il recupero del corpo

aprile 1974

La donna è stata messa sotto vetrino, sotto test, negli ultimi cent’anni, da medici e psicologi. Le hanno immesso perfino una sonda fotografica nell’utero, per studiarne l’orgasmo. Ebbene? Che cos’è quel quid, quella qualità dello psichismo per cui un essere al femminile è diverso da un essere al maschile? Tutta l’affettività, tutta l’emotività, tutto lo psichismo della donna, dicono le conclusioni, finiscono nel ventre: «In più punti ho dimostrato» (Havelock Ellis in un libro famoso) «come le differenze organiche che distinguono i sessi indichino in modo abbastanza preciso che il centro della vita femminile (pur certo non esaurendola) è la sua funzione materna. Lo stesso vale per gli animali inferiori.» L’incapacità di leggere il corpo organico della donna in modo più vasto di quest’unica funzione, crea in tutti questi scritti, studi, osservazioni — alquanto ovvi, alla fin fine — dei gorgoglianti circoli viziosi. Il corpo organico della donna viene scrutato secondo l’ottica psicologica consueta, della sua funzione materna, esclusiva, dominante. E poi, si pretende di dimostrare, in base a delle differenze organiche. già psicologicamente pregiudicate, che la psiche femminile è tutta organizzata e «specializzata» intorno al fenomeno maternità.
In questo modo di affrontare l’argomento, che non riesce a liberarsi da una vecchia ottica sociale — per quanto “‘dubbiamente sia vero che le ovaie secernono degli ormoni particolari o che il ritmo fisiologico della donna implica una serie di adattamenti particolari — non trovo differenza alcuna dalle tesi correnti, volgari, che spregiativamente fanno della donna una «creatura uterina» per designarne una irritabilità.
Non nego, con il popolino, i «lunatismi» delle mestruazioni, ovvero le melanconie e le depressioni che l’accompagnano […].
Ma quest’apatia angosciata, priva di motivazioni, che a volte rasenta il tedium vitae, l’horror vacui e tutti quegli anomali turbamenti che sfiorano l’isteria di cui noi donne soffriamo (in rapporto alle nostre ovaie, ai nostri mestrui, ai nostri parti) è uno psichismo da mutilazione, uno psichismo indotto dall’esclusiva e prolungata assegnazione ai nostri organi interni di una sola funzione: la materna. Si tratta infatti di un disagio molto diffuso, addirittura caratteristico della nostra civiltà […].
Civiltà che, negando il corpo della donna come interezza, scindendolo nei due ruoli opposti della Madre e della Prostituta ne ha inibito quella complessità erotica nella quale solo la funzione materna si iscrive in modo equilibrato. In civiltà diverse dalla nostra, dove l’erotismo è stato concesso alla donna quale un diritto e un’espressione libera di sé, osservatori illustri come Malinovski, Lévi-Strauss, Margaret Mead e altri hanno registrato l’assoluta mancanza di turbe da utero od ovaia, da mestruo o da parto. Noi donne soffriamo di depressioni, melanconie, nausee, mal di capo in rapporto ai nostri organi femminili perché non possediamo ancora un corpo nostro di cui disporre (basti pensare alla negazione del diritto dell’aborto), e perché non abbiamo accettato ancora veramente e in profondità il nostro corpo […].
Formazioni inconsce di angoscia legate a un senso di colpevolezza «creano» allora malattie come eritrosi, orticarie, psoriasi, insonnie, eczemi, acne ribelli e diverse altre lesioni, anche più gravi, della pelle. La dottoressa Solange sostiene di aver curato anche qualche femminista il cui femminismo, le è risultato, riguardava però solo il cervello, il cuore — non impegnava il corpo, sul quale restavano iscritti tutti i tabù dell’adolescenza, tutto un inconscio senso di colpa. Ripenso alla vergogna, il dispregio che ha circondato il mio corpo di bambina; a tutta l’altra clandestina vergogna e i tabù e le proibizioni che hanno circondato il mio corpo d’adolescente, e capisco ora i miei terribili dolori di ventre, gli spasmi, tutte le melanconiche depressioni di cui ho sofferto. Se l’angoscia femminile, allo stato attuale, sembra per moltissimi aspetti connessa alla particolare chiusura dell’infanzia, e a un rapporto diminuito o alterato della donna con il proprio corpo e la propria psiche, il primo atto d’un femminismo nuovo starà non tanto nella rivendicazione erotica oltranzista ma, prima, nell’accettazione che la donna saprà fare del proprio corpo.

«Il recupero del corpo» è tratto dal libro «La mela e il serpente», di Armarida Guiducci. Un libro sulla donna, scritto per le donne. Il sottotitolo del libro è «Autoanalisi di una donna». Una donna si auto-analizza: nelle forme di un racconto, la sua autoanalisi incrocia i problemi fondamentali del destino femminile. Pagine saggistiche come queste, riguardano il corpo umiliato e oppresso della donna.
Il primo atto starà nel rifiuto del proprio corpo tradizionale, consacrato: il proprio corpo di gestante perpetua. Nessun uomo ha vissuto l’esperienza della gestazione. Bisogna avere il coraggio di dirlo: la gravidanza è un’esperienza abnorme, anormale anche per una donna — una donna evoluta, intendo, una donna che abbia moltiplicato le funzioni della sua psiche, ha gravidanza è un’esperienza di regressione. Solo la copertura mistica può schermarne l’intensa animalità. Fra lo stato psichico normale di una donna, e lo stato psichico indotto dalla gravidanza, esiste una differenza. Mi rifiuto perciò di ammettere che la psiche femminile sia per destino una psiche da gestazione. È qualcosa di più ricco e inedito che forse, un giorno meno pregiudicato, noi stesse scopriremo e valorizzeremo.
Un rapporto d’orgoglio equilibrato, non più mitologico ma consapevole, verso il proprio corpo, la propria «diversità» — sentita come ricchezza amor fati, insopprimibile polarità dell’esistenza, e non già come castrazione o condanna d’inferiorità — l’ho sentito vivere, come un preannuncio, nei versi di una poetessa contemporanea, l’americana Anne Sexton. La poesia si intitola Inno al mio utero. Solo nel XX secolo e, nonostante tutto, solo dopo Freud, una donna poteva arrogarsi un simile diritto, di gettare nella poesia, dopo tanti secoli di paesaggistica maschile di terra, zolla, albero, frutto, fiore, il proprio corpo di donna riconquistato — o da riconquistare. Mai l’eterea, grandissima, Emily avrebbe osato farlo. E, giacché il problema della donna somiglia al problema del Terzo Mondo, dove quello che conta, per la preziosa dialettica della civiltà, non è già di abolire le differenze bensì di salvarle, di quei versi vorrei citarne alcuni:

Peso dolce,
gloria della donna ch’io sono,
e dell’anima della donna ch’io sono,
e della creatura tutta e della sua gioia,
io canto per te. Oso vivere.
Complimenti, spirito. Complimenti, calice.
Sta saldo, chiudi. Rinchiudi ciò che contieni.

Per questa cosa che il corpo esige,
lasciami cantare,
per il cibo
per il bacio
per la giusta affermazione.

Chi c’è stata, prima di Anne Sexton? Saffo, la sola Saffo espresse corpi di donna da sé — ma lei vi si specchiava, cantando, come Narciso. Dopo d’allora, Eva sì copre il pube e perde la parola: la parola legata al pube, la lancinante profonda parola erotica rivolta a se stessa e all’uomo. Da soggetto parlante, diventa oggetto parlato. Per secoli, Eva è migliaia dì perifrasi — Beatrice, Manon, Nana e, angelicata o corrotta, impara a specchiarsi nelle parole dell’uomo. E diventa tuberosa, melograno, giglio. Silenzio e narcisismo si alleano in lei, intrecciano la sua seconda natura culturale. La parola dell’uomo diventa il suo vero, unico specchio. Perduta la propria parola erotica, e guardandosi e conoscendosi solo in quello specchio, la silenziosa sprofonda nell’unica voluttà erotica concessale: il narcisismo. Ripenso alle poche che hanno gettato lo specchio: a Louise Labe, a Elizabeth Barrett, a Emily Dickinson. E nel coraggio che è loro costata ogni parola (rompere un silenzio istituzionalizzato, è infrangere una serie di tabù) ritrovo la medesima impossibilità o mancanza: dire, non già la profondità dell’amore per un- uomo, ma la sensualità, l’eros che suscita l’uomo. Prendete una creatura come Emily, decisamente repressa, scossa da oscure voluttà dì metafisica e dì morte. Come grava su di lei il tabù sociale della parola erotica! Tutto ciò che è del corpo, essa lo trasla in brividi metafisici.