INCHIESTA

colei che sola a me par donna

abbiamo rivolto nove domande facili facili ad otto uomini celebri.
volevamo sapere da loro qualcosa sui nostri dieci anni di femminismo, e invece…

1) Se dico donna, cosa ti viene in mente?
2) E se dico femminista?
3) Come immagini la vita di un uomo con una femminista?
4) Quali sono le tre cose che consideri le più importanti del femminismo?
5) Il femminismo ha cambiato la tua vita sessuale?
6) Di questi dieci anni di femminismo cosa ricordi?
7) Se il femminismo cessasse di esistere, cosa ti mancherebbe?
8) Se dico lesbismo cosa ti viene in mente?
9) Come ti comporteresti se la donna di cui sei innamorato ti dicesse che si è innamorata di un’altra?

marzo 1982

“Separatismo: singolare maschile. Corrente politica o religiosa che mira a sottrarre un territorio o alcuni gruppi etnici, alla sovranità dello Stato o ad ottenere un’autonomia politica, religiosa ecc. (Dizionario Garzanti – pag. 1607).

Il femminismo ha trasformato un gelido singolare maschile in un caldo, vitale, collettivo, femminile plurale, traducendolo in pratica politica e trasformandolo ancora in regola di vita. Per molte donne è stato sinonimo di contraddizioni profonde e laceranti, di dibattiti, discussioni e dubbi singoli o di gruppo. Per quante non avevano voluto, potuto o saputo dare la preferenza al separatismo anche nella vita privata è stato pure peggio. Considerate antagoniste politiche da coloro che avevano scelto il lesbismo, si trovavano di fronte ogni momento il maschio/avversario con il quale avevano scelto di vivere.
La scoperta che “il privato è politico” è stata un’esaltazione gioiosa ed entusiasmante che lo diventava meno quando, tornando a casa, portavamo con noi il politico nel privato. Il tavolo da pranzo, il letto, la cucina, ogni altro spazio personale si trasformavano in cattedra; mariti, padri, fratelli e amanti diventavano la platea ostile da convincere o da sconfiggere. Ci sono anche stati dei periodi in cui ci si “vergognava” un po’ di ammettere, seppur con reticenza, di essere innamorate di un uomo, ma abbiamo continuato a vivere con loro e non solo per masochismo, credo. Volevamo attuare noi la vera rivoluzione, quella che comprende anche la liberazione dell’altro sesso. Ci siamo riuscite? E quanto? Fino a che punto? Lo abbiamo domandato ai diretti interessati, a coloro che per motivi professionali o privati hanno assistito da vicino a questi nostri dieci anni di lotte e di vita.
Non abbiamo chiesto loro un’analisi del femminismo. Per carità! lo fanno già troppo e qualche volta a sproposito; hanno i loro spazi e non avrebbe senso regalargli anche i nostri. Abbiamo preparato alcune domandine “facili facili” e apparentemente innocue che abbiamo rivolto a tutti indifferentemente.
Le risposte sono pubblicate integralmente e senza alcuna “manipolazione”; qualche inevitabile, sacrosanto commento e nient’altro: chissà se per cattiveria o onestà d’informazione. Nelle definizioni che hanno dato di noi ricorre spesso, con tutti i sinonimi e le varianti possibili, il termine “petulante”, che anziché farci arrabbiare ci ha rallegrate. Petulante è l’aggettivo con cui venivano definite in passato l’arcibisnonne Mary Wollstonecraft, Anna Maria Mozzoni, Sibilla Aleramo e tante altre. Quanta sicurezza nella continuità!

questo proliferare della dimensione discorsiva è sintomo di qualcosa che non va. insomma, quando un’organo funziona non lo si sente”

RUGGERO GUARINI
Ruggero Guarini non è molto amato dalle femministe. Tutta colpa di una sua “Lettera aperta ad una puttana” che è apparsa sull”Espresso” un po’ di tempo fa. Ed è uno dei motivi per cui siamo andate da lui. Volevamo delle “interviste verità” e almeno per questo, su Guarini si può contare: ama essere provocatorio, fastidioso e un po’ Bastian contrario. Ci siamo incontrati in un’atmosfera di “sfollamento bellico”, nella redazione de “Il globo” il giornale dove lavorerà. In uno stupendo palazzo al centro di Roma con le impalcature, i fili elettrici penzolanti e i tavoli provvisori, è stato, e c’era da aspettarselo, gentilissimo.
Dico donna e a lui viene in mente: “Seduzione. Isteria. Ingovernabilità”. Femminista, invece è uguale a “Petulanza”. Sono sorpresa, mi aspettavo di peggio. “La vita con una femminista me la immagino piena di equivoci reciproci. Penso che in quello che è un fatto costitutivo della convivenza umana — che è sempre fatta di equivoci — la presenza di una femminista determina sicuramente un tasso di incremento degli equivoci stessi. Io sono convinto che ogni convivenza è basata sul sistematico e reciproco disconoscimento del desiderio dell’altro. Siccome la femminista è un personaggio che tende ad enunciare esplicitamente i suoi desideri in una forma prevalente rivendicativa, questo non può che favorire nell’altro una risposta simmetrica. La cosa più positiva del femminismo è che globalmente, nonostante i suoi errori, i suoi aspetti un po’ scolastici e petulanti, ha fatto vacillare in maniera abbastanza vistosa ed esilarante la statua della maschilità”. Anche dal punto di vista della sessualità?
“Può sembrare un fatto di presunzione, ma non ho certo aspettato il femminismo per cambiare la mia vita sessuale. La rivendicazione del diritto al piacere sessuale, all’espressione del corpo e così via è nei fatti, qualcosa che non mi turba minimamente. Io non sono caratterialmente una persona gelosa o comunque, rispetto alla media degli uomini occidentali, credo di essere pochissimo affetto da questa cosa. Rapporti sessuali o sentimentali con donne fortemente caratterizzate in senso femminista, non ne ho avuti, se non in un caso. Non posso quindi rispondere con esattezza a questa domanda. Il fatto in sé della rivendicazione di questi aspetti dell’esistenza fanno parte della condizione umana. Però sono convinto che nelle femministe tutto ciò si traduce in maniera un po’ maniacale e accanita in una rivendicazione discorsiva, plateale, “detta”. Ho il sospetto che tutto il gran parlare che si fa di questi aspetti non faccia che compensare una mancanza; secondo me, tendono a rendere il rapporto con una femminista poco seducente, almeno sotto certi aspetti. C’è sempre uno scarto tra quel che si dice e quel che si fa”. E un prodotto del femminismo? “Non lo so. Probabilmente è il prodotto di una tendenza culturale di cui il femminismo non è che un aspetto. Sicuramente nella vita di coppia, il discorso su tutte le dimensioni del rapporto (pratiche, sentimentali, sessuali ecc.) è diventato un po’ ossessivo. Questa sovrabbondanza, questo proliferare della dimensione discorsiva è sintomo di qualcosa che non va. Insomma, quando un organo funziona non lo si sente. Ho l’impressione che gli ultimi decenni, per quel che riguarda la vita di coppia, siano contrassegnati da una sovrabbondanza di discorsi più o meno litigiosi in cui i due partners — scusa la brutalità dell’espressione — (prego, non c’è di che, ndr) invece di scopare parlano di come scopano o di come dovrebbero scopare. Questo è sicuramente il sintomo di qualcosa che non va ed è anche qualcosa che contribuisce a far andare ancor peggio le cose”. Solo immagini e ricordi problematici, allora? “No; pensando agli scorsi anni la prima immagine che mi si affaccia alla mente è quella dei cortei, delle manifestazioni collettive”. Parlano tutti al passato. Anche lui dice “era” riferendosi al femminismo. Oddio, e io che sono, una zombie? Oppure i maschi non mi trovano abbastanza femminista, dal punto di vista del femminismo secondo loro ? E vero, lo confesso: sono arrivata alla sesta intervista e ancora non ho aggredito nessuno. E questo che si aspettano da una femminista? Guarini, evidentemente, non si aspetta niente e prosegue imperterrito: “Alcuni mutamenti all’interno del femminismo li ho registrati soltanto parlando con intellettuali più o meno impegnate nel femminismo, a livelli sofisticati. Lì effettivamente c’è un mutamento di letture, di gusti, di interessi che va sotto il nome di ‘riflusso’, ‘riscoperta del privato’, ‘autonomia della letteratura’ ecc. Sicuramente oggi, a certi livelli, nel movimento femminista c’è meno l’idea che tutto sia strumentale e riconducibile — in maniera un po’ manichea, un po’ faziosa e in modo un po’ settario — alla causa e agli obiettivi del femminismo. È una cosa che è andata un po’ tramontando”. Cosa ti mancherebbe? “Dipende da quali sbocchi possono avere queste energie dirottate. perché se tutto rifluisse nella restaurazione di una dimensione piccolo borghese dell’esistenza, la cosa sarebbe funesta. Se invece si trattasse di una trasformazione che rende possibile un’emancipazione reale e non ideologica e verbale sul piano dei costumi, allora non avrei nessuna nostalgia. Altrimenti avrei rammarico, perché per prima cosa si tratterebbe di un fallimento; sarebbe uh successo se significasse una diffusione e un’affermazione di altri modi comportamentali rispetto a quelli che hanno preceduto il femminismo”.
A bruciapelo dico “lesbiche”, cosa vedi? “Molta simpatia. Mi sono simpatiche”.
Al punto da rinunciare alla tua donna? “Mi preoccuperei di verificare se l’influenza che quest’altro rapporto esercita su questa donna va in direzione incompatibile con certi miei bisogni irrazionali. Se determina delle trasformazioni del gusto, delle abitudini, degli interessi di questa persona, incompatibili con i miei o con l’immagine che io mi sono fatto di lei, questo per me sarebbe un problema. Ma lo sarebbe anche se il rapporto fosse eterosessuale. La gelosia in me si manifesta soltanto se vedo che questi rapporti ‘altri’ introducono in questo rapporto che ho, degli elementi idiosincratici. incompatibili”.
Mi accompagna alla porta, Mentre me ne vado mi fa gli auguri per “Effe” poi, a sorpresa, dice: “Scusa il disordine” e accenna al caos che c’è intorno. Come la mia mamma, quando all’improvviso arrivavano ospiti “di riguardo”.

DARIO FO
C’era una volta un proverbio che diceva che dietro ogni grande uomo c’è una grande donna. Dario Fo da una grande donna si fa proteggere con la complicità di un insopportabile portiere di albergo. Per giorni e giorni più volte al giorno, ho telefonato alla ricerca del signor Fo ed invariabilmente per giorni e giorni il portiere mi passava la signora Rame. Situazione imbarazzante. Non trovavo gentile chiedere a lei un’intervista con lui e per di più per un giornale femminista. Il portiere ed io. esasperati dalle reciproche voci, richieste (mie) e negazioni (sue), abbiamo finito per litigare. Finalmente sono riuscita a riparlare con Franca Rame che mi ha concesso di parlare con Lui. L’appuntamento è per le 19 in punto (“non tardare perché poi ho lo spettacolo”) al Teatro Tenda. Ci vado. Fuori, una fila di decine di persone è già in attesa per entrare. C’è un attimo di fremito collettivo quando dietro il cancello appare il Dario in versione cacciatore delle alpi. È tutto di renna dalla testa (cappello) ai piedi (scarpe) passando per il giaccone. Gigioneggia con la gente in attesa. Arrivo al cancello che mi apre lui. proprio lui con le sue geniali manine d’oro. Ah. il quarto potere! Mi fa aspettare dicendomi di non muovermi perché deve andare a legare un grosso cane che morde. Torna. Mi fa ri/aspettare per andare a parlare con un tizio. Torna, ma solo per parlare con un’altra tizia. Sono le sette e mezzo (in punto e virgola). Il Dario, intanto risponde al telefono del botteghino. Poi torna e se ne riva non so più quante volte. Riesco a catturarlo (con un sorriso, come raccomandava mia nonna), ma… c’è uno di “Paese Sera” al telefono. Comincio a rimpiangere Scalfari: lui almeno, ha detto subito di no e buonanotte.
Pat, pat. Dario mi dà due affettuose pacche sulle spalle dicendomi di non prendermela, e finalmente mi concede l’intervista. Prendo il registratore, “Carino, ce n’ha uno così anche la Franca”. A me Dario Fo, qualche anno fa, era simpatico, preferirei trovarlo tale anche adesso.
Se dico donna, cosa ti viene in mente? Colpo di tosse, sorriso, e: “Subito Franca”. E se dico femminista? E lui, indovinate un po’? “La Franca è una femminista. É una donna decisa”. Quanto segue è Franca Rame vista da Dario Fo, abbreviata per motivi di spazio (e di pazienza), ma letterale:
—”Oggi: è stata alle carceri a far visita a delle ragazze che stanno in carcere per rilevare certe situazioni di tortura e di violenza”.
—”L’altro giorno: al manicomio per toccare di mano certe situazioni che stanno degenerando”. —”Qualche giorno fa: riunione con i familiari delle carceri ed è riuscita a determinare un ben chiaro modo di lotta”.
(Forse mi conveniva intervistare lei per sapere cosa pensa lui del femminismo, ndr).
—”Due ore fa: era al senato per parlare con Vinay e con altri senatori per denunciare la tortura dentro le carceri” (ma non l’aveva denunciata Boato una settimana fa? ndr).
— “Ha organizzato una manifestazione sul problema della tortura in Italia.
Salvador e sul problema della Polonia” (come se fossero la stessa cosa, ndr).
—”È una che si butta nelle gambe del diavolo. Affronta senza paura chicchessia un giudice, un ministro, un deputato, un senatore” (Pertini sei salvo! ndr).
— “In passato ha avuto un dialogo molto attento con Sartre a Parigi, io avevo il timor panico e lei tranquillamente esponeva le proprie idee”.
—”Ha delle spaventose insicurezze su di sé che sono squisitamente femminili” (se non la smette lo denuncerò per tortura, ndr).
—”È stata in collegio, ha subito le suore e la condizione della figlia di attori, per di più cattolici”. —”Ha su di sé un’orrenda carica di umiliazioni e mortificazioni che non riesce a sbattere fuori”. —”Ha un’educazione cattolica con il problema del rapporto in generale che è inficiato, coatto da quest’educazione”.
Ripeto la domanda: se dico femminista, cosa ti viene in mente? “Mi viene in mente qualcuno che ha gli slanci sul proprio essere cosciente e in presa di dignità, ma nello stesso tempo con dimensioni un po’ eccessive nel modo di realizzare la propria lotta e in molti casi sgangherato e non razionale. Nel senso che l’emotività supera di gran lunga quello che è il concerto dell’organizzazione per arrivare a coinvolgere la più possibile parte della gente. Se devo fare un appunto a certo femminismo, io ho trovato delle femministe con le quali riesco a parlare lungamente e a riceverne dei grossi stimoli e lezioni vere e proprie. Ma incontro anche delle femministe che sono un po’ sopra le righe di ogni possibilità di dialogo, che sono piene di preconcetti, che sono aggressive prima ancora di sentirti dare un’informazione o svolgere un discorso che hanno già bollato preventivamente. Mi ricordo che c’era un gruppo di Napoli (ne fa il nome) che erano la caricatura della caricatura, fra l’altro si vestivano da uomo.
Già una che fa femminismo dovrebbe esaltare l’invenzione, la creatività della femmina — anche culturalmente — di fronte a quello che è il dominio del maschio, ma se invece si veste e si traveste da maschio, con la bombetta, nella chiave dei clown maschili… (ha perso il filo. ndr). Eppoi il rifiuto dell’esistenza dell’altro sesso! Si diventa staliniste della femminilità per non dire naziste della femminilità. Lì non si poteva neanche discutere perché non c’era nessun discorso da fare. La vita con una femminista io non la conosco. Conosco la vita mia con Franca che anche lei è una femminista, però di quelle che dicono: “bisogna educare il maschio ad uscire dai propri privilegi, far capire al maschio che la fallocrazia è un termine incivile e antidemocratico e cercare di muoversi, svolgere il proprio avanzamento nella società” e prendersi gli spazi di potere che giustamente una donna deve conquistarsi nel rapporto col maschio. Tanto, gira gira, il problema è sempre il potere e gli spazi di dignità minima dentro una società. Però attraverso anche degli atti che diventano violenti, che diventano atti di prevaricazione. Quando esiste l’ottusità da parte del maschio a tenere e mantenere certe posizioni, allora bisogna usare metodi che sono duri e certe volte spietati. Però senza arrivare a formare quella sostituzione del maschio stesso, come si nota in certi movimenti femministi dove, di fatto, si realizza di nuovo la divisione in classi. Cioè le più intelligenti, le più svelte, detengono il potere e diventano il maschio della situazione, mentre le più abbioccate o le più timide, di fatto, ridiventano le femmine, le sottofemmine. Si crea il livello di sudditanza che esiste già nella divisione di classe che esiste fra maschi e femmine. Sulla mia esperienza personale, posso dire che è stata positiva, soltanto che ogni tanto abbiamo degli scazzi su una situazione che è diversa, è quasi opposta a quella immaginabile. Franca è una donna molto decisa. Di questi dieci anni ricordo in modo particolare una festa spettacolo in Germania, alla quale erano presenti i collettivi delle “femmes battues” francesi, tedesche e inglesi. C’era anche la moglie di Sartre, come si chiama… De Beauvoir che ha fatto un intervento molto bello, mi sono trovato d’accordo con lei per la prima volta. Ricordo anche una manifestazione che c’è stata a Milano. Le donne avevano formato un drago di cerchi e stoffa lungo metri e metri e facevano anche una canzonatura del matrimonio con una sposa con dei trampoli e un velo lunghissimo e uno sposo piccolo e ridicolo”. Cambiamenti nella vita sessuale? “No. Io credo di vivere in prima persona il dramma dell’uomo oggetto e per le donne sono sempre stato una preda da conquistare: ‘mai scopato con un attore alto uno e ottantatrè?’ Ci sono donne che vanno con un negro e tac! fanno la tacca sul fucile ed anche con l’attore di cui sopra, tac! una tacca sul fucile. Ho molta comprensione per le donne perché provo verso di loro un sentimento simile a quello che loro provano verso il maschio: pudore, rifiuto, paura. Non voglio diventare un trofeo: la testa del cervo appesa con le corna di fuori”.
Torniamo al femminismo ed alla sua ipotizzata scomparsa. “Se il femminismo cessasse di esistere significherebbe che non ha più ragione di essere. È come la storia dello Stato che non avrebbe ragione di esistere e non esisterebbe se si riuscisse a realizzare il socialismo reale. Anzi, il comunismo reale. Finché c’è il femminismo la sua esistenza è un sintomo di fallimento, significa che ancora non è riuscito a cambiare la società. Lesbismo gli fa venire in mente: “Tragedia, nel senso greco. Ghettizzazione, un qualcosa di corporativo, e lo stesso vale sia per gli omosessuali maschi sia per le lesbiche. Mi fanno pensare agli ebrei che si coalizzano e autoghettizzano per difendersi dagli ariani. L’omosessualità mi fa pensare alla mortificazione di chi non riesce ad accettare la propria condizione umana. C’è mortificazione anche negli sguardi, negli atteggiamenti che la gente ha verso gli omosessuali e nei sorrisi ironici con cui vengono guardati. Molti omosessuali si rifugiano nel teatro e proprio verso questi vedo fare cose terribili, sono trattati allo stesso modo con cui i re e i grandi principi del passato trattavano i nani e i negri di corte. Un’altra cosa terribile è anche il gioco giullaresco nel quale l’omosessuale cade spesso ed è per questo che poi la gente li esibisce: “è omosessuale, ma è carino ed educato, non trovi?”
La prospettiva di sua moglie innamorata di un’altra: “Non lo so. Un’altra mi fa pensare che ce ne sia già stata una prima. Le cose dipendono dai tempi in cui avvengono. In teatro diciamo
che la chiave di tutto è la situazione. Bisogna vedere cosa è successo prima che lei. l’altra, arrivasse. Comunque sarebbe diverso che se arrivasse ‘un altro’. Fine dell’intervista. Lui deve sentire una registrazione che gli sta molto a cuore e si scusa perché non può accompagnarmi. A mia volta mi scuso per aver maltrattato il portiere del suo albergo. “Non ti preoccupare — fa Dario —. Ma ho dovuto dirgli io di fare così. Debbo difendermi, tu non hai idea della gente che telefona perché vuole le cose più strane. Poi. ci sono un sacco di ragazzine isteriche che per parlare con me si spacciano per giornaliste”. Meglio che me ne vada. Fuori la coda di persone in attesa si è allungata.

“lo scioglimento di lotta continua, le gonne lunghe con tanti fiori, sarà vero che i democristiani vanno a messa tutte le domeniche? vedo due donne che fanno l’amore…”

VINCINO
Vincino è uno che nel ’68 ha partecipato ai “moti siciliani” e se ne vanta. Poi però ha deciso che fosse più igienico dedicarsi alla satira. È redattore de “Il male” e di “Lotta continua”, ma non è diventato famoso per questo. Lo è diventato perché è stato sbattuto fuori dalla Camera dei Deputati e per essere riuscito a far scazzottare deputati, questori e commessi della suddetta. Nonostante tutto, alla Camera (beato lui) continua ad andarci quando vuole.
Lì. si siede in Transatlantico e disegna tramandandoci il continente sommerso che rappresenta la vita quasi privata di deputati e giornalisti. Per intervistarlo sono andata alla redazione de “Il male” ed ho scoperto che è soprattutto “peggio”. Quando sono arrivata c’era anche la sua compagna, che però se n’è andata per “non sentire le cazzate che dirà”. Ad ogni domanda Vincino mi guardava chiedendo “Cosa devo rispondere?”. Poi ha deciso di fare il serio e di procedere con “le proprie forze”. Le energie maggiori le ha messe nel cercare di essere elusivo. Per lui la cosa più importante fatta dalle femministe è “Lo scioglimento di Lotta Continua”. Del femminismo ricorda “Le gonne lunghe, con i fiori”. La vita con una femminista: “Per me è normale, ci vivo insieme e conosco tutto: dal lavare i piatti al mangiare panini”. Poi ha cominciato a dare i numeri: “Per me sarebbe peggio vivere con una democristiana. Secondo te sarà vero che i democristiani vanno a messa tutte le domeniche?”. Una lunga pausa, poi: “Però credo che sia peggio vivere con De Michelis”, e a me: “Tu come te la immagini la vita con un socialista? Vivresti con De Michelis?”. Lesbismo gli fa venire in mente due donne che fanno l’amore, non lo ha detto, ma si è espresso a gesti eloquenti. E se la sua donna si innamorasse di un’altra? “In genere sono le altre che si innamorano di lei”. Aveva promesso di darmi le risposte disegnate, invece quando sono tornata da lui di disegni ne aveva fatti pochi, solo quelli che pubblichiamo e per questo sono stata costretta a scrivere la sintesi dell’intervista. A Vincine come a molti altri, il ’68 non ha insegnato niente. Nemmeno a non fare i compiti.

RENZO ARBORE
“Buondì! persone conosciute e sconosciute possono rintracciarmi solo con questo sistema. Parlate. Parlate a lungo per essere ascoltati. Parlate al mio via. 1, 2, 3, Via!” Al “via” invece, a me memore di scolastiche gare di atletica leggera, vien voglia di mettermi a correre. Resisto, sto lasciando un messaggio e ritorna la voce registrata che riprende: “Si conclude così Ritentate più tardi. Buona fortuna o quello che è. Arrivederci”. Da Renzo Arbore, d.j.. regista, cantante, avvocato in gioventù e foggiano zuzzurellone, non ci si poteva aspettare niente di diverso. Le segreterie telefoniche tipo sketch vanno di moda e quelle di Cicciolina e Roberto Benigni sono anche peggio. Comunque lascio un messaggio e un altro e un altro ancora, poi alla fine mi scappa una mezza parolaccia e lui risponde “in diretta”, non alla parolaccia, ma alla telefonata. Sta lì ad origliare e risponde solo se gli va. Ci diamo appuntamento per l’intervista, in un bar di Piazza Trilussa. Tarda un po’, ma alla fine arriva. Arrivare però è un verbo insufficiente. La sua è una vera e propria entrée. Jaguar; cappello che mi ricorda la neve non tanto per il colore, che è scuro, quanto per le larghe falde. Sciarpona lunga lunga e colorata colorata che mi ricorda le “cosuccie” di Missoni. Meno male che mi ero messa la “pelliccia della domenica” per andare a vedere l’anteprima di Anni di piombo E un po’ disorientato, si era aspettato un’a/tra femminista, di quelle tipo le caricature che lui ne fa nelle sue trasmissioni. Mi offre un té. io avrei voluto una grappa, ma chissà perché ordino un caffè. Il bar in cui ci incontriamo è di tipo popolar-coatto, con un solo tavolo, due sedie, ma in compenso pieno di flippers di quelli con le guerre stellari, sottomarine e intergalattiche. “Io non sono femminista” è una premessa utilissima, poi aggiunge: “però se dici donna mi viene in mente la stessa cosa che se dici uomo, vecchio, bambino, maschio. Mi evoca un po’ l’idea della bellezza. Mi viene in mente la donna che abbiamo studiato noi che abbiamo subito una cultura umanistica: la donna del piedistallo e quella del Botticelli, forse perché in me c’è uno strascico letterario. Vedo senz’altro un’immagine più bella di quella dell’uomo: fisicamente, intendo. Evidentemente c’è un’attrazione. Ho tentato disperatamente (meno male che non e ‘è riuscito. ndr)di essere femministo, ma voi proprio odiavate quelli che provavano ad esserlo”. Per dimostrare che ha studiato, cita uno slogan che era scritto nel cortile del Governo Vecchio. “Non c’è niente di più tristo quanto il maschio femministe
Vedi Cristo!”. E anche tutti gli altri, aggiungo mentalmente. Renzo Arbore ha abitato in passato nei pressi della Casa della donna. “Quando passavo di là. vedevo alcuni sguardi carichi d’odio. Però vengo da antiche posizioni maschiliste meridionali, è inutile negarlo. Ho fatto molti passi avanti, ma fino a un certo punto. Prima il femminismo mi evocava un’immagine allegra di ragazze che facevano delle battaglie con le mimose. Adesso il termine mi evoca immagini di sparute minoranze non tanto allegre, battagliere, ma un po’ sopravvissute e quindi un po’ cattive. Ma in questo momento sono completamente ignorante in materia. Io credo di aver avuto una donna femminista nel senso vero della parola, anche se non faceva battaglie (faceva soprattutto films, ndr). Mariangela è stata ottima, perfetta, ci siamo rispettati moltissimo. Fin troppo abbiamo rispettato le nostre sfere di libertà.
Io conosco delle femministe terribili, terrificanti e la vita con loro me la immagino una tragedia. perché ci sono anche le femministe neofite, battagliere, barricadiere che appena l’uomo dice ‘Passami il sale!’ rispondono ‘Porca miseria!’, e credo che con queste la vita sia, appunto, un inferno. Conosco importanti registi e importanti uomini dello spettacolo che sono scappati da donne così. E dire che erano uomini che avevano cercato di modificare il loro maschilismo. Io con Mariangela sono stato fortunato, perché lei è molto intelligente. Ma ci sono anche quelle femministe petulanti che ti vogliono sempre metter sotto e che, come tutti i fanatici, sono terribili.
La cosa più importante del femminismo, secondo me, è il femminismo stesso. È rivoluzionario perché in qualche maniera ha portato avanti il discorso delle donne anche se con gli scazzi e i ritorni. Adesso c’è un rigetto, però il discorso è aperto e la strada avviata”. Il femminismo però non è riuscito a cambiare la sua vita sessuale. “No. il femminismo no. La presa di coscienza delle donne sì. Quel fatto della riscoperta del corpo sì. Al limite, il femminismo l’ha peggiorata perché c’era lo spauracchio di non essere all’altezza. A me, non mi ha messo tanto in crisi, però certe volte ci pensi quando hai una prova impegnativa o una donna che ritieni molto personale.
Qualche volta credo di non essere stato con una signora perché temevo la sua irruenza. É una cosa che adesso agli uomini capita frequentemente”. Passiamo ai ricordi. “Mi ricordo le foto dell”Espresso”. ma anche le manifestazioni femministe a Piazza Navona, poi le mimose, il simbolo femminista. Ricordo anche lo sfottò che ne ho fatto io alla radio anche se con i miei colleghi dovevo tirare per non farli eccedere nel maschilismo. Abbiamo fatto dei personaggi femminili terribili, ma una certa letteratura vuole la femminista un po’ mascolina, come Lina Wertmuller. Eppoi per far ridere bisogna esagerare. Le donne mancano un po’ del senso dell’humor, noi siamo più buffoni e abbiamo meno il senso dell’autocritica”. Mentre risponde alle domande ha l’aria seria, quando parla delle mimose ha la stessa espressione “tenera” di quando parla di Mariangela. E’molto nervoso, si aggiusta continuamente la sciarpona, si cala il cappello sul naso e ogni cinque minuti va a fare una telefonata. Per fortuna l’apparecchio a gettone è proprio accanto al nostro tavolo, così se non altro torna in fretta e non e ‘è pericolo che scappi. Per un pò non riesco a fargli dire se il femminismo gli mancherebbe. Poi: “A me maschio, cosa mi mancherebbe? E’ perplesso. “Mi dispiacerebbe come di tutte le cose che mancano. Pur non avendone mai condiviso le battaglie, mi dispiace che non ci siano più alcune frange estremiste di sinistra. Nel caso del femminismo mi mancherebbe un’espressione della società. Io sono democraticissimo, secondo me ci deve essere la rappresentanza delle minoranze sennò che cavolo è? Le femministe sono una minoranza sempre più ristretta. Fino a qualche anno fa nei salotti dove andavo si parlava molto di femminismo; adesso il vezzo è quello di definirsi non femministe”. La parola lesbismo gli evoca solo l’immagine di “Due donne che fanno l’amore. Non si può sindacare sulla vita sessuale e non capisco questa distinzione di categorie. Questa cosa non mi tocca, non me ne frega niente, non mi turba. Mi fa venire in mente una bellissima ragazza che vidi una volta vestita da uomo a piazza del Popolo. BBBellissima. Elegantissima. Poi seppi che era lesbica e lo notai con un certo rammarico, per la verità”. Lo stesso rammarico che avresti se la tua donna si innamorasse di un’altra? Come reagiresti? “Le direi: allora, fidanzati con l’altra. Se ne fossi innamorato, mi dispiacerebbe moltissimo. Ho avuto delle ragazze che avevano contatti anche con donne e non ne ero geloso, però non ne ero innamorato. So che la donna ha una propensione maggiore ad avere contatti ed affettuosità con le altre donne. Lo so, perché molte donne me lo dicono, eppoi l’ho letto”. Va a fare un ‘ennesima telefonata. L’intervista è finita e mi accompagna alla porta del bar. Mentre me ne vado attraverso la vetrina lurida lo vedo accanto al telefono, giocherella con la sciarpa e si cala il cappello sugli occhi. Forse sta dando un’intervista telefonica alla concorrenza?

c’era lo spauracchio di non essere all’altezza, qualche volta credo di non essere stato con una signora perché temevo la sua irruenza”

GIULIANO ZINCONE
Mi riceve a casa sua. Sulla porta d’ingresso una rassicurante e discreta targa d’ottone formato notaio. E lucidissima e. sopra, il cognome spicca in corsivo corpo 48. Uno studio ordinatissimo con solo qualche libro sparso con studiata noncuranza per creare l’ambiente giusto: quello intellettual borghese. Appese al muro le foto del figlio, della figlia, della moglie insieme con il figlio e la figlia. È un narcisista pudico, di lui nemmeno una foto formato tessera, ma in compenso c’è la gigantografia di una non meglio identificata antenata, stile “culto della famiglia”. Nella stanza accanto il figlio ci impone la musica assordante di un cartone animato probabilmente giapponese. Entra la moglie, si ferma un attimo. Lui intanto è andato in cucina a prendere (non a fare) il caffè. Quando torna, la moglie esce di scena: “Tanto — dice — le cavolate che dirà io le conosco a memoria “. Dico donna e…
“Se dici donna la prima parola che per analogia mi viene in mente è Amore e se questo non basta mi viene in mente la parola donna nel suo significato etimologico cioè signora, colei che governa con amore” (sua moglie, di passaggio, dice: « nel senso di governante » ndr). Lui non ci bada. “La donna è colei che governa con amore la casa, la famiglia, i bambini. Se mi chiedi cosa significa ragazza, ti dico un’altra cosa, naturalmente. Però la prima cosa che vedo è l’essenza d’amore, la ricerca d’amore. Io che cosa cerco in una donna? l’amore. Che cosa voglio in una donna? l’amore. Che mi voglia molto bene e che io le voglia molto bene. Con automatismo, ma anche con riflessione, la parola donna mi fa venire in mente amo re “.
E femminista? “Femminista invece mi fa venire in mente Rivoluzione. Donna = Amore”. Femminista = Rivoluzione. Amore e Rivoluzione non sono sinonimi, ma sono molto legati e credo che l’amore sia un momento di grande rivoluzione. L’amore lo vedo come un momento di grande forza e come possibilità di esprimere cose che non avevi espresso prima. La femminista è quella che governa con amore, affermando il proprio diritto a governare. Mia moglie non so se sia femminista in senso radicale. Sicuramente è una donna che tende moltissimo ad affermare la propria autonomia. Io in questo ho un atteggiamento analogico, cioè non posso dire di essere femminista come non posso dire di essere negro, omosessuale, ebreo, ecc. Però credo che il comportamento femminista, per analogia, sia un comportamento liberatorio, anche per me perché mi offre strumenti che mi consentono a mia volta di liberare me stesso con i metodi del femminismo che li apprezzo; ovviamente da ‘altro’. Sono metodi di persuasione, discussione, grandi analisi, introspezioni, molto buttati sulla vita quotidiana e sulle esperienze concrete più che sulla grossa ideologia. La vita con una femminista me la immagino conflittuale. La mia stessa vita di persona che considero aperta, e se vuoi, illuminata, che approva il femminismo, però misura sempre quanto tutto questo arriva in conflitto con il proprio potere o con la propria libertà. Se vivessi con una femminista estremista ci sarebbero molti più conflitti di quanti ce ne siano con mia moglie che non è estremista in questo senso. Per esempio, ho delle abitudini di maschio, e combatterei per difenderle. Nel momento che si tratta di teorizzare dico che tutti debbono fare tutto, ma se qualcuno toghe a me dei privilegi lo vedo come un antagonista. Allora si giocano i rapporti di potere che si hanno all’interno del rapporto, che non è solo potere economico, ma ci sono dei poteri di leadership che io ritengo di avere anche se sono continuamente messi in discussione, non solo con mia moglie, ma anche con i figli.
Nella famiglia patriarcale vediamo il potere assoluto del maschio sulla femmina, ma anche il potere assoluto della femmina sui bambini. Nella situazione in cui io più mi identifico, che è quella di una famiglia borghese illuminata della grande città, se è saltato il potere assoluto del maschio illuminato sulla femmina illuminata, è anche saltato il rapporto di potere assoluto dei genitori sui figli. Questo non mi ha tolto nulla, direi che soprattutto ho avuto molte cose in cambio, perché credo che sia meglio avere una dialettica, un discorso, piuttosto che comandare. E meglio imparare che pontificare. Nel femminismo c’è stata una cosa molto importante che ne comprende molte: l’affermarsi nella vita quotidiana della parità dei diritti o forse anche la messa in discussione dell’egemonia di un gruppo sociale su un altro. Da quando il femminismo ha assunto una dimensione nazionale, da quando è entrato nel senso comune della gente, certi comportamenti sono stati vanificati. Il fatto che fosse messa in dubbio tutta una serie di potere, di abitudini, di privilegi, credo che sia stato un grosso passo avanti. Questa situazione generale ti provoca dei meccanismi di inversione che sono un po’ ridicoli, dei complessi di inferiorità da parte degli uomini che allora non fanno più passare avanti una donna per una porta, oppure non le pagano più il ristorante perché temono che questa si offenda. Si arriva a dei limiti paradossali e ridicoli. Il femminismo è stato importante soprattutto nella sfera privata; non credo invece che abbia influito su quella pubblica. Io non me la sentirei di dire che è un successo del femminismo se Nilde Jotti è presidente della camera. Non credo nemmeno che il femminismo abbia cambiato la mia vita sessuale. Avere determinate attenzioni per la donna, essere più o meno attenti al benessere del partner, non so se derivi dal femminismo o da un comportamento normale di maschio ben educato. Il femminismo, se ha cambiato le cose, le ha cambiate semmai in peggio, più per apprensione che per altro. Io penso che dal punto di vista sessuale avrei paura di una femminista, cioè mi sentirei molto più esaminato, molto più sottoposto a test, mi sentirei molto più sfidato e credo che avrei dei problemi. Ripeto, ritengo di avere un comportamento da persona ben educata e quindi in questo senso non sono stato influenzato dal femminismo, ma da normali riflessioni ed esperienze. Un tizio che conosco mi raccontava sotto la doccia del tennis — che è uno dei luoghi in cui gli uomini si fanno le loro confessioni e dicono delle volgarità — che ha trovato una roba in Svizzera che è una meraviglia, perché uno se la mette e non sente più niente e può fare l’amore anche per ore. Questo è un esempio dell’egoismo maschile completamente invertito, perché uno sceglie di non sentire nessun piacere pur di fare questa splendida figura a letto.
Di questi dieci anni ricordo un dibattito a New York fra le femministe e le prostitute. Le une volevano dimostrare alle altre di essere mercificate, e alla fine le prostitute sono riuscite a dimostrare il contrario: loro danno al cliente molto meno di sé, in un rapporto freddo ed occasionale, di quanto non diano le donne normali ai propri mariti, capi ufficio, ecc. È stata un’esperienza che mi ha fatto riflettere e mi ha aiutato a capire molte cose, a rivedere molte posizioni che avevo. Del femminismo italiano ricordo una manifestazione, mi pare che fosse ‘riprendiamoci la notte’, quella con le torce. A piazza del Popolo sono stato circondato da un girotondo di donne che in quel momento mi vedevano ‘nemico’, ho avuto un po’ paura ed ho capito come debbano sentirsi le donne in certe situazioni. Era la prima volta che mi vedevo considerato avversario da un movimento che, dall’esterno, avevo sempre fiancheggiato. Attualmente non mi pare che il femminismo esista molto.
Lesbismo. Se dici lesbismo vedo due donne, due donne che fanno l’amore. Se mia moglie si innamorasse di un’altra ci rimarrei molto male. Forse peggio che se si innamorasse di un altro uomo”.
Sua moglie è tornata, conferma le risposte che lui ha dato. Quando sto per andarmene lui, a mio uso e consumo, chiede scusa un attimo e va a riportare in cucina le tazzine del caffè. Lo sguardo che ci scambiamo sua moglie ed io è eloquente. Più eloquente di dieci interviste.

“l’incontro fra un uomo e una donna è dissimile da quello del soldato col generale: il soldato deve subito presentare l’arma altrimenti lo sbattono via”

BENIAMINO PLACIDO
Gentile in modo perfetto fin dal primo momento. Non si è fatto rincorrere per telefono ed ha richiamato lui. dopo il primo messaggio che gli ho lasciato. Mi ha fatto scegliere l’ora e il luogo dell’intervista, ringraziandomi per avergliela chiesta.
“A mezzogiorno in redazione” avevamo detto e lui. a mezzogiorno preciso era lì. Per telefono si era autodefinito “arcaico”. In genere parto dal principio che quello che dice la gente sia la verità e quindi lo stavo aspettando nell’antro redazionale affilandomi le unghie e leccandomi i baffi, ma era talmente gentile che quando è andato ad alzare una serranda che gli impediva di vedere lo splendido sole che c’era fuori, mi sono addirittura vergognata un po’ per i vetri non troppo puliti. Ho cercato di metterlo a suo agio. I trascorsi cattolici dei miei antenati, mi impediscono di non mettermi nei panni altrui. I suoi, di panni, sono casual, ma mentre parliamo l’unica cosa che riesco a vedere di lui è un eskimo blu. Se dico donna… e lui “La prima cosa che mi viene in mente è gonna, poi nonna che è la cosa più intensa e. sotto sotto, fa capolino il famoso e famigerato ‘danno’.
Il termine femminista mi fa venire in mente una donna che porta gli stivali, che ha una gonna che le scopre le ginocchia e che si muove in modo un pochino concitato. É un’immagine di donna reale, forse so anche chi è. cammina nella piazza di fronte alla Maddalena. È come se sventolasse questo giornale (Effe, n.d.r.), non che lo proponga in modo sfacciato, il suo materiale di pubblicità e di ideologia, ma lo agita, lo presenta, lo propone”. Si interrompe, poi dice: “Io darò le risposte più schiette che potrò, mi abbandono e, se sono sciocche, non importa. La vita con una femminista è terribile, secondo me — riprende — però è anche l’unica vita che si possa accettare con una donna. Questa è la reale difficoltà in cui ci si trova. Nessun uomo che abbia un minimo di ‘pensierini’ addosso riuscirebbe più a vivere con una donna tradizionale. Ne sentirebbe la noia e la morte, un’ansia di necrosi vera e propria. Sentirebbe la prosaicità irrimediabile di una situazione così. Però vivere con una femminista è difficile per le ragioni che si sanno: perché non siamo attrezzati a vivere con una femminista; perché abbiamo dei progetti di dominio incarnati dentro di noi, non ci siamo liberati e, se devo essere onesto fino in fondo, non so nemmeno se vogliamo o dobbiamo liberarci. Io, per esempio, tengo molto al mio senso protettivo nei confronti della donna. È un dato paternalistico, ma col quale io posso funzionare. Ho avuto sempre rapporti con donne più giovani di me e disposte lungo una scala nei miei confronti; sono state sempre persone più giovani di me, perciò meno forti di me. meno esperte di me; si occupano un po’ delle mie stesse cose ed io posso dir loro: guarda, ti spiego io dove si trova la bibliografia di Moby Dick di Melville. Questa è stata una delle condizioni essenziali del mio intrecciare rapporti. La cosa più importante del femminismo è stata la liberazione, sia pure provvisoria, dal mercanteggiamento. Per essere un uomo della mia età, intorno ai cinquant’anni, io ho sofferto molto — come tutti — del dato mercantile che attossicava i rapporti uomo-donna.
È quello rappresentato dalla celebre formula che dice pressappoco che l’uomo compra la sessualità della donna attraverso il matrimonio e la donna vende la propria sessualità per acquistarsi il matrimonio. Questo era il vecchio schema di mercanteggiamento ed era estremamente mortificante perché non c’era momento in cui non lo si sentisse. Il femminismo, per alcuni anni, ha fatto saltare per aria questa cosa che ora sta un po’ tornando. Il femminismo ha creato uno svolgimento quasi gratuito delle proprie curiosità. Gratuito nel senso che non era appeso alla promessa o alla minaccia del matrimonio. La seconda cosa che il femminismo ha indotto è stata una certa liberalizzazione delle pratiche sessuali. Anche la sessualità era avvelenata. Ognuno conosceva il ventaglio di tecniche che si possono adottare per rendere più piacevole l’incontro fra uomo e donna, ma era una cosa diversa dallo svolgimento delle proprie curiosità sessuali. Questa è una cosa che il femminismo ha inventato e che è molto bella, che è stata una grande libertà. Dico ‘è stata ‘ perché per molte cose il riflusso è pesante. La terza cosa che mi sembra molto importante è tutto quello che il femminismo ha fatto per gli uomini aiutandoli a scoprire e a tollerare la loro (degli uomini) femminilità. Io avevo scommesso con me stesso che ove avessi avuto una figlia o un figlio, sarei riuscito ad abbandonare il mio lavoro d’ufficio per dedicarmi a questo figlio e giocare con lui. L’ho fatto e l’ho potuto fare anche perché il femminismo aveva creato una qualche legittimazione intorno a questo. Sì, si può stare a casa e giocare col figlio senza doversene vergognare”. Allora, la sua vita sessuale è cambiata?
“Certamente sì e certamente in meglio. Per esempio il femminismo ha fatto — sarò brutale — scomparire quel ridicolo terrore tipicamente maschile del non essere pronti, del non essere preparati, del non presentarsi già disposti. Il femminismo ha fatto capire che l’incontro fra un uomo e una donna è dissimile da quello del soldato col generale: il soldato deve subito presentare l’arma al generale, altrimenti lo sbattono via. Un uomo e una donna, sono due persone che si incuriosiscono. si attraggono, si respingono, si cercano e, poi, svolgono In loro sessualità nel modo più felice che sanno. Il femminismo ha liberato l’uomo dal ricatto stendhaliano del non essere a posto, del far cilecca, che è una cosa ridicola. veramente ridicola, ma che non c’è uomo che non l’abbia, o l’abbia avuta dentro come terrore e come angoscia. Queste sono le cose importanti. Fra quelle cose che invece ricordo di più c’è la manifestazione che si è svolta di notte, contro la violenza. Era bella perché c’era questo tratto letterario del ‘riprendersi la notte’, era molto elegante, ben fatta, ma non c’era brutalità politica né meschinità rivendicativa. Credo che se il femminismo cessasse di esistere, mancherebbe moltissimo a tutti, non soltanto a me. Mi mancherebbe questo senso di libertà e di giocosità nel rapporto con una donna, che ovviamente non è necessariamente rapporto erotico e non si vede perché debba esserlo. Questo campo magnetico di curiosità liberamente giocate tra uomo e donna, verrebbe a mancare. Sta cominciando a mancare. Il femminismo si trova in un rapporto di correlazione inversa con l’inflazione: più si alza l’inflazione, più deperisce il femminismo. La pesante ventata del riflusso sta portando le donne su posizioni difensive. Per posizioni difensive intendo anche la riscoperta della vecchia contrattualità: il ricatto della progettualità che è un appesantimento, un involgarimento dell’incontro uomo-donna.
Il femminismo ha fornito dei terribili alibi — come tutti i movimenti rivoluzionari — troppo massicci, troppo forti, a tutte le doone che hanno voluto approfittare di questo alibi. Ha consentito loro di dire ‘io sono riuscita a diventare ingegnere del genio civile, comandante d’un corpo d’armata o inviata speciale di Amica, perché il mondo è governato dagli uomini’. Questo alibi ha certo una sostanza, però è velenoso perché ha consentito alle persone, cioè alle donne, di non fare i conti con le loro responsabilità dirette e personali.
Lesbica è una parola che mi suscita un qualche imbarazzo, e una qualche fatica. Cioè, devo far fatica a far quadrare i conti. Il lesbismo non esisteva nella mia educazione e nella mia cultura. Non esisteva se non come una mostruosità da libro di scuola: Saffo. George Sand. Madame de Stàel. E una cosa nuova e per me indigesta, però anche lì. col femminismo, qualcosa è accaduto sia come immagine che come realtà. La lesbica, nei miei anni giovanili era una donna cattiva, irsuta e la si riconosceva da lontano. Adesso le donne hanno imparato a rapportarsi fra di loro anche in termini erotici conservando tutta la loro flessuosità, la dolcezza, ecc.
Quanto alla donna di cui sono innamorato che si innamora di un altro, è quello che mi capita sempre quindi non è un ‘exemplumfictum'”. Ma io ho detto altra, con la a. “Allora credo che starei stordito tre giorni di seguito pensando che è meno peggio che si fosse innamorata di un uomo e qui c’è tutta la mia meschinità. L’uomo lo sento come un competitore, mentre invece la donna la sento soltanto come una curiosità di passaggio, un’attrazione che poi evaporerà da qualche parte”.
Lo ringrazio e lui risponde: “Mi ha messo a mio agio e mi ha fatto dire tutto quello che volevo”. E l’unico che mi ha dato del lei. Dice che ha dimenticato dì citare una delle cose negative del femminismo. Per sintetizzare cita una filastrocca:
“Gli uomini — gridavano tutte in coro 300 suffragette in un comizio — sono vili, porci, pieni di ogni vizio. Vogliamo diventare come loro”. Mentre se ne va penso che a volte Trombadori docet più di Simone de Beauvoir.

GIULIO SAVELLI
Giulio Savelli: un editore di sinistra. Dai supplementi di “Stampa alternativa” alla collana “Il Pane e le rose” passando, ahimè, per Porci con le ali (carico di presagi?). Medito a lungo, di fronte al portone che mi ha indicato, studiando le .diciture dei citofoni: sigle strane, un paio di immobiliari, un ufficio della Rai (deve essere finito qui, eureka, mi dico, con l’esodo dei giovani leoni…). E poi la sede de “La settimana a Roma”, bollettino plurilingue, guida per turisti bisognosi d’avventure. Il dito si ferma qui. e preme il campanello, non so bene se per un’illuminazione medianica o per il ricordo confuso di chiacchiere serali con gli amici, di quelle della serie: “Che fine ha fatto il tale”. In capo a pochi minuti mi ritrovo a sfogliare, con faccia impenetrabile, l’ultimo numero del giornale. Lory Del Santo, sempre il meno vestita possibile, occhieggia dalla copertina promettendo di svelare “I segreti delle notti romane” per la gioia di qualche giapponese con Toyota o di qualche jankee dai pantaloni a scacchi. Sic transit gloria mundi… Quando lui mi si avvicina lo riconosco perché ha ri-indossato, in occasione dell’intervista ad “Effe”, l’espressione trasognata e svogliatella di un tempo quella che non è buona per un manager. “Mister Savelli, I suppose”, vorrei dire con la calma lapalissiana di chi trovò Livingstone in territori impervi, sconosciuti alla sua fantasia. Come Livingstone già dato per disperso, questo è il messaggio che Savelli lancia. E non mi pare che sia un S.O.S. !
“Quando penso alla donna mi viene in mente…vediamo...{riflette un po’ sulla definizione corposa che ne darà, n.d.r.) ecco: un essere umano uguale a noi, non meglio {questa frase si riaggancia ad una nobile tradizione: è ciò che dicevano gli abolizionisti durante il dibattito politico-culturale sulla schiavitù dei negri! n.d.r.). Il femminismo si divide in due parti: il femminismo che apprezzo e che è ragionevole, e quello che non apprezzo e che non è ragionevole. Se per femminismo si intende il tentativo di mettere in pratica quanto io ho già detto nel punto I, cioè di ottenere dignità e diritti effettivi, in quanto esseri umani equivalenti, allora sì, è giusto e va bene; se invece per femminismo si intende la rivendicazione di una particolarità o di un privilegio, allora no, è sciocco e non va bene. Se una donna pratica un femminismo del primo punto, e l’uomo è persona civile ed educata, la convivenza è possibile tra loro due. Se invece la donna pratica un femminismo del secondo punto la convivenza sarebbe comunque un inferno, come quella di una donna con un uomo incivile e maleducato (scusate lo schematismo. Non è mio: lo riporto soltanto, questa esposizione cattedratica è però, forse, dovuta al fatto che Savelli del femminismo è un esperto, come si vede da quel che segue, n.d.r). Io sono uno dei pochi che ha avuto il primo impatto col femminismo quando in Italia neanche si sapeva che cosa fosse, cioè nel 1970, quando ero in USA ed ho assistito alle sue prime manifestazioni. Mi sembrò, allora, un movimento interessante, del “primo tipo”, per intenderci. Soprattutto perché, per ovvi motivi, in USA non aveva i legami con la sinistra extra-parlamentare che in Italia ha invece avuto. Ora. vedi, io sono antirivoluzionario e credo fermamente nel gradualismo riformista. Non voglio nessuna rivoluzione, neanche se si tratta di una rivoluzione femminista. Comunque… si. ci sono tre cose fondamentali che mi vengono in mente se penso al femminismo: la prima è la condizione delle donne nei paesi del terzo mondo, la seconda è la condizione delle donne nei paesi socialisti, o meglio ‘cosiddetti socialisti’ — per le quali cose il femminismo nostrano farebbe meglio ad avere attenzione — e la terza è il progresso sensibile che la liberazione delle donne in Occidente ha fatto.
Se il femminismo ha cambiato la mia vita sessuale? Noooo, non mi sembra! (insisto che aggiunga qualcos’altro, che so, una giustificazione, perché ho avuto un ‘educazione cattolica e mi dispiace quando la gente fa cattive figure. Dopo cinque minuti di silenzio, arriva l’agognato seguito): Io credo che la rivendicazione di una diversa sessualità, in larga parte giusta, incontri ostacoli maschili molto forti. Noi abbiamo parlato finora di persone colte (non me ne ero accorta!). Ebbene, le persone colte forse a letto lo sono un po’ meno. La sfera dei rapporti sessuali rappresenta un problema difficile perché è legato al carattere molto più che al cervello, e quindi, pur potendo capire razionalmente certe ragioni, non fai molto. Questo prevalere dell’istintualità sulla razionalità è vero forse anche per le donne. (Ma no, ma che c’entra la razionalità cerco di dire — le donne non hanno deciso a tavolino come volevano fare l’amore, hanno cercato semplicemente, per la prima volta nella storia, di parlarne, e di star bene anche loro.,, Ma lui taglia corto con la frase che segue): Può sembrare scioccamente sentimentale ma una donna innamorata si dimentica di certi principi!
Se io penso a questi dieci anni di femminismo mi ricordo una grande manifestazione, non mi ricordo in quale anno c’è stata ma mi ricordo che c’erano 200.000 donne: è stata la prima volta che tanti piccoli gruppi, che lavoravano e si riunivano in maniera sotterranea e nascosta, si sono riversati sulle strade, un po’ come era successo per la sinistra extraparlamentare. Quella volta io ebbi la sensazione che questo movimento, anche se in forme distanti da quelle giuste, rappresentava esigenze profonde. Cosa che peraltro già pensavo. L’altra cosa poi che mi viene in mente è che alcuni risultati sul piano dei diritti civili sono stati possibili anche per il contributo del movimento delle donne. Penso al divorzio, all’aborto…
Cosa mi mancherebbe se il femminismo cessasse di esistere? (stavolta non esita). Niente (stavolta non insisto). Il lesbismo mi fa venire in mente un problema personale, sentito e serio, di una minoranza della popolazione, esattamente come l’omosessualità maschile. Penso che debbano godere dei diritti civili; non ritengo apprezzabile o sostenibile l’affermazione di una superiorità della sessualità omosessuale rispetto a quella etero. E se la mia compagna venisse a dire di essersi innamorata di una donna sarebbe come se mi dicesse di essersi innamorata di un uomo. Mi renderei conto che un rapporto è finito. Cosa? Dici che per forza la reazione dovrebbe essere diversa, migliore o peggiore ma comunque diversa? Ma. non so… Certo ne avrei più sorpresa, perché credo di conoscere abbastanza la persona con cui vivo per sapere se ha o no questa componente. Ma sì. diciamo che mi farebbe ridere ‘sta confessione… l’effetto sorpresa può tradursi in tragedia o commedia. Se lei si innamorasse di un altro uomo, prevarrebbe in me la sorpresa che si tramuta in tragedia. Beh. come sono andato?”.

“le persone colte a letto lo sono un po’ meno, può sembrare scioccamente sentimentale, ma una donna innamorata si dimentica di certi principi!”

ALDO TORTORELLA
“Se dici donna, mi viene in mente Beatrice, la prima donna che uno incontra nella propria adolescenza, la prima donna che simboleggia un amore assurdo. Non penso tanto alla Beatrice del Paradiso quanto a quella del Dolce Stil Novo che è la prima donna di cui un ragazzo legge. Se dici femminista invece penso a Letizia, ad alcune amiche e compagne. Vitalità, calore, simpatia. Per me la vita con una femminista nel quotidiano è normale. Io fin dal 1945 tutte le volte che ho vissuto con una compagna ho sempre vissuto con una femminista. Non ho avuto, né voluto, né ottenuto privilegi particolari”. Insomma, non sei mai stato un uomo ben servito, accudito ecc. ? Lui urla di dolore: “Mai! mai!…”. Di questi anni di femminismo ricordo come importanti per me tre tappe. La prima è stato un articolo scritto da Lia Cicarini II maschile come valore che portava un punto di vista nuovo anche per capire l’evoluzione del movimento operaio. La seconda cosa che mi ha colpito è la modificazione che ho visto nelle compagne di partito. Infine ho notato che il femminismo su alcuni, solo alcuni compagni aveva un effetto liberatorio. Se il femminismo cessasse di esistere a me mancherebbe uno stimolo culturale, perché ha aggiunto qualcosa alla mia vita.
Se dici lesbismo mi viene in mente Saffo, mi riporta alla giovinezza, ricordo di letture. Se mia moglie s’innamorasse d’una donna, boh. sono portato a considerare queste questioni come appartenenti alla sfera delle scelte personali in cui non mi permetterei d’intromettermi.
Non so se la mia vita sessuale è cambiata col femminismo, onestamente non ci ho mai riflettuto”.

Le interviste ad Arbore. Fo. Guarini, Placido, Vincino e Zincone sono a cura di Mariella Regoli.
Intervista a Savelli è a cura di Oria Gargano.
L’intervista a Tortorella è a cura di Donata Francescato.