Copenhagen, luglio 1980
Perché dedichiamo un numero a Copenhagen. Innanzitutto per colmare un vuoto scandaloso. Danielle Bazin, direttrice dell’Istituto Internazionale di Ricerche e Sviluppo per la Formazione delle Donne, mentre sorridendo sedute a un bar del Bella Center ci ricordava che l’Italia ha sottoscritto per l’Istituto una somma irrisoria, specie se paragonata a quella di pìccoli e poveri Paesi del Terzo Mondo, ci faceva notare che solo per il Giappone, a Copenhagen c’erano 149 giornalisti, che ogni Paese aveva mandato la troupe televisiva e che invece in sala stampa si notava l’assenza dell’Italia (in effetti solo due quotidiani hanno mandato inviati alla Conferenza ma poi gli lesinavano lo spazio). Tanta disattenzione era dovuta al fatto che si trattava di donne? Certamente, ma non solo.
Su Città del Messico venne messo il silenziatore della denigrazione. Del resto si sa che la sottovalutazione degli organismi e delle relazioni internazionali è una delle forme del fascismo strisciante in Italia. Che mette le bombe o dà le coperture a chi le mette. E si sa che alcune forze politiche e la burocrazia dello Stato non sono insospettabili.
Quando abbiamo accusato il Ministero degli Esteri perché l’Italia non ha partecipato alla preparazione della Conferenza, perché il Piano mondiale votato a Città del Messico non è stato mai divulgato, ci hanno risposto che «per tener dietro all’ ONU che sforna migliaia di documenti, ci vorrebbe un ministero apposta…”. Figurarsi…
Ma anche a Copenhagen c’era chi ironizzava sui quintali di carta e sul numero dei documenti: e sono persone che trovano ragionevolissimo che da una riunione di un gruppo o di un comitato o di un collettivo esca un documento, che ne conoscono il valore e il significato, che si interessano di farne fotocopie e divulgarle.
Ma quelli dell’QNU, di una Conferenza dell’ONU, a che servono?
A che serve una Conferenza dell’ ONU? E la Conferenza parallela, la tribuna libera, il Forum?
E’ quello che cerchiamo di dire.
Cerchiamo di raccontare quello che abbiamo appreso, visto, sentito. Compatibilmente con lo spazio a nostra disposizione, nella prima parte di questo numero cerchiamo di dare un’immagine il più possibile completa di quello che doveva essere e dì quello che è stato il Forum: la libera conferenza delle donne di tutti i Paesi del mondo; nella seconda ci siamo riproposte idi inquadrare la “Conferenza Mondiale per il decennio delle N.U. per le Donne”, nell’ambito delle attività e degli obiettivi dell’ONU; di riassumere il Programma di Azione che è stato approvato; di visualizzare attraverso il resoconto di due sedute i modi e le forme in cui si svolgevano i lavori di questo consesso internazionale.
Mentre chiudiamo questo numero, interamente dedicato a Copenhagen, dove tanto si è parlato dei diritti delle donne e della necessità di rimuovere tutte le forme di discriminazione e di oppressione, si risvegliano in Italia violenti attacchi contro le “conquiste” di questi ultimi anni.
Il Papa e i suoi corifei suonano le trombe di una crociata dai toni apocalittici che mira a risospingere l’aborto nella clandestinità, la Corte di Cassazione dichiara che la legge 903 si può violare: che la parità nell’accesso al lavoro non esiste!
La legge sulla violenza sessuale è ancora in alto mare: le proposte di legge — .quella di iniziativa popolare e quella dei partiti politici — sono per ora all’esame di un comitato ristretto.
Anche la legge sulla riforma dell’Editoria è ancora in alto mare e stiamo lottando insieme a “Noi donne”, “Quotidiano Donna” e “DWF” perché i nostri giornali non ne siano esclusi ed emarginati, costretti al silenzio dalle spaventose strozzature economiche dovute soprattutto al mercato monopolistico della carta. Negli emendamenti da noi. proposti chiediamo infatti che le provvidenze per la carta vengano estese, non solo alle Cooperative editrici di quotidiani, ma anche alle cooperative di periodici, come noi siamo.
Certo non risolveremmo tutti i nostri problemi, ma sarebbe un concreto e tangibile riconoscimento delle nostre testate di donne.
Giovedì 11 Settembre, il Coordinamento delle testate, insieme alle nostre lettrici e compagne, ha organizzato una manifestazione davanti a Montecitorio mentre si discutevano i primi articoli della legge. Sei di noi, in rappresentanza delle quattro testate, sono riuscite ad entrare come pubblico grazie all’aiuto di Rossana Branciforti, parlamentare del P.C.I.
Questo il comunicato stampa da noi diffuso che descrive la nostra azione di protesta:
“Alle ore 17,10 dalla tribuna del pubblico della Camera dei deputati, 6 redattrici dei giornali del movimento delle donne: “Noi donne”, “Quotidiano donna”, “Effe” e “DWF”, hanno srotolato uno striscione di seta lilla di 8 metri con su scritto: riforma editoria subito. Seguiva la firma delle testate. Il Presidente di turno, Oscar Scalfaro, ha immediatamente ordinato l’allontanamento dall’aula al grido di: “Scostumate” e ha aspramente richiamato alcune deputate che avevano sottolineato con un applauso lo svolgersi dello striscione. Contemporaneamente, a piazza Montecitorio centinaia di donne del movimento provenienti anche da altre città d’Italia, hanno organizzato una vivace manifestatone di protesta sottolineando con polemici slogan la necessità di una rapida approvazione della riforma dell’editoria che riconosca la funzione specifica delle testate delle donne.
Noi donne, Quotidiano donna, Effe, Dwf”
Se Effe vive ancora è per merito vostro che avete premiato il nostro lavoro non retribuito dì questi lunghi mesi (sarà un destino delle donne di lavorare senza essere pagate?).
A Ottobre riprenderemo tutti i discorsi lasciati in sospeso. E attendiamo sempre il vostro contributo di idee, di suggerimenti, di critiche.
Intanto vi ringraziamo tutte e specialmente quelle che hanno continuato a sostenerci anche durante i mesi estivi.