“buone” ma non applicate

L’assenza di un organismo che abbia il compito di vigilare sulla realizzazione della parità fra uomo e donna e sulla eliminazione di ogni forma di discriminazione, diventa sempre più insostituibile.

dicembre 1980

La sottosegretaria alla condizione femminile on. Boffardi, questa frase, l’aveva presa come un leit-motiv dei suoi interventi nei convegni e nei dibattiti a cui si presentava ben cotonata e col sorriso accattivante di quella che aveva capito almeno una cosa e cioè che il trionfalismo OC del tipo: «abbiamo garantito la democrazia, abbiamo ricostruito l’Italia», con le donne non andava. Sicché, con la bonomia del buon parroco, ti dava il contentino: certo, certo, queste buone leggi non funzionano!
Ma la sottosegretaria Boffardi non interrompe mai la tournée degli incontri, dei convegni e delle visite pastorali per vedere di trovare un rimedio a questo “inconveniente”. In realtà, un rimedio, avrebbe potuto essere lo stesso Sottosegretariato alla condizione femminile, solo che lei lo avesse capito.
Forse, nel nostro Paese, quest’idea di un organismo capace di tutelare gli interessi e i diritti dei cittadini in generale, delle dorme in particolare, non attecchisce.
Le componenti di questo, rifiuto sono, varie, alcune più nobili e alcune meno nobili. Ce infatti un rifiuto delle soluzioni istituzionali, che è proprio, dei movimenti di estrema sinistra, che ha. oneste radici. E c’è invece una non accettazione dello Stato, e ancor più dello Stato sociale – dello Stato cioè che programmaticamente si dà cura del benessere e del progresso sociale dei cittadini — che è di matrice cattolica, ha lontane origini antistataliste e comporta conseguenze gravi e sempre meno accettabili.
Per questa cultura è “naturale” lasciare che .associazioni, gruppi, istituti, svolgano un’azione di supplenza, basata sul volontariato, piuttosto che adoperarsi per istituire e far funzionare organismi pubblici che realizzino i precetti costituzionali. E’ una scelta culturale, ma non è disinteressata, anzi è molto fruttuosa: meno funziona lo Stato, più le “loro” istituzioni si insediano nella società e la mantengono sotto controllo.
Per quanto riguarda le donne, a questo motivo di carattere generale, si aggiunge o si è aggiunto un rifiuto di ammettere che esiste l’esigenza, di un tale organismo specificamente per le donne e d’altra parte l’irritazione, giustificatissima, per l’improvvisazione pasticciona di politici-primi della classe che inventano un Sottosegretariato alla condizione femminile, senza preavviso e senza poteri.
La stessa reazione aveva provocato a suo tempo una proposta di legge, presentata dall’on. Carrettoni, anche quella improvvisata e pasticciona: prevedeva infatti la Costituzione di una ennesima “commissione parlamentare” che avrebbe ascoltato rappresentanti dei movimenti femminili e femministi, ma senza nessun potere di iniziativa, nessun strumento per controllare, né mezzi, né un organico su cui contare per svolgere un’indagine seria.
Intanto però, l’assenza di un organismo che abbia il compito di vigilare sulla realizzazione della parità giuridica.
fra uomini e donne e sulla eliminazione di ogni forma di discriminazione, che possa attivarsi per la cancellazione degli stereotipi, diventa sempre più insostenibile. Tutto è ancora lasciato allo spontaneismo, alle iniziative episodiche, al coraggio o alla coscienza individuale, all’azione di gruppi e collettivi, che proprio perché basati sul volontariato non possono svolgere un’azione costante e capillare. Inoltre, già da tempo la OEE lamenta l’impossibilità di conoscere per l’Italia, i dati precisi sull’applicazione delle due direttive del ’75 e del 76 (vedi EFFE n. 3-4). Ora poi sta per essere costituita una Commissione europea per la parità, che dovrebbe collegare gli organismi che negli altri Paesi già esistono, s solo il nostro Paese che ne e completamente privo non potrà forse entrare a farne parte.
E’ dunque ormai necessario riflettere su questo problema.
L’iniziativa, da parte del movimento delle dorme, di proporre una legge — quella sulla violenza sessuale — e la decisione dì difenderne un’altra — quella dell’aborto — indicano una strada e sono il segno di una consapevolezza. Quella cioè, che le Istituzioni sono tanto più nemiche, quanto più ignorano le nostre esigenze, se nascono da scelte non nostre, se sono, gestite senza di noi:
Occorre perciò anche valutare che cosa significa l’assenza e che potrebbe invece significare la presenza di un organismo capace di vigilare sulla realizzazione di una “parità” che altrimenti resta solo una bella parola.
Per questa ragione, accanto a una sia pur rapida esposizione delle esperienze degli altri Paesi (vedi articolo che segue) abbiamo voluto identificare quelli che secondo noi, dovrebbero essere i requisiti minimali di un meccanismo nazionale affinché la sua creazione nel nostro Paese non si trasformi nella solita operazione di facciata.
Innanzitutto di fondamentale importanza è il posto che il “meccanismo” occupa nell’amibito dell’organizzazione governativa e dei suoi rapporti con gli altri settori dei pubblici poteri.
Dall’importanza del posto che occupa, nasce o non il potere di influenzare l’elaborazione e la esecuzione delle decisioni, la stesura dei programmi, la ripartizione delle risorse.
L’esperienza di altri Paesi dimostra che se il meccanismo è settoriale (solo lavoro) o è collocato nell’ambito di ministeri incaricati della assistenza o della sicurezza sociale si riduce a uno strumento destinato a “migliorare” la condizione femminile e quindi non a cancellarla ma a razionalizzarla.
Per poter svolgere una attività seria ed efficace e soprattutto per poter programmare una concreta azione a favore delle donne, a medio e a lungo termine, un ”meccanismo nazionale”:
A) deve essere introdotto nell’ordinamento dello Stato in modo stabile e definitivo e dunque non può essere lasciarlo alla decisione occasionale di un. Presidente del Consiglio;
B) deve essere un organismo dotato di mezzi finanziari adeguati e di personale qualificato;
C) deve essere integrato nell’organizzazione dello Stato;
D) deve essere multisettoriale;
E) nel Consiglio (o Segretariato o Presidenza), devono essere rappresentate, accanto ai sindacati, le organizzazioni femminili e femministe;
F) deve essere obbligatoriamente ascoltato, con parere vincolante, ogniqualvolta una decisione degli altri organi dello Stato o l’introduzione di una nuova norma vada ad interferire sulla condizione delle donne;
G) oltre i poteri consultivi deve avere poteri esecutivi per quanto riguarda:
a) l’applicazione delle leggi che concernono le donne (per es. l’iniziativa ad agire in giudizio quando una legge sia violata o disattesa);
H) deve avere inoltre la possibilità di gestire “spazi” sui mezzi di comunicazione di massa per:
a) insediare nella cultura e nella coscienza la “nuova” immagine della donna e per cancellare gli stereotipi sessuali;
b) per informare correttamente le donne sui loro diritti e sul modo di attivarli.
Apriamo perciò con queste pagine di informazione e riflessione un dibattito su questo argomento e sollecitiamo obiezioni e proposte.