lavoro, amore e vita

A Torino, presso la casa della donna, si è tenuto un convegno su «donne e lavoro»

giugno 1979

Il rapporto che le donne hanno con il lavoro è un rapporto piuttosto complesso. Se ne è discusso con un notevole approfondimento al convegno di Torino tenutosi alla casa della donna, il vecchio ospedale psichiatrico femminile in via Giulio,’ trasformato da luogo di oppressione a luogo di incontro, di studio e socializzazione tra le donne. Le attività promosse, dacché l’edificio è stato occupato, sono diverse, ma certamente il convegno su: “donne e lavoro” è stato uno dei momenti più significativi sia dal punto di vista della partecipazione, circa un migliaio di donne divisi per gruppi, sia per i contenuti.

Il tema lavoro è certamente il più difficile da affrontare proprio perché tutta l’ambivalenza femminile ne risulta esaltata. Tuttavia la presenza molto marcata dell’intercategoriale (l’organizzazione delle donne dentro il sindacato) ha dato spessore ad un tema solitamente posto in ombra. L’esigenza del lavoro è in genere riconosciuta, anzi, di solito è sentita da tutte come un grosso fatto di autonomia. Tuttavia il proprio riconoscimento, la propria identità ne è solo in parte affermata proprio perché c’è come un diaframma che si determina tra la volontà, l’esigenza, l’impegno personale ad avere un lavoro e il desiderio di assicurarsi una possibilità vera di affermazione di quel valore donna che certo, socialmente e politicamente. è stato mistificato, ma che sarebbe sbagliato negare quando rimane anche nel profondo, cioè nell’atteggiamento naturale e culturale della donna e che si esprime attraverso la maternità, la cura dei familiari, l’amore, il privato. Una analisi attenta è stata infatti compiuta sul rapporto contraddittorio che esiste tra lavoro e maternità. Infatti, se generalmente il lavoro, per chi ha una provenienza borghese, può rappresentare, specie se si tratta di lavoro intellettuale, una affermazione di sé, una possibilità di guadagno consistente e al tempo stesso il mantenimento di un rapporto con il figlio, con gli affetti, con l’amore certo in parte alienato ma ancora significativo, per una proletaria le cose stanno diversamente. Il lavoro è legato fortemente al bisogno cioè all’esigenza di mantenersi, quindi il lavoro è quasi esclusivamente fatica pertanto il matrimonio e la maternità sono sentite come liberazione da questa fatica e come riconoscimento di sé, di una propria identità femminile che in fondo il lavoro industriale nega. Tuttavia non va disconosciuto che in ogni caso il lavoro è anche momento di solidarietà molto forte è di comunicazione delle proprie speranze e dei propri desideri quindi di rapporti umani importanti, in cui s’incrociano il sociale, il personale, e il politico anche se spesso solo a livello economico.

Una degli aspetti più dibattuti, affrontato un po’ da tutte, è la volontà di capire quanto il lavoro sia esigenza di sopravvivenza o bisogno di realizzazione. Le donne sole non hanno difficoltà a riconoscere che il lavoro rappresenta comunque un punto fermo, un elemento di sicurezza nel momento per esempio in cui manca la coppia.

Certo le differenze sono molto evidenti tra le giovani e anche quelle che hanno solo trent’anni. Difatti mentre per le ragazze è fondamentale un lavoro autonomo, non segnato dal tempo, per le più adulte è invece importante che sia regolare, fisso e sicuro. Le giovani infatti ritrovano nel commercio o nell’artigianato cioè, nelle forme più creative e anche più antiche di lavorare, una possibilità di sentirsi donne non agite e non determinate da un lavoro esterno, ritornando cioè un modo più rispondente alle loro aspirazioni e al loro modo di essere più profondo.

Infatti l’elemento di discussione più ricco è il rapporto con il tempo. Il lavoro non deve essere sempre uguale e soprattutto non deve portar via tutto il tempo. Una ragazza diceva «una malattia fa riscoprire il tempo per sé» cioè il tempo per le fantasie, per i pensieri rimossi, per letture inusitate. Il fatto è che l’organizzazione della società e dell’industria in particolare, è tale che oggi, per la maggioranza delle donne, non ci sono grosse alternative: o si è operaie di linea a fare i lavori di pazienza, oppure l’infermiera, la segretaria o ancora l’insegnante, le note professioni femminili. In ogni caso il problema è come riappropriarsi di un tempo per sé. Questo non vuol dire accettare lavoro a part-time che anzi è stato rifiutato con molta nettezza da tutte, ma come invece arrivare ad un orario più breve per tutti. Questo perché le donne sanno che anche nel rapporto con il lavoro un elemento fondamentale rimane sempre l’affettività e poiché oggi l’organizzazione dell’industria lo esclude, le donne si domandano come sia possibile reintrodurlo. C’era chi paradossalmente proponeva: «Promuoviamo una battaglia per avere meno figli così forse prevarrà la legge dell’economia secondo cui la mancanza genera valore. Cioè se facciamo tutte meno figli i pochi che nascono varranno di più».