ABORTO

obiezione di coscienza: Io ritratto se …

il coordinamento delle donne denuncia un obiettore di coscienza. Il medico chiede un incontro in casa di un amico…

dicembre 1978

le componenti del Movimento delle donne presenti nel territorio della Provincia di Pordenone si sono costituite nel Coordinamento Provinciale delle donne per l’applicazione della legge sull’aborto. Al Coordinamento hanno fino ad ora aderito: U.D.I.
–    Collettivo donne interquartieri
–    Collettivo donne S. Vito — Gruppo donne Azzano — M.L.D. — Gruppo donne Porcia — Donne del P.C.I. — Collettivo Femminile P.S.I. — Donne del P.D.U.P. — Donne di D.P. — Donne del P.R.I. — Coordinamento delegate F.L.M. — Delegate C.G.I.L. — C.I.S.L.
–    U.I.L.
Precisiamo che il coordinamento è struttura aperta a qualsiasi donna o gruppo di donne che, ritrovandosi d’accordo su questi obiettivi, intendano farne parte. Il documento, è quello che il Coordinamento ha prodotto al momento della sua costituzione, (documento pag. 1-2). Per poter svolgere questo impegno abbiamo richiesto agli enti locali una sede, per poterci riunire e soprattutto per creare un punto di riferimento pubblico per le donne che incontrano problemi per ottenere l’intervento.
Abbiamo avuto una serie di incontri con l’amministrazione dell’ O.C. di Pordenone, alla quale abbiamo formulato le richieste che per altro sono contenute nel documento. Bisogna però dire che l’Ospedale ha risposto in modo molto vago alle nostre richieste. Basti pensare che proprio stamattina all’ O.C. di Pordenone il dr. Plaino, convenzionato con questo Ospedale per gli interventi abortivi, ne dovrà fare ben 17.
Giudichiamo questa situazione gravissima e inammissibile, perchè non pensiamo che garantisca né alle donne né al medico margini di sicurezza sufficienti. È ben vero del resto che la regione, nella persona dell’assessore Romano, non ha finora adempiuto a nessuno degli impegni che si era presa di fronte alle donne, e in particolare rispetto alla pubblicazione degli elenchi degli obiettori e al funzionamento di tutte le strutture Ospedaliere. Rispetto al caso Pizzamiglio vogliamo chiarire come si è svolta l’intera vicenda. Una donna ha denunciato al Coordinamento di aver abortito all’interno del-PO.C. di Spilimbergo prima dell’entrata in vigore della legge.
La donna si è presentata all’Ospedale in perfette condizioni fisiche ed è stata visitata dal Primario, dr. Cesare Pizzamiglio, nell’ambulatorio del reparto di Ostetricia e Ginecologia.
Il dr. Pizzamiglio l’ha invitata a ripresentarsi il giorno successivo all’Ospedale. La donna vi si è recata ed è stata visitata dal Primario nell’ambulatorio.
Il dr. Pizzamiglio le ha procurato l’aborto, da solo, senza anestesia, per mezzo di uno strumento. Dopo di che, lui stesso, l’ha accompagnata in corsia, ha chiamato una infermiera e le ha fatto compilare le carte per il ricovero.
Verso le 10,30 della stessa mattina è stato effettuato il raschiamento dal dr. Pizzamiglio, in presenza dell’ostetrica, dell’anestesista, di un altro medico, e di tre infermiere.
Il giorno successivo all’intervento è stata consegnata al dr. Pizzamiglio una busta con del denaro.
La donna aveva dato al Coordinamento l’autorizzazione a denunciare pubblicamente l’episodio qualora il dr. Pizzamiglio avesse presentato l’obiezione di coscienza.
A questo punto sabato 15 luglio, attraverso un comunicato stampa, il Coordinamento effettuava la denuncia politica nei confronti del dr. Pizzamiglio. Dopo la pubblicazione del Comunicato su alcuni giornali, lunedì 17 luglio il dr. P. chiedeva di incontrarsi con noi a Spilimbergo, alle ore 19, nella casa di un amico, il sig. Tromontin Pietro, in via Dignano; la cui moglie tra l’altro è ostetrica obiettrice presso il reparto G.o. dell’O.C. di Spilimbergo.
Durante l’incontro il dr. P. ci proponeva, di sua spontanea volontà, la possibilità che lui aveva di far ritirare l’obiezione di coscienza ai suoi assistenti, in modo da garantire il funzionamento del reparto. In cambio chiedeva, da parte nostra, una ritrattazione pubblica. Lui in compenso, sarebbe rimasto obiettore, poiché, dichiarava, di non essere mai stato contrario all’aborto, ma bensì di non accettare la legge; infatti, avendo le donne un ruolo determinante nella scelta decisiva, si rifiutava, di diventare un “manovale degli aborti”.
Al nostro deciso rifiuto, motivato non solo dal fatto che non volevamo assolutamente ritrattare una cosa vera e inoltre decisa dalla donna che lo aveva a noi denunciato, ma anche dal rifiuto da parte nostra di avallare questo tipo di rapporto baronale, il primario, assistito dal suo legale, avv. Sartoretti, ci diceva testualmente: “Ognuno vada per la sua
strada”.    ‘,
Nonostante questa dichiarazione, l’indomani mattina, alle ore 7, ci veniva richiesto un ulteriore incontro. A questo punto, poiché non ci ha mai interessato il linciaggio morale della singola persona, bensì la garanzia che anche l’O.C. di Spilimbergo applicasse la legge, abbiamo nuovamente accettato. Durante il secondo incontro avvenuto alle ore 11 della mattina e al medesimo recapito, il dr. P., dopo alcuni tentennamenti per gli articoli comparsi sui giornali del giorno, si dichiarava spontaneamente disponibile ad una soluzione. In sostanza ci diceva, senza alcuna pressione da parte nostra, che avrebbe ritirato l’obiezione se noi avessimo bloccato l’azione politica. Ci chiedeva inoltre di poter concordare con noi un comunicato che segnasse la chiusura della vicenda. Per aver il tempo di consultare il proprio legale, ci proponeva di ritrovarsi nel primo pomeriggio. E così, di fatti, è stato. Il dr. P. si è presentato con un testo che sottoponiamo alla vostra attenzione, e che abbiamo ritenuto inaccettabile visto che doveva uscire, secondo la sua esplicita richiesta, con la nostra firma. Dopo alcune modifiche è stata concordata con lui la stesura finale, che è stata consegnata alla stampa.
Considerato che eravamo una piccola delegazione dell’intero coordinamento, abbiamo richiesto al dr. P. una dichiarazione scritta del suo impegno a ritirare l’obiezione. Da parte nostra, su sua richiesta, abbiamo firmato anche noi una dichiarazione in cui ci impegnavamo a fare uso interno di quella da lui rilasciata, ovviamente se gli impegni fossero stati rispettati.
Visto il clima di correttezza, nonché l’esplicita richiesta da parte del dr. P. di aiuto e comprensione, abbiamo ritenuto serenamente concluso l’episodio in questione.
Dopo averci detto di ritenere l’aborto clandestino un male irrisolvibile come la prostituzione; dopo aver richiesto lui gli incontri per, cosi ha dichiarato, salvare la propria famiglia dallo scandalo; dopo aver tentato di coinvolgere emotivamente una compagna presente ricordandole che lui era a conoscenza di un suo aborto clandestino; e dopo averci raccomandato, in tono scherzoso, di non inviargli subito un esercito di donne ad abortire, nonché di non capitargli sotto le mani, ci siamo lasciati.
Noi abbiamo rispettato, come siamo solite fare, gli impegni presi, il dr. P. NO. Infatti non ha ritirato l’obiezione di coscienza, come invece si era impegnato a fare.
Lunedì 24, alle ore 18, ad una nostra richiesta telefonica in merito al non ancora avvenuto ritiro dell’obiezione, il dr. P. ci ha risposto di non avere alcuna intenzione di ritirarla.
Lasciamo all’opinione pubblica il giudizio sulla serietà morale e professionale di un medico che prima pratica a pagamento aborti clandestini, poi presenta obiezione di coscienza, poi si impegna formalmente a ritirarla, poi non la ritira più e in tal modo ritorna serenamente obiettore. Sarebbe molto interessante conoscere fino in fondo che tipo di pressioni politiche e religiose siano state esercitate nei confronti del dr. P. Cioè che per certo sappiamo è che a Spilimbergo c’è stata nel-l’O.C. una riunione della D.C.; che al consiglio di Amministrazione dello stesso Ospedale il dr. P. ha negato tutto e che il Consiglio medesimo non si è certo premurato di verificare l’attendibilità dei fatti.

Il primario suddetto non è perseguibile a termini di legge per il reato di aborto.
Riteniamo però, dalla denùncia che la donna ha fatto al Coordinamento, che si
configurino altri reati per cui il dr. P. è perseguibile a termini di legge.
In questo senso abbiamo presentato stamane alla procura della Repubblica un esposto nei confronti del dr. P., esposto in cui il Coordinamento intende costituirsi parte civile.
Essendo questo il primo caso a livello nazionale e ritenendo che debba essere esemplare per l’intera classe medica, il Coordinamento chiede esplicitamente, che l’Ordine dei Medici e il Cons. di Amm. dell’Ó.C. di Spilimbergo prendano i provvedimenti indispensabili.
Vogliamo innanzitutto affermare che per noi donne l’aborto è stato e continua a rimanere una violenza; una scelta imposta dalle deficienze sociali, culturali ed economiche di una società che da un lato continua ad addossare esclusivamente alla donna tutto il peso della maternità e dell’educazione dei figli e dall’altro continua a negarle l’informazione e gli strumenti perchè possa essere lei in prima persona a scegliere liberamente e consapevolmente la propria maternità. Abbiamo lottato in questi anni perché l’aborto non restasse esclusivamente un dramma personale che la donna era costretta a risolvere nella clandestinità, ma diventasse un problema sociale e pubblico cui tutta la società dovesse dare una risposta, un problema che a tutti i livelli uscisse dalla clandestinità.
Tuttavia, nonostante l’entrata in vigore della legge, la piaga degli aborti clandestini continua ad essere una tragica realtà. Nei giorni scorsi a Taranto una donna è morta per aborto clandestino; ma anche nella nostra Regione si sonò verificati episodi simili: a Udine sono state ricoverate in gravi condizioni due donne provenienti da Grado, che erano state costrette a ricorrere all’aborto clandestino perchè rifiutate dalle strutture
ospedaliere.    ” Questo dimostra che la legge presenta notevoli limiti, ambiguità e contraddizioni, in particolare rispetto alle richieste del movimento delle donne; limiti sui quali si innesta un processo di speculazione portato avanti da alcune forze (baronie mediche e clero in prima fila) che cercarlo di rendere inapplicabile la legge e di lucrare ancora sull’aborto clandestino. E in questo senso non possiamo non esprimere la nostra più critica disapprovazione per il ricorso indiscriminato e distorto al diritto di obiezione di coscienza offerto dalla legge ; stessa e illegittimamente incentivato da “appelli” sul piano religioso.
Nonostante i grossi limiti che la legge contiene e gli ostacoli, frapposti dalla classe medica, il movimento delle donne ha scelto di assumersi in prima persona la responsabilità di gestire direttamente l’applicazione della legge, con lo scopò principale di garantire un’interpretazione più estensiva possibile della legge stessa. Ma proprio perchè rifiutiamo l’aborto, in quanto continua a rimanere una violenza, ci impegnamo a portare avanti nel concreto e a fondo tutta la battaglia per la prevenzione. Una lotta che garantisca il superamento dell’aborto stesso, ma sia anche una nostra conquista di autonomia nella sessualità e nella maternità. È necessaria in questo senso la massima diffusione degli anticoncezionali, anche se bisogna dire che la pillola non può essere presa da tutte e per tutta la vita e che con gli altri contraccettivi, oltre ai danni che si provocano alla salute delle donne, si va inevitabilmente incontro a gravidanze indesiderate. Non vogliamo perciò dire che gli anticoncezionali eviterebbero l’aborto; certo limiterebbero molto la necessità di ricorrervi.
Non ci sembra però che vada in questa direzione la legge regionale sui consultori che non affronta il problema della prevenzione, in quanto non include tra i compiti del consultorio né la prescrizione né la somministrazione dei contraccettivi.
In questo modo l’attuale legge regionale continuerà, nei fatti, a favorire la piaga dell’aborto.
Come movimento delle donne dovremo sperimentare questa legge e aprire una seria riflessione sui terreni di lotta che la legge stessa ci apre, tra cui: l’obiezione di coscienza e la maggiore età. Rispetto:
— all’obiezione di coscienza, va riflettuto sul fatto che essa viene introdotta per la seconda volta in una legge; ma che, al contrario dell’obiezione all’uso delle armi, quella prevista nella 194 non comporta nessuna contropartita di altro servizio civile. Inoltre l’interruzione della gravidanza è finalizzata, nella legge, alla salute psico-fisica della donna e non si comprende quindi come possa essere accettata un’obiezione di dimensioni tali che di fatto mette questa salute in pericolo. — alla maggiore età, l’art. 12 della legge nega l’autodecisione alla minorenne. Questo fatto oltre a produrre una seria difficoltà alla minorenne stessa, sollecita a nostro avviso una riflessione più generale ai legislatori e all’opinione pubblica su come possa considerarsi minore, in rapporto ai soli problemi e alle responsabilità della procreazione colei che è in grado di procreare e a cui come non si nega di scegliere di partorire e di riconoscere il figlio, così non si può negare di scegliere di non portare avanti la gravidanza.
Fin da ora è necessario che il movimento delle donne della nostra provincia e regione si faccia carico della battaglia per l’applicazione della legge sull’aborto e per la prevenzione.
In questo senso avanziamo agli organi competenti una serie di richieste che chiediamo vengano esaminate attentamente.
Al Ministro della Sanità chiediamo:

la circolare applicativa della legge 194;
di fissare al più presso le percentuali di interruzione della gravidanza per le case dì cura che ne facciamo richiesta;

l’emanazione immediata del decreto ministeriale per il passaggio dello stanziamento dei 50 miliardi ai fini previsti dall’art. 3 della 194, nonché l’immediata erogazione alle Regioni secondo i parametri previsti.
che, rispetto l’utilizzazione del personale ex-ONMI per i consultori familiari (a norma della 405), la eventuale circolare esplicativa preveda, attraverso specifici corsi, la riqualificazione e l’aggiornamento del personale stesso, e che sia chiaro che esso dipende esclusivamente dai Comuni.
il controllo sulla eventuale vendita di creme spermicide anticoncenzionali come prodotto ad esempio di cosmesi e quindi, in quanto tale, non mutuabile e non soggetto alle dichiarazioni di composizione, obbligatorie per i prodotti farmaceutici.