televisione

ginofobia a 21 pollici

una nuova generazione di maschi incapace di nuovo di capire i motivi della rabbia delle donne, della ostinata volontà di cambiare drammatiche condizioni
dell’esistenza…

febbraio 1978

«ad onor del vero debbo dire che noi uomini preferiremmo vedere le donne ancora schiave dei nostri desideri ma sinceramente non credo che questo nostro desiderio sia per il futuro realizzabile».
Questa frase è tratta dall’intervento di uno studente medio che insieme con circa altri settanta studenti (proletari e figli quasi tutti di casalinghe) hanno risposto alla domanda di come loro recepiscano dalla televisione i modelli femminili proposti. Le risposte, pur varie ed articolate data anche l’età diversa (15/20 anni) si muovono comunque su alcuni fili conduttori abbastanza comuni dai quali abbiamo dedotto che il messaggio televisivo, pur nella sua attuale trasformazione rispetto alla donna ripropone da un lato l’aspetto della donna casalinga-moglie-‘madre e dall’altro si apre al «nuovo» individuandolo esclusivamente in un modello di emancipazione. Tutti gli interventi sono estremamente critici nei confronti della televisione che a loro avviso deforma ila realtà della donna presentandola nel suo ruolo tradizionale, senza rendersi conto che viceversa questa operazione è solo mistificatoria in quanto conferma un modello vigente abbellendolo e caricandolo di significati positivi. Questo atteggiamento critico nasce dalla convinzione che la donna sia ormai fuori dalle pareti domestiche inserita in un ruolo sociale che in una visione tipicamente maschiocentrica è lo specchio di quello dell’uomo. È talmente evidente quanto ciò non sia reale che per giustificare tale assunto ricorrono ad immagini fuori dalla loro condizione quasi al limite del fantareale: «…oggi vediamo uscire le donne in tuta dalle fabbriche assieme all’uomo, le vediamo salire sulle veloci automobili, in sosta sotto agli uffici di grossi complessi industriali e commerciali, nei campi, sulle strade, nelle più strane divise».
Anche se più interventi cercano nuovi equilibri e mediazioni tra «… il ruolo di moglie e di madre e il nuovo ruolo di donna attiva e partecipe della vita di tutti i giorni» nessuno individua nella famiglia Al nodo centrale dell’oppressione capitalistica doppiamente vissuta dalle donne. Il modello emancipatorio proposto dalla TV e ribadito dagli interventi viene quasi sempre sostenuto senza problemi in quanto dà appunto un’aura di democraticità al loro universo maschile che li gratifica ed in parte li rassicura. Accanto a ciò, però, affiora un altro elemento che caratterizza tali interventi, ed è la paura: «… negli ultimi anni una nuova voce sta facendo eco in tutta Italia: “il femminismo”. La cosa più importante rispetto a questo è che noi uomini (n.d.r. 16 anni) non siamo riusciti a capire perché è nato questo movimento, poiché i problemi femminili non ci toccano da vicino, ma essendo una cosa nuova che ci viene contro cerchiamo, anche se indirettamente, di farlo crollare». «… il femminismo è una tendenza che mette guerra tra uomo e donna i quali invece per una migliore convivenza dovrebbero fare in modo di andare d’accordo».
«… certo alcuni punti di lotta sono giusti come quello sull’aborto, ma una/ cosa sbagliata di molte donne (che in altri punti dell’intervista definisce ” montate ” in contrapposizione a ” ragionevoli ” n.d.r.) è stato il modo di intendere il femminismo come un’arma per togliere al maschio il suo potere sessuale, insomma per castrarlo». Stralci colti qua e là da un discorso molto più complesso da cui emergono i segni della paura e dello sgomentò. Certo in una società inquieta in cui tutti più o meno vanno alla ricerca di sicurezze, il femminismo che rompe ruoli e situazioni codificate da secoli di storia è, un fatto troppo eclatante con cui non si possono non fare i conti. Ma fino a che punto ciò si attua in modo serio, analitico, approfondito e non solo come un fatto di moda?
«… alle femministe rimprovero di essere poco donne, di abbandonare la figura che contraddistingue la donna dall’uomo per intraprendere attività capaci di allontanarla quasi definitivamente dal suo ruolo classico quasi insostituibile».
«..per me inoltre la donna deve essere molto realista, deve sapersi adattare alla realtà che la circonda, non deve cioè recitare la parte della rivoluzionaria, di colei che con le sue idee e le sue opinioni vuole cambiare il mondo…». Da ciò che dicono, da come vivono tali ragazzi è evidente che sono mancati loro strumenti e volontà per capire il movimento femminista, ne conoscono infatti i presupposti, la genesi, gli sviluppi, gli obiettivi; lo guardano con diffidenza e con paura cercando di esorcizzarlo ricalcando i luoghi comuni della banalizzazione e ridicolizzazione, declamando tutti sperticate quanto generiche e retoriche parità di diritti e di doveri, «…dal canto loro le donne hanno pure ragione, i diritti che abbiamo noi uomini debbono avere le donne, ma forse ora pretendono troppo, acquisiti i diritti che cercavano ne vogliono altri che sono impossibili da ottenere: vogliono che l’uomo lavi i piatti e la donna vada a lavorare». «… ma se è vero che la donna non aveva tutti i torti quando qualche anno fa chiedeva la parità di diritti, perché ora che ha raggiunto questa meta ci sono ancora molte donne che lottano contro l’uomo come fosse il diavolo in persona; in quanti ultimi tempi mi sembra di combattere una guerra tra i due sessi, una guerra senza senso che non si sa dove andrà a finire». «… non vorrei essere frainteso, io non sono per una donna di vecchio stampo, cioè come dì solito ci viene presentata dalla TV e cioè moglie-amante-madre sempre bella, elegante e truccata che quando il marito viene a casa lo accoglie sempre felice, ma secondo me le donne dovrebbero essere spinte di più al ruolo di casalinga che però non deve essere il ruolo della sottomissione ma bensì un ruolo di importanza vitale nella famiglia perché per esempio il calore umano, la dolcezza, la cura che ha una mamma per i suoi bambini…» «…infatti conseguente al discorso che la donna vuole lavorare c’è un allarmante dilagare della criminalità infantile o anche soltanto dello sbandamento morale di tanti giovani che troppo presto abbandonati a se stessi finiscono per non riuscire a trovare quella giusta strada quale soltanto l’affetto di una madre può portare». La nostra lotta di liberazione comunque, la lotta per una qualità’ diversa della vita, il senso del nostro «il personale è politico» non sfiora i loro ragionamenti. Hanno troppa paura per fare analisi. Paura di perdere con la rottura dei ruoli domestici la madre, di perdere la loro identità di maschi che esercitano un potere col fallo, paura che la loro oppressione su di noi si capovolga e diventiamo noi le loro padrone, paura di perdere la sicurezza di un rapporto canonizzato dai ruoli «… il momento che la donna vive è indubbiamente difficile… e dalla sua crisi ne esce impoverito il rapporto di coppia mai così in difficoltà come in questo periodo».
Li sgomenta il senza di loro, li terrorizza il contro di loro, li inquieta la nostra inquietudine: per troppo tempo hanno creato sulla nostra passività. Vorrebbero fermarci, frenarci, metterci un recinto. I più furbi tentano di elaborare nuovi modi per riprendersi a loro vantaggio ciò che noi stiamo’ costruendo faticosamente: moglie e madre bene, anche compagna benissimo, purché sappia coordinare bene i tre doveri e privilegi comunque sempre i primi. La lei più emancipata in fondo è un complemento migliore per l’uomo: «… una donna che ha saputo realizzare se stessa, formare la sua personalità sarà una moglie e una madre migliore. Sarà .più aperta ai problemi degli altri e sarà più intelligente». Ma anche questa nuova generazione di maschi non vuole capire fino in fondo i perché delle nostre istanze e dei nostri cambiamenti. Mettersi in discussione dal più profondo, rivedere le radici delle proprie contraddizioni, rifiutare un potere non è poi molto comodo.