letture

leggere donna

presentiamo l’esperienza di lettura collettiva di un gruppo di donne di Roma.

luglio 1979

…Mentre cercavo con tutte le forze di scrivere Una piccola cosa su Nato di donna (1), o una scheda di In volo (2), una cosa da nulla sembrava potesse calmare il senso di impotenza dinanzi a quelle montagne di parole in bianco e nero, e forse mi avrebbe assicurato anche un po’ di amore in più da parte delle mie compagne di lettura, anche loro In possesso di ottima lingua, ma monche delle tre dita in cui così dolcemente si incunea la penna. E allora qualcosa mi frullava nella mente, la domenica sera, quando ormai non c’era più tempo per fare nulla; ecco che piano piano mi scappava via l’anima verso // Grande Mare dei Sargassi (3) dove tutto era luce sfolgorante o umida tenebra — dove non si incontra dubbio o mediazione — dove l’incontro è impossibile e lo scontro totale.

Non più paure ed insicurezze; l’appassionata, delicata Antoinette, protagonista della storia, non poneva problemi di identificazione: lei seguiva il suo destino, come una di quelle piante tropicali in mezzo a cui è nata ed io potevo divertirmi, appassionarmi, intristirmi su di lei perché in fondo non mi riguardava; non c’era spazio per me nella sua storia… Altro è il gruppo.

Quello che ci lega è ambiguo, le scelte provvisorie, i bisogni incerti. All’inizio ognuna si pone individualmente di fronte alle letture, crescono emozioni diverse, per ognuna c’è un libro — non per tutte le stesso — in cui abbiamo colto un modo diverso di scrivere, più vicino al tentativo nostro di capire noi stesse. Sembra che la scelta di argomenti prestabiliti — donne e guerra, donne e mito, omosessualità e potere, spiritualità delle donne — possa aiutarci a restare nel tracciato, a garantire che nessuna di noi sfugga. Un metodo: “Sentirsi nel giusto, nel vero, è rassicurante per chi non riesce ad orientarsi seguendo i propri interessi (nel caso delle donne l’orientarsi è reso difficile per via che i loro interessi giacciono sparpagliati in diverse direzioni, per cui, a volerli seguire, ci si trova stiracchiate di qua e di là)…” (4). Nato di donna rappresenta un momento importante di comunicazione tra noi. Esplode un interesse alla ricerca di una identità nostra, una identità esaltata o negata, come appare dalle pagine del libro in cui si parla della Storia, una Storia diversa da quella di Macellimi (5). Alcune di noi sono colpite dalla quantità di conoscenze, al limite dell’erudizione, di cui colgono il limite, e al tempo stesso rassicurate dall’emergere di immagini femminili esaltanti, espressione di uno stretto rapporto tra donna e natura. “Non sembra improbabile che la donna vasaia fabbricasse non semplicemente recipienti, ma immagini di se stessa, recipiente di vita, trasformatrice del sangue in vita e latte, e così facendo esprimesse celebrasse e desse forma concreta alla sua esperienza di essere creativo carico di poteri indispensabili” (1).

Per qualcuna di noi questa lettura, specie su alcuni temi (ad esempio quello dell’ambivalenza delle madri verso i figli e la maternità, l’infanticidio) è un momento illuminante di autocoscienza; angosce, sospetti inconsci escono, al confronto con i fatti, dalla loro ambiguità soggettiva. Per altre la capacità eccezionale della Rich di seguire il filo delle proprie scoperte, e sorvolare su altre (il suicidio solo accennato del marito, i rapporti d’amore tra donne) è qualcosa che finisce per sommergere. La loro esperienza quotidiana non regge il peso di un discorso che sentono ideologico.

Col tempo aumentano i libri letti e gli incontri. Non più libri all’interno dei filoni di cui ci si perde la memoria, non più riunioni di lettura fatte di sera o nel tempo libero; ma giornate dedicate, soprattutto il lunedì mattina, a “fare e a stare insieme”, parti vive del nostro tempo, energie investite che ci ritornano: un tentativo, di richiudere la spaccatura tra “accumulazione scritta e accumulazione vivente”. Alcune leggono Una vita tutta per sé in tempi diversi: un libro ricco, da tenere sul comodino, in cui ognuna apprende cose per sé e le ritorna alle altre in comportamenti mutati, in interrogativi aggiunti. Non se ne parla molto: in realtà non contiene una storia — è solo la straordinaria compagnia di un’altra donna che scopre che “lasciare la propria mente parlare da sé rivela dei pensieri insospettati e opinioni che non si possono ignorare” (6). La banalità ossessiva del quotidiano fa da sfondo in modo esasperato al libro Donne (7) dell’americana M. French. E’ un quadro della vita di provincia delle donne-mogli appartenenti alla classe media in ascesa; quando Mira, la protagonista, ritorna all’Università, nel momento di maggior fermento studentesco, si delineano nuovi rapporti tra donne descritti nella contraddittoria complessità.

Il punto di arrivo, la spiaggia della solitudine, è quello su cui ci siamo soffermate. Alcune colpite dalla drammaticità, altre dalla ineluttabilità delle conclusioni. Ma per tutte una visione del futuro che non convince e a cui vogliamo sottrarci.

E’ una visione che ci riporta al problema del presente con le domande aperte da Macellimi (5): è forse la solitudine la risposta al mercato, alla compravendita quotidiana che emerge dallo scavo storico per divenire nostra vita vissuta, storia dei nostri rapporti d’amore, d’amicizia, di maternità? Il mercato quotidiano che dal libro dello Schiavo ci appare onnipresente, anche nelle espressioni più sfuggenti, trova oggi come unica — provvisoria? — risposta la costruzione di una nostra memoria cosciente.

(1) Adrienne Rich; Nato di donna, Garzanti, 1979.

(2) Kate Millet: In volo, Bompiani, 1977.

(3) Jean Rhys, Il Grande Mare dei Sargassi, Adelphi, 1971,

(4) Lucy Freeman, La storia di Anna O., con una nota di Luisa Muraro e Zulma Paggi, Feltrinelli, 1979.

(5) Maria Schiavo: Macellum, storia violenta e romanzata di donne e di mercato, La Tartaruga, 1979.

(6) Foanna Field: Una vita tutta per sé, La Tartaruga, 1977.

(7) Marilyn Fremir. Donne, Bompiani,
1978.