CENTENARI

i mille e una donna

giugno 1982

 

Dal vortice di garibaldite che ha colpito l’Italia negli ultimi mesi, unica dimenticata, è la sola donna che contribuì alla preparazione e alla riuscita della spedizione dei mille, rimozione verso una donna deviante? forse, parlare oggi di jessie white è un nostro atto di giustizia storica non verso una garibaldina, ma per colei che con rabbia e lucidità condivise con i proletari italiani i disagi e le miserie post borboniche

 

Allo scoccare del centenario, il vortice garibaldino da cui è scossa l’Italia da molti mesi ha raggiunto l’acme, Garibaldi da eroe dei due mondi è ridotto a eroe dei due partiti.

Serve da pretesto per risse verbali fra socialisti e repubblicani che ne rivendicano la discendenza, con solo qualche timido tentativo da parte degli altri esponenti politici di appropriarsene, semmai solo un po’, un pezzettino, un gesto, una frase, magari nemmeno troppo storica. La televisione, tempo fa, ha dedicato a Garibaldi un kermesse di tre ore, durante la quale, perfino Andreotti e Montanelli cercavano di dimostrare di essere anche loro dei garibaldini seppure dissidenti. Fino ad arrivare giù giù, alle crociere di pellegrini a Caprera e ai pecorecci concerti televisivi in camicia rossa diretti da Giuseppe Garibaldi pronipote in persona.

A quando la beatificazione da parte della chiesa? In questo clima di riconciliazione propiziato anche dalle processioni laiche da Porta Pia al Vaticano, non si vede perchè la chiesa non potrebbe organizzarne una in senso inverso.

In epoca di revival garibaldino, ciascuno dei 1077 che lo seguirono torna ad avere di luce riflessa un nuovo attimo di gloria. L’unica dimenticata è la sola donna che contribuì alla storica spedizione, non solo partecipandovi, ma cooperando alla sua preparazione.

Il nostro volerla ricordare proprio ora non è un apporto in più alla sagra garibaldina, è semmai un atto di giustizia storica, una supplenza all’ennesima rimozione delle donne devianti, visto che, anche sui libri di storia contemporanea, uno studioso attento come Rosario Villari ricorda Jessie White esclusivamente come ”la giornalista inglese depositaria del testamento politico di Carlo Pisacane”.

Forse le cause della ’’dimenticanza” non sono tutte da ricercare nel sessismo storico, ma pure nel fatto che la presenza politica della White in Italia non si limitò alla spedizione dei Mille. Jessie White arrivò molto prima e osò andare oltre. Nei suoi articoli, come corrispondente della ’’Nation” e nei suoi libri, analizzò e cercò la soluzione dei mali sociali postborbonici. Furono analisi lucide le sue, ma anche appassionate. La stessa passione che si legge nell’indignazione costante, nell’anticlericalismo, nella laicità e nella militanza che la portarono a vivere, insieme con i proletari napoletani, i loro disagi. Non dismise mai l’arma della denuncia. Confessò la sua delusione per le aspettative nutrite verso i governi po?tunitari. Fu colpita dalla voluta indifferenza dei gruppi dirigenti per i mali sociali che affliggevano non solo Napoli ma la quasi totalità dell’Italia unita. Ed è così che ci appare Jessie White: una garibaldina e repubblicana convinta ed entusiasta, ma anche una dissidente critica e lucidamente contro. Per gli altri è quindi meglio dimenticarla o ricordarla solo per aver sanato le ferite dei ’’combattenti eroi” del nostro Risorgimento, piuttosto che per aver denunciato le piaghe della società. Le stesse di ora, che più delle vuote celebrazioni servono a ricordarci l’epoca di Giuseppe Garibaldi, perchè in fondo sono rimaste immutate.

 

la promessa di garibaldi

E l’autunno 1854, siamo a Parigi dove Emma Roberts, una appassita vedova inglese, sta accingendosi con un po’ di batticuore e duecentocinquanta vestiti ad affrontare un romantico viaggio che la porterà ad Avignone, Nizza e poi in Sardegna. Garibaldi, durante una breve tappa in Inghilterra, di ritorno dall’esilio nord americano, le ha fatto credere – sembra lo facesse per abitudine – di essere innamorato di lei. Ma la passioncella passeggera di Garibaldi è dovuta più al suo bisogno di fondi per la Causa che a reale interesse sentimentale.

Emma Roberts non se ne accorge e, ritenendosi ’’impegnata” lo sta andando a raggiungere, appunto, a Nizza. Di passaggio a Parigi chiede a Jessie White, studentessa di filosofia alla Sorbona, di farle da accompagnatrice. Jessie White conduceva una vita emancipata: viveva in una pensione e si manteneva scrivendo articoli per i giornali. Studiosa dei filosofi liberali, partecipe dei moti che stavano dilagando in Europa e insoddisfatta del proprio ruolo di intellettuale studiosa, era alla ricerca costante di qualcosa che le permettesse di vivere in modo concreto e dall’interno le lotte del proprio tempo. Era pronta a schierarsi con i repubblicani e odiava il papa. Aspettava solo che le si presentasse l’opportunità per dimostrarlo pratica- mente. E l’occassione le venne dall’invito di Emma Roberts. Sul viaggio verso l’Italia scrisse: ’’Accettai un invito da una signora che si era promessa a Garibaldi, ad accompagnare lei e la figlia in un viaggio in Italia. Era la realizzazione del sogno della mia vita e non solo feci la conoscenza del grande generale, ma vidi di persona molti nobili patrioti i cui nomi mi erano diventati familiari fin dal 1848.”

In maggio, però, Emma Roberts fece ritorno in Inghilterra. In casa di Garibaldi, Jessie dovette dare l’addio all’Italia e al suo eroe, ma oramai erano entrambi entrati a far parte della sua vita al punto che scrisse: ’’Eccomi qui amore mio, metà della mia anima, io amo te e il tuo paese è il mio. La tua patria è la mia unica patria. Ritornerò”.

 

la cospiratrice di genova

Tornata in Inghilterra, dedicò quasi tutto il suo tempo alle attività della Società degli Amici dell’Italia. Questo le permise di approfondire la conoscenza di Mazzini e di divenire una delle sue più fidate collaboratrici.

Verso la fine del 1856, dopo il fallimento dell’insurrezione organizzata da Rosolino Pilo, i fermenti rivoluzionari tornavano a divampare. Garibaldi rifiutò la richiesta dei mazziniani di organizzare una spedizione in Sicilia.

Turbata, forse delusa, Jessie White fa un ultimo tentativo di persuasione. Ma Garibaldi è irremovibile Jessie, insiste, chiede almeno una spiegazione e in questo viene esaudita: “Se io fossi sicuro di essere seguito da un numero ragguardevole presentandomi con una bandiera sulla scena d’azione del mio paese soltanto con una piccola probabilità di successo – dubitereste voi che io mi lancerei con gioia febbrile al conseguimento di quell’idea di tutta la vita, abbenchè mi si presentasse, per compenso, il martirio più atroce? (…) Combattete – io sono con voi – ma io non dirò agl’italiani: – sorgete! per far ridere la canaglia. Ovunque comandate al vostro fratello, G. Garibaldi”.

I fondi, scarsi, raccolti da Jessie in Inghilterra, servirono per finanziare il complotto che Pilo e Pisacane decisero di mettere comunque in atto contro i borboni. Mazzini, a questo punto, ritenne che la presenza di Jessie in Italia sarebbe stata utilissima alla causa e la invitò a recarsi a Genova per completare la preparazione dei piani. Inutilmente Garibaldi la pregò di restare fuori da questo complotto. Ormai Jessie era determinata.

A Genova fu scoperta, processata e condannata, come cospiratrice. In un dispaccio del 10 luglio a Lord Claredon (firmatario del passaporto di Jessie), si diceva fra l’altro: ”(.,,) Sulla causa di miss White, il governo ha preso in considerazione il sesso di questa persona e le sue opinioni politiche estremisti- che, e non desiderando trattarla troppo severamente, sperò che la lezione inflittale a Genova potesse servire a moderarne le idee e l’attività, e perciò, avendone il potere le ha offerto l’opportunità di lasciare questo paese prima di costringerla a un processo giudiziario. Queste umane e cortesi intenzioni del Ministro dell’Interno sono state frustrate dalla stessa signora White, che ha denunciato il re e il suo governo come tiranni e ha espresso l’intenzione di voler dividere la sorte dei suoi compagni. (…) Miss White dovrà perciò per il suo carattere perverso e ostinato, sottostare a qualunque sentenza verrà emanata nei suoi confronti”.

 

un romantico matrimonio

Il ’’carattere perverso e ostinato” le valse quattro mesi di carcere durante i quali approfondì la conoscenza di Alberto Mario, mazziniano convinto, che sposò non appena rimessa in libertà. Il matrimonio avvenne in una cornice romanticamente inglese, ma al di là delle apparenze, fu di fatto un’unione anticonvenzionale e ’’ambulante” durata fino alla morte di Alberto.

Nonostante la convinzione di Mazzini che il matrimonio e in particolare il marito avessero distratto Jessie dall’attività politica, i coniugi Mario non esitarono a raggiungere Garibaldi a Palermo. Si imbarcarono sulla ’’Washington” che stava salpando per la Sicilia insiema alla «Oregon» e alla «Franklin». Un volontario francese nella descrizione delle imprese delle camicie rosse parla anche di Jessie e del suo viaggio alla volta della Sicilia: ’’C’era a bordo un’altra donna meno giovane e, se posso dirlo senza venir meno alle leggi della galanteria, meno attraente… Era un’inglese con una lunga capigliatura bionda, Miss W…

Questa donna era venuta con noi con la generosa intenzione di dedicarsi all’indipendenza italiana, organizzando un corpo di ambulanze per l’esercito nazionale”.

Ma la testimonianza del garibaldino francese non si limita agli scopi politici di Jessie e ce ne tramanda un aspetto pedantemente inglese: ’’…Miss W con tutte le sue virtù, aveva due irresistibili passioni, l’una per l’indipendenza italiana, l’altra per il gioco degli scacchi… e tanto lodevole era la prima tanto disdicevole era la seconda”. Già, ’’disdicevole”. Non solo la signora si permetteva di seguire i Mille da “pari”, ma durante il viaggio non si abbandonava non dico a crisi isteriche o ad attacchi di paura ma nemmeno al mal di mare. La signora White si abbandonava a ben altre ’’disdicevoli” attività. È sempre il volontario francese a descriverle: ’’Poche ore dopo la partenza un ufficiale della nave ritenne suo dovere chiederle se il movimento della nave non le desse fastidio. «Oh no, signore» rispose «al contrario sono cosi poco indisposta che mi piacerebbe giocare una partita a scacchi con voi».

All’ufficiale non rimaneva che una sola speranza: che non ci fosse una scacchiera a bordo della nave! Era poco probabile che qualcuno avesse pensato a portare degli scacchi, allo stesso modo delle carte e del domino, dal momento che la ’’Washington” aveva un carico molto più impegnativo. Ma Miss W. era una donna previdente. In mezzo ai suoi bagagli, alle scatolette e creme di ogni genere, non aveva dimenticato di infilare una scatola di scacchi”.

 

all’ombra dell’eroe

Arrivata in Sicilia, Jessie White riuscì a realizzare il servizio di ambulanze che si era ripromessa, e se il volontario francese l’incontrò durante il suo mese di permanenza a Palermo deve essersi rincuorato. Jessie aveva smesso di giocare a scacchi e passava il suo tempo Ubero in escursioni a cavallo insieme con il marito e Garibaldi per prendere nota degli abusi che venivano perpetrati nei penitenziari e nei befo- trofi.

Ad Alberto Mario venne affidato l’incarico di organizzare e dirigere una scuola militare. A Jessie, Garibaldi chiese di occuparsi dei feriti delle battaglie che avevano portato le “camicie rosse” da Marsala a Palermo. Rimase l’unica donna del corpo sanitario della spedizione. Scriveva di lei il ’’Daily News”: ’’Fra i nostri visitatori conosciuti per fama ci sono la signora Mario e Alexandre Dumas. (…) A Palermo, dove prestò encomiabili servizi, i feriti regalarono alla signora Mario una piccola medagha d’oro che da una parte portava l’iscrizione «alla signora Mario, dai feriti di Garibaldi, lugUo 1860» e dall’altra l’emblema della Sicilia”. Sempre sul Daily News, lo stesso corrispondente scriveva qualche tempo dopo: ”La signora Mario sta compiendo un’opera molto lodevole malgrado le sue idee politiche e nessuno potrebbe essere più prezioso di lei”.

Dai resoconti si sa con certezza che Jessie si recò più volte sul campo di battaglia quando gli scontri si facevano più intensi. Di questa sua presenza nei momenti difficili molti amano ricordare solo una sua uscita ’’all’ombra dell’eroe”, la volta in cui, durante la battaglia di Santa Maria Capua Vete- re, affrontò il sole estivo per portare dei fichi e un bicchiere d’acqua a Giuseppe Garibaldi. Viene dimenticato invece che, durante la battaglia del Volturno, uscì quattordici volte sotto il fuoco per portare al riparo i feriti e lavorò per trentasei ore consecutive nell’ospedale da campo.

Il Times di Londra pubblicava quotidianamente le imprese di Jessie attraverso i reportage, di Henry Wreford. Jessie White segui Garibaldi anche nella campagna del Tirolo e in quella, molto discussa, in Francia contro i prussiani. Entrò nelle forze garibaldine come corrispondente militare. E questa volta riuscì a sorprendere perfino l’«eroe»: ’’Sulla porta opposta, comparve come mi aspettavo, Garibaldi che aveva riconosciuto la mia voce – scrisse Jessie White – il suo volto si illuminò di quel sorriso radioso che gli era particolare e mi disse «Questa volta non ero molto sicuro che sareste venuta».

 

miss uragano

É innegabile che anche nei momenti più drammatici Jessie White non perse mai il gusto della cronaca, del ’’mestiere”. Lo stesso che mise anche nella stesura delle biografie di Garibaldi e Mazzini. Queste sue ultime opere sono uno dei motivi per cui viene ricordata, l’altro è il suo contributo all’arricchimento del Museo Risorgimentale. La White, infatti, collezionò per anni, con cura meticolosa e quasi con scrupolo petulante, carte, documenti, reliquie (nella sua raccolta non mancava neppure una goccia essiccata del sangue di Garibaldi.)A lei, biografa attenta, le biografie non rendono invece troppa giustizia. L’immagine che danno di lei è di una donna combattiva, ma fredda o addirittura di una crocerossina pietosa. Un modello stereotipato o, meglio, un prototipo di dama di carità.

Ma le descrizioni che ci sono state tramandate non equivalgono al giudizio che il popolo aveva di lei. ’’Miss uragano” era il soprannome che i proletari le avevano dato, e non a caso. Durante il suo soggiorno in Sicilia si occupò a lungo dell condizioni dei lavoratori delle miniere di zolfo e, finita la guerra, si stabilì per un lungo periodo a Napoli, vivendo a contatto quotidiano con la miseria degli abitanti della città. Si recò poi nell’agro romano, dove la malaria mieteva altrettante vittime che lo sfruttamento dei padroni verso i braccianti. Quindi, a Venezia. Famoso resta il suo studio sul manicomio femminile veneziano.

Ma Napoli e la miseria dei napoletani furono il suo chiodo fisso. Jessie tornò periodicamente in questa città. Ad essa ha dedicato un libro: ”La miseria in Napoli”, appunto, un volume difficile da definire, stupendo, non un freddo reportage, ma uno spaccato di vita: quella dei suoi abitanti, ma anche della stessa White: furore, indignazione, sofferenza sono i sentimenti che pervadono il libro. I protagonisti sono i medesimi che da sempre vivono in simbiosi con la miseria: sfruttamento, criminalità, prostituzione, camorra, carcere e brefotrofi. Un libro di dolorosa attualità quindi, non solo documentazione sociologica come qualcuno ama definirlo, ma cronaca diretta e ricerca della verità e dei rimedi, denuncia di responsabilità e di crimini. Insomnia, quella che oggi definiremmo un’inchiesta giornalistica vera e soprattutto onesta.