elezioni

onorevole si sbrighi se no arbore si arrabbia

Viaggio di una donna nel paese del ‘bbuono no ‘bbuono

giugno 1979

lunedì pomeriggio davanti al televisore. Passano uno dietro l’altro gli esponenti dei vari partiti per i commenti ai primi dati e alle prime proiezioni fatte dalle macchine elettroniche della Demoskopea e della Doxa. I dati che arrivano sono strani, alcuni sorprendenti: il PCI crolla, la DC perdicchia, il centro (!) avanza. Colpita da quest’ultimo dato ascolto attentamente le dichiarazioni. E qui comincia uno spettacolo curioso. Tortorella, che evidentemente a Botteghe Oscure aveva tirato la più corta delle pagliuzze tenute in pugno da Berlinguer, con l’abilità di un virtuoso bizantino riesce a parlare senza dire niente, Craxi balbetta frasi sconnesse — ma è sempre così o è in preda a shock? — Longo capisce solo che il PSDI non è scomparso, come avevano detto i Cattivi. «Gli elettori hanno avuto fiducia in noi!» urla con le lacrime agli occhi, E l’aumento dei voti di un partito il cui ex-segretario è in prigione per peculato sarà il mistero di queste elezioni. Solidarietà degli Italiani verso l’ultimo che è stato preso con le mani nel sacco mentre gli altri scappavano? Piccoli rigetta con sdegno l’ipotesi che la DC si aspettasse più voti (ma chi l’ha detto, fatemelo vedere..:). Quando finalmente qualcuno comincia a dire frasi sensate si sente la voce del moderatore che dice: «Per favore si sbrighi, se no Arbore si arrabbia». Mentre ancora attonita cerco di seguire un altro scambio di opinioni arriva mio figlio: «Bbuono, ma non era ieri domenica?». E no.n sono riuscita a convincerlo che non era Marenco che faceva tutte le parti come Peter Sellers nel Dottor Stranamo-re. Vicino a me c’è qualcuno che scrive i dati a matita e li corregge ad ogni variazione. Alla fine prendo il foglio pieno di cifre scritte e riscritte e capisco che la DC perde un po’, il PCI invece di più, PLI e PSDI guadagnano, il PR1 arretra di poco, i fascisti tengono, il PDUP prende il “quorum” e NSU no. I radicali triplicano i voti. La scena si sposta ancora per due giorni sui giornali dove ogni partito dice che ha vinto o comunque non ha perso, anzi ha mantenuto intatta la sua forza (e a Cinisello Balsamo abbiamo preso anche \’V% in più!). Poi finalmente cominciano le cose serie, cioè i primi approcci per la formazione del nuovo governo. Soprattutto dopo il responso europeo che sposta l’orientamento politico ancora più a destra. Ma l’eurosocialismo? e l’eurocomunismo? Boh. Quando sono arrivati i primi dati, tutti a vedere la percentuale dei votanti con tanto d’occhi. Noi italiani abbiamo votato più di tutti, ma era una questione interna, il secondo round dopo domenica 3. Comunque qualcuno deve ancora spiegare che cosa significa per noi l’unità europea senza usare argomenti da tema delle scuole medie. Possiamo certamente lavorare per qualcosa che darà i suoi frutti tra qualche generazione, ma per ora vorrei sapere chi ci guadagna (la Germania?) e chi ci rimette (fosse proprio l’Italia?).

Mentre tutti ancora commentavano questi risultati da revival anni ’60 (El-vis, il rock e il centro-sinistra) o da danza macabra (viva gli zoombi del centro! viva gli anni ’50!), il giovane d’assalto del PSI lancia la proposta di un governo laico che dovrebbe essere benevolmente appoggiato da DC e PCI. I democristiani la respingono sdegnati; ma siamo seri, si facciano delle ipotesi credibili. E propongono una specie di centro-sinistra con il PCI che l’appoggia dall’esterno. Non giocano, loro. Scherzi a parte il risultato elettorale non ha certo chiarito la situazione politica. Il PCI voleva voti per andare al governo e non li ha avuti, la DC pensava di fare un pieno che non c’è stato (ricordate i venti della scorsa primavera? erano i sospiri che uscivano dal petto di molti di noi ad ogni scoppio di bomba, booom, 200 mila voti in più alla DC, boom, ancora 50.000, bum, meno male, questo è da mille), i socialisti volevano lanciare un partito nuovo, moderno, ma agli elettori un garofano rosso e qualche majorette non sono bastati. Il Partito Radicale è il vero vincitore insieme al partito delle astensioni: alla Camera 4.000.000 di non votanti, 1.583.810 schede nulle, 839 mila 554 le bianche. Se a questi dati si aggiunge il successo del PDUP su cui sono confluiti molti voti di critica al PCI (la scomparsa parlamentare di NSU merita un discorso a parte sui rapporti tra le istituzioni e i movimenti dal ’68 ad oggi) vediamo con chiarezza che la politica delle sinistre, in particolare quella del PCI di questi anni non ha pagato. Se per i movimenti si è chiuso un periodo di storia che cominciò nel ’68, anche per i partiti che rappresentano il movimento operaio si è chiuso un ciclo. La protesta non si traduce più in schede rosse e in questo modo ottiene più attenzione che con altri fenomeni. Se la nascita del terrorismo non è riuscita a far riflettere i partiti della sinistra sulla “loro” politica, ci stanno riuscendo i milioni di schede potenzialmente rosse che non sono andate al PSI e soprattutto al PCI. Nel partito comunista è ripreso un dibattito che non si vedeva da tempo su tutta la linea, da diverse direzioni. Da Cossutta a Ingrao ad Asor Rosa. Fa piacere ricominciare a leggere su giornali della sinistra ufficiale che «l’unità va lavorata tra le forze sociali della sinistra e l’unità da ristabilire è quella tra politico e sociale» e ancora «una nuova immagine in politica diventa visibile, comprensibile solo attraverso uomini nuovi» (Tronti su Paese Sera) concetto questo espresso altrettanto chiaramente da Galli Della Loggia sull’Espresso per quanto riguarda il PSI. La perdita subita costringe quindi la sinistra a fare i conti con quello che succede nella società, fuori delle istituzioni. E questo è l’unico dato positivo di una situazione politica che istituzionalmente ha spostato l’asse verso il centro e socialmente si aggrava sempre di più. La crisi energetica, con manovre e non, bussa alle porte, Si sta preparando uno di quei momenti in cui la questione femminile viene spazzata via dalla scopa della storia, quella con il manico per maschi. Intanto le donne elette sono menò del 76, ma questo potrebbe non essere significativo vista la protesta antilstituzionale dei non votanti. Il conto delle donne che non hanno votato non c’è stato, ed è possibile farlo, e non è stato dato alcun rilievo alle schede annullate dalle donne con il simbolo femminista. I famosi spazi diventano per noi ancora più stretti (ma non stavamo già su un piede solo?). E a questo punto dell’articolo mi sono arenata. Volevo scrivere «ma io continuo testardamente a pensare che dobbiamo lavorare partendo da quello che abbiamo costruito insieme in questi anni, darci delle sedi di discussione politica, cercare di unificare il dentro-fuori…» ma mi suonava un po’ retorico. Forse non credo più ad un lavoro con le donne? Non e questo, il problema. Mi sento molto insoddisfatta dal tipo di confronto che riesco ad avere con le donne con cui ho lavorato e non riesco a trovare forme dirette di contatto con le altre, quelle che stanno fuori del movimento delle donne. Scrivere in un giornale di donne non è sufficiente, anzi si può rischiare la regressione di fronte ai problemi che di volta in volta pone questo livello di emancipazione. Mi hanno dato un po’ di respiro l’idea di un collettivo informazione che partendo da Effe coinvolga altre donne femministe che lavorano in questo settore e l’inizio di un lavoro insieme alle socie della biblioteca di Effe che vuole cercare un collegamento con le realtà femministe cittadine. La mia è una proposta di ritorno alla militanza? Non lo so e nemmeno mi interessa scoprirlo. Mi pare che quando le polemiche tra donne vivacizzano i settimanali, quando le parole scritte hanno più potere dei fatti e quindi i giornali fanno politica al posto delle strutture delle donne> quando vediamo sempre le stesse facce ad ogni riunione e sempre le stesse firme sotto gli articoli (compresa la mia) vuol dire che è il momento di ricominciare con modestia a parlare con altre donne. Dovunque questo è possibile. Niente è acquisito per sempre; lo abbiamo ripetuto tante volte ai partiti, cominciamo a praticarlo anche noi. Anche se giovane il nostro movimento ha prodotto strutture e modi di pensare che si sono sclerotizzati. Non abbiamo sacerdotesse, ma certamente gruppi di “anziane” che hanno sedimentato esperienze non indifferenti e a volte su questa ricchezza hanno costruito una fetta di emancipazione. Questo non è un male di per sé, lo diventa quando produce arroccamenti in difesa di piccoli privilegi acquisiti e impedisce in questo modo la’crescita di altre donne. Il sapere femminista si fossilizza e si trasforma in ignoranza di fronte ai mutamenti che si producono nella società e che non si è più in grado di capire. EMI momento allora di rimettersi in discussione e di aprirsi a nuove esperienze. Se saranno migliori o peggiori di quelle fatte lo potremo dire solo dopo averle attraversate. E’ un periodo difficile e che per alcuni aspetti fa paura, ma dalla crisi possono venire molte indicazioni su cosa funziona è cosa va cambiato. E lo dico’ in generale, non solo per le donne. Come ognuno di noi può crescere durante una “botta” di nevrosi, così può accadere, ad una intera epoca. Può anche succedere di “dare di matto” ma se riusciamo a capire che cosa sta succedendo sarà meno probabile.