famiglia e società

gennaio 1977

la società capitalistica, e qualsiasi società industriale fondata sull’aumento costante della produzione (sul progresso, come si dice), ha mantenuto e incoraggiato la sopravvivenza della famiglia per dei motivi evidentemente interessati. Anzitutto per motivi psicologici, dato che i lavoratori dovrebbero trovarvi un rifugio, un conforto che permetta loro di ritornare al lavoro con un po’ più di coraggio; per motivi ideologici, essendo la famiglia un agente privilegiato di trasmissione di valori tradizionali; per motivi più propriamente economici che presuppongono i precedenti.
Sotto quest’ultimo aspetto, non si dirà mai abbastanza — e questo dovrebbe essere uno dei leit motiv del femminismo — che tutto il lavoro della riproduzione, vale a dire la riproduzione dei produttori o dei lavoratori (mettere al mondo, allevare, educare) è effettuato gratuitamente all’interno della famiglia grazie, essenzialmente, al lavoro non pagato della madre.
Molti economisti e sociologi l’hanno fatto notare, e noi lo vogliamo ribadire, che facendo e allevando figli o badando a un marito, noi assicuriamo alle società sviluppate (capitaliste o socialiste) un «trasferimento di valore».