FUMETTACCI

porno-sesso, tortura e stupro

marzo 1974

Per provare la sensazione di essere al mercato delle schiave, basta andare in edicola dove, tra quintali di carta stampata, spiccano decine di volti e corpi femminili per ogni gusto: prezzo, duecentocinquanta-trecento lire.

Sono le super-donne dei fumetti nostrani che hanno letteralmente invaso il mercato della carta stampata. Ad una prima superficiale impressione si pensa che la donna in Italia la sua piccola rivoluzione almeno nel campo del fumetto popolare l’ha fatta, togliendo al maschio l’esclusiva della testata e non essendo più soltanto l’accompagnatrice dei vari «uomini mascherati» o «super man» oppure l’eterna fidanzata comprimaria e mai protagonista.

Ma non è necessario indugiare oltre dopo questa prima affrettata impressione per rendersi conto che le cose stanno ben diversamente.

La realtà è che gli editori di queste pubblicazioni, (gente per lo più fascista, in ogni caso qualunquista) come novelli «protettori», industriali della carne non in scatola, fasulli predicatori della liberazione dei costumi sessuali, sguinzagliano settimanalmente o quindicinalmente per le edicole italiane ed anche estere le loro donnine ognuna con precise caratteristiche da soddisfare ogni gusto o tendenza in campo sessuale, facendo così una specie di super market del sesso condito regolarmente dallo stupro e dalla tortura.

Si chiamano: Lucrezia, Silvye, Isabella, Jolanka, Messalina, Jolanda, Bonnie, Jacula, Pompea, Lucifera, Zora la Vampira, Candida, Satanik, Zakimort, Angelica, Alcina la maga, Teodora, Sibilla la Maga, Ma-ghella, Strega Stregonza, Vartan, Demona, Cosmine, e con questi nomi orientativi che sono tutto un programma, basano le fortune commerciali dei loro «protettori» sulla ripetizione monotona e ossessiva di determinate esibizioni e posizioni sessuali.

Come l’eroe maschile tradizionale, queste eroine hanno il gusto della violenza ma, a differenza dell’eroe maschile, così morigerato sessualmente da insospettire, esse sono la personificazione del sesso. Infatti è d’obbligo che l’eroina si applichi continuamente in esercitazioni a corpo nudo di ogni tipo, cambiando partner ogni minuto secondo non importa se di specie umana, animale o extraterrestre. Se prima l’avevano fatta diventare nel fumetto in genere l’eterna fidanzata-spalla che riusciva ad avere un bacio, come un’elemosina, quando ci scappava, ora invece l’hanno trasformata in una eterna insoddisfatta mangiauomini, mangiadonne, mangia sesso che uccide, frusta, subisce e agisce sempre con la scusa di dover difendere una causa il più delle volte improbabile ma soltanto facile pretesto narrativo. Prima di questo boom sessuografico la donna nel fumetto italiano era assurta a protagonista nel 1948. Il disegnatore Ingam crea «Pantera bionda», una specie di tarzanella, con tanto di pelle di leopardo sui seni semiscoperti; una testata che per la mediocrità del disegno e per il razzismo dichiarato dell’epoca, non ottiene successo e scompare sommersa dai soliti eroi maschili.

Bisogna aspettare il 1962 per riavere una testata femminile. Dopo che in Francia Jean Claude Forest crea «Barbarella» amazzone siderale che conta sempre sulla disponibilità del suo corpo pur di raggiungere i suoi scopi e dopo che in Italia le sorelle Giussani inventano «Diabolik». Dalla fusione delle due tendenze — il fine giustifica il corpo, il fine giustifica i mezzi — nasce la testata femminile nero-erotica.

La capostipite si chiama «Satanik» la quale sintetizza il concetto razzista che la donna è o puttana o strega. «Satanik» è tutte e due le cose ed esercita il suo potere grazie ad una posizione che la trasforma da brutta e vecchia a giovane e attraente. Dopo «Satanik» nasce «Isabella, duchessa de Frissac» o dei Diavoli (chiaro rifacimento alla letteraria «Angelica degli Angeli») eroina di cappa e spada che inizia la sua «carriera» stuprata da un orso. Anche le vergini hanno la loro eroina, certa «Jungla», la quale pur difendendo temerariamente la sua verginità non sfugge ad altri tipi di penetrazione o violenza.

Quasi tutte come matrice comune hanno il fatto che devono sottostare al fascino di un loro inesorabile nemico, con l’immancabile sorriso da duro-mandrillo, di cui, dopo essere state possedute con la forza pensano: «Però… chissà perché, pur odiandolo, non posso dimenticare la sua passione». Una delle più richieste dai «clienti» è stata «Isabella» la quale, assurta a successi anche esteri e cinematografici, vale come prototipo per le consorelle. Infatti anche le altre, come lei, sono tutte degli animali astuti che adoperano il proprio corpo come arma di difesa e di offesa.

L’ultimo arrivo si chiama «Cosmine», Venere galattica, perfetto robot con sguardo laser, donna-machina ridotta a pura elettricità: il coito di Cosmine si ripete al ritmo della catena di montaggio, in un mondo devastato dalla guerra atomica e abitato soltanto da mostri cui deve sottostare. Le donne del fumetto ormai da dieci anni vengono mandate a «battere» nelle nostre edicole ma nel frattempo alcune di esse, precocemente invecchiate o non più gradite, sono state tolte dal «giro» e mandate in pensione; altre invece continuano a fare le fortune dei loro protettori.

Comunque il posto lasciato vuoto è stato subito riempito da altri tipi di eroine, ancora più improbabili e oltretutto neanche frutto della fantasia di qualcuno. Si tratta di «Biancaneve», «Cenerontola», «Cappuccetto Rosso, «Alice», le virtuosissime eroine delle cosiddette favole classiche, rimanipolate per l’occasione, come se non fossero già abbastanza negative o comunque sottodonne.

Gli editori, data l’ignoranza che li distingue, neanche rendendosi conto che avrebbero potuto fare un discorso di vera e propria dissacrazione a questi monumenti reazionari della nostra infanzia, si sono limitati a non farle più cinguettare, piagnucolare, chiedere aiuto alle fate turchine e le hanno messe a fare le orge, con un linguaggio che non risulta neanche spiritoso vista la ripetizione monotona delle stesse parolacce. Tante per l’eroina protagonista. Ma come tralasciare Eva Kant, la serafica gracekellyana compagna-sostenitrice di «Diabolik» la quale si ritiene «moderna» poiché imita con successo le ardite imprese del suo uomo? Oltretutto Eva Kant, fedele sul filo del rasoio al suo incomparabile e diabolico Diabolik, uccide, rapina, tortura pur mantenendo una facciata esteriore di perfetta rispettabilità borghese. Conclusione: il fumetto nero-erotico italiano rappresenta un momento involutivo e di falsa liberazione dai tabù sessuali. Le imprese di queste eroine, generalmente sprovviste di trama e di elementi narrativi originali, risultano soltanto un’antologia rozza e imprecisa delle varie tendenze sessuali. Come gli eroi maschili le eroine hanno il gusto della violenza e anch’esse si muovono secondo una legge personale che si pone al di sopra delle leggi comuni. Ancora una volta la donna ne fa le spese, ridotta ad elemento grafico, strumentalizzata, mercificata. Unico vero protagonista, il suo corpo, sempre disponibile. Perciò, nella cultura e nella sottocultura: donna sì, però sempre e soltanto come oggetto sessuale.