la tela di penelope

maggio 1979

pensavamo di non farcela. E invece siamo in edicola. In ritardo, per via delle agitazioni dei tipografi dei periodici, in lotta per il rinnovo contrattuale. Ogni giorno di sosta del nostro lavoro ci portava nuovi avvendment, nuovi incidenti, nuovi temi o problemi da affrontare sul giornale. Questo numero di maggio pensatelo un po’ come la tela di Penelope; anche se è un’immagine poco femminista, per noi è stato press’a poco così. Argomenti programmati e poi superati dall’incalzare di un “esterno”. Molte cose sono così rimaste fuori: una risposta adeguatamente lunga a Maria Antonietta Macciocchi, per esempio; una riflessione più approfondita sulla proposta di legge sulla violenza contro le donne; un commento alla recente recrudescenza di stupri di gruppo e alla risposta coraggiosa delle donne violentate. Riprenderemo questi argomenti, la violenza contro di noi, prima dì tutti. Gli ultimi venti giorni hanno visto una modificazione generalizzata dell’atteggiamento nei confronti della “violenza carnale” (come la chiamano loro). Sarà un caso che subito dopo la trasmissione televisiva «Un processo per stupro» perfino le televisioni e le radio più reazionarie ormai parlano nei loro notiziari di “squallida” violenza contro le donne? Qualcosa si sconvolge nella cattiva coscienza maschile? Vedremo quanto sarà stabile questo fenomeno o quanto rimarrà confinato nell’attualità. E’ drammatico e fa rabbia che lo stupro diventi ciclicamente un tema di attualità. Un giornalista ci ha interpellato per dare consigli su «come scoraggiare psicologicamente gli stupratori» (!). Lasciamo alla vostra immaginazione concludere sul come certa stampa considera la violenza su di noi e cosa possiamo aspettarci da loro. In questo numero dedichiamo molto spazio alle prossime scadenze elettorali: eleggeremo ben due parlamenti nel giro di una settimana, quello italiano e quello europeo. Abbiamo scelto di parlarne prima perché in fondo alla nostra coscienza sappiamo che il commento successivo, qualunque sia l’esito elettorale, non sarà dissimile dai precedenti: poche donne elette, cosa potranno fare quelle poche, e via dicendo. Ci è parso più interessante discutere fra noi non tanto per chi votare, quanto piuttosto se e perché votare; cosa vuol dire per le donne e per il movimento femminista oggi il momento del voto, il momento del confronto con le istituzioni nella sua forma più “astratta”.

Indubbiamente apparteniamo all’area della sinistra, ma in che modo stavolta ci rapportiamo ai partiti, non è stato facile-capire.

Ci siamo posce principalmente il dovere di informare, di andare a cercare il maggior numero di voci possibile (comprese le nostre) per fornire alle altre donne un bagaglio di notizie in base alle quali compiere le proprie scelte. Non abbiamo voluto dare indicazioni e suggerimenti. Non esistendo nel movimento una posizione unitaria, abbiamo preferito non fare le “grille parlanti”. Ci limitiamo a mettere in comune le nostre conoscenze e le nostre scelte, come del resto è stile di Effe da sempre.

Riaprire il dibattito sull’annoso problema del confronto con le istituzioni: questa sarà comunque la cosa più fruttuosa.

 

S.O.S.

Abbiamo appena ricevuto i dati di vendita del secondo numero della “nuova” Effe. Non sono certo confortanti, molto al di sotto di ogni nostra previsione. Le vendite non sono aumentate, come invece le spese per rilanciare “effe”, anche perché i mezzi, di comunicazione, tranne il programma televisivo “Si dice donna” hanno completamente ignorato le nostre richieste di parlare di Effe.

Voi potete fare tanto per questo giornale, se volete. Innanzi tutto controllare se nelle edicole della vostra città ci appendono le locandine, se non ci sono scriveteci subito per segnalarcelo. Ci sono dei gruppi disponibili a fare attacchinaggio militante nella loro città? mettetevi subito in contatto con noi. Interrogate i vostri edicolanti, segnalateci il nome e l’indirizzo delle edicole che esauriscono subito “effe” o quelle che non ce l’hanno per niente. Potremo in questo modo controllare maggiormente la distribuzione. Pensate che accadono cose gravissime e incredibili: pacchi del giornale che ci ritornano indietro come “resa” che non sono mai stati aperti, e quindi mai arrivati nelle edicole. Ci sono compagne disposte ad andare una volta al mese nei magazzini dei distributori locali per controllare quanti sono questi pacchi che non vengono distribuiti? E segnalarci l’esatta quantità e il nome di chi ci boicotta così impunemente.

Aiutateci a diffondere “effe”, parlatene, compratelo, regalatelo. Segnalateci i nomi delle vostre amiche e conoscenti, che non lo conoscono, gli invieremo una copia dei primi due numeri del “nuovo” Effe in omaggio. Abbiamo a disposizione in redazione pacchi di resa, se qualche gruppo è interessato a fare diffusione militante regalandolo nei consultori, nelle scuole, nei posti di incontro, ci telefoni o ci scriva immediatamente. Ci siamo accorte che molte donne, troppe, non conoscono “effe”, ma è anche vero che per tante di voi “effe” è stato uno strumento di crescita, per “ritrovare scritte con gioia e incredulità cose che pensavo fossero solo mie paranoie” come testimoniano centinaia di lettere in questi sei anni. Volete ora che “effe” scompaia come altre testate femministe all’estero? Proprio ora che tutti si affannano a dimostrare che il femminismo è morto, finito, ora più che mai è importante far sentire la nostra voce, sempre più forte. E’ vero: il riflusso fa comodo a troppi e possiamo bene immaginare a chi. Apriamo una sottoscrizione per Effe, la seconda in questi sei anni. Dobbiamo farcela anche questa volta, abbiamo ancora tante cose da dire e fare, dobbiamo mantenere la nostra completa indipendenza e autonomia politica, Effe è il giornale fatto dalle donne, con le donne, finanziato dalle donne. Pubblicheremo dal prossimo mese l’elenco delle sottoscrizioni.