ELEZIONI
candidate a confronto
Le donne dei partiti parlano in prima persona dei loro programmi elettorali.
luciana castellina
P.D.U.P.
Quando Effe mi ha telefonato chiedendomi una breve nota su cosa il Pdup avrebbe inserito nel suo programma elettorale per le donne, sono rimasta sbigottita. Dopo aver seguito per anni il travaglio del movimento femminista avevo finito per convincermi che proprio questo non si sarebbe più potuto e dovuto fare: settorializzare i problemi delle donne, tanto meno snocciolarli in un elenco di proposte. Poi ci ho riflettuto, e mi sono resa conto che, invece, avevano ragione. Perché in questi ultimi tempi è emersa nel movimento — almeno mi pare — la consapevolezza che un rapporto vertenziale con le istituzioni, ferma restando tutta la propria estraneità, vada costruito; e che c’è un livello, quello su cui si pongono obiettivi limitati ma concreti, diciamo di tipo emancipatorio, che sarebbe sbagliato ignorare. Come il riformismo rispetto alla rivoluzione, così l’emancipazione rispetto alla liberazione non ha solo una faccia negativa, di integrazione e mistificazione; può anche essere un terreno più avanzato di lotta, su cui conquistare quelle modifiche materiali della propria condizione che rendono più evidenti le contraddizioni di fondo, più facile aggregare le forze necessarie a superare i limiti e le ambiguità di questo orizzonte. Dentro questo quadro acquistano importanza tutti gli obiettivi che riguardano l’occupazione, la socializzazione della vita domestica, l’organizzazione della salute, della scuola, i diritti di parità eccetera. Sono capitoli che ritroveremo nei programmi di tutti i partiti, pochi essendo coloro, oramai, che se la sentono di predicare il ritorno al focolare. Anche se sul modo di concepire ognuno di questi progetti, di prevederne le forme di gestione (basti pensare alla differenza che corre fra statalizzazione e socializzazione dei servizi) le divaricazioni sono enormi. Ma la questione essenziale ora non è questa, o solo questa. Al punto di crisi in cui è giunta la società borghese, e il suo concreto modo di essere di questi ultimi decenni, innanzi tutto lo stato assistenziale e il suo modello socialdemocratico, il problema diventa più complessivo: è pensabile che il capitalismo possa ancora garantire uno sviluppo delle forze produttive e un margine di surplus sufficiente a finanziare un tipo di organizzazione della vita collettiva costassimo, largamente improduttivo e comunque ormai inadeguato a rispondere ai bisogni emergenti quale quello posto in atto nei suoi punti più avanzati? Noi, come è noto, pensiamo che non sia possibile: che cioè la prospettiva sia o quella di un processo di ristrutturazione destinato a smantellare il welfare state, a ridurre drasticamente i livelli di occupazione e perciò anche gli spazi di democrazia oppure quella di modificare radicalmente i meccanismi di fondo del sistema. Insomma: mai come ora appare maturo il nodo della transizione e dunque degli itinerari concreti da percorrere per entrare in questa fase. E questo ci sembra il nodo essenziale anche, anzi soprattutto, per le donne. In questo senso, per una piccola forza come il Pdup, il solo impegno realistico è sul come contribuire a far crescere un movimento, non più puramente rivendicativo, e dunque destinato all’atomizzazione, ma capace di farsi forza di direzione della società e nella società. E di come tale movimento può usare delle leve istituzionali, distruggendole e insieme ricostruendole diversamente nell’obiettivo della massima socializzazione delle funzioni dello Stato. E’ in questo ambito che ci sembra vada costruito un rapporto col movimento femminista, per individuare assieme quali priorità, quali compatibilità, quali esperienze di gestione possono essere prospettate, pur scontando una conflittualità che non solo è ineliminabile, ma è soprattutto necessaria.
Più che di un programma ho parlato così di un rapporto. Ma questo è quello che ora so dire per il mio partito, Anche perché, pur non essendo una militante femminista, mi sento sufficientemente “interna” a questo movimento per potermi collocare, nella vertenzialità di cui parlavo, proprio “dall’altra parte”.
Ad un solo tema specifico vorrei accennare, perché sarà decisivo nella prossima legislatura: quello dell’aborto. In questo senso il Pdup sposa interamente la piattaforma del “coordinamento nazionale per l’applicazione della legge 194/78”. E anzi ad esso abbiamo deciso dì lasciare una delle nostre trasmissioni autogestite, perché possa direttamente illustrare il proprio programma.
Luciana Castellina
alcune donne
Care compagne, la nostra candidatura nella lista di nuova sinistra unita a Roma nasce dalla riflessione sull’importanza di utilizzare anche la scadenza elettorale come ulteriore momento di confronto tra donne. Non c’è dubbio che le elezioni, nella forma più che nei contenuti, siano molto lontane dalla pratica politica portata avanti dal movimento femminista. «Rispettare i nostri tempi e le nostre modalità di lotta» significa proprio mantenere la nostra autonomia di fronte al cielo della politica e mettere al primo posto le nostre vite particolari, il nostro “personale”. Tuttavia pensiamo che la scadenza elettorale possa rappresentare un momento importante per riproporre e riaffermare le battaglie che il movimento delle donne ha portato avanti in questi anni. Certamente la nostra candidatura non deriva dalla consapevolezza né dalla pretesa di rappresentare tutto il movimento femminista, e d’altronde pensiamo che un movimento non possa ‘essere rappresentato. Ciò di cui siamo certe, però, è che quello che diremo non nasce dalla testa di alcune compagne prese a caso, ma è frutto di esperienze e di acquisizioni di contenuti che solo l’appartenenza storica al movimento femminista ci può garantire. E’ proprio in questa ottica che ci muoviamo e ci muoveremo, ed è certamente questo l’elemento fondamentale che ci ha fatto ritrovare tutte in questa lista. Noi crediamo, in tal modo, di poter portare avanti la lotta che conduciamo da anni, per la nostra liberazione e per l’estinzione delle istituzioni repressive e patriarcali della società borghese. E crediamo che la possibilità di lottare in tal senso non ci venga consentita dal partito comunista, che ignora sostanzialmente i bisogni fondamentali della donna per relegarla ancora una volta in una famiglia (sia pure rossa) o in una struttura produttiva che lascia invariata la divisione sessuale del lavoro e dove l’identità di donna viene negata non meno che nel modello borghese. Né pensiamo che sia possibile portare avanti i nostri contenuti attraverso il partito radicale che ha strumentalizzato il bisogno delle donne di aborto gestendolo in maniera privatistica e assumendo una posizione ambigua che di fatto privilegia le cliniche private. Noi, invece, abbiamo individuato, nella lista di nuova sinistra unita, che non si propone come un partito, ma come momento di aggregazione e di sintesi dei movimenti che si sono espressi a partire dagli anni ’70, un terreno che oggi ci sentiamo di praticare per portare avanti le nostre esperienze. Per la difesa della vita oggi minacciata anche dalle ipotesi di sviluppo capitalistico sull’energia nucleare (che il Pci non ha mai criticato fino in fondo). Per la qualità della .vita che per noi donne significa soprattutto la possibilità di uscire dalle case ed emanciparsi attraverso un lavoro diverso, ma soprattutto per avere la possibilità di portare avanti la nostra lotta per l’abolizione dei ruoli sessuali. E’ questa un’utopia? Ebbene noi siamo per l’utopia. Chiediamo l’impossibile e pretendiamo di raggiungerlo. Del resto, non ci accontenteremo di avere meno.
Anna, Carla, Claudia, Elena Nunni, Rosetta
adriana seroni
P.C.I.
Nelle Tesi del nostro XV Congresso non abbiamo scritto “un capitolo pelle donne”; e nel nostro programma elettorale non ci sarà “un capitolo per le donne”. Nell’un caso e nell’altro i temi della condizione femminile corrono all’interno delle nostre proposte politiche e programmatiche complessive. Questo per una ragione molto semplice. Domandiamoci a che punto stiamo con la questione femminile nel nostro paese; non è vero come viene detto qualche volta che nelle istituzioni per le donne non è mai “successo nulla”. Con le lotte di tanti anni se ne sono ottenuti di successi. Penso alle lotte e ai risultati del passato: le leggi di tutela della maternità, il nuovo diritto di famiglia, il divorzio. E penso a quelli ottenuti nel periodo più recente: la nuova legge sull’aborto, il rifinanziamento dei consultori e dei nidi, la legge di parità, la modifica della legge sul divorzio, la modificazione dei limiti di età per i concorsi: e cito solo le cose più rilevanti. Un bilancio importante sul terreno legislativo: dovuto alla presenza sempre più imponente delle donne e alla loro capacità di esprimere le proprie aspirazioni; ma dovuto anche, voglio aggiungere, al crescente peso dei comunisti anzitutto nel Parlamento, nelle Regioni e nei Comuni e alla qualificata presenza femminile che i comunisti hanno eletto in queste sedi. Anche nelle Regioni e nei Comuni: perché non basta ottenere delle leggi, bisogna anche gestirle e realizzarle. E mi domando cosa sarebbe successo della legge sull’aborto se nelle Regioni e nei Comuni non ci fossero stati tante amministratrici e amministratori comunisti che si sono impegnati per questa gestione. Ma, ed ecco il punto: bastano delle leggi ampiamente positive e garantire un cambiamento della condizione della donna? Senza dubbio no. Direi anzi che le leggi “per le donne” possono manifestare pienamente la loro incidenza positiva, solo se fanno parte, si integrano in una politica complessiva di risanamento e rinnovamento della società. La legge sulla parità è importante, va gestita sino in fondo. Ma come si può garantire un reale sviluppo della parità fra uomo e donne nel lavoro se non si realizza la riconversione industriale, se non cambia finalmente la politica verso il Mezzogiorno, se non si rilancia concretamente l’occupazione, se non si vince la tenace resistenza della DC a una politica dì rinnovamento del paese? Perché il tema della donna oggi non può essere affrontato con misure settoriali: o esso diventa punto di riferimento delle scelte politiche nella loro generalità e nel loro insieme: o non compie decisivi passi avanti. Per questo non ci sarà nel nostro programma il “capitolo per le donne”. Poniamo all’interno di una proposta di riforma complessiva dello Stato la necessità di un peso adeguato dei diversi movimenti delle donne nei confronti del governo. Poniamo all’interno di una nuova politica economica e del lavoro il tema grande e complesso della ricomposizione del mercato del lavoro, della piena applicazione della legge di parità, della formazione professionale. Dedicheremo un particolare peso ai problemi della maternità libera e responsabile e dell’assistenza all’infanzia. Maternità libera e responsabile significa per noi fare arrivare in porto la legge sull’educazione sessuale; impegnarsi per la piena applicazione su tutto il territorio nazionale della legge sull’aborto: fare investire pienamente i fondi per i consultori: impegnare gli organi di governo in collaborazione con gli istituti interessati a un serio lavoro di ricerca e di controllo nel campo dei contraccettivi: e significa anche adeguare l’assegno di parto per le donne contadine, ultimare il piano dei nidi, giungere all’approvazione della legge sull’adozione. Più in generale si tratta di ripresentare e di portare ad approvazione le nostre proposte rimaste bloccate dalla fine della legislatura (e fra queste anche la legge contro la violenza verso la donna che presentammo nella VII legislatura e quella sulla informazione sessuale nelle scuole); ma anche di affermare col voto la necessità di una linea coerente e rinnovatrice dell’esecutivo nei confronti della condizione femminile. Perché oggi la questione femminile richiede proprio questo; un impegno legislativo ma anche e vorrei dire soprattutto una svolta di governo.
Adriana Seroni
maria magnani noya
P.S.I.
Le donne socialiste vogliono lottare per una diversa qualità della vita: ma perché questo non sia solo un vuoto slogan occorre modificare nel profondo i valori socio-culturali della nostra società; occorrono nuove leggi ma occorre anche vigilare per una corretta applicazione di quelle che abbiamo conquistato.
Noi vogliamo che al Parlamento e in tutte le sedi decisionali siano presenti donne che obblighino le istituzioni stesse ad affrontare i nostri problemi in termini corretti e concreti. Vogliamo intraprendere una lunga, difficile marcia attraverso le istituzioni con la nostra fantasia riformatrice per ottenere leggi nuove e più giuste, per migliorare quelle esistenti, per gestire correttamente quelle che ci sono. Nella recente assise delle donne socialiste abbiamo presentato una serie di proposte sulle quali richiediamo l’impegno del Partito e il sostegno delle donne. La nostra lotta è volta ad ottenere:
1) La istituzione di quelle strutture e di quei servizi sociali che sempre ci hanno promesso e che mai sono stati realizzati: poliambulatori, consultori, asili e’ scuole per la prima infanzia, centri contro la violenza e case di accoglienza per le donne.
2) La modifica del codice penale e di procedura penale per quanto riguarda i reati dì violenza contro le donne (violenza sessuale e violenza all’interno della famiglia). Infatti la violenza nelle famiglie crea meccanismi che comportano il trasferimento della violenza dal privato al pubblico in una spirale, senza fine. In concreto chiediamo l’unificazione dei reati di violenza carnale e. di atti di libidine violenta, il diritto delle donne di costituirsi parte civile, i processi a porte aperte; l’abolizione del concetto di «debito coniugale» con conseguente riconoscimento che la violenza può avvenire anche all’interno della famiglia.
3) Rivedere il diritto di famiglia e la legge sul divorzio per ovviare alle carenze che si sono manifestate in questi anni di applicazione, in particolare è necessario ottenere che l’assegno di mantenimento venga automaticamente rivalutato, che le cause di separazione di divorzio siano esenti da spese e che ad esse si applichi la procedura di urgenza, che il periodo dì separazione legale per ottenere il divorzio sia ridotto a due anni, che vengano riconosciuti giuridicamente, dopo un certo periodo, i diritti della «convivente» quale ad esempio il diritto alla pensione di reversibilità, legato ora soltanto al contratto matrimoniale e non alla situazione di fatto.
4) Modificare la legge 194 riconoscendo anche alle minorenni l’autodeterminazione e dando alle regioni la possibilità di usare per gli aborti personale esterno alla struttura ospedaliera, con capacità di intervento nei poliambulatori, che devono essere potenziati per sdrammatizzare l’interruzione della gravidanza, anche al personale paramedico specializzato.
5)Modificare i modelli culturali aiquali sono legati i meccanismi di autoesclusione e di subalternità delle donne zione di un insegnamento veramente nel mondo del lavoro mediante la creazione di un insegnamento veramente uguale, la formazione professionale della donna che è la prima condizione per un buon inserimento nel mondo del lavoro, la riqualificazione professionale per tutte le donne e in particolare per quelle che intendono tornare a lavorare e una educazione permanente con potenziamento dei corsi delle 150 ore per le casalinghe, una politica di sviluppo dei servizi sociali visti come allargamento delle possibilità di occupazione e come occasione di partecipazione e di diffusione della democrazia. Per il lavoro domestico vogliamo pensioni agganciate alla contingenza e l’assistenza medica.
6) Anche la città e l’abitazione devono essere ripensate: i nostri alloggi sono strutturati come quelli della media borghesia di cento anni fa; oggi invece è necessario un alloggio diverso con servizi collettivi a livello di isolato; progetti-pilota possono essere realizzati nelle grandi proprietà pubbliche (IACP, assicurazioni, banche ecc.).
7) Il consumo non è solo un problema di donne come talvolta ci si ostina a far credere. Le donne non consumano più degli altri ma da secoli sono loro che vanno al mercato per approvvigionare la famiglia; per questo hanno qualcosa da dire sui prodotti che vengono loro proposti. Bisogna garantire:
– il diritto all’informazione sulla composizione dei prodotti ed alla protezione contro una pubblicità ingannevole;
– un diritto alla sicurezza ed all’igiene dei prodotti che possa essere celermente e facilmente stabilito;
– Il diritto a prezzi stabiliti in rapporto ai veri costi di produzione senza le distorsioni che derivano dalle spese di una pubblicità sempre più invadente, o dagli interessi dei cartelli e dei monopoli;
– maggiori controlli preventivi alla autorizzazione ad usare nuove sostanze, la cui innocuità non deve lasciar sussistere dubbi;
– controlli più severi sulla composizione e la scadenza dei prodotti alimentari, cosmetici, per la casa, ecc.;
– semplificazione dell’imballaggio per evitare sprechi e possibilità di frodi sulla quantità reale del prodotto.
Maria Magnani Noya
marisa galli
P.R.
Onestamente, credo di non poter fare programmi elettorali su problemi che riguardano esclusivamente la donna. Se un programma devo fare perché una campagna elettorale dovrò affrontare — agli elettori, -alle elettrici, — dovrò dire anzitutto quale è stata la mia esperienza parlamentare come donna radicale: ho dovuto confrontarmi in Parlamento con le forze politiche della sinistra unite alla DC con una maggioranza del 90 per cento la quale in forza di questo dato ha partorito leggi che hanno vanificato il contenuto di battaglie fondamentali per il rispetto e dell’uomo e della donna in quanto persone: quali la legge sui manicomi, la riforma carceraria mai applicata e sostituita invece da leggi speciali e l’attuale legge sull’aborto: doveva essere fondamentale, per il femminismo l’intransigenza da parte delle donne parlamentari della sinistra, sull’articolo che riguardava l’autodeterminazione della donna e l’affermazione in assoluto che l’aborto non è reato. Ma che è successo in aula dall’I 1 al 13 aprile 1978 mentre il deputato Sabatini (DC) presentava ed illustrava con molto sentimento un emendamento d’ inasprimento di pene per la donna che avesse tentato di sottrarsi all’aborto di Stato per un aborto libero — non una delle donne di sinistra presenti in aula — ha avuto il coraggio di urlare, protestare a tanta violenza maschilista (Emma Bonino, Adele Faccio avevano lasciato l’aula dopo due giorni e due notti di ininterrotta battaglia ostruzionistica visto che non erano riuscite a vincere per la donna l’autodeterminazione e l’autonomia della minorenne). A questo punto che diciamo? Donne compagne femministe, non è abbastanza chiaro che le donne parlamentari
quando sono in aula, con tutte le migliori intenzioni e dichiarazioni di fedeltà al femminismo e alle promesse fatte alle compagne non sono affatto libere nella loro azione politica altro che in linea teorica? Quando si deve passare alla fase operativa, presentazione di emendamenti e difesa feroce di quei diritti irrinunciabili per la donna — qui casca l’asino —. Anche le donne parlamentari cedono alle intese di quell’unità nazionale fatta al di fuori del parlamento al di fuori dell’aula sulla testa della donna parlamentare, sulla pelle delle donne: accordi politici, equilibri di potere per uomini di partito. Guardiamoci in faccia con onestà, Maria Magnani Noya, Adriana Lodi, Giancarla Codrignani, Luciana Castellina: dobbiamo anzitutto sganciarci noi donne dal condizionamento in Parlamento degli accordi di partito, poi potremo fare promesse solenni alle donne.
Io non presenterò nella mia campagna elettorale il programma di rivendicazione della donna’ quale è uscito dal convegno internazionale “femminismo d’Europa a confronto delle istituzioni” — credo che sarei disonesta; credo di poter dire con serietà di battermi nella prossima legislatura in seno alla Commissione Parlamentare di Vigilanza e RAI TV perché programmi come “processo per stupro” trovino maggiori tempi e spazi perché attraverso una informazione corretta, obiettiva, si promuovano dibattiti che facciano maturare nuove vie di etica sessuale in questo paese ancora tanto bigotto e sesso-fobico modificandone schemi culturali che gradualmente porti la persona a fare scelte autenticamente morali perché totalmente coscienti e libere senza più incorrere in criminalizzazioni e scomuniche. La prossima legislatura sarà determinante per il problema nucleare: compagne mi batterò fino in fondo perché è in gioco la qualità della vita dei nostri, dei vostri figli e nipoti: alla donna questo problema deve scottare nelle viscere: maternità? Quale, come, dove — tra le scorie radioattive che noi oggi abbiamo voluto rimuovere? Programmi minimi i miei? Forse — ma so che per questo .sarò rigorosa e vincente —; il resto dipende anche dalle mie compagne parlamentari.
Marisa Galli