femminismo che fatica !

«Sentiamo tutte l’esigenza di confrontarci come donne… con la realtà delle elezioni, e quindi ben venga un dibattito su questo».

giugno 1976

mi considero, forse a torto, una ormai «vecchia femminista» del nuovo femminismo. Da parecchi anni ormai ci sono dentro fino al collo a questa idea, a questa lotta, a questa cosa. Un po’ nell’ MLD, poi ripensamenti, poi Pompeo Magno; autocoscienza, poi ancora la crisi personale del ritiro dall’impegno, poi ancora il Crac e tutto quello che ha significato per me, come per tutte noi, vederla crescere questa lotta, in piazza sì, ma anche nella coscienza delle donne, nei rapporti personali, sempre più difficili e pieni di contraddizioni, nei giornali, nei partiti, nelle organizzazioni (come?). E poi i tentativi di strumentalizzarci, la realtà di una strumentalizzazione da parte di strutture e persone che di noi poco vogliono o possono capire. Ci fa paura. Dopo una mia fase di «superlavoro organizzativista» nel Crac, puntualmente criticato e messo in crisi dalle compagne, mi trovo ora (che difficile per me parlare al personale) in una fase di recupero dei valori più profondamente rivoluzionari del Movimento, il personale è politico, l’autocoscienza, la prassi all’esterno che non può più prescindere dalle nostre esperienze, l’autonomia del movimento delle donne, la sessualità, la lotta lacerante per rovesciare una concezione della sessualità (che è

dentro e fuori di noi) che ci fa sempre più paura, e le contraddizioni, i passi indietro la paura di scoprire strade diverse, un modo nuovo di intendere il corpo e quindi noi stesse tutte intere. Come l’ho vissuto male questo coordinamento nazionale dei consultori di Roma. La proposta di Lotta Continua (non tutta intera, le compagne di Roma, le care amiche in disaccordo, i vertici, condizionati, ostinati) di fare un dibattito sulle elezioni, prima portata avanti capillarmente nelle realtà locali, poi al coordinamento, ottusa, dura, inibente qualsiasi tentativo di continuare la nostra via, questo coordinamento lacerato, nel quale il Movimento non si ritrova. Nato per un confronto su scala nazionale, non il primo, sulla ricchissima e varia realtà della lotta per i consultori, vissuto da molte di noi esclusivamente come manipolazione, tentativo di renderci strumento, — il Movimento delle donne —, di una tattica politica elettorale che non possiamo pensare di affrontare nel modo in cui è stato posto. Sentiamo tutte l’esigenza di confrontarci, come donne, ma anche come Movimento delle donne, con la realtà delle elezioni, che ci riguarda da vicino, e quindi ben venga un dibattito su questo, che in parte già c’è stato un po’ in tutti i collettivi, ma, il sistematico tentativo di imporre il dibattito da parte delle compagne di Lotta continua, ma non solo da loro, è un dato grave che dobbiamo affrontare, il sintomo di una discrepanza di crescita sui contenuti, a livello nazionale, che dobbiamo capire fino in fondo in tutti i suoi lati, per potere, su questo, andare avanti. Il nostro approccio con le elezioni politiche, non può, soprattutto prescindere da un discorso molto articolato sul rapporto delle donne con le istituzioni, con le gerarchie, con tutti i modi di potere, con i quali da sempre ci scontriamo e che, da sempre, si sopraffanno. Molte donne con le quali ho parlato nei giorni del dibattito, avevano in perfetta buona fede, una serie di problemi, ad esempio sull’autonomia del movimento (che per noi non è «all’interno della sinistra extraparlamentare») che ci devono far riflettere, che ci costringono a renderci conto che evidentemente su di una serie di punti sui quali si era certe di avere chiarezza, le nuove compagne femministe, le moltissime donne che al femminismo sono arrivate e stanno arrivando in questi mesi, si devono ancora confrontare. Compagne che parlano esclusivamente di contraddizione uomo-donna nel proletariato, compagne che parlano di una raggiunta unità del movimento di fronte alle elezioni. Compagne che vorrebbero una indicazione di voto alla sinistra extraparlamentare, o addirittura di lista.

E le altre? le compagne femministe dei partiti tradizionali della sinistra? le donne apoliticizzate? le più isolate? Quelle che hanno rifiutato fino in fondo, una politica nella quale non si riconoscono più, tutte loro sono meno femministe? Vivono la nostra contraddizione orizzontale in modo condannabile o più diluito? Diamogli la linea, perbacco!

Su questo il Movimento è cresciuto, anni di dibattito sull’autonomia sembrava avessero chiarito l’importanza di questo dato alla crescita del Movimento; e su questo, in periodo di elezioni, si vuole creare molta, secondo me, strumentale confusione. Quando sono diventata comunista, e per me, non è stata una scelta facile né breve, da quel momento in poi, non ho messo in dubbio che la società fosse divisa in classi, e cosa significa, allora qualificarsi come femministe senza aver mai fatto autocoscienza, senza aver capito l’autonomia del movimento, senza aver messo in crisi o almeno aver tentato di mettere in crisi, fino in fondo, i propri ruoli, le proprie gabbie culturali, i rimorsi politici, i sensi di colpa, la consapevolezza che tutti, dico tutti i partiti e le organizzazioni politiche non ci rappresentano in quanto Movimento delle donne, risultato di una storia e di una prassi politica di tipo patriarcale che andiamo chiarendo e nella quale per le donne non c’è mai stato lo spazio per sopravvivere intere. E come pensare di non confrontarsi con la ricca ed eterogenea realtà delle donne strozzandoci in un’ottica (quella extraparlamentare) che significherebbe la nostra morte politica e finalmente la possibilità, anche da parte della sinistra, di inglobarci ordinatamente, lasciandoci, quello sì, lo spazio «giusto». Il suicidio della nostra enorme potenzialità rivoluzionaria passa anche attraverso questi dubbi livelli di coscienza in molte di noi. Questo, mi sembra quasi inutile sottolinearlo, non vuol dire non confrontarsi con le diverse realtà di organizzazioni e di partito, non vuol dire rinunciare alla lotta estenuante e difficile di portare i nostri contenuti all’interno di ogni realtà, di batterci insieme a partire dal nostro vissuto di donne sui nostri contenuti; ognuna di noi se femminista, lotta contro una società nella quale l’oppressione delle donne va di pari passo con lo sfruttamento più complessivo, quelle di noi che militano nelle organizzazioni hanno e specialmente in questo momento elettorale, avranno, il Movimento femminista come referente delle loro lotte all’interno dell’organizzazione ed all’esterno.

Questo disagio (che a Roma ci ha portato a rinunciare alla organizzazione della riunione nazionale specifica sulle elezioni, che sentivamo come una grossa violenza politica e di «situazione» che ci era stata imposta in modo a dir poco «maschile») questo disagio e questa esigenza di: «va bene, questo è chiaro, andiamo avanti»! che sento in questi giorni, non può essere interpretata come gesto di vertice, o pigrizia o non volontà di confronto con i nuovi contributi, ma nasce da una profonda volontà di non tornare indietro, di lottare insieme, di non perdere di vista i nostri principali compiti in questo momento, che non sono certo legati esclusivamente alle elezioni. Io intanto, vado avanti a succhiarmi frustrazioni su frustrazioni in questi giorni, ogni volta che mi metto in contatto con il Movimento, che devo imparare di nuovo a vivere come mio.