manifestazione 2-12-77
parliamo di ciò che ci unisce
«oggi i ripensamenti e le riflessioni su che cosa ha significato per il movimento delle donne partecipare a questo corteo sta soltanto in una presa di contatto con una realtà diversa, quella del lavoro…».
il 2 dicembre, il corteo di donne nel corteo dei metalmeccanici, ha segnato un momento di «rottura» nella tradizione del movimento operaio. Le delegate della FLM che hanno voluto promuovere una partecipazione di compagne dell’organizzazione alle quali si affiancasse il movimento delle donne (collettivi femministi, UDI, cooperazione, disoccupate) intendeva esprimere una sua presenza autonoma, per rimarcare la specificità della questione femminile, all’interno di una grande manifestazione di massa al cui centro erano i problemi di un cambiamento della politica economica.
La partecipazione delle metalmeccaniche è apparsa particolarmente controversa. Dal sia pur limitato dibattito per via della frettolosità con cui è stato organizzato il corteo, è nata l’esigenza di far sentire nella manifestazione questa presenza. Tuttavia proprio l’urgenza non ha consentito di compiere a pieno una verifica all’interno della FLM sulla possibilità di una reale partecipazione delle operaie.
D’altro canto il lavoro impostato in questo anno e mezzo, nato dalla riflessione sulla nostra difficoltà di donne, sul lavoro e nel sindacato, ha portato alla luce come le diseguaglianze che subiamo dipendono dal nostro ruolo specifico di mogli madri casalinghe. Questo abbiamo detto è il nostro primo lavoro e, sulle spalle di questo, si fonda anche l’attuale organizzazione del lavoro in fabbrica.
Così il padrone utilizza i lavoratori senza tener conto delle loro esigenze come persone e può far questo perché dietro i lavoratori ci siamo noi che in qualità di casalinghe organizziamo tutto il resto della vita: mangiare, crescere i figli, curare i malati. Inoltre se le donne vengono pagate meno, collocate nelle qualifiche più basse, se vengono licenziate per prime o costrette al lavoro a domicilio, se sono meno attive nel sindacato, se non si fanno eleggere delegate è perché la mente, l’energia, l’impegno sono altrove.
Queste riflessioni, che sono anche presa di coscienza di una realtà; sono un patrimonio del coordinamento delle delegate presente in trenta province. Partendo da queste premesse, l’iniziativa del coordinamento nazionale ha trovato in quelli provinciali immediata adesione. Non così è stato ovunque, in particolare nelle fabbriche, dove non c’è stato neppure il tempo per discutere. Tuttavia, non si può ignorare come si riconoscano nell’impegno complessivo del sindacato e soprattutto quanto la tradizione stabilisca che per le donne conta l’elemento umano, il fatto che le lotte in fabbrica si fanno insieme uomo e donna e che quindi anche le manifestala si fanno insieme uomo e donna. Il distacco a molte è apparso come una lacerazione e fare il salto politico di un distinguo dei problemi femminili all’interno di una manifestazione politica e sindacale, appariva eccessivamente faticoso e soprattutto politicamente non chiaro. Se per non poche compagne la scelta di partecipare al corteo del coordinamento delegate significava una cosciente sottolineatura di una volontà nuova di contare e di cambiare qualcosa all’interno del sindacato e della strategia complessiva del sindacato da cui oggi, in fondo, la gran parte dei bisogni delle donne sono esclusi, per la grande maggioranza partecipare ad una manifestazione di donne significava compiere una scissione e soprattutto rompere la solidarietà di classe. Infatti molte delegate che già avevano preso la decisione di partecipare al corteo partendo dalle loro città con i treni operai organizzati, proprio nella notte, nei colloqui fitti e appassionati con i compagni, nel lungo, tragitto fino a Roma, spesso hanno cambiato idea. Parlare a questo punto soltanto di subalternità culturale è certo una etichettatura insufficiente a esprimere la complessità di rapporti e di impegni comuni che nascono nella fabbrica e che sembrano non doveri: avere momenti di contrapposizione soprattutto perché la contrapposizione uomo-donna appare comunque ancora oggi alla maggioranza delle delegate operaie, inaccettabile. Detto questo, occorre sottolineare che in molti casi la scelta di un corteo di sole donne è apparso come paracadute dall’alto e le discussioni provocate all’interno denunciano con chiarezza come talune proposizioni ed elaborazioni pure significative: ed importanti, sono patrimonio di;una avanguardia che deve riuscire a farsi Comprendere e a battersi anche all’interno del sindacato perché la questione femminile abbia una sua dignità e una sua affermazione su una linea di piena autonomia. Sarebbe comunque erroneo trarre la conclusione che le operaie non c’erano. La presenza, oltre che delle metalmeccaniche, anche dell’intercategoriale di molte province che si riconoscevano nell’iniziativa promossa dal coordinamento delle delegate FLM, chiarifica come certe scelte siano mature e vadano compiute anche se non hanno il consenso della grande maggioranza. Né va sottovalutato che, a parte il concentramento per le donne, tutte quelle che non hanno potuto sfilare nello «spezzone» hanno tenuto a differenziarsi, come donne lavoratrici, nei diversi raggruppamenti. Si è dunque aperta una contraddizione nel sindacato che ha fatto affiorare il maschilismo e persino la rozzezza di certe argomentazioni, con le quali non possono confrontarsi soltanto le sindacaliste, ma il contributo deve venire dall’intero movimento delle donne. Del resto certe riflessioni nel sindacato non sarebbero state possibili senza l’apporto decisivo — teorico e pratico — del femminismo.
A questo punto vale la pena di riflettere sul fatto che il corteo, che comunque ha visto radunate operaie, studentesse, casalinghe appartenenti o meno a collettivi di quartiere, di scuola, ha chiarito con evidenza formale a quella parte di classe operaia che è riuscita a vederlo, che c’è una volontà nuova da parte delle donne di esprimersi, di partecipare difendendo la propria autonomia, i propri valori, i propri bisogni negati. Questo corteo ha suscitato le critiche più diverse. Gli operai che lo hanno visto, come sappiamo dal tipo di reazione suscitata, lo hanno vissuto se non come una provocazione certo come un voler rimarcare una differenza che non è acquisita.
D’altro canto il fatto che finalmente la postillai donne» al termine di qualunque documento sindacale, acquistava un valore nuovo e dirompente, era la verifica di una presenza ancora non omogenea, ancora contrastata, ma sempre viva e vitale pur nella varietà di parole d’ordine, di slogans, di modo di presentarsi.
C’è poi da valutare come il versante donne ha vissuto questo corteo all’interno della manifestazione. Sul momento l’arrivo di donne dai vari quartieri e dalle scuole ha creato tensione, allegria, felicità dì ritrovarsi tutte quante in un corteo di donne indetto dai metalmeccanici. Questa positività non si è certo allentata, anzi ha dato il senso di una reale possibilità d’incontro, di colloquio e’di confronto che già la stessa preparazione del corteo con i dibattiti avuti al Governo Vecchio a Roma ed alla FLM, avevano chiarito indicando l’esigenza reciproca di ritrovarsi, confrontarsi e fare delle cose insieme. Il dibattito che ha preceduto il corteo ha segnato anche momenti di impazienza, di incertezza e di rifiuto. Una parte delle compagne dei collettivi, infatti, hanno deciso di non partecipare. Ma tutte quelle che son venute e certamente moltissime, avevano voglia di stare con noi e forse attraverso noi di ritrovarsi anche con i metalmeccanici, cioè con la classe operaia più agguerrita e combattiva.
Certo la protesta si è espressa e caratterizzata a seconda delle provenienze politiche e ideologiche e dobbiamo dire che solo in taluni casi l’elemento unificante è stato l’esser donna, ma forse più spesso era il senso di ritrovarci lì tutti insieme per battere questo governo. Il dibattito che poi ha suscitato su vari giornali questo spezzone di donne nel corteo dei metalmeccanici in cui qualcuna si è sentita «ingabbiata», qualche altra defraudata, ha determinato un senso di insoddisfazione per aver accettato un appuntamento che in definitiva era soltanto politico. Oggi i ripensamenti e le riflessioni su che cosa ha significato per il movimento delle donne, (ma ovviamente anche per il sindacato avere un alleato potenziale nelle donne), partecipare a questo corteo sta soltanto in una presa di contatto con una realtà diversa: quella del lavoro, nella quale certo molte già vivono ma non con la sufficiente consapevolezza e soprattutto non avendo ancora chiaro il rapporto tra emancipazione e liberazione su cui tutte insieme a scavare, noi delegate FLM e voi compagne femministe, dell’UDI o di qualsiasi collettivo.
Il nostro coordinamento nazionale dei giorni scorsi, ha fatto chiarezza sulle perplessità e i ripensamenti, valutando concordemente, come questa piccola fuga in avanti abbia in realtà aperto un dialogo importante con il movimento delle donne, ma anche all’interno del sindacato per dare respiro a una tematica che per affermarsi e vincere ha bisogno di molti apporti.