vergine, vergine, fortissimamente vergine

queste favole sono tratte da un libro di leggende cristiane, scritte ad edificazione e monito dei fedeli (soprattutto della donna, vista come «occasione di peccato» e in grado di riscattarsi soltanto attraverso la negazione della propria sessualità, soffocata dalla camicia di forza della Verginità).

febbraio 1976

il parto della vergine

Quand’ecco una donna che scendeva dalla montagna e mi gridò: «Quell’uomo, dove vai?». E dissi: «Cerco una levatrice ebrea». «Sei di Israele» mi chiese. E io: «Sì». E lei: «Chi partorisce là nella grotta?». E io: «La mia promessa sposa». Mi disse: «Non è tua moglie?». E io: «È Maria che fu allevata nel tempio del Signore, e per sorte mi toccò in moglie, ma non è mia moglie, giacché ha concepito’ per opera dello Spirito Santo». Mi disse la levatrice: «È vero tutto questo?». E io, Giuseppe, le dissi: «Vieni e vedi». E la levatrice venne con me.
Uscì dalla grotta l’altra levatrice e s’imbatte in Salomé. E le disse: «Salomé, Salomé, un nuovo miracolo ho da narrarti: una vergine ha partorito, ma sappiamo che ciò contraddice alla natura di lei». Disse Salomé: «Com’è vero Iddio mio Signore, se non ci metto il mio dito e non scruto la sua natura, mai crederò che una vergine ha partorito».
Entrò dunque la levatrice e disse a Maria: «Su stenditi, perché sul tuo conto c’è grande controversia». E Salomé volle introdurre il suo dito nella natura di lei, e allora mandò un grido e disse: «Guai a me e alla mia incredulità, perché ho tentato il Signore, ed ecco la mia mano si è seccata». Piegò Salomé le ginocchia davanti al Signore, dicendo: «O Dio dei miei padri, ricordati di me, che son stirpe d’Abramo e d’Isacco e di Giacobbe, Non far di me uno scandalo per i figli di Israele, ma restituiscimi ai miei poveri; poiché tu sai, Signore, che nel tuo nome io compivo le mie cure e da te ricevevo la mia mercede». Allora un angelo l’invitò ad accarezzare il neonato e subito la mano riprese vita.
La verginità di Maria è testimoniata anche da un altro miracolo, che ci viene tramandato da papa Innocenzo III. Durante i dodici anni in cui nel mondo regnò la pace, i romani innalzarono alla Pace un tempio meraviglioso e vi posero una statua di Romolo. Quando consultarono l’oracolo d’Apollo, per sapere fino a quando quell’edificio sarebbe rimasto in piedi, l’oracolo rispose: «Finché una vergine partorirà un figlio».
I romani pensarono dunque che il tempio sarebbe durato eterno, tanto era assurda una simile congettura, e fecero scolpire sul frontone del tempio questa scritta: In eterno vivrà il tempio della Pace. Ma nella notte in cui la vergine Maria partorì, il tempio rovinò dalle fondamenta. Più tardi, in quel luogo fu costruita la chiesa di Santa Maria Nuova.

 

Le tentazioni di santa giustina
Una fanciulla di Antiochia chiamata Giustina, stando affacciata alla finestra molto spesso udiva cantare il Vangelo da un diacono cristiano, e poiché capiva quelle parole, ispirata da Dio parlò col diacono e si convertì alla fede cristiana.
Giustina era molto bella e perciò era spesso molestata da un giovane chiamato Cipriano, che in seguito si convertì alla fede e divenne dottore e martire di Cristo. Cipriano fino alla fanciullezza era stato cattivo, perché a sette anni suo padre l’aveva consacrato al diavolo e poi, da vero servo del nemico, aveva studiato le arti magiche, con le quali riusciva a fare incantesimi e malie, e pareva perfino che potesse trasformare le donne in cavalle e in altre bestie.
Acceso d’irresistibile amore per Giustina, Cipriano fece dunque di tutto, con la magia, per poterla possedere insieme al suo amico Acladio, che la desiderava anche lui., Un giorno chiamò il demonio e gli disse: «Desidero una fanciulla cristiana che si chiama Giustina: potresti fare in modo ch’io la possa avere?». «Io che ho fatto cacciare l’uomo dal paradiso», rispose il diavolo «che spinsi Caino ad uccidere Abele, che feci morire Cristo, non dovrei riuscire a darti una ragazza che desideri? Prendi questo unguento e spargilo intorno alla sua casa. Poi verrò io e la infiammerò di desiderio per te».
La notte seguente, dopo che Cipriano aveva messo l’unguento, venne il diavolo e tentò la fanciulla, accendendole i sensi e il cuore d’amore per Cipriano. Quando però lei se rie accorse si mise a pregare e si fece il segno della croce, e il diavolo impaurito scappò e tornò da Cipriano, dicendogli: «Ho visto un certo segno che mi ha fatto paura e ho perduto ogni potere su di lei».
Cipriano allora, scacciato quel diavolo, fece altri incantesimi e ne chiamò un altro più potente, spiegandogli quello che desiderava da lui. Andò il diavolo, ma anch’egli, veduto il segno della croce, scappò come era scappato il primo. Allora Cipriano scacciò anche quello, beffandolo duramente, e con altre magie chiamò addirittura il principe dei diavoli e gli disse: «Che potenza è la vostra, se una ragazza vi sbaraglia tutti?». «Lascia fare a me!» rispose il diavolo. «Adesso vo e le metto addosso una smania tale da farle venire la febbre. I suoi sensi si accenderanno talmente da renderla come pazza. Saprò ben io suscitare in lei le più sconce e sensuali fantasie».
Il principe dei diavoli si trasforma allora in una ragazza bella e gentile, poi va da Giustina e le dice: «Ho sentito parlare della tua santità e sono venuta a vivere con te per essere istruita e ammaestrata al tuo esempio. Prima però vorrei sapere che merito avremo di questa terribile battaglia contro la carne». «La ricompensa è grande e la fatica è poca» le rispose Giustina. «Allora dimmi», replica l’altra «se Dio ama tanto la castità, come mai ha comandato; ” Crescete e moltiplicatevi “? Ho paura che, a mantenere la nostra verginità, si vada contro questo comando di Dio; e Dio, mentre noi aspettiamo il suo premio, ci potrebbe punire gravemente».
Intanto incominciò a ferire la mente di Giustina con tante insinuazioni lascive, a eccitarla con tali fantasie impure, che alla fine la fanciulla, non potendo più resistere a quelle tentazioni, si alzò fuori di sé e voleva andare a peccare. Per fortuna la grazia divina in quel momento le venne in aiuto. Giustina tornò in sé, e riconosciuto l’inganno del diavolo si fece il segno della croce: e fatta ardita, soffiò in viso alla ragazza. Subito il diavolo disparve come la cera al fuoco, e le tentazioni finirono.
Al demonio non restava che cambiar tattica: ecco si trasforma in un bel giovanotto ed entra direttamente nel letto di Giustina, cercando di abbracciarla e di farle violenza. Anche questa volta però Giustina, ispirata dallo Spirito Santo, si fa il segno della croce, e il diavolo prende la fuga. Satana allora, vedendo che non la poteva vincere in nessun modo, cercò almeno di disonorarla. Dato a un demonio l’aspetto della fanciulla, si recò con lui da Cipriano e gli disse: «Ecco che t’ho portato Giustina». La fanciulla-demonio, fingendo d’essere innamorata di lui, cominciò ad abbracciarlo e a baciarlo, perché, vantandosi Cipriano con tutti d’aver avuto la fanciulla, essa restasse infamata. Intanto Cipriano, credendo di aver tra le braccia la vera Giustina, era pazzo di gioia e le sussurrava: «Benvenuta Giustina, bellissima fra tutte le donne!». Ma il diavolo, solo a sentir nominare la santa di Cristo, dette uno strattone e scomparve.
Cipriano a trovarsi così beffato diventò triste e si accese più che mai di desiderio, tanto che, come pazzo, andava davanti alla porta di lei e vi restava delle ore; oppure con le magie si trasformava in donna o in uccello, per poterle entrare in casa senz’essere riconosciuto. Ma appena arrivava a quell’uscio, tutta la magia svaniva ed eccolo ritornare Cipriano, costretto a scappare pieno di paura e di vergogna. Anche il suo amico Acladio una volta si trasformò ih una passera, per salire sulla finestra di Giustina. Ma, appena lei lo guardò, tornò ad essere Acladio e stava lì pieno di spavento, perché non riusciva più a scendere, e di entrare non aveva il coraggio. Allora Giustina, temendo che cadesse e morisse, ebbe misericordia di lui, gli dette una scala e lo lasciò andar via. Infine il demonio tornò da Cipriano pieno di confusione. «Vedo che anche tu sei stato vinto come gli altri», gli disse il giovane «tu che ti vantavi di esser tanto potente! Ma, dimmi, come mai quella fanciulla nessuno la può vincere?» «Solo se mi giuri di non abbandonarmi», rispose il diavolo «io te lo rivelerò». Cipriano giurò e il diavolo disse: «Giustina, tutte le volte che siamo andati da lei s’è fatta il segno del Crocefisso, e quel segno fa perdere a noi diavoli tutto il nostro potere». «Dunque il Crocifisso è più forte di voi?» chiese Cipriano. «Sicuro!» rispose il diavolo «È onnipotente e getterà nel fuoco eterno noi e tutti quelli che stanno con noi». «Allora io voglio diventare amico di questo Crocifisso», disse Cipriano «per non venire con te a soffrire nel fuoco!». «Non mi puoi abbandonare!» disse il diavolo «L’hai giurato!» «Ma io ti disprezzo», esclamò Cipriano «rinunzio a te, alla tua inutile potenza e a tutti i tuoi demoni, e mi arrendo al Crocifisso!». E, appena ebbe fatto il segno della croce, il diavolo fuggì vinto, e Cipriano corse dal vescovo di quella città per farsi battezzare.

 

santa drusiana
Visitate molte città dove predicava la parola di Dio, san Giovanni giunse a Efeso in cui prevedeva di dover finire i suoi giorni. Fu tanta la venerazione che ispirava agli abitanti di quella città, che tutti volevano toccargli le mani e le vesti, e a quel contatto si sentivano penetrati da un senso di benessere o ricuperavano la salute. Fu allora che il nemico del genere umano cercò di sciupare quella santa allegrezza e di oscurare quella fama, suscitando contro di lui un pagano, che si era innamorato di una cristiana: Callimaco, giovane d’indole ardente, preso da sfrenata passione per Drusiana, benché la sapesse moglie d’Andronico. E non cessava un solo giorno di provocarla all’adulterio.
Si era sparsa la voce in città che Drusiana, dopo l’arrivo dell’apostolo, alla cui religione si era convertita, viveva separata dal marito, come fratello e sorella. Questa voce accese ancor di più le voglie cattive di Callimaco. Raddoppiò le sue insistenze, ma senza nessun frutto. La donna cadde ammalata e nel delirio della febbre esclamava: «Maledetta questa mia fragile bellezza, che provoca tanti peccati! Io, che ho fatto una ferita così grande in quell’anima malata, non desidero altro che morire. Mio Signore Gesù, portami via con te e salva quell’infelice!». Così diceva Drusiana alla presenza dell’apostolo e degli altri che la circondavano, ma nessuno la capiva. Morì di lì a dieci giorni, lasciando il marito desolato anche d’averla veduta immersa in un turbamento di cui non sapeva il motivo.
La morte di Drusiana non aveva spento la passione di Callimaco, anzi l’aveva fatta erompere come un irresistibile incendio. Si mise in testa di possedere da morta colei che non aveva potuto avere viva. Corruppe un servo d’Andronico e riuscì a penetrare nel sepolcro dove giaceva il corpo di Drusiana. Quando fu là: «A che ti avrà giovato» gridò «respingermi quando eri viva? Adesso le tenebre della tomba non ti possono salvare!». E Callimaco stava per compiere l’estremo oltraggio, quando ecco una serpe lo morse e lo freddò col suo veleno sottile. Il giorno dopo, terzo dalla morte di Drusiana, Andronico e l’apostolo vennero di buon mattino a pregare nel sepolcro di Drusiana e, scesa la scala, fremettero di raccapriccio vedendo i due cadaveri e il serpe che, avvolto su se stesso, stava assopito sul petto di Callimaco.
«Vattene!» ordinò Giovanni al serpente, che obbedì e scomparve. Poi si rivolse a Dio con una preghiera ardente e Callimaco tornò in vita e confessò a Giovanni quello che voleva fare. Finì il racconto piangendo dirottamente per la vergogna e il pentimento e l’apostolo l’abbracciò dicendogli: «Benedetto sia Dio e il suo Figliuolo, che ebbe compassione della tua pazzia e ti trasse da morte per farti rinascere alla fede, alla pace, alla grazia!». Allora Andronico supplicò Giovanni di rendergli viva Drusiana. «Bisogna» diceva «che la veda liberata di quella tristezza che l’ha fatta morire. Solo adesso capisco ch’è morta per la pena d’esser stata causa di colpa per Callimaco!».
Giovanni, toccato da quelle parole, si accostò, volgendo in alto gli occhi, alla donna che giaceva morta, la prese per la mano e le ordinò in nome di Dio e per la sua grazia: «Alzati». Ed essa si alzo.

 

sant’attastasia
Anastasia era figlia del potente Protestato, pagano e adoratore degl’idoli, mentre sua madre era cristiana: e cri-
stiana crebbe anche la figlia, che fu istruita nella fede da san Grisogono. Poiché era molto ricca, procurava il nutrimento ai prigionieri e ai poveri che erano perseguitati per la loro fede. Di notte infatti Anastasia si levava di nascosto e vestita d’umili panni si recava insieme alla sua fantesca alla prigione dov’erano chiusi i cristiani, e portava loro quello che poteva. E in quest’opera di carità aveva per compagne tre vergini cristiane: una si chiamava Agape, una Chionia e l’altra Irene. Allora il prefetto di Roma le fece imprigionare e condurre davanti a sé; e vedendo che non volevano obbedire ai suoi ordini, le fece rinchiudere nella sua cucina, dov’erano riposti paiuoli, pentole e altri utensili. Poi, siccome era stato preso dalla voglia di possederle, perché erano molto belle, penetrò solo nella cucina e, per volontà di Dio, credendo di abbracciare e baciare le ragazze baciava e abbracciava le pentole, le conche e i paiuoli senza avvedersene. Sazio di carezze e di abbracciamenti uscì infine dalla cucina: e i suoi servi lo credettero impazzito, quando lo videro così nero di fuliggine. Allora cominciarono a schernirlo e a picchiarlo, e poi scapparono tutti dal palazzo, mentre il prefetto, gridando e tempestando, correva dall’imperatore per accusarli. Entrato nella reggia così sporco e scarmigliato, anche lì fu preso per pazzo: gli gettarono il fuoco in faccia e lo presero a frustate e a bastonate. Finalmente lo vide qualcuno dei suoi parenti, e lo avvertì che era tutto sporco e stracciato. Guardatosi allo specchio, vide anche lui in che stato era ridotto e gli venne il sospetto che le ragazze lo avessero ammaliato. Furioso, comandò che, spogliate nude, gli fossero portate davanti per guardarle a suo piacere.
Allora le vesti delle ragazze si appiccicarono alla carne, e nessuno fu capace di spiccicarle. E il prefetto, per il miracolo che aveva visto, uscì quasi di senno e cominciò a dormire così profondamente che non c’era verso di svegliarlo.
Cera una donna vicino quando Cristo fece dei segni sulla sabbia.
Segni che poi cancellò.
Il mare che vedo dietro di lui è opaco come il mare del nord e la sabbia di pallidissimo rosa, quasi bianca, opalescente.
Non erano segni casuali.
Volle che fosse un messaggio.
Messaggio?
«Che volevi dire Signore»?
La sabbia si ricompose piatta.
Rispose il silenzio all’angoscia.
Cristo sorrise.
Io sono la verità e la vita.
È il mare che dovevi guardare non lui,
vasto e sconfinato ti avrebbe perduta? salvata?
Invece così con il suo subdolo modo d’agire ti ha rubato per sempre la tua trascendenza.