morte di un asilo rivoluzionario

luglio 1974

 

L’asilo sperimentale moscovita di Vera Schmidt

Secondo la sociologa Chiara Saraceno, l’asilo sperimentale russo, fondato a Mosca nel 1921 da Vera Schmidt ha costituito il primo radicale tentativo di educazione alternativa non solo nei metodi (applicazione delle conoscenze psicanalitiche in modo da dare alla teoria della sessualità infantile un contenuto pratico), ma anche nelle istituzioni (si tratta infatti di un’educazione quasi completamente extrafamiliare). Abituate come siamo a sentirci predicare l’importanza e la necessità imprescindibile della famiglia (e della madre) nell’educazione ben oltre i primi anni di vita, e all’equiparazione di ogni educazione extrafamiliare alle esperienze deleterie di istituzionalizzazione, è stimolante essere esposte ad un punto di vista alternativo che invece sottolinea i benefici di un tipo di educazione non ristretto al nucleo familiare. Purtroppo, a causa dei dissidi con l’autorità, questo asilo sperimentale potè durare solo 4 anni.

Organizzazione dell’asilo

Iniziato da un gruppo di persone interessato all’applica- zione della psicanalisi ai problemi dell’educazione comunitaria nell’età infantile, inizio con i fondi del Commissariato popolare in seguito tagliati, dopo che due commissioni di controllo criticarono i metodi di educazione sessuale vigenti nell’asilo. Tuttavia l’asilo potè continuare per altri tre anni, con 12 bambini divisi in due gruppi, ciascuno dei quali occupava due stanze di una villa con giardino. Alla cura fisica e pedagogica provvedevano da 3 o 4 educatrici che si alternavano ogni sei ore.

Principi e misuse pedagogici adottate

I principi pedagogici adottati dall’asilo sperimentale prendono spunto dalle scoperte della psicanalisi. Il bambino è visto come sottoposto in misura maggiore dell’adulto al dominio dell’inconscio, dominato principalmente dal principio del piacere, e con una sessualità che si sviluppa in una serie di fasi pregenitali. Utilizzando il principio del transfert, l’educatore cerca di stabilire un rapporto positivo col bambino e di stimolarlo a sublimare e non a rimuovere i suoi impulsi, in modo da adattare il bambino gradualmente al principio di realtà. Concretamente questi principi venivano tradotti in una prassi che cercava di instaurare tra educatore e allievo un legame fondato sulla fiducia e benevolenza reciproca; Non esistevano punizioni; ogni valutazione di elogio o biasimo veniva tralasciata perché manifestazioni di giudizio dell’adulto venivano ritenute incomprensibili al bambino e utili solo a stimolare la sua ambizione e la sua coscienza di sé.

La particolare originalità di quest’asilo risiedeva specificamente nell’attenzione data alle manifestazioni della sessualità infantile e alla loro graduale sublimazione. Ecco come la Schmidt riassume l’atteggiamento educativo:

« gli allievi del nostro asilo sperimentale non sospettano che i loro impulsi sessuali potrebbero essere giudicati diversamente dai loro altri bisogni corporei naturali. Essi li soddisfano perciò tranquillamente e senza vergogna sotto gli occhi delle educatrici, non diversamente dalla fame, sete o dalla stanchezza ».

La Schmidt nota che lasciati liberi di sperimentare i propri impulsi i bambini tendono a passare da un interesse per la suzione, a quello per le loro e altrui feci, alla masturbazione occasionale e alla curiosità per i propri e altrui organi sessuali senza tuttavia fissarsi in nessuna di queste manifestazioni in maniera ossessiva o abituale. Secondo la Schmidt questo facilita il graduale processo di sublimazione e soltanto una parte limitata delle tendenze pulsionali infantili incorre nella rimozione e, dunque, magggiore energia psichica rimane intatta per apprendere e sviluppare interessi sociali e culturali.

Per quanto riguarda il rapporto coi genitori, che i bambini vivendo^ll’asilo vedevano solo la domenica, la Schmidt scrive che i bambini sembravano molto contenti di queste visite, ma tornavano senza lacrime e senza resistenze. I bambini avevano un ottimo rapporto coi genitori, ma non conoscevano autorità parentale o potere parentale, e a parere della saggista russa non è da escludere che questi buoni rapporti tra genitori e bambini si possano stabilire soltanto là dove l’educazione si svolge fuori dalla famiglia3, (d.f.)