1975: anno della donna?

dall’onu solo chiacchiere

giugno 1975

 

Nonostante il fatto che tutte le nazioni rappresentate all’Onu opprimano le donne a tutti i livelli e in tutti i modi, molte sino alla schiavitù e alla mutilazione, e non siano affatto interessate a rinunciare a tale privilegio, alcuni bravi «signori» del Segretariato delle Nazioni Unite hanno deciso che il 1975 sarebbe stato l’Anno Internazionale della Donna.

È tipico di questo genere di mentalità che l’abbiano deciso trascurando il fatto che anche i metodi di assunzione del personale da parte del Segretariato sono palesemente discriminatori. La decisione di indire l’anno della donna è stata semplicemente un riconoscimento, giunto in ritardo, del fatto che il femminismo è di moda nel mondo occidentale, il cui modo di vita domina l’auto-immagine dell’Onu nonostante la palese irrilevanza che ha per la maggior parte delle persone che vivono sul nostro pianeta.

E così le donne di paesi in cui la maggioranza della popolazione femminile è incinta e lavora duramente nei campi senza essere pagata, sono felicissime di discutere il problema «matrimonio o carriera?» nei termini posti delle riviste femminili americane. L’Anno Internazionale della Donna è una semplice estensione del femminismo di Madison Avenue: le lavoratrici agricole dell’Asia e dell’Africa potranno tranquillamente gettar via le zappe e accendersi una Virginia Slim (che negli Usa è stata lanciata come la sigaretta per la donna con lo slogan «Ne hai fatta di strada, bambina! Ora hai la tua sigaretta» n.d.r.).

Quest’anno, come nel 1974, decine di migliaia di neonate moriranno a causa di pratiche nutritive discriminatorie, migliaia di donne subiranno la mutilazione dei genitali esterni e centinaia di migliaia saranno manipolate e castrate in omaggio al controllo demografico.

Le guerre pretenderanno il loro solito tributo dalle donne con le stragi, le rapine e la prostituzione. Nel 1975, gli Stati Uniti faranno in modo di non lasciar passare l’emendamento sulla uguaglianza dei diritti tra i sessi. Le possibilità delle donne di controllare la propria fertilità diminuirà invece di aumentare. Impassibili, le Nazioni Unite organizzeranno ore di chiacchierate su «Donne: eguaglianza, sviluppo, pace».

Quest’anno di «disgrazia» è iniziato in sordina; metà dei membri delle Nazioni Unite non sono riusciti a dare all’anno della donna neanche un tributo verbale. Soltanto 16 governi su 138 hanno promesso di contribuire al fondo volontario costituitosi per l’anno della donna e di questi solo 13 hanno di fatto versato i contributi, ma in quantità irrisorie — 100.000 dollari per gli Usa, solo 10 volte la somma versata dalla Finlandia. Il totale previsto è di un milione e 350.000 dollari; l’ammontare ricevuto è di 1 milione e 209.633.

La conferenza dell’anno prossimo sugli insediamenti umani, che avrà luogo a Vancouver, dispone già di un bilancio di molti milioni di dollari; il mini-bilancio dell’Anno della Donna deve bastare per finanziare sei conferenze regionali e quella internazionale che si svolgerà in Messico dal 19 giugno al 2 luglio. Il fallimento del fondo volontario sarebbe stato meno disastroso se le Nazioni Unite non avessero «dimenticato» l’Anno della Donna nel redigere il proprio bilancio; si sono racimolati così solo 258.000 dollari. Le donne non controllano né le Nazioni Unite né i governi degli stati membri, né le multinazionali né i cordoni delle borse delle nazioni; tuttavia su di esse cadrà il biasimo per il fallimento dell’Anno della Donna. La leggerezza e le abborracciature del Segretario dell’Onu saranno interpretati come prova della mancanza di interesse pubblico per la condizione femminile. Le Nazioni Unite non hanno il potere di obbligare i governi a non opprimere gli oppressi, e nessuno specchio per le allodole potrà nascondere questo fatto. L’Onu è troppo spaventata dal potere dei suoi vari blocchi per rischiare di offendere i singoli governi anche mediante una semplice mozione di censura.

Ai rappresentanti delle nazioni che negano il voto alle donne, ne deformano le gambe e ne velano i visi, e in cui i mariti hanno il diritto di uccidere le mogli, non si chiede neanche di fornire spiegazioni su tali pratiche, specie se producono (come fanno sempre) donne addomesticate che si inseriscono docilmente nello «show-chiacchierata» profemminista messo su dall’Onu. Il comitato consultivo che redige il Piano Mondiale d’Azione ha avuto come presidentessa la sorella gemella dello Scià di Persia, Principessa Ashraf, che nessuno oserà offendere chiedendole notizie di Mehry Manoutcherian, la prima donna avvocato dell’Iran, che ha dato le dimissioni da senatrice per il fatto che le nuove leggi iraniane sul passaporto richiedono l’autorizzazione del marito perché la moglie possa lasciare il paese.

Quello che fa rabbia è che le donne non hanno neanche la possibilità di ignorare la messa in scena delle Nazioni Unite perché esiste la reale possibilità che formulazioni antifemministe si insinuino nelle dichiarazioni di pie intenzioni dell’Onu e là si cristallizzino e diventino inamovibili. La brutalità del Piano d’Azione per la Popolazione dell’anno scorso ha messo in guardia molte donne sull’ignoranza e la leggerezza dell’atteggiamento dell’Onu nei confronti di metà della popolazione mondiale e la loro lotta dell’ultima ora, per umanizzare quell’acqua sporca linguistica che sono le ambiguità diplomatiche dei discorsi delle Nazioni Unite, è stata senza frutto.

La risoluzione su «Donne e alimentazione» sostenuta da Bangladesh, Egitto, Gran Bretagna e Stati Uniti alla conferenza mondiale sull’alimentazione a Roma lo scorso anno riguardava soprattutto le donne come alimentatrici dei bambini, specialmente attraverso l’allattamento prolungato al massimo.

In un mondo sconvolto dai problemi della fame e dell’esplosione demografica, la convinzione che le donne che non stanno nutrendo bambini possono anche morir di fame è stata appena celata. Le donne di tutto il mondo sono condizionate a mangiare meno degli uomini, dopo che gli uomini «si sono serviti» ma non c’è stata una parola da parte dell’Onu che rivelasse la minima preoccupazione sulle differenze di nutrizione.

Quattro delle conferenze regionali riguardano le donne e la popolazione. Le donne, dannazione, SONO la popolazione, ma l’Anno della Donna non riconoscerà questo fatto. Parte semplicemente da dove si era fermato l’Anno della Popolazione, Come ha detto Elizabeth Reid, consigliere speciale del primo ministro australiano sui problemi femminili, durante un seminario del 7 marzo, accuratamente ignorato da tutti i mass media eccetto dalla claque dell’Onu stessa, l’anno della Donna sembra un Giorno della Mamma prolungato.

Se l’anno della donna fosse stato pianificato in modo adeguato, finanziato come si deve, e le ricerche preparate per tempo, le donne avrebbero potuto avere un motivo per benedire il giorno in cui Helvi Sipila divenne Segretario Generale Assistente per lo Sviluppo Sociale e i Problemi Umanitari. Avremmo allora potuto avere un’informazione accurata e adeguata sulla metà della popolazione mondiale che è privata del diritto di parola — sulla propria salute, la propria etica, il proprio carico di lavoro, il proprio contributo all’economia nazionale, la propria valutazione del lavoro, gli effetti dei mutamenti sociali ed economici sul proprio modo di vivere e il proprio status sociale — tutti prerequisiti per una discussione realistica che non esiste.

Studi completi sulle donne nell’ambito dei programmi di controllo demografico, sulle donne come vittime di guerra, sulle donne come gruppi di pressione avrebbero potuto essere intrapresi per tempo per dare a chi parla della questione nelle varie parti del mondo alcuni spunti su ciò di cui le donne hanno bisogno.

Forse si sarebbe potuto dare la parola ad alcune dei 500 milioni di donne analfabete del mondo. Alcune delle centinaia di milioni di casalinghe non pagate avrebbero potuto riassestare le nostre ingenue visioni materialistiche sull’importanza di essere integrate nel processo di produzione. Nonostante il fatto che non esistano le condizioni necessarie per trasformare l’Anno della Donna in un successo, le donne stanno lottando per prevenire le peggiori conseguenze delle discussioni senza fine sulla vita della donna che verranno fuori dal consesso prevalentemente antifemminista delle Nazioni Unite.

La domanda adesso non è: «Donne, cosa vi aspettate che l’Anno della Donna faccia per voi?» ma «Cosa temete che farà contro di voi?». Il solo modo che abbiamo di controllare la situazione è — sulla stessa linea «egregia» delle Nazioni Unite — lavorare per l’anno della donna e inghiottire la nostra bile per il fatto che possa apparire che lo stiamo sostenendo.

 

(da New York Times)