il femminista

gennaio 1974

 

Sta sorgendo nell’arco delle tipologie maschili un nuovo personaggio: il femminista.

Il femminista nasce di regola in ambienti intellettuali, genericamente di sinistra, non è però un militante, per le pesanti contraddizioni ideologiche di cui sarebbe inerme portatore nella struttura del suo partito, appartiene quasi sempre alla borghesia, per l’aspetto economico, ed ha atteggiamenti e gusti legati alla moda delle idee di più recente rottura con gli schemi tradizionali.

Può rinvenirsi indifferentemente in diverse categorie generazionali, ma il maggior numero di esemplari si riscontra tra i giovani sotto i 30-35 anni salvo qualche sporadico, interessante caso tra sofferti uomini « maturi ».

E’ un uomo informato sulle posizioni dei gruppi femministi, se gli si lascia spazio, enuncia le « sue » teorie su ciò che è, su come si dovrebbe organizzare e ideologizzare un movimento di portata storica, che ha runico difetto nell’essere gestito univocamente dalle donne prive per retaggio storico di capacità…

Se ascoltata la sua capacità organizzativa potrebbe essere di modesta guida nel superare molte contraddizioni e tempi morti… è con dedizione convinta che pontifica sul suo femminismo, canzonato dagli altri uomini, inascoltato dalle donne femministe: voce che grida nel deserto. Qual è il tipo di rapporto personale del femminista con la donna? Il lieve aumento di coppie di coetanei genera qualche timido tentativo di gestione comune nell’ambito di una vetusta istituzione feudale: la famiglia. Con severa umiltà il femminista rifiuta a livello decisionale il ruolo autoritario di capofamiglia, è con fastidio ostentato che lo ricopre nelle situazioni civili, anagrafiche, burocratiche. Si presta sovente con oscuro eroismo a ruoli che tipicamente erano della compagna.

Sul piano sessuale i suoi gusti sono decisamente « alla moda »: egli ci vuole (certo, non ci si dà, ci « vuole »…) evolute, ci trova più interessanti se non passive, è stimolato ed eccitato dalla Donna Ribelle. Totale accoglienza, remissività, devozione al suo volere sono qualità capovolte: non è certo un corpo senza idee che lo può attrarre, bisognerebbe però risparmiargli brutali demistificazioni di tutto ciò, di volere cioè il corpo + le idee = doppio possesso. Di ciò possiamo cinicamente esserne convinte, ma evitiamo di ferire la sua sensibilità con una aperta denuncia, perché certo ha una sua sensibilità, una sua emotività da ripristinare ripescandole dal suo fondo virginale represso da questa società consumista, tecnocratica, competitiva.

Per noi tutto ciò va letto così: certi uomini cambiano la domanda di mercato, un certo tipo di merce- donna è meno quotato, ne è in ascesa un altro: resta un fatto di mercato, la sostanza della contrattazione non cambia.

Esiste infatti la riprova della superficialità di comodo di tale atteggiamento nella pratica di vita quotidiana di tali persone. Sono compagni che alla sposata riconoscono il diritto (o permettono) di portare il cognome suo da sempre, alla bambina di giocare col treno, si comprano e leggono Effe in poltrona, mentre la moglie loro prepara il cibo, alleva la loro prole, provvede alle banalità quotidiane di una casa. La teoria è perfettamente padroneggiata, la prassi è troppo dura.