attivamente alla preparazione della insurrezione. Quando Lenin scrisse Estremismo malattia infantile del comunismo fu la prima a farsi l’autocritica e a battersi per superare il settarismo che caratterizzava allora il piccolo partito. Nel ’23, l’anno dell’instaurazione del generale Primo de Rivera e della repressione brutale contro i comunisti, Dolores ebbe un parto trigemino e solo Amaya sopravvisse, l’anno dopo ancora una figlia ma anche questa morì a soli due mesi: dal ’23 al ’30 furono anni neri di disperazione e di fame, il marito quasi sempre in galera, Dolores divisa tra la cura dei suoi piccoli, il duro lavoro di cucito per sopravvivere e l’attività politica che di anno in anno diveniva più importante e la gravava di maggiori responsabilità. Alla Conferenza di Pamplona del ’30 fu nominata membro del comitato centrale, e la sua popolarità divenne leggenda: sempre vestita di nero, col volto grave e lo sguardo appassionato, era divenuta una straordinaria oratrice capace di soppesare parole e silenzi e di esercitare un enorme fascino su chiunque l’ascoltava. Il 14 aprile del ’31 con le elezioni municipali cadde la monarchia, e questo segnò l’inizio di un nuovo periodo, che se non fu di democrazia e progresso, permise l’accrescimento e la maturazione del movimento operaio. A novembre di quello stesso anno la Ibarruri lascia la Biscaglia per trasferirsi a Madrid come redattrice di Mondo Obrero. E fu proprio mentre usciva dalla redazione del giornale che fu arrestata per la prima volta. Nelle sue memorie il racconto dei suoi periodi di detenzione e della sua attività politica all’interno delle carceri femminili occupa un ampio spazio e ci trasmette un’esperienza per noi preziosa. A Siviglia nel ’32 partecipò al IV congresso del partito comunista, il primo che poteva svolgersi apertamente e legalmente: Dolores era già un leader indiscusso. Dopo la crisi di governo che mise fuori i socialisti, ci fu nel ’34 un’insurrezione che venne sconfitta anche a causa della divisione tra anarchici comunisti e socialisti, ma durante quella fase sanguinosa si realizzò una conquista per il movimento: si costituirono le Alleanze operaie e contadine la cui realizzazione fu una vittoria personale della linea e del lavoro della Ibarruri. Nel ’33 era accaduto un fatto molto importante: una delegata del Comitato mondiale delle donne contro la guerra e il fascismo entrò in contatto con la Ibarruri, che in seguito a questo incontro decise di dedicarsi assieme ad altre compagne alla costruzione del movimento femminile autonomo, che diventò presto molto forte. Durante la guerra civile l’organizzazione femminile svolse un ruolo molto importante. Questa attività costò alla Pasionaria gli insulti più virulenti e contribuì alla costruzione del suo personaggio descritto dagli avversari come diabolico: si narrava che avesse ucciso un prete a morsi e che andasse predicando alle donne l’abbandono dei mariti e dei figli. Nella primavera del ’35 Ruben e Amaya, i due soli figli rimastile, partirono per l’Unione Sovietica: fu una separazione dolorosa, ma la donna più famosa di Spagna non poteva concedere ai suoi figli una casa abitabile, né un’educazione accurata. Nel ’36, dopo essere stata in carcere altre due volte, alle soglie ormai della guerra civile venne eletta deputato dei minatori. Durante la guerra divenne l’indiscusso capo carismatico della resistenza, e svolse un ruolo importante nelle relazioni con gli altri paesi: la Francia, l’Inghilterra e l’Unione Sovietica delle cui posizioni si fece portavoce. Quando nel ’39 fu chiara la sconfitta del movimento rivoluzionario, le fu concesso di partire con altri compagni membri del governo con un aereo, e andò a raggiungere i suoi figli in Unione Sovietica, dove rimase come rifugiata politica, la più illustre rifugiata politica. La sua fede nell’internazionalismo proletario, la convinzione che la vittoria del comunismo avrebbe finito per sconfiggere l’imperialismo e il fascismo ha sempre costituito la ragione principale della sua adesione totale alle scelte politiche dell’Unione Sovietica, tanto che storici del tipo di Thomas possono permettersi di asserire che «la sua personalità non era poi così potente, se obbediva senza fiatare alle istruzioni provenienti da Mosca». Ma è notizia del mese scorso che Dolores Ibarruri, ormai quasi ottantenne, si è schierata con l’ala del partito comunista spagnolo, l’ala maggioritaria dopo la scissione, che è stato disconosciuto dall’Unione Sovietica e accusato di essere filocinese e avversario della coesistenza pacifica. La Pasionaria non rinuncia.