biografie

cristina de pisan alla corte d’amore

sola, in un paese che non era il suo, Cristina de pisan è probabilmente la prima donna scrittrice che riuscì a vivere del proprio lavoro

gennaio 1982

Sua madre era veneziana, ed a Venezia nacque Cristina a metà del XIV secolo, l’anno è incerto: il 1363 o 1364, in un periodo di straordinario e rigoglioso splendore della Serenissima dove le donne godettero sempre di una indipendenza che non si riscontra altrove. Suo padre Tommaso da Pizzano, o Pisani, professore di astrologia all’università di Bologna, si trasferì alla corte di Francia come medico ed astrologo di Carlo V e recò con sé la figlia, ancora bambina, che crebbe nella nuova terra facendo tesoro dei ricordi del suo paese d’origine e della eccellente istruzione, impartitale dal padre, che comprendeva il latino e le scienze naturali, allora riservate a pochissimi studenti. Giovanissima sposò Etienne de Castel, notaio e segretario regio, che amò con tutta l’anima e che perse nel 1389 dopo una felice unione durata dieci anni, rimase con tre bambini sola e ben decisa a restare tale: “Seulete suy et seulete vueil estre” scrisse in una delle sue liriche più famose.

Priva di mezzi di fortuna, praticamente sola in un paese che non era il suo, suo padre era morto qualche anno prima, forse nel 1385, si assunse il peso di una famiglia in miseria a causa di una vertenza legale conclusasi male. Le sue armi furono: una notevole cultura, una intelligenza vivissima e la volontà di riuscire nella lotta intrapresa per la sua esistenza e quella dei suoi tre figli. Cristina riuscì nell’intento di mantenere decorosamente la sua famiglia ed affrontare l’esistenza da sola, sentendo di meno il peso di una perdita dolorosa, servendosi della letteratura. È probabilmente la prima donna scrittrice che riuscì a vivere con la sua penna. Scrisse numerose opere in poesia: ballate, lays, rondeaux ecc., ed in prosa, sia di carattere storico che letterario. Di grande interesse una vita di Carlo V in cui fa il ritratto del saggio sovrano, che aveva ben conosciuto, del quale conserva un ricordo misto di rispetto e di riconoscenza. I lavori per i quali è più nota sono: La Citè des Dames e Le Livre des Trois Vertus. Nel primo sono raccolte, secondo l’esempio del Boccaccio, i ritratti di tutte le donne che si sono distinte per i loro meriti. Nel secondo elenca e commenta i doveri delle donne, sia di alto rango che di umile origine e fornisce consigli e suggerimenti anche di tipo pratico, anche per questo il libro ebbe grande successo e fu molto letto.

 

l’eco del dolore, della disperazione e dell’orgoglio

In tutti i lavori di Cristina risuona l’eco del dolore e della disperazione femminili particolarmente vivi in un’epoca tormentata da guerre senza fine che spesso coinvolgevano i membri di una stessa famiglia in schieramenti avversi. Sempre la scrittrice tenta un’opera di consolazione manifestando una grande pietà cristiana ed una profonda solidarietà femminile. A Cristina si debbono gli unici versi dedicati a Giovanna d’Arco che ne esaltano il valore e che furono scritti nell’epoca in cui l’eroina visse. Il canto fu scritto nel 1429, in esso accanto al sentimento patriottico si manifesta un moto di fierezza femminile: Hee, quel honneur au feminin Sexe! que Dieu l’aime, il appert. esclama con orgoglio. Ella si attendeva grandi cose dalla Pulzella per la Chiesa e per la Francia, ma l’epoca che aveva visto grandi donne alla guida spirituale e politica d’Europa stava tramontando in una società che diveniva schizofrenica, ed in preda ad una angoscia maschile si volgeva alla caccia alle streghe che già minacciava di ardere Giovanna.

 

il funerale della società feudale

Di tutto questo Cristina, con l’intuizione della donna e la sensibilità poetica aveva avuto sentore e si fece paladina dell’onere del suo sesso che difese con ardore nella celebre “querelle”, con l’autore del Roman de la Rose, che divise il mondo della cultura in Francia nel XV secolo.

Jean Clopinel, che in seguito fu noto come Jean de Meug dal nome del suo paese natale, aveva sottoposto a critica feroce il mondo e quel che sopravviveva della mentalità medievale nei suoi atteggiamenti e costumi ancora ispirati a sentimenti di pietà cristiana. Soprattutto aveva attaccato quell’atteggiamento della nobiltà in cui il sentimento della donna ancora risentiva di vecchie tradizioni ed era stato espresso, in epoca più recente, dall’amore cortese e da una forma di idealizzazione irreale della femminilità. Nel Roman de la Rose si rivela la mistificazione di tutto ciò, ma non basta, l’autore volle andar oltre con un violenta requisitoria contro la donna in genere alla quale attribuì tutti i difetti possibili e le colpe di tutte le sciagure del genere umano.

J. de Meug in questo non era solo, una lunga tradizione di misoginia, espressa nella letteratura laica ed ecclesiastica, gli era di conforto e sostegno. Dal canto suo egli aggiunse una straordinaria cultura unita ad un eccellente spirito poetico, la sua conoscenza della lingua francese e l’uso affascinante che seppe farne fecero il resto. Il romanzo ebbe uno strarodinario successo, fu imitato e copiato come, probabilmente, nessun’altra opera poetica nel medioevo, per molto tempo le sue allegorie attirarono l’attenzione della società colta e le sue scene furono rappresentate sulle tappezzerie. La società feudale, affascinata da quello spirito sottile, non si rendeva conto di celebrare il proprio funerale manifestando tanto interesse per colui che si burlava di tutti i suoi ideali.

Solo Cristina si rese conto del pericolo, con una lettera in poesia si fece paladina del suo sesso rilevando, per prima cosa.le offese che erano state arrecate alla donna e dando il via ad una polemica letteraria che coinvolse gli intellettuali dell’epoca schierati nei due campi avversi e che si protrasse sino al Rabelais del Tiers Livre.

il “governo” di isabella di baviera

Il gruppo degli estimatori del Roman era capeggiato da Jean de Montreuil, priore di Lilla, che esercitava funzioni di segretario alla corte del Delfino, a lui si affiancarono i fratelli Col, uno segretario di Carlo VI e l’altro canonico di Parigi. Già pervasi dallo spirito critico dell’Umanesimo, questi personaggi apprezzavano soprattutto la dimestichezza dell’autore con la cultura dell’antichità classica.

Cristina, invece, era sostenuta dal celebre cancelliere dell’Università di Parigi, Jean Gerson, paladino delle antiche tradizioni culturali e religiose del suo paese, da Guillaume de Tignoville “prèvót” di Parigi, alcuni anni dopo si schierò dalla loro parte anche il poeta Martin Lefranc.

Inoltre Cristina de Pisan poteva contare sull’appoggio di Isabella di Baviera, moglie di Carlo VI, personaggio controverso e difficile che praticamente separata dal marito aveva costituito una sorta di governo personale a Troys ed a Parigi.

Alla regina sono dedicate alcune opere della poetessa così come a Luigi d’Orleans ed ai duchi di Borgogna e di Berry. Da questi ambienti partì un movimento di difesa della donna che a questo scopo volle istituire un ordine, fu anche costituita una associazione, detta Corte d’Amore, che aveva per fine l’esaltazione dell’onore femminile insieme all’accrescimento della poesia.

Nel 1418 Cristina si ritirò a vivere in una abbazia, forse Possy, dove si dedicò a numerose opere di edificazione religiosa continuando, contemporaneamente , la battaglia in difesa del suo sesso che aveva intrapreso per prima in Europa ed alla quale aveva dedicato la sua vita.

A Possy quasi certamente morì in un anno imprecisato.