le donne insegnanti

una scuola da inventare

luglio 1974

 

Molte vite di donne, o perché insegnanti o perché madri di studenti o tutte e due, pulsano con i quadrimestri. Anche quest’anno il femminismo non è passato nella scuola anche se sembra che qualcosa si stia muovendo. In alcune scuole qualche insegnante (generalmente di lettere) più illuminata ha fatto fare ricerche sulla «condizioni della donna», altre più audaci sono arrivate a discutere di aborto. Ma allora il femminismo sta arrivando anche a scuola? La coscienza dell’esistenza del problema femminile è importante, ma se contemporaneamente non porteremo avanti una revisione radicale di tutto il sapere non faremo molti passi sulla strada del femminismo che è la rivoluzione culturale completa.

Non possiamo fermarci anni a far passare piano piano una discussione sulla famiglia, sulla donna, senza testi, senza punti d’appoggio se non noi stesse, il nostro vissuto; anche perché questa prassi che noi femministe rivendichiamo è nella scuola molto rischiosa. Per poter lavorare bisogna collegarci, mettere insieme il materiale già elaborato di storia, di scienze, di letteratura insomma tutto quello che esiste e cominciare a dire la nostra opinione su tutto. Dobbiamo arrivare alla verità che ci hanno sempre taciuto, dobbiamo scoprire chi siamo e chi siamo state e cominciare ad insegnarlo alle prossime generazioni. La scuola è un «ghetto femminile» ci dicono sempre, e allora sfruttiamolo il più possibile. Le donne che lavorano nella scuola o per la scuola devono produrre materiale usabile nella scuola. Bisogna reinventare tutto, riscrivere tutto. Oggi non ci possiamo più permettere di adottare noi donne, che siamo la larga maggioranza della classe insegnante, un libro di storia che ignora l’esistenza di noi donne e che alla fine pone come «lettura» di mezza pagina la vita delle donne romane. Non possiamo più adottare libri d’arte in cui l’arte è solo quella immarcescibile dei monumenti e non le altre infinite forme di espressione che noi donne abbiamo tirato fuori nei millenni. Ma perché un dipinto ad olio vale più di un tessuto al telaio? La risposta è che vale di più perché tutto quello che nei secoli abbiamo espresso noi donne non è stato neppure catalogato ed è semplicemente caduto nella non considerazione.

E pensare che diamo un quattro all’alunno che fa vivete Napoleone 50 anni prima o dopo il vero, indignandoci di una simile mancanza di dimensione storica, mentre noi stesse siamo portatrici non coscienti del più grande falso storico mai esistito: la presunta esclusione delle donne dalla creazione del sapere.

Noi dalle cattedre stiamo «educando» generazioni di futuri adulti e inculcando loro tutti quei valori e quei falsi storici e scientifici che porteranno i maschi ad essere oppressori senza neppure il senso di colpa, e le donne a vivere il ruolo in eterno conflitto.

Anche io insegno e so quanto sia difficile poter dire la verità. In una società, come la nostra, basata sull’ingiustizia, il giusto è strano, non usuale, stona, dà fastidio e si deve quindi eliminare, magari riconoscendo che è giusto. E’ questo per esempio il caso che è capitato nella mia scuola; mi hanno chiamata per riempire un modulo delle tasse sul quale erano previste varie ipotesi riguardo lo stato civile e cioè: «celibe», «coniugato», «vedovo». Ho fatto presente che io non mi ritrovavo in quel modulo e che quindi non lo potevo riempire e che era una cosa assurda stampare un modulo simile visto che sarebbe stato riempito quasi esclusivamente da donne. La risposta che mi è arrivata è quella che ormai siamo abituate a sentire: «in linea teorica lei avrebbe ragione, ma certamente bisogna proprio essere arrivati a dei punti di esasperazione elevati per attaccarsi a queste formalità». E così tutte le cose o sono «formalità», e allora chi le nota e combatte è un’isterica, o sono problemi «sovrastrutturali» e bisogna aspettare la rivoluzione per risolverli. Noi femministe abbiamo comunque scelto un metodo di lotta che consiste nel- l’agire dovunque e in qualunque condizione si possa farlo cercando, ma non sempre riuscendo, di non fare i kamikaze. E così si rischia la scissione completa di noi stesse divise tra quello che si pensa e quello che bisogna vivere, coscienti che la nostra verità, anche la più documentata verrà combattuta perché più di altre sovvertitrice di questo ordine che si regge sulla nostra oppressione senza la quale nessuna società attuale potrebbe sopravvivere.

Le biblioteche di scuola sono state quasi tutte pazientemente, certosinamente ordinate, catalogate, gestite da donne. Chi è addetta ad una biblioteca è sempre felice di vedere leggere gli studenti in nome di una loro futura autonomia culturale che li proteggerà in questa società aggressiva. Ma cosa leggono i giovani in queste biblioteche? cosa abbiamo ordinato perché la nostra verità venga fuori? Ancora pochissime di noi osano ordinare libri «femministi» e libri che senza essere etichettati come tale rendano giustizia alle donne non ce ne sono.

Ho fatto una piccola indagine nella mia biblioteca di istituto tecnico industriale e naturalmente non ho trovato alcun libro che potesse far capire neppure alla lontana che nel mondo si sta organizzando un movimento di massa o che sta nascendo con grande sforzi in altri paesi una alternativa culturale. Sono passata allora ad esaminare i vocabolari e le inciclopedie per rendermi conto del punto a cui siamo sulla conoscenza di alcuni fatti. Ebbene guardare questi vocabolari è una disperazione; se i nostri alunni, i nostri figli vorranno cercarvi le parole per saperne non solo la ortografia ma il senso avremo contribuito all’ignoranza e non all’apprendimento. Si renderanno conto che (se sono ragazze) tutto ciò che riguarda il loro corpo è insignificante rispetto per esempio a ciò che compone una nave, infatti su moltissimi vocabolari italiani manca la parola « clitoride » mentre su nessuno da me consultato manca «prua» (parte della nave) e se ne deduce tristemente che anche per i filologi le donne sono meno importanti delle barche. E così via o si tace di noi, o si travisa o si sottovaluta ciò che ci riguarda. Per esempio, nel « Dizionario Enciclopedico Italiano » in 12 volumi del 1965 si può leggere alla parola «pene» 59 righe di spiegazione, a «clitoride» 4 righe. E Freud dice che abbiamo l’invidia del pene; noi abbiamo l’invidia di quelle 5 righe in più non giustificate se non da una scala di valori che ci opprime. Proseguo nell’indagine e vedo un bellissimo «Dizionario storico» nuovissima enciclopedia edita Ceschina e mi slancio alla ricerca di Movimento femminista o femminismo. Delusa mi sposto a suffragettismo ma neppure di questo movimento politico trovo una riga ma sono subito compensata: non esiste femminismo in questo dizionario storico, ma in compenso c’è Federico Fellini al quale si dedicano 5 righe. E le nostre nonne suffragette che sfilarono per chilometri a Parigi? e Olympe de Gouges ghigliottinata da Robespierre? e la conquista del voto? e il diritto all’istruzione? E’ più importante chi si è arricchito con films più o meno intelligenti che un movimento politico di donne.

E se una giovane ha un problema sessuale e viene a trovarsi tra le mani una enciclopedia? ebbene è praticamente rovinata perché leggerà (Enciclopedia Motta Venti volumi pag. 4429 «la ninfomania è una perturbazione che si può manifestare sia in senso quantitativo (esagerazione dell’istinto) sia in senso qualitativo ed allora il desiderio sessuale è volto verso persone dello stesso sesso». Questa enciclopedia è stata scritta da una cinquantina di dott. Proff. ing. e la sessuologia è supervisionata dal prof. Claudio Civetta Beccaria. E noi che ci arrabbiamo tanto con i nostri alunni quando scambiano la c con la q! E se questa giovane ha dei problemi di identità sessuale e qualcuno l’ha chiamata omosessuale e va a riguardare bene il significato? E’ meglio non lo faccia perché è probabile si imbatta nel vocabolario Zingarelli tanto diffuso nelle nostre scuole e case dove troverà «omosessuale»: affetto da omosessualità. Capirà così immediatamente di essere malata e che deve curarsi; oppure troverà «lesbica» : donna affetta da perversione sessuale caratterizzata da attrazione amorosa verso persone dello stesso sesso. Si può dire che la situazione è comunque migliorata nel tempo ma non so se questo può consolarci. Nel famosissimo dizionario Petrocchi del 1891 si può trovare in effetti di peggio, ad esempio « orgasmo » (patologia) e poi la spiegazione; che significa che a chi sfuggiva un orgasmo non rimaneva che curarsi.

Pensate che nel futuro dizionario femminista troveremo scritto « isteria » giusta reazione nervosa delle donne alla propria oppressione economica, sessuale, culturale.