aborto si… ma non finisce qui

dibattito in redazione

febbraio 1976

Elena Mai come oggi si è parlato tanto di aborto e mai come oggi si è tanto stravolto e mistificato il significato che le femministe danno alla lotta per l’aborto e all’aborto stesso. Quindi è importante riaffermare con chiarezza la posizione femminista. Grazia *Si sta cercando di far passare la lotta per l’aborto come lotta per l’aborto «libero e gratuito ” che si esaurirà ” totalmente una volta raggiunto questo obiettivo ” concreto “. Il discorso è invece molto più vasto. Per prima cosa va respinta la convinzione, abbastanza diffusa fuori dal movimento, che per le femministe l’aborto sia un obbietivo in sé e per sé, che la nostra meta sia abortire e che consideriamo l’aborto una festa… Il femminismo non vuole l’aborto, ne vuole la eliminazione totale, vuole arrivare al giorno in cui nessuna donna sia più costretta a abortire.

Cloti Esatto. Ci siamo stufate di dover abortire, di dover prendere migliaia di pillole, di doverci mettere milioni di diaframmi e spirali. Basta con queste violenze! L’obiettivo dell’aborto in sé e per sé è reazionario perché, anche se fatto in condizioni migliori di quelle attuali, conferma sempre la sessualità di tipo patriarcale, riproduttiva, che colpevolezza la donna. In sostanza il discorso è questo: tu donna fai l’amore (nell’unico modo ” concesso ” che è quello vaginale) tu resti incinta, quindi tu sei colpevole e sarai punita, ma noi siamo democratici e ti facciamo fare l’aborto assistito (e così si mettono a posto la coscienza)…

Grazia Anche le posizioni più avanzate nel cosiddetto schieramento «progressista» (no all’aborto e sì alla contraccezione) tendono a presentare contraccezione femminile e consultori come la conquista massi-ma, la liberazione definitiva. La contraccezione è ovviamente preferibile all’aborto, ma non mette in discussione la sessualità legata alla riproduzione e rimane ancora responsabilità della sola donna. Non farai più l’aborto, è un passo avanti, ma ti rovinerai il fegato con la pillola e ti farai venire le emorragie mettendoti la spirale. Il tutto per una sessualità che continuerà a restare riproduttiva e violenta. Cloti E per una sessualità che continuerà a colpevolizzare la donna. La donna è -malfatta e in quanto «fatta male» rimane incinta: quindi è la donna che deve riparare alla sua «malaria», al suo essere fatta male!… Quindi per noi l’aborto assistito è positivo in quanto è una violenza minore, così come la contraccezione è una violenza ancora minore. Ma vogliamo anche la contraccezione maschile, perché la responsabilità non può essere solo mia in quanto donna: io che devo mettere il diaframma, io che ho l’angoscia della pillola. Quindi, tanto per cominciare, contraccettivi maschili,, vasectomia etc.

Elena Un discorso importante, certo, però facciamo attenzione a non ribaltare il concetto di «peccato» legato al fatto di essere incinta sulla controparte maschile, dicendo che il «guaio» lo fanno i maschi, che «il cattivo» non è l’utero, ma lo sperma. Dare questi giudizi di valore non ha senso: si tratta di rivedere il concetto di rapporto, non solo con il nostro corpo, ma con le leggi biologiche che regolano questi fenomeni. La richiesta della vasectomia ha quindi un significato politico, non vendicativo.

Clotì Certo: se né il mio utero né il tuo sperma sono «cattivi», risolviamo la situazione con il male minore, la contraccezione per tutti e due.

Grazia Tanto più che sia l’aborto che la contraccezione femminile non fanno che ributtarci addosso lo stigma del destino biologico della donna, che, in quanto tale, è considerata necessariamente madre. Passare alla contraccezione maschile significa smentire la pretesa «naturalista» della maternità, della responsabilità riproduttiva come un fatto che riguarda solo la donna : è un passo verso la scissione tra la sessualità cosidetta naturale (riproduttiva) e la sessualità per se stessa,

Clotì La sessualità, non è il coito vaginale. La sessualità che chiamano «naturale» non è naturale per nulla, si risolve in un rapporto di violenza in cui alla donna spetta solo il ruolo di riproduttrice. A breve termine, quindi, bisogna lottare per l’uso articolato della contraccezione, ma a lungo termine non possiamo perdere di vista una rivoluzione culturale che è quella di una sessualità diversa, diffusa, vissuta con tutto il corpo e non con venti centimetri di pelle.

Grazia II problema è che queste cose vengono viste a compartimenti stagni: l’aborto da una parte, la sessualità da un’altra, la violenza da un’altra ancora, come momenti separati e non comunicanti, mentre c’è un filo rosso — di sangue purtroppo — che li unisce tutti e tre. L’aborto e il tipo di sessualità che ci viene imposto sono facce nascoste della stessa violenza.

Elena Quel che preoccupa è che il discorso della sessualità allargata — dopo l’exploit del 68′, legato ai temi contro culturali sta avendo un momento di regresso. Si’ sono fatti saltare i tabù sessuali dal punto di vista del «ve-diamo-tutto sappiamo-tutto», cioè a livello visuale, conoscitivo. Ma non c’è stata nessuna modifica a livello interiore, nella sensibilità della persone. Per cui il discorso ha trovato il suo sbocco nei mass media, è diventato ancor più commercializzato, fruibile in- maniera mercificata, esteriore, mentre tutti i contenuti della tematica della sessualità allargata sono stati castrati.

Clotì E la sessualità allargata è stata mistificata, diventando la famosa sessualità libera, contrabbandata come liberatoria, mentre non è, per la donna, che un riaffermare il suo ruolo di oggetto. E così si tenta ora di mistificare l’aborto, contrabbandandolo per diritto ci vile. Ma quale diritto civile? Questo è soltanto un diritto alla sopravvivenza, una cosa che prescinde totalmente dal diritto «civile» nel senso letterale del termine. L’aborto è un fatto di barbarie, di infima inciviltà, altro che diritto civile di merda! Noi stiamo lottando per sopravvivere, per non essere schiave di questa «civiltà». E poi guardiamo anche quel che di negativo porterà il passaggio della’ legge sull’aborto: intanto ci sarà una ulteriore deresponsabilizzazione dei maschi.

Elena Questo è stato detto esplicitamente. A luglio di due anni fa, ero presente in una delle prime raccolte di firme per l’aborto. Tra le tante persone che venivano a firmare arrivarono due, «Eccome no, se non firmiamo! Così almeno non si paga più». Ecco: è una cosa che fa comodo.

Clotì Andrà a finire che avrai rapporti sessuali insoddisfacenti come al solito, non avrai potere sul tuo corpo, non avrai possibilità di inserirti in questa società e in più libererai i maschi dal complesso di colpa. Grazia La strategia dei compartimenti stagni adottata dal sistema (perché gli è funzionale, non lo scardina, ma lo rinforza) non può portare a nessun cambiamento reale, eccezione fatta per il minor numero di morti, malattie e traumi se l’aborto sarà legalizzato e la contraccezione diffusa. Questo è un progresso e ovviamente non lo rifiutiamo, partiti.e forze «progressiste» riterranno risolta la questione: avete l’aborto legale e i consultori, che altro volete?

Cloti Noi femministe prima abbiamo fatto esplodere la questione dell’abornessuno parlava, adesso è importante smascherare l’operazione in corso e riagganciarci alla rivoluzione femminista.

Elena E dobbiamo anche avere il coraggio di vedere fino a che punto noi, che ci consideriamo donne liberate, abbiamo superato, certi problemi. Nella misura in cui — dopo aver fatto il discorso teorico sull’aborto, dopo essere andate incontro alle donne che dovevano abortire creando strutture alternative — troviamo tra di noi persone che abortiscono, abbiamo di fronte un problema che ci investe tutte quante, molto profondamente.

Cloti Ma noi non siamo donne liberate, siamo donne in via di liberazione. Facciamo queste belle analisi sulla sessualità allargata, ma quanto riusciamo a praticarla? Ci proviamo ma è molto difficile.

Grazia Ci vorrebbe una società diversa, in altre parole un ribaltamento del sistema attuale, che separa la sessualità da tutto il resto facendone un oggetto di consumo. Infatti, tornando al discorso dei compartimenti stagni, non si può considerare la sessualità come un settore a sé. quindi il problema è politico.

Clotì E’ un problema politico collegato a tutti gli altri. Noi femministe facciamo l’analisi sulla sessualità come facciamo quella sullo sfruttamento del lavoro domestico o su altri aspetti dell’oppressione della donna: ma sappiamo che non potremo risolvere i problemi separatamente l’uno dall’altro. Nella misura in cui ci avvicineremo non dico alla rivoluzione, ma a una strada nostra, potremo vivere meglio la nostra sessualità.

Grazia Per ora la maggioranza delle donne, noi comprese, continuerà a vivere l’aborto come trauma. Anche se non è più un reato, il peso dell’aborto continuerà a rimanere sulle spalle delle donne, sia pure in modo meno tragico di prima.

Elena  E’ un trauma strettamente collegato al problema della maternità. E’ chiaro che all’origine il fatto di accoppiarsi aveva una sua funzionalità riproduttiva: quindi dentro di noi esiste il problema del desiderio di un bambino. Se io dovessi abortire, forse anche perché vivo la maternità, me lo porrei il problema di questa potenzialità che non trova uno sbocco. Quindi non si vede come potremmo non sentire l’aborto come trauma. D’altra parte, razionalmente, c’è da chiedersi se, oggi come oggi, l’unica scelta che abbia un senso non sia quella di non avere figli dato che le attuali condizioni della donna nella società tendono la maternità un enorme peso. A parte le strutture (asili nido etc) avrebbe significato poter dividere la maternità col partner e col gruppo. Ma il gruppo non esiste, il partner neppure e anche quando vuole condividere le responsabilità dell’allevamento dei figli questa società lo rende quasi impossibile. Quindi, dato che esiste questo non so come chiamarlo, istinto, quest’abitudine di millenni alla riproduzione, interiorizzata, la cosa più seria che possiamo fare è cercare di vederla, di prenderne coscienza. Quindi il mio sforzo non deve essere solo quello di ricordare di prendere la pillola, ma capire che io stessa sono una persona di cui devo diffidare perché dentro di me ci può essere qualcosa che, guarda caso, mi fa dimenticare di prendere la pillola…

Clòti E’ un lavoro immenso: si tratta di sradicare una cultura per costruirne un’altra. Fino ad ora abbiamo avuto una cultura patriarcale che ci ha visto soltanto riproduttrici, vogliamo sostituirla con una cultura femminista in cui spossiamo essere individui liberi e soggetti agenti.

Elena E poi c’è il problema di trovare un’alternativa per la maggioranza delle donne, che i figli li ha e il cui compito storico è appunto vedere cosa fare di fronte a questi figli. Non è un problema staccato da quello dell’aborto, ma un altro degli anelli della catena.

Grazia Da quello che si è detto risulta chiaro che quello dell’aborto è un altro caso di «espropriazione» dei nostri temi, che il sistema stravolge per svuotarne i contenuti veramente rivoluzionari. A questo punto, quando ci diranno «ma che volete ancora?» dobbiamo essere pronte a dire che… doti che noi vogliamo la rivoluzione, che noi vogliamo fare il femminismo. Tutta un’altra cosa.